Obrazy na stronie
PDF
ePub

sua Chiesa. Or come è possibile il presentarsi a predicare il Vangelo vicino a questa cattedra, a questo corpo, a questa pietra, e non sentirsi compreso da un riverenziale timore, da una diffidenza angosciosa, da un religioso ribrezzo, accresciuto ancora di più dalla sorprendeute grandezza, dalla magnificenza dallo splendore di quel tempio maraviglia del mondo, e dalla copia immensa de' sacri monumenti che contiene ? Le stesse idee adunque, le stesse rimembranze, che allargano la mente, la confondono; che elevano l'animo, lo intimidiscono; che ispirano i grandi movimenti oratorii, li arrestano; sicchè l'oratore vi si trova imbarazzato per la stessa dignità che lo nobilita; e diviene sterile, incerto per le stesse circostanze che lo animano, lo eccitano e lo fanno eloquente. Tutto questo confessiamo di averlo sempre e costantemente provato noi stessi nelle settanta volte che abbiamo avuto l'onore di salire quel pergamo augusto; e non temiamo di asserire che colui che su questo pergamo siffatti sentimenti non prova, o non ha un sentimento squisito delle cose, o non ha una ferventissima fede: e nel primo caso non è, nè può essere oratore; nel secondo non è, nè può essere vero ed utile predicator cristiano.

3. Oltre poi i Romani, concorrono in Quaresima ad ascoltar la predica in San Pietro, principalmente in alcuni giorni della settimana, forastieri di tutte le nazioni, che in quel tempo si trovano in Roma in gran numero; e fra questi, protestanti di tutte le sette; eretici e scismatici di tutte le comunioni. I cattolici vi assistono per ritemperarsi nella vera fede per mezzo di una predicazione che in San Pietro han dritto di trovare più evangelica e più santa, come vicino alla sorgente si spera di attinger l'acqua più pura. Gli eterodossi vi si fermano per curiosità di conoscere ciò che la vera Chiesa crede, e ciò che insegna; giacchè si persuadono che Roma e San Pietro sono i luoghi più proprii a conoscere la vera dottrina di Pietro e di Roma. Or queste particolari circostanze impongono all' orator vaticano doveri particolari. La sua predicazione dev'essere la confessione ripetuta della pura fede e della morale di Pietro, e come l'eco prolungato dell'insegnamento infallibile della sua cattedra eterna. Nel tempio, centro della cattolica unità, il ministro della parola deve essere eminentemente cattolico o universale. Vi si devono istruire i veri fedeli in modo che si possano ancora disingannare gli eterodossi. Bisogna apprestare una mensa in cui il Verbo che procede dalla bocca di Dio e che nutrisce le anime (Matth. 6) sia preparato in modo che possano cibarsene uomini di un gusto spirituale diverso. Devono trattarvisi argomenti di un interesse, di una utilità universale. L'oratore deve elevarsi al di sopra degli usi, dei costumi, delle idee particolari. Nella stessa censura de'vizii, nella stessa lode della virtù, deve avere in vista tutti i cristiani; e nella esposizion dei misteri, tutto il cristianesimo. Deve insomma imaginarsi di evangelizzare non un sol popolo, ma tutti i popoli; non una sola città, ma tutto il mondo. E, noi lo ripetiamo, un orator sacro che venisse semplicemente a ripetere in San Pietro un corso di sermoni riputati ottimi ed anche applauditi in altre chiese, senza cambiarne, se non il fondo, almeno le forme, darebbe a conoscere di non intendere nè la singolarità del luogo in cui si trova, nè l'indole dell' u

ditorio cui parla, nè il personaggio importante che sostiene, nè il nobile ministero che esercita; si metterebbe in una posizione falsa; resterebbe molto al di sotto della sua missione ; e per tutto ciò farebbe una predicazione più di formalità e di uso che di vero profitto spirituale.

4. Perciò, a cominciare dall' angelico dottor S. Tomaso, che, invitato a predicare la quaresima sul pulpito vaticano, tralasciati gli argomenti ordinarii, prese a spiegarvi l'Epistole di S. Paolo; gli oratori più insigni, che si sono succeduti in questo onorevolissimo ed importantissimo arringo, si sono sempre scostati dalle vie comuni, e vi hanno, in un modo tutto particolare e proprio di questo tempio unico, annunziato il Vangelo.

