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so; tema il popolo tutto che ne chiese con grida brutali la morte, e lo bestem. miò e lo derise sulla sua croce. Ma voi, voi anime amanti di Gesù nazareno, fedeli nell'averlo accompagnato piangenti al Calvario, coraggiose nell' avere assistito alla sua morte, pie e religiose nel cercarlo questo crocifisso Signore e volerlo onorare nel suo sepolcro, Jesum nazarenum crucifixum quaeritis ; voi non avete nulla da me a temere; tutto avete anzi a sperare da lui: Nolite ti

mere vos.

16. Se non che queste stesse consolanti parole sono dirette anche a noi, che cerchiamo, che desideriamo Gesù crocifisso: Jesum nazarenum quaeritis crucifixum. Lo avete adunque inteso, o anime fedeli ma timide, amanti ma ritrose? Voi non avete di che aver paura: Nolite timere vos. Tremi, sì, e paventi l'ostinato Giudeo, per cui il mistero della croce è uno scandalo; il superbo filosofo, per cui è una stoltezza; l'incredulo, che si ride di Gesù Cristo. Tremi e paventi l'eretico, che lo bestemmia; il cattivo cattolico, che l'oltraggia; l'avaro,che non lo cura; il superbo,che se ne vergogna; il voluttuoso, che lo profana; l'ecclesiastico, che lo disonora. Teman costoro, che, non volendo saper del suo amore in vita, non posson attendersi che i suoi gastighi dopo la morte. Ma voi, anime generose, quanto più umili innanzi agli uomini, tanto più nobili ed eccelse innanzi a Dio; voi, per cui Gesù Cristo crocifisso è sempre l'oggetto de'vostri desiderii e de' vostri amori, che non amate se non la sua legge, non cercate che la sua grazia, non siete gelose che del suo amore, non aspirate che alla sua visione; voi che, mentre lo cercate fuori di voi, lo avete di già in voi, per mezzo della divina carità nel cuore, e per mez zo della cristiana mortificazione impresso ed espresso anche nel corpo questo Dio crocifisso, e mettete tutto il vostro vanto nella sua croce; voi no, non avete di che temere: Nolite timere vos. Scia quia Jesum nazarenum crucifixum quaeritis. Non importa che siate state peccatrici.Non avete udito l'Angiolo incaricar le Marie di dare nominatamente a Pietro, a nome di Gesù Cristo, la nuova del suo risorgimento: Dicite discipulis ejus, et Petro? Affinchè Pietro non disperi di rivedere il Signore, che avea negato, poichè si era di già pentito del suo fallo; ed affinchè siamo noi pure sicuri che i peccati che si piangono e si detestano non nuocono a chi li ha commessi: Ut Petrus ex negatione non desperet. Non enim nocent peccala quae displicent (S. Greg.)

17. Notate pure però che l'Angiolo, in parlando di Gesù Cristo alle Marie, non lo dice il vostro o il mio Signore; ma il SIGNORE in generale: Ubi positus erat Dominus; e volle dire con ciò a Egli è il Signore mio, come è il vostro, il Signore comune, il Signore del tutto; e poichè voi cercate sinceramente lui, amate lui come io l'amo, vi fate gloria, come me la faccio io stesso, di servir lui; siam tutti egualmente servidori di questo amoroso Signore; siamo, uomini ed angeli, senza differenza alcuna, cittadini della medesima patria, eredi della medesima gloria ». E però, in persona delle religiose Marie, è detto anche a noi che lo vedremo in Galilea, parola che vuol dire rivelazione; ed è, dice il Beda, quella rivelazione ineffabile, compiuta, perfetta, che si otterrà ne'cieli, della quale ha detto S. Giovanni che, quando Gesù Cristo si scoprirà al nostro sguardo, lo vedremo come è in sè stesso, e che questa rivelazione, questa visione chiara di lui ci farà divenire simile a lui:"Galilaea revelatio dicitur. Illa revelatio vera est Galilaea de qua: Cum apparuerit, similes ei erimus, quia videbimus eum sicuti est.

