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virtù e della vera divozione. O anime cristiane che non arrossite di frequentare il divino banchetto, quanto è bello, quanto è onorevole, quanto è glorioso per voi l'avere siffatti censori e siffatti nemici!

Il fatto però più comune, più certo, più evidente si è che, se, nelle persone pie che spesso usano alla mensa eucaristica si vedono molti difetti, in voi però, zelatori ipocriti, critici ingiusti, che ne vivete lontani, non si scorge alcuna vera virtù. Le debolezze dei divoti dimostrano che essi, ad onta della frequente comunione, non han cessato di essere uomini; ma voi fate conoscere che non avete pur cominciato ad essere cristiani. Co'mancamenti in cui cadono le anime spirituali, e di cui si umiliano, si confondono, si affliggono, danno a vedere che l'opera della loro perfezione non è ancor terminata; ma voi fate palese a tutti che non avete ancor posta la prima mano all'opera della vostra salute: quelli potrebbero esser più santi; ma voi siete dominati da tanti rei abiti e da tante passioni che difficilmente potreste divenir più peccatori.

Ed in verità, la sincera pietà, la delicatezza di coscienza, il fedele adempimento di tutti i doveri di religione e di società, il timido pudore, la incorruttibile onestà, l'amore della giustizia, lo zelo sincero per la religione, la generosa carità, le vere e solide virtù cristiane dove si ammirano più pure e più perfette, se non fra coloro che spesso si comunicano colle disposizioni che sì gran mistero dimanda? Ed al contrario, il libertinaggio insolente, la sordida avarizia, l'oppressione crudele del povero, l'ambizione sfrenata, lo spirito di calunnia e di maldicenza, l'obblio di tutte le massime di religione, il disprezzo di tutte le leggi di Dio e della Chiesa, l'indifferentismo religioso, l'empietà, tuttii vizii insomma, tutti i disordini che offendono il pubblico, scandalizzano i deboli, contristano la pietà, dove si trovano insieme riuniti, se non in quelli che o non mai, o quasi mai usano al santo mistero?

Invece adunque di censurar gli altri,o giudici inverecondi della vera divo zione, censurate, condannate, umiliate voi stessi, confondetevi in voi stessi, tremate per voi stessi; perchè, come Gesù Cristo ve lo ha in chiarissimi termini minacciato, apostati volontarii della sua carne e del suo sangue, sarete un giorno esuli forzati del suo regno: Nisi manducaveritis carnem filii hominis et biberitis ejus sanguinem,non habebilis vilam in vobis.

E voi al contrario, anime veramente amanti di Gesù Cristo, che fate del suo Sagramento la vostra consolazione, le vostre delizie, il vostro vanto; fatevi superiori alle ingiuste censure de' falsi dottori, alle critiche maligne de' pessimi cristiani, agli scherni sacrileghi degli empii; e continuate a frequentare la mensa divina con ispirito sempre più umile, con cuore sempre più puro, con amore sempre più tenero, con desiderio sempre più ardente: poichè, ricevendo spesso in voi, facendo abitar sempre in voi il Ver bo divino fatto carne, con tutta la pienezza della sua verità e della sua grazia, voi andrete moltiplicando i dritti e i meriti da goderlo nella sua gloria: dove l'unione e l'abitazione di voi in esso, e di esso in voi sarà più intima; dove sarà più abbondante la partecipazione alla sua grazia e alla sua verità; e dove perciò, con maggior trasporto di riconoscenza e di lode, potrete ripetere: Verbum caro factum est et habitavit in nobis, plenum gratiae et veritatis. Così sia.

OMILIA XXXVI.

L'INGRESSO TRIONFANTE DI GESÙ CRISTO

IN GEROSOLIMA

S. Matteo, xxI; S. Marco, x1; S. Luca, XIX; S. Gio., XII.

Exsulta satis, filia Sion: ecce rex tuus venit tibi justus (mansuetus) et salvator; ipse pauper et ascendens super asinam et super pullum filium asinae; et dissipabitur arcus belli, et loquetur pacem gentibus, et potestas ejus usque ad terminos terrae. (Zach. Ix).