Per queste considerazioni, e dietro questi esempi, impegnati noi da autorevoli sollecitazioni verso la fine dell'anno 1840 di predicar la Quaresima del 1841 nell' augusta Basilica Vaticana, e nello stesso anno 1841 invitati graziosamente a predicarvi la Quaresima di quest' anno 1843, ci siamo creduti noi pure obbligati di abbandonare il metodo usato nelle altre chiese. E nel 1841 venimmo esponendovi, in trentadue omilie, l'ammirabile e sublime istoria della Passione di Gesù Cristo, tratta da' quattro Evangelisti tesoro ricchissimo di profondi misteri, di solide istruzioni e di efficacissimi esempi per ogni cristiano: ed in quest'anno vi abbiamo fatte trentatrè omelic sopra i principali miracoli del divin Salvatore; sorgente inesauribile essi pure di verità importantissime e di gravissimi insegnamenti.

5. In queste predicazioni però, come in quelle che spesso abbiamo l' occasione o il dovere di fare in questo nostro magnifico tempio di Sant' Andrea della Valle, per le ragioni che abbiamo esposto nella prefazione dell'opera delle Bellezze della fede (§ 1, 2, 3) abbiamo procurato e procuriamo sempre di allontanarci dalle forme moderne, per seguire, per risuscitare, per torna-' re in corso ed in onore le antiche. Cioè a dire, che, al lume e dietro la scorta de' santi Padri, i migliori predicatori del Vangelo dopo gli Apostoli, i grandi maestri, i veri modelli dell' eloquenza cristiana, ci siamo studiati di camminare per le vie elevate e sicure ch'essi ci hanno aperte, ed han calcate essi stessi, conducendovi seco loro sì gran moltitudine di anime alla vera Religione in terra, alla vera beatitudine nel cielo. Abbiamo adottato il loro stile, la loro condotta, il loro metodo largo, solido, istruttivo, efficace. Ci sianto appropriati i loro grandi pensieri sopra la Religione; ci siamo attenuti alle loro interpretazioni della Scrittura; abbiamo predicato spesso colle loro frasi e colle loro parole sempre colle loro dottrine e colle loro autorità.

:

6. Infatti, in riguardo alle forme, ad esempio di questi grandi uomini, ci siamo emancipati dalle regole della retorica profana, del pedantismo gentile, che mal si addice alla trattazione de' sublimi misteri, de' grandi interessi del cristianesimo. La religione cristiana, come già la religione giudaica, di cui è stata il compimento e la perfezione, si avea creata non solo una poesia, ma una retorica ancora ed una eloquenza tutta sua propria, che non ha affatto nulla di comune colla retorica e colla eloquenza de' gentili; che le è tanto superiore nell' elevatezza de' concetti, nella grandezza delle vedute, nella ma

gnificenza del dire, nella forza del persuadere, quanto il cristianesimo è superiore al paganesimo, Dio all' uomo, il cielo alla terra, ed ai passeggeri interessi del tempo la condizione delle anime nell'eternità. Ne' primi sei secoli, Origene, S. Atanasio, S. Cirillo, S. Epifanio, S. Gregorio Nazianzeno, S. Gian Crisostomo presso de' Greci ; e presso i Latini, S. Ambrogio, S. Gaudenzio, S. Agostino, S. Massimo, S. Fulgenzio, S. Leone, S. Pier Crisologo, e quel sublime e caro S. Gregorio il Grande, che seppe ancora crearsi, non solo forme, ma uno stile, una lingua tutta sua per ispiegare colla più grande chiarezza le profonde dottrine e i grandi doveri del cristianesimo; e ne' secoli posteriori, S. Idelfonso, Beda, S. Giovanni Damasceno, Aimone Albertadense, S. Pietro Damiani, Ivone Carnotense, S. Bernardo, Riccardo da S. Vittore, Innocenzo III, S. Antonio di Padova, S. Tomaso, S. Bonaventura, S. Vincenzo Ferreri, S. Bernardino da Siena, Enea Silvio (poi Pio II), S. Lorenzo Giustiniani tutti questi uomini veramente sorprendenti per la loro scienza, per il loro ingegno e per le loro virtù, han predicato in modo che nulla nelle loro omelie o ne' loro sermoni sente il profano ed il gentile; al contrario vi si trovano pensieri si profondi, si elevati, sì felici, sì eloquenti che, al paragone, le migliori arringhe degli oratori profani di Atene e di Roma, nonostante la loro eleganza e le loro bellezze tutte di parole, non sembrano che componimenti da scolari e scherzi da fanciulli. Deh che, se avessero quei grandi uomini voluto imitare Cicerone e Demostene nella loro maniera di parlare di Dio, di Gesù Cristo, dell'anima, de' doveri al popolo fedele; avrebbero forse sagrificato il genio cristiano alle forme gentili; non avrebbero legato ai posteri tante teologiche dottrine, tanti sublimi pensieri, tante ricchezze di cristiana erudizione, che, dopo la Scrittura, formano il patrimonio della vera Chiesa; e forse ancora, a somiglianza degli stolidi retori del secolo XVI, colpevoli di un simile tentativo, si sarebbero renduti ridicoli e sarebbero caduti in oblio. 7. Seguendo adunque le norme lasciateci da questi sublimi oratori, veri nostri padri e maestri non solo nella dottrina della fede, ma ancora nel modo di predicarla e di esporla, abbiamo nelle nostre predicazioni abbandonato l'uso di stabilire una proposizione, di dividerla in punti, di compassarne studiosamente le parti, di ricorrere, a tempi fissi, alle amplificazioni, di attaccarvi le figure. Questo meccanismo retorico, questi artificii, queste leggi e queste misure, anzichè favorire, raffreddano il movimento oratorio, e sono la morte della vera eloquenza. Perciò i grandi oratori di tutti i secoli cristiani non ne han tenuto alcun conto. Or, dietro simili esempi, non abbiam creduto di commettere un gran fallo, passando di sopra alcune volte ai precetti di Aristotile, di Tullio e del Decolonia.