18. A questa misteriosa Galilea ci ha egli preceduto: Praecessit nos in Galilaeam. Il vero Mosè, colla sua risurrezion gloriosa, ce ne ha oggi aperto il cammino. Sicchè la nostra Pasqua, ossia il nostro passaggio al Signore a tra

verso il tempestoso oceano di questo secolo ci è assicurato da Gesù Cristo,che è ito innanzi: Praecessit nos in Galilaeam. Che rimane adunque? se non che noi pure, in questo tempo degli azimi pasquali, cioè, come spiega S. Paolo, colle risoluzioni più sante, colle intenzioni più pure, cogli affetti più semplici e più sinceri, In azimis sinceritatis et veritatis, ad imitazione delle religiose Marie, cerchiamo Gesù nel sepolcro; cioè, come interpreta il Beda, procuriamo di imitare la sua passione e ci facciamo una gloria della sua croce : Ad sepulcrum; idest passionem imitemur. Ci andiamo allo spuntar del sole, cioè dopo di esserci spogliati della veste tenebrosa de'nostri vizii: Orto jam sole, idest, discussis vitiorum tenebris. Vi portiamo i balsami e gli aromi; cioè veniamo offrendogli il soave incenso delle nostre orazioni, e coll' odor delle nostre operazioni virtuose cerchiam di onorare il Dio della virtù: Portantes aromata; idest odorem bonorum operum et orationum suavitatem Domino studeamus offerre. Non ci spaventi la pietra enorme, figura della legge scritta sulle pietre; questa pietra è ormai rovesciata, è rimossa dal sepolcro, è divenuta leggiera: Invenerunt revolutum lapidem ab ostio monumenti; cioè a dire che, per la risurrezione di Gesù Cristo, tutte le leggi sono divenute facili,come sono divenuti palesi tutti i misteri; e si è cominciata a predicare a tutti la speranza di giungere facilmente alla vita eterna: Revolutus lapis reserationem Sacramentorum Christi insinuat; lex enim lapide scripta erat, cujus ablato tegmine perpetua vita nobis speranda praedicari coepit. La grazia che oggi si è sparsa nel mondo rende leggiero all'intelletto il giogo della fede,rende soave il peso della legge al cuore. L'amore umile tutto crede; l'amore desideroso tutto spera; l'amore efficace tutto compie, tutto sopporta: Caritas omnia credit, omnia speral, omnia sustinet. In questa guisa noi siam sicuri di rivedere Gesù risorto e glorioso nella vera Galilea, nella rivelazione eterna. Sì, miei cari fratelli, vi ripeterò io adunque coll' Angiolo, se lo cercherete questo Gesù crocifisso nel sepolcro, lo ritroverete in Galilea ; se ne dividerete le pene, ne dividerete ancora il gaudio: voi lo vedrete, io ve ne assicuro, in tutta la sua magnificenza, la sua luce, la sua bellezza, la sua gloria, e sarete eternamente felici in lui e con lui: Praecessit vos in Galilaeam sicut dixit vobis ; ibi eum videbitis: ecce praedixi vobis. Così sia.

Scuola de' Miracoli

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OMILIA XXXIX.

LA RISURREZIONE DE' MORTI

Si Christus in vobis est, corpus quidem mortuum est propter peccatum, spiritus vero vivit propter justificationem. Quod si spiritus ejus qui suscitavit Jesum a mortuis habitat in vobis, qui suscitavit Jesum Christum a mortuis vivificabit et mortalia corpora vestra propter inhabitantem Spiritum ejus in vobis.

(Rom. viu).

1. Oh magnifiche e sublimi parole che, scritte dall'uomo, annunziano però chiaramente di essere state ispirate, suggerite, dettate da Dio! Esse con. tengono un profondo secreto della scienza di Dio, un mistero incomprensibile dell'economia della redenzione, che l'uomo non ha potuto da sè solo conoscere, molto meno inventare, e che Dio solo ha potuto rivelare, come Dio solo potrà compierlo! Imperciocchè è chiarissimo da queste parole che siccome Gesù Cristo, ancorchè Figlio di Dio, è veramente morto, perchè avea presa una carne somigliante alla carne dell'uomo peccatore; così e con molto più di ragione dobbiamo, rispetto al corpo, morire anche noi, perchè abbiamo un corpo corrotto dal peccato, ancorchè, rispetto all'anima, siamo stati vivificati dalla grazia di Gesù Cristo: Si Christus in vobis est, corpus quidem mortuum est propter peccatum, spiritus vero vivit propter justificationem.Ma egli è ancora chiarissimo dalle stesse parole di S. Paolo che, partecipi noi dello Spirito di Dio Padre, saremo partecipi del gran privilegio della risurrezione del suo divin Figliuolo; poichè, in virtù di questo Spirito, lo stesso Dio che ha fatto risorger vivo da morte Gesù Cristo, farà vivi risorger anche noi dalla morte. Sicchè come comune avremo avuto con Gesù Cristo la figliuolanza divina rispetto all'anima, così comuni avremo ancora con lui rispetto al corpo le doti del suo corpo risuscitato: Quod si Spiritus ejus qui suscitavit Jesum a mortuis habitat in vobis, qui suscitavit Jesum Christum a mortuis vivificabit et mortalia corpora vestra propter inhabitantem Spiritum ejus in vobis.