1. COME Gesù Cristo è uomo e Dio, così i suoi misteri sono un misto di semplicità insieme e di grandezza, di modestia e di maestà, di povertà e di nagnificenza. Ma come le reali miserie dell' umana natura di cui era rivestito non alteraron per nulla la verità della natura divina della sua persona; così le umili apparenze non oscuraron per nulla la grandezza, la magnificenza e la gloria de suoi misteri. Mirate difatti l'odierno mistero quale sette secoli prima lo ha descritto Zaccaria, più che da profeta, da evangelista. È vero, Gesù Cristo, secondo questa ammirabile storia più che profezia, non entra oggi in Gerusalemme con altra corte che la compagnia de'suoi Apostoli, con altro esercito che il sussieguo di turbe divote, con altre armi che la palma e l'ulivo, con altro cocchio che un abietto giumento, con altra bardatura che le logore vesti de'discepoli, con altra pompa che la modestia del suo sguardo, la dolcezza del suo labbro, la povertà, la mansuetudine del suo portamento: Ascendens super asinam et super filium asinae, venit tibi mansuetus et pauper. Eppure, soggiunge il Profeta, sotto apparenze si semplici, si abiette e si povere, non si mostra egli meno il Figlio di Dio salvatore dell'uomo, Salvator; non si mostra meno il re giusto e possente de'Giudei, che, spezzando le armi de' suoi nemici, assoggetta ed incorpora oggi anche i gentili nel suo pacifico regno Rex tuus, justus: et dissipabitur arcus belli, et loquetur pacem gentibus; non si mostra meno il Dio creatore e padrone del tutto, il cui impero altri confini non ha che l'universo, altro termine che l'eternità: Et potestas ejus usque ad terminos terrae. E perciò questo ingresso, sì insignificante in apparenza,non è però meno uno de più strepitosi miracoli, uno de'più grandi avvenimenti della vita del

Signore, degno dell'ammirazione e della esultanza della vera Sionne, la Chiesa: Exsulta satis, filia Sion.

2. Ora come, nel suo ingresso in Gerosolima, ha oggi il Signore compiuta una si splendida profezia; come, sotto apparenze sì umili, si è addimostrato vero Dio, vero re e vero salvatore del mondo; è ciò che dobbiam veder questa sera (1), ed a gloria del Signor nostro scoprire misteri che l'orgoglio disprezza, perchè non li conosce, ma che sono infinitamente preziosi alla fede che li crede, li gusta, li ama e li ammira. Incominciamo.

PARTE PRIMA

3. Era a'Giudei dalla legge prescritto che nel mese di Nizan, nel quale si celebrava la Pasqua, fin dal giorno dieci ciascun si provvedesse d'un agnello, che si dovea poi immolare il giorno quattordici e mangiare alla sera: Decima die mensis tollet unusquisque agnum et servabit usque ad quartamdecimam diem; immolabitque eum multitudo filiorum Israel ad vesperam (Exod. xu). Sicchè la domenica precedente, come oggi, entravano in città, ornati di nastri e di fiori, fra le acclamazioni del popolo, gli agnelli che doveano il giovedì seguente essere sagrificati.

Ora non vi è nulla di più certo nella Chiesa, dietro l'autorità della Serittura e della tradizione, di quello che questo agnello che s'immolava dagli Ebrei alla Pasqua era il tipo e la figura di Gesù Cristo, vero agnello di Dio, che dovea essere sagrificato per cancellare il peccato del mondo: Ecce Agnus Dei, ecce qui tollit peccatum mundi (Joan. 1).

Per compiere adunque questo rito profetico, dicon gl' interpreti, Gesù Cristo, il vero Agnello di Dio, che in tal rito era figurato,oggi appunto ha voluto entrare in Gerusalemme, quando, cioè, vi entravan gli agnelli che ne eran la figura : Quam figuram Christus implendo, eadem die Jerosolymam intrare voluit (Jansen.) E vi entra, tra le acclamazioni dello stesso popolo che dovea quattro giorni dopo crocifiggerlo: come appunto in questo stesso giorno gli agnelli vi entravano, tra gli evviva dello stesso popolo da cui quattro giorni dopo erano immolati. Ma siccome, prima di pren der tutto il popolo parte alla immolazione degli agnelli e versarne il sangue la sera del giovedì, tutto il popolo pure li festeggiava la domenica al loro ingresso e li riguardava e li riconosceva come il segno visibile della protezione divina e della salvezza di tutti; così Gesù Cristo, prima che tutto questo popolo cospirasse il giovedi alla sua morte e alla sua immolazione chiedendo a grandissime grida che il suo sangue si versasse sopra tutte le famiglie e tutte le persone giudaiche, Sanguis ejus super nos et super filios nostros, ha voluto oggi esso pure esser prima festeggiato da questo medesimo popolo; ed ha voluto esserne riconosciuto, salutato, acclamato come il vero re d'Israello, il vero Messia, il vero Salvatore, giusto, santo, puro, benedetto, separato da' peccatori, e perciò, il vero agnello, la vera vittima, sola degna di essere immolata in sagrificio a Dio per la salute del mondo: Hosanna filio David, Hosanna in excelsis; Benedictus qui venit rex; Benedictus qui venit in nomine Domini ( Matth. 10; Luc. 38).

