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religione è sufficiente a mostrarlo nella sua verità positiva, la religione che ci addita nell'umanità l'unità di origine, l'unità di redenzione, l'unità di destino. Senza della religione, o noi perdiamo ogni idea d'autorità rovinando nella più desolante anarchia, o siamo condotti a quella sentenza di Montaigne, che corre talvolta un divario maggiore fra uomo e uomo che fra certi uomini e certe bestie; e quindi all'altra di Aristotele, che una parte del genere umano è destinata da natura a vivere schiava dell'altra. Di ciò gli Stati Uniti d'America ci porgono oggidì una dolorosa prova, dove una specie di uomini esercita, come legittima, un' oppressione ignominiosa e crudele sovra un'altra specie, e accozza bruttamente le idee ei vocaboli di libertà politica e di schiavitù. (Vedi Vincenzo Gioberti, Teorica del Sovrananturale, Parte 3.a § CLXXII).

Sicchè noi, signor Marchese, volendo l'armonia della religione colla civiltà, abbiamo sposato la causa della vera scienza e della buona e sana politica, e ci siamo prefissi di combattere due errori dominanti oggidì, cioè il razionalismo, che fu ancora di recente confutato e condannato dal grande Pontefice Pio IX nella sua Allocu-zione dei 9 dicembre 1854; e la separazione

dello Stato dalla Chiesa. E verrà tempo che gli uomini riconosceranno, come noi, colle nostre dottrine, cooperiamo assai più alla causa del progresso, che non quelli che l'hanno in bocca tuttodì, e lo fanno consistere nello sfratto di alcune monache e nel saccheggio di qualche

convento.

Se prima di scrivere queste pagine ho procurato d'intendere che cosa fosse Separazione, mentre le dettava l'ho altamente sentito. Conciosiacchè, come Ella sa, signor Marchese, una grande disgrazia, la maggiore che toccar possa ad uomo quaggiù, mi colpiva, e l'amara morte. troppo presto separavami dalla cara mia madre. Il Signore Iddio mi faceva la grazia di poterla rivedere ancora e raccoglierne gli ultimi avvertimenti, ma questa immensa consolazione si aggiungeva a rendere immenso il dolore.

Ed io meditando su tanta sventura compiangeva coloro, che vorrebbero procurarla al Piemonte col sistema di separazione assoluta tra lo Stato e la Chiesa. Questa è una madre e lo Stato nostro, come Cattolico, le die' finora così dolcissimo nome, gloriandosi d'esserle figlio. Ed ora si osa proporre al figlio di separarsi volontariamente da lei, di rinunziare alla sua convivenza, di dichiararle in faccia che non gli preme nè del

suo essere, nè de' suoi vantaggi, nè de' suoi dolori, nè delle sue consolazioni, che più non la considera, e fa conto che quasi non fosse! Io ho sentito, signor Marchese, non solo tutta l'assurdità, ma anche tutta la crudeltà d'una simile teoria.

Ho cercato di esporre in questo scritto più chiaramente e più precisamente che per me si potesse le mie convinzioni, mostrando gli errori dell'avversario. Ho discorso semplicemente dei principii, riservandomi a miglior agio la trattazione della parte storica. Ma, mentre stavano sotto i torchi codeste pagine, la risposta venne data intorno alle cose che riflettono gli ultimi tempi, e fu la più autorevole e compita, che si potesse desiderar mai, mediante l'Esposizione dei gravi mali, da cui è afflitta la Chiesa Cattolica nel Regno di Sardegna, pubblicata dalla Segreteria di Stato del governo pontificio. Saggio consiglio fu il suo, signor Marchese, d'avere procurato una pubblicazione economica di quel racconto, e mentre serve a raggiungere lo scopo che l'Armonia si ha prefisso, Le acquista un nuovo merito presso Dio, e presso i buoni.

Tuttavia io credo, che farebbe opera utilissima alla religione ed al Piemonte, chi imprendesse a stendere una storia della Chiesa Pie

CAPITOLO I.

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Origine e ragione di questo scritto.

A mezzo il settembre del 1854 pubblicavasi in Torino coi tipi di Sebastiano Franco e Figli un libro intitolato: La Chiesa e lo Stato in Piemonte; sposizione storicocritica dei rapporti fra la Santa Sede e la Corte di Sardegna dal 1000 al 1854, compilata su documenti inediti per l'avvocato Pier Carlo Boggio da S. Giorgio in Canavese, patrocinante, ripetitore in legge al Collegio delle Provincie, supplente alla cattedra di filosofia del diritto nell'Università di Torino. — Lettolo appena, lo giudicai meritevole d'una risposta, per le seguenti ragioni :

Dapprima questo libro è storico. Ora io non credo, che possano darsi libri più pericolosi di quelli che trattano argomenti storici, travisando i fatti, e presentandoli sotto un aspetto che reca danno alla verità. E ciò molto più, quando l'argomento storico che si discorre è ancor vergine, e lo scrittore dichiara di appoggiarsi, nelle sue conclusioni, a documenti inediti, com'è il caso nostro. È celebre quella sentenza di Giu

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