2. Oh profonda ed importante dottrina! Oh gioconda e consolantissima verità! La risurrezione gloriosa di Gesù Cristo non è dunque un mistero tutto proprio di lui solo, ma è altresì un mistero tutto proprio dei veri cristiani! La risurrezione di Gesù Cristo è la ragione, il pegno, il modello ancor della nostra! Poichè dunque abbiamo jeri discorso della risurrezione del Signore, principalmente rispetto a lui; discorriamo oggi dello stesso mistero, principalmente rispetto a noi. Vediamo come e perchè la gloria del nostro capo ri

sorto sarà comune ancora alle membra nel giorno dell'universale risorgimento. Cioè a dire che, dopo di avere considerato altra volta il gravissimo domma dell'UNIVERSALE RISURREZIONE DE'MORTI nella sua rivelazione, nella sua promessa e nella sua figura (Omil. xxvii), oggi dobbiam considerarlo nei suoi principii, nelle sue cause, nelle sue conseguenze; e scorgerne il legame intimo ch'esso ha colle principali verità del cristianesimo: affinchè ci animiamo a raccogliere, a stabilire in noi il vero Spirito di Gesù Cristo; poichè solo pel possesso di questo Spirito in terra possiamo aspirare al vanto di risorgere gloriosi con Gesù Cristo ne'cieli: Qui suscitavit Jesum Christum a mortuis vivificabit et mortalia corpora vestra propter inhabitantem Spiritum ejus in vobis. Incominciamo. PARTE PRIMA

3. Fu veramente singolarissima e strana la maniera che adoperò Eliseo col morto figliuolo della Sunamitide per richiamarlo alla vita. Vi aveva egli da prima mandato, col suo proprio bastone, Giezi suo servo, ma invano: perchè, sebbene gli avesse Giezi applicato più e più volte sul viso il baston del Profeta, non risorse il fanciullo: Giezi posuerat baculum super faciem pueri, et non surrexit puer (IV Reg. xxvII). Venne quindi Eliseo personalmente egli stesso, e salito nella stanza dove giaceva sul suo letticciuolo l'estinto, vi si gittò sopra, ma raccorciatovisi per modo che parve divenuto esso pure un fanciullo, che potè mettere i suoi occhi, la sua bocca, le sue mani precisamente sopra gli occhi, la bocca e le mani del morto; e poi gli soffiò sette volte sul viso: Ascendit Elisaeus et incubuit super puerum; posuitque os suum super os ejus, et oculos suos super oculos ejus,et manus suas super manus ejus; et insufflavit super eum septies (ibid. juxta LXX). Ed, oh prodigio! divenne caldo da prima il piccol cadavere; e come rizzossi in piedi il Profeta, respirò sette volte il fanciullo; e infine, aperti gli occhi, ritornò sano e salvo alla vita: Et calefacta est caro pueri; et oscitavit puer septies, aperuitque oculos (ibid.)

4. Or come mai non vedere, in questo inusitato prodigio, la figura fedele, la profezia di fatto di un prodigio ancora più grande ? Il fanciullo estinto, dice S. Agostino, è Adamo morto per lo peccato: Quid significavit mortuus puer, nisi Adam? (Serm. 11 de verb. Apost.) Giezi, che non ha potuto richiamar quel fanciullo alla vita, sebben lo avesse toccato col miracoloso baston del Profeta, è Mosè che colla sola legge, sebben ricevuta da Dio, non avea potuto restituire all'uomo, colla primitiva giustizia,la doppia vita di cui godeva nell'originale innocenza: poichè S. Paolo chiaramente lo ha detto, che la legge mosaica non poteva vivificare; altrimenti tutta la redenzione sarebbe dalla legge provenuta, e non sarebbe stata necessaria la grazia del Redentore: Posuit baculum supra mortuum, el non surrexit. Si enim data esset lex quae posset vivificare, omnino ex lege esset justitia (ibid.) Deh, dice altrove lo stesso Padre, deh che era necessario che colui che avea mandato il bastone, venisse di persona esso stesso! Ed il bastone che a nulla vale senza Eliseo è il mistero della Croce, promesso, figurato ne' vaticinii e nei riti della legge, e che a nulla giovava senza di Gesù Cristo: Opus erat ut, qui baculum miserat, ipse descenderet. Baculum sine Elisaeo nihil valebat: quia Crux sine Christo nihil poterat (Serm. 106 de Temp.) Eliseo, che viene infatti esso stesso e che ascende nel cenacolo dove, sopra povero letticciuolo, giaceva il fanciullo estinto, è Gesù Cristo che doveva venire esso stesso al mondo e salire sul letto duloroso della croce Venit Elisaeus et ascendit in coenaculum; quia venturus erat Christus et ascensurus crucis patibulum (ibid.)