Oh sapienza, oh providenza, oh consiglio di questo Dio Salvatore,attento a farsi riconoscere il tipo di tutte le figure, l'oggetto di tutte le profezie, la

(1) Questa Omilia fu recitata la sera della domenica delle Palme; poichè in tal giorno, in San Pietro, si predica alla sera.

realità di tutte le imagini, la verità di tutte le ombre; ed a provare che tutto fu scritto di lui, tutto mirava a lui, e che la legge tutta, co'suoi riti, colle sue cerimonie, ordinata a lui e da lui, in lui e per lui avrebbe avuto il suo fine, la sua realtà, il suo compimento: FINIS legis Christus est (Rom. x).

Ma non dobbiamo dimenticare le circostanze, futili in apparenza, in sostanza gravissime, onde il Signore fece precedere questo misterioso suo ingresso nella città in cui dovea compiere il suo sagrificio.

4. Narrano adunque gli Evangelisti che, camminando a piedi il Salvatore alla volta di Gerusalemme, Cum appropinquassel Jerosolimae, fermatosi ad un miglio di distanza dalla città, nel villaggio di Betania, presso Betfage, chiama a sè due de'discepoli, e: Via, dice loro, andate subito al castello che vi riman dirimpetto: Ile in castellum quod contra vos est. Ivi, appena entrati, vedrete un'asinella ed un polledro legati fuori di una porta in mezzo alla pubblica via: In quod statim introeuntes, invenietis asinam alligatam et pullum. Non v'informate a chi appartengano; non perdete tempo ad esaminare se conviene il prenderli senza dir nulla: scioglieteli e conducete subito a me e la madre e il figlio. Questo figlio so che non è stato ancor cavalcato da alcuno. Voi potreste perciò riguardarlo come indomito e non adatto per me, o almeno inutile, poichè una sola cavalcatura sarebbe più che bastevole. Ma io voglio l'una e l'altro: Pullum alligatum, super quem nemo adhuc hominum sedit: solvite et adducite mihi (Matth. 1, 2; Luc. 29, 30).

Vi si dirà: «Che cosa fate? Perchè sciogliete questi animali? Con qual diritto prendete quello che non è vostro?» Voi allora, senza entrare in tanti discorsi, rispondete semplicemente: « Il Signore ha bisogno di questi giumenti; l'opera loro gli è necessaria » ; e subito vi saran rilasciati: Si quis dixerit: Quid facitis? Quare solvitis? sic dicetis ei: « Quia Dominus his opus habet; Dominus operam ejus (pulli) desiderat ». Et statim dimittet eos (Matth. 3; Luc. 31).

Quanto non è però maestosa, nella sua semplicità.questa ordinazione del Salvatore? Quanto non è magnifica questa parola ch'egli mette in bocca de'due Apostoli: IL SIGNORE NE HA BISOGNO! Proibendo con ciò loro di dire: Il no stro Signore, il vostro Signore, il Signore di Nazaret, il Signore di Gerusalem me; ed ordinando di dir solo, IL SIGNORE, senza altra aggiunta che, particolarizzandolo, non avrebbe fatto che limitare il suo dominio e il suo potere; ingiunge loro di annunziarlo come IL SIGNORE PER ECCELLENZA, il Signore assoluto, il Signore vero, il Signore unico, che appunto, perchè non è il Signore di alcuna cosa o luogo particolare, è il Signore universale del tutto, del cielo e della terra, degli uomini e degli animali e di tutto ciò che vive e di tutto ciò che esiste: Dicite: Dominus! E come pure sono autorevoli quest' altre parole: E subito vi saranno rilasciati : Et confestim dimittet eos! Poichè fu lo stesso che dire: Queste vostre parole avranno infallibilmente e subito il loro effetto; perchè prenderanno da me, che ve le ho suggerite, una forza cui nulla resiste. Non si replicherà nulla a questa vostra risposta. Non vi si chiederà pegno o sicurtà, non vi verrà alcuno appresso per vedere dove condurrete questi animali, non vi si raccomanderà di riportarli subito dopo che avrò finito di servirmene; ma vi si lasceranno in potere, come se ne foste padroni: Et confestim dimittel eos.