Dopo una introduzione, in cui esponiamo un principio generale, una dottrina evangelica o una profezia, enunciamo subito e semplicemente il mistero che ci proponiamo di spiegare. Le divisioni ingegnose, in materia di predicazione, mentre inceppano l' oratore, più che conciliare, divertono e stancano l'attenzione. Quando si sono udite le due o tre proposizioni che l'oratore si propone di dimostrare, un uditore mediocremente istruito già sa

anticipatamente tutta la predica; e, sicuro di non impararvi nulla, si può ritirare; e molti si ritirano difatti: a meno che non siano cattivati dall'aspetto, dalla voce, dal gesto, o dall'eleganza o dalla grazia del dire dell'oratore. Ma in tal caso si assiste per lo più al sermone come ad un dramma musicale; e si sta a sentire il predicatore per compiacersene, non la predica per trarne profitto. 8. Entrando poi in materia, mettiamo uno studio particolare ad evitare le vane descrizioni, i concetti peregrini, le ardite metafore, le frasi ricerca. te, le parole che non sono di un uso e di una intelligenza comune: ad evitare, in somma, tutto ciò che può divertire l'attenzione del cristiano uditorio dalla predica, e conciliarla al predicatore. Il gran secreto della sacra eloquenza in questo consiste, che il sacro dicitore si comporti e parli in modo da cattivare gli uditori a quello che esso dice, e non a quello che esso è. Ogni pensiero che l'uditore volge al predicatore lo leva alla predica. Bisogna che il predicatore faccia dimenticare sè stesso, faccia dimenticar l'uomo, se vuole ottenere che l' uditore si elevi a Dio. Allora la santa parola penetra nello spirito e nel cuore, vi eccita l' amore della virtù, o il rimorso o il pentimento del vizio ; l'uomo conosce ciò che gli manca; si commuove, si umilia, propone, risolve, e se ne parte meno uomo e più cristiano. Entrato ch'è poi l'uditore in questi pensieri e in questi sentimenti, non ha gran voglia di parlare e di applaudire: e se pure parla, esclama, loda, applaudisce, non ha talento di farlo se non a Gesù Cristo, alla virtù, alla Chiesa. Or quando l'oratore ottiene un tal successo, non vi è dubbio che è stato eloquente. La miglior predica non è quella che desta l'ammirazione, ma quella che risveglia il rimorso; non è quella che fa applaudire il predicatore, ma è quella che rende l'uditore contento della Religione e di Dio, e mal contento di sè medesimo.

Ad ottenere, per quanto da noi dipende, questo effetto, noi rivolgiamo, in predicando, tutti i nostri sforzi. Perciò procuriamo di spiegare il Vangelo con uno stile naturale, semplice, chiaro, senza artificii ed accessibile a tutti, aspettando dalla grazia di Dio e dall' efficacia divina della parola evangelica tutto il nostro successo. E, Dio ci è testimonio, nell' esercizio del sublime ministero della sua parola, farci intendere da tutti, e particolarmente dal popolo, si è il nostro studio; portare nelle menti e nei cuori la cognizione e l'amore di Gesù Cristo, è la nostra ambizione; ed il nostro scopo si è la gloria di Dio, la salute delle anime, l'onore della fede, e l'edificazione della Chiesa.