Eliseo s'inclinò per risuscitare il fanciullo preda della morte; e Gesù Cristo si è umiliato per sollevare dalla sua abiezione il genere umano preda del peccato. Oh medico pietoso! Era necessario ch'egli si abbassasse insino a noi; giacchè nessuno può sollevare un altro, che giace abbandonato a terra, se sdegna d'inchinarsi sopra di lui: Inclinavit se Elisaeus ut puerum suscitaret ; humiliavit se Christus ut mundum in peccatis jacentem erigeret. «Prius se medicus inclinavit ; quia et revera nemo potest jacentem erigere, si se noluerit inclinare (ibid.) Oh amoroso Salvatore! ripiglia ancora S. Agostino: come Eliseo venne al fanciullo, così questo Salvatore divino è venuto all'uomo bisognoso di esser salvato. Il Dio d'infinita grandezza è venuto alla nostra piccolezza; il vivo è venuto a trovare l'estinto: Venit grandis ad parvulum, Salvator ad salvandum, vivus ad mortuum (Serm. 11 de verb. Ap.) E che non ha fatto egli mai nell'eccesso della sua misericordia? Ah il vero Eliseo ha impiccolito sè stesso! L'uomo della età e della statura perfetta (perchè insieme è Figlio di Dio) si è contratto, sino a comparire non più grande del morto fanciullo, del figlio dell'uomo; poichè S. Paolo lo ha detto: Gesù Cristo si è esinanito, ha presa la forma di servo, ha adattato il corpo della sua immortalità e della sua gloria al corpo della nostra bassezza e della nostra mortalità per riformarlo e farlo partecipe dei privilegi del suo: Venit ipse, et quid fecit! Juvenilia membra contraxit, tamquam se ipsum exinaniens (Philipp.) ut formam servi susciperel. Parvum se parvo coaptavit ut efficeret corpus humilitatis nostrae conforme corpori claritatis suae (ibid.)

5. E mirate, dice pure S. Bernardo, come il Signore ha compiute tutte le altre circostanze di quel prodigio profetico. Egli, co'vivi suoi occhi divini, ha toccato i nostri nuvolosi ed estinti, poichè ha riacceso nella fronte del nostro uomo interiore come due chiarissime luci che l' adornano, l'intelletto e la fede: Oculis suis tetigit oculos interioris hominis, frontem claris luminaribus ornans, fide et intellectu (Serm.16 in Cantic.) Ha poste altresì le sue mani sopra le nostre, avendoci nella sua santissima vita esibiti gli esempi delle buone opere e la forma dell'ubbidienza alla legge di Dio: Manus suas meis superposuit: exemplum praebens bonorum operum et obedientiae formam (ibid.) Ha avvicinata alla nostra la sua bocca divina e sul freddo nostro cadavere ha impresso un bacio vivificante di pace, avendoci riconciliati con Dio, mentre che eravam peccatori, alla grazia ed alla giustizia estinti: Ori meo junxit os suum, el mortuo pacis signum impressit; quoniam, cum adhuc peccatores essemus, reconciliavit Deo justitiae mortuos (ibid.) Inoltre, nell'applicare la sua sacra bocca sopra la nostra, come già Eliseo sul fanciullo, vi ha più e più volte soffiato sopra l'aspirazion della vita, ma di una vita assai più nobile e santa di quella che ispirò al principio sul primo uomo; poichè con quella prima ispirazione ci creò, infondendoci un'anima vivente, con questa seconda ci ha riformati, comunicandoci lo spirito vivificante: Os ori applicuit, iterato spirans in faciem meam spiraculum vitae, sed sanctioris quam primo, nam primo quidem in animam viventem creavit me, secundo in spiritum vivificantem reformavit me (ibid.)

E come in Eliseo che soffia sul fanciullo estinto non vedere ancora la figura e la profezia del mistero onde Gesù Cristo risorto soffiò sopra gli Apostoli e comunicò loro lo Spirito Santo? Insufflavit, dicens: Accipite Spiritum Sanetum (Joan. xx). Deh che col calore divino di questo Spirito cominciò a riscaldarsi dell'amore di Dio il freddo cadavere, la massa agghiacciata dell' umanità estinta: Et calefacta est caro pueri! Finalmente il fanciullo respirò sette volte pria di risorgere; e con ciò, dice S. Agostino, figurò fin d'allora la

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