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SALVATORE DEL MONDO: Jam non propter tuam loquelam credimus : ipsi enim audimus et scimus quia hic est VERE SALVATOR MUNDI (ibid. 42).

Oh bella testimonianza! I Samaritani adunque conoscono e credono che il mondo è perduto, che di un Salvatore ha bisogno, che un Salvatore aspetta, che questo Salvatore è appunto Gesù Cristo, e che Gesù Cristo perciò appun to è il Salvatore-Dio, il vero Salvatore, perchè, come avea fatto con quella rea femina, convertiva gli uomini alla giustizia, e li salvava dalla colpa e dalla pena del peccato: Audivimus et scimus quia hic est vere Salvator mundi. Oh bel trionfo della grazia! Qual eroe del mondo, col peso delle sue armi, fece mai una conquista più grande, più pronta, più importante di questa che ha fatto oggi Gesù Cristo solo coll' incanto soave della sua grazia? Allingens a fine usque ad finem fortiter, disponens omnia suaviter. Deh che a soggiogare i popoli, colla forza delle armi, può giunger l'uomo; ma a domare, a convertire i cuori, colla sola forza della grazia, non può riuscir che Dio!

PARTE SECONDA

25. Quando, dice S. Gian Crisostomo, il sacro fuoco dell' amore celeste si accende nell'anima, perde essa subito di vista tutti gl' interessi umani e terreni; non si occupa che di questa unica fiamma divina; ed essa diviene il principio e il segno di tutti i suoi moti, di tutte le sue operazioni; Anima cum ignita fuer it igne divino, ad unam solam, quae eam detinet, flammam et ad nihil eorum quae sunt in terra, de reliquo aspicit (Homil. 33). Or ecco ciò che è accaduto all' odierna fortunatissima donna di Samaria. Come oggi le si appiccò al cuore il fuoco dell' amor divino, questo sacro incendio prese a possederla in modo che più non visse che a lui e per lui. Perciò da questo giorno essa co' suoi due figliuoli, colle sue cinque sorelle, si diede alla sequela di Gesù Cristo, ne fu una delle discepole più ferventi e più fedeli, lo seguì colle altre pie donne fino sul Calvario. Si trovò con loro nel cenacolo quando lo Spirito Santo discese sopra i primi fedeli; e ricevuto dagli Apostoli il Battesimo, fu una delle più sante matrone della Chiesa nascente. Siccome però, osserva l'A-Lapide, lo spirito di Gesù Cristo infonde a color che converte uno zelo straordinario di convertire a lui anche gli altri: Spiritus Christi zelum a se conversis alios convertendi injicit, così Fotina non cessò mai di annunziare in Gerusalemme le grandezze e le glorie del suo divin Salvatore. Questo zelo le attirò prima la persecuzione de' Giudei, che con tutta la famiglia la esiliarono in Africa; e poi degli idolatri da' quali l'anno 60 di Gesù Cristo, sotto Nerone, sostenne in Cartagine ogni specie di tormenti, in odio della vera fede, in compagnia delle sue sorelle e de' suoi figliuoli, e terminò una vita eroica colla corona di martire (1).

26. Ma come si ricordano con diletto spirituale queste glorie della donna di Samaria, così non si può pensar senza orrore a ciò che sarebbe stato di lei, se non fosse stata fedele alla prima grazia di Gesù Cristo. Deh che se, quando il Signore la prima volta la chiamò e le chiese da bere, avesse, senza curarlo, senza arrestarsi, continuato il suo cammino, non avrebbe avuta la rivelazione del Messia, non avrebbe ascoltate le sue dottrine, non si sarebbe convertita al suo amore; sarebbe restata nelle sozzure de' suoi vizii, nella not

(1) Le sue reliquie si conservano nella basilica di S. Paolo; così disponendo Iddio, che la prima predicatrice de' gentili riposi presso alle ceneri del grande Apostolo de' gentili, e sia venerata in Roma colei la cui conversione, la cui fede, la cui umiltà, il cui zelo figurò sì bene la conversione, la fede, l'umiltà e lo zelo di Roma (vid A-Lap. in 1v Joan.)

te de' suoi errori; avrebbe terminata una vita licenziosa con una infelicissima morte.