9. Non contenti perciò di averlo fatto altra volta, torniamo qui ancora ad anatematizzare ben di cuore quella sacra eloquenza che si vorrebbe oggi mettere in voga, a gran detrimento delle anime, a gran discredito della predicazione; quell' eloquenza ricca di figure, e povera di pensieri; feconda di espressioni, e sterile di sentimenti: fastoso apparato di una mendace opulenza, che, facendo servire al desiderio di piacere il gran ministero d'istruire, e la parola di verità a mendicar l'adulazione, lusinga le orecchie, e lascia in pace le passioni, ed invece di predicar Gesù Cristo, non fa che predicare sè stessa; quell'eloquenza, vano sfoggio di spiriti leggieri, di anime profane, che si perde in dottrine vaghe, in frivole descrizioni, in pitture troppo deli

cate, in concetti stravaganti, in periodi rotondi, in parole, in frasi affettate, in artificii, in fiori, in ornamenti, che il gusto più indulgente perdonerebbe appena in un romanzo, e di cui la verità santa è obbligata ad arrossire come un'onesta matrona al vedersi ricoperta delle vesti di una danzatrice; quell'eloquenza in fine che, profana nelle dottrine non meno che nelle forme, degradando il sagro ministro sino al comediante, e sino alla comedia il divino ministero, altro non ha di sagro che l'ardire sacrilego di profanare, trattandole in modo tutto materiale ed umano, le cose sacre, spirituali e divine.

10. Deh che l'orator sacro deve mostrarsi il gran sacerdote descrittoci dal Profeta le cui labbra posseggano intatto l'augusto deposito della divina scienza; dalla cui bocca vengano gli uomini ad ascoltare la legge divina nella sua integrità e nella sua purezza; e che parli perciò, come l'Angiolo di Dio, che non fa che ripetere fedelmente quello di che è stato incaricato da Dio: Labia sacerdotis custodient scientiam; et legem requirent ex ore ejus: quia Angelus Domini exercituum est (Malach.2). Sopra di che, intendi bene, dice S. Bernardo, o ministro del Vangelo, che da te gli uomini aspettano la legge di Dio, non le vane parole, le inutili ciance e le inette invenzioni dell' uomo. Temi adunque di prostituire a siffatte frivolezze una bocca che hai consegrata al Vangelo. Parlare in tal modo nel tempio di Dio è uno scandalo; assuefarvisi è un sacrilegio: Legem requirent, non nugas profecto, non fabulas: consecrasti os tuum Evangelio; talibus jam aperire illicitum, assuescere sacrilegium est (De consid. lib. II, c. 13).

11. Per riguardo poi alle dottrine, ad esempio pure dei Santi Padri e col loro ajuto, nostro studio costante si è, nelle nostre predicazioni, di scoprire e di manifestare a' fedeli i grandi misteri, le importanti lezioni che si contengono nelle azioni più semplici, nelle circostanze in apparenza più insignificanti della vita di Gesù Cristo. Imperciocchè come Gesù Cristo è uomo-Dio, uomo debole infermo, Dio maestoso ed onnipotente; così il suo Vangelo, specchio fedele del gran mistero della sua Persona, è allo stesso tempo un libro semplice e sublime, semplice nello stile e nelle parole, sublime nelle dottrine e nelle cose; e come la divinità è nascosta sotto il velo dell'umanità nella sua Persona, così nel suo Vangelo la sua sapienza infinita è nascosta sotto il velo dell' apparente stoltezza, e della semplicità della lettera; e tutte le azioni corporee del Signore, hanno pure un senso allegorico e spirituale. Il Vangelo è dunque particolarmente l'unico libro in cui tutto è vero, è reale ed infallibilmente certo; ed allo stesso tempo tutto vi è divinamente misterioso e misteriosamente profetico. S. Tomaso, colla comune de' Padri, crede che nella storia di Gesù Cristo sono ancora descritti i destini della sua Chiesa, e la condizione d'ogni vero cristiano; e che in quello che Gesù Cristo fecc, durante la preziosa sua vita, coi presenti si contiene la figura, il pegno, la promessa di ciò che avrebbe fatto un giorno con tutti i cristiani lontani. Ora i Padri, cui Dio ha dato un' assistenza, una grazia particolare di spiegare il Vangelo ad imitazion degli Apostoli e particolarmente di S. Paolo, nelle loro predicazioni si sono particolarmente applicati a spiegare questi misteri, queste pro

« PoprzedniaDalej »