5. Tutto ciò, appunto come Gesù Cristo lo ha ordinato e predetto, si adempie. I discepoli trovano i due giumenti nel luogo loro indicato e si apprestano a scioglierli. Il padrone di ciò li riprende: ma, udita la gran parola che Gesù Cristo aveva ingiunto ai discepoli di pronunziare: « Il Signore ne

ha bisogno»; senz'altra difficoltà li cedette: Euntes discipuli,invenerunt sicut dixit illis; et fecerunt sicut praecepit illis Jesus (Matth. 6). Oh sapienza, oh potenza, oh gloria del Signor nostro! Egli non solo ha vedute da lontano tutte queste circostanze, ma esso medesimo le ha preparate! E per sua disposizione che gli Apostoli trovano il tutto appuntino come egli lo ha loro predetto; senza che una sillaba della sua predizione non si compia. Arbitro egli della volontà dei padroni degli animali, e li ha fatti da loro attaccare in un luogo visibile, e rende docili ed ubbidienti gli stessi padroni a subito cederli. Presiede a tutto, mentre sembra non prendervi parte; lontano,è a tutto presente; e tutte le cose gli ubbidiscono, senza conoscere il padrone invisibile da cui dipendono! Menati adunque a Gesù Cristo l'asinella col suo figlio, gli Apostoli vi adattaron sopra per bardatura le loro stesse vestimenta e vi fecero seder sopra il Signore: Et adduxerunt asinam et pullum ad Jesum, et imposuerunt super eos vestimenta sua, et eum desuper sedere fecerunt (Matth. 7).

6. Ma che significa mai tutto ciò? Da Betania a Gerusalemme non vi era che la distanza di un miglio; ed il Salvatore l'avea mai sempre a piedi percorsa. Donde mai adunque oggi questa vaghezza di percorrerla sopra un giumento? e se ha bisogno di un giumento, perchè ne vuole assolutamente due, la madre e il figlio? Perchè vuole usar di ambidue per un sì corto cammino ; e far questa volta, nel modo in cui non lo ha mai fatto, il suo ingresso in Gerosolima? Si può forse pur sospettare che il Signore abbia ciò fatto per necessità, per comodo, per capriccio? No certamente. Bisogna dunque di tutta necessità supporvi e cercarvi misteri, e grandi misteri.

S. Matteo, citando il vaticinio di Zaccaria, dice che tutto questo fatto sì singolare, si straordinario e sì nuovo ne fu il compimento: Hoc autem totum factum est, ut adimpleretur quod dictum est per Prophetam dicentem: Dicile, filiae Sion: Ecce Rex tuus venit tibi mansuetus super asinam et pullum filium subjugalis (Matth. 45). E S. Giovanni nota che gli stessi apostoli non capiron nulla allora di questo avvenimento: Haec non cognoverunt discipuli ejus primum; e che solo dopo la risurrezion del Signore, quando ricevettero da lui la cognizione e l'intelligenza delle Scritture, ricordandosi di questo giorno, capirono che Gesù Cristo avea in esso adempita la profezia di Zaccaria, che questo vaticinio riguardava lui, e che essi, senza intenderne allora il mistero che vi si rappresentava, avean cooperato a compirlo: Sed quando glorificatus est Jesus, tunc recordati sunt quia haec scripta erant de eo, et haec fecerunt ei (Joan. 16). Ora egli è certissimo, e gli stessi Giudei ne convengono, che le citate magnifiche, misteriose parole di Zaccaria sono una profezia che ri guarda il Messia e che non può riguardar che il Messia; giacchè il Messia vi è dipinto con tutti i caratteri della sua persona, della sua missione e de'suoi prodigi. Egli è ancora certissimo che questa profezia non si è adempiuta alla lettera se non in Gesù Cristo e per Gesù Cristo; giacchè di esso solo si legge che sia entrato in Gerusalemme nel modo dal Profeta indicato, e nessuno, nè prima nè dopo di lui, entrò mai in Gerusalemme così. Ecco dunque, in questa conformità perfetta della profezia col fatto, un nuovo argomento, cui non vi è nulla da opporre, che Gesù Cristo è il vero Messia, il vero Salvatore, al mondo predetto ed aspettato dal mondo. Ed ecco la prima ragione onde il Signor nostro ha voluto oggi entrare in Gerusalemme in un atteggiamento sì umile e si glorioso, per compiere, cioè, sì splendida profezia, e così ottenere la fede dei Giudei e confermar noi vieppiù nella nostra: Hoc autem totum factum est, ut adimpleretur quod dictum est per prophetam.

7. Ma siccome le profezie han servito a Gesù Cristo, e non Gesù Cristo

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