Oh quante volte questo terribile mistero di riprovazione si compie! Ah quante anime penano eternamente nel fuoco tra' reprobi, che godrebbero della gloria eterna tra' Santi, se non avessero fatto i sordi alle prime voci di Dio che le chiamarono a tempo a conversione e ad una vita santa e perfetta! Colla loro resistenza alla prima grazia perdettero tutte le altre che loro erano state preparate; ruppero essi medesimi la misteriosa catena di amore scambievole tra il Creatore e la creatura, di cui l'ultimo anello è la perseveranza finale e l'eterna salute! Imperciocchè Gesù Cristo non chiama sempre, non istà fermo continuando a chiamare; ma chiama e passa: felici coloro che, a questa prima chiamata, abbandonano subito le reti di una vita di scandalo e d'inciampo, il telonio dell' ambizione, le cure dell'interesse terreno, i legami dell'amore profano, e, come un Pietro, un Matteo, un Zaccheo, una Maddalena, si mettono subito a seguirlo! Egli ne fa degli Apostoli e de'Santi. Ma guai a coloro che non si arrendono, ma disprezzano, impugnano queste divine chiamate, che altra volta più non si ripetono! Perciò dicea S. Agostino: quello che mi fa più tremare non è Gesù Cristo che umilia, che mortifica, che tribola, che travaglia; ma è Gesù Cristo che chiama e passa: perchè, passato una volta, non si volge più addietro per tornare a chiamare: Timeo Jesum transeuntem.

27. Mirate al contrario ciò che valse alla Samaritana l'essersi arrenduta alle prime voci di Gesù Cristo. Compì egli stesso col fatto, nel cuore di questa fortunata matrona, il mistero della sua grazia nell'istante medesimo che glielo rivelava all'orecchio colle parole. L'acqua misteriosa di questa grazia appena cadde sopra quella terra isterilita e secca, vi fece scaturire una fonte il cui zampillo andò sempre inalzandosi, sempre crescendo, sino ad elevarla alla vita eterna: Aqua quam dedit ei facta est in ea fons aquae salientis in vi

tam aeternam.

Deh! procuriamo anche noi di essere docili e pronti alle divine chiamate. Quelle subitanee illustrazioni di mente che ci scuoprono la miseria del nostro stato, la severità de' divini giudizii, l'orrore degli eterni gastighi; quelle improvise apprensioni di perderci che ci assalgon la notte, che ci funestano il giorno; quei movimenti salutari del cuore, quel fastidio del vizio, quel desiderio della virtù, quelle idee di elevarci al disopra della terra per attendere all' acquisto dei cieli ; quelle ambasce, quei rimorsi, quei palpiti, che sentiamo nascerci nel fondo dell' anima nell' ascoltare la parola di Dio, sono, dice S. Ambrogio, voci di Dio, sono inviti, sono desiderii del suo cuore amoroso di bere dell'acqua della nostra penitenza per cancellare i nostri peccati; dell'acqua della nostra fede, della nostra pietà, per colmarci dell' eterna sua grazia: Aquam postulat ut peccata condonel; sitire se dicit ut sitientibus aeternam gratiam largiatur (loc. cit.) E se noi siam pronti a rispondere, docili ad ascoltare, ad adempire fedeli queste voci sì amorose, si dolci, sì soavi della grazia, essa spiegherà in noi una forza meravigliosa che ci farà trionfare delle più ree abitudini, delle più turpi passioni, e ci trasporterà da' confini del vizio a' confini della virtù: Attingens a fine usque ad finem fortiter; e sentiremo formarsi, scaturire nel cuor nostro quel fonte misterioso di grazia il cui zampillo ci eleverà alla vita eterna: Fiel-in eo fons aquae salientis in vitam aeternam. Così sia.

Scuola de' Miracoli

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OMILIA XXIV.

LAEMORROISSA

S. Matteo, Ix; S. Marco, v; S. Luca, vill.

(1).

Quam bonus, Israel, Deus his qui recto sunt corde! (Psal. XVII).

1. SEMBRA veramente incredibile ciò che ci narra S. Giovanni nell' odierno Evangelo (fer. II post. Domin. Iv), cioè a dire che una gran moltitudine di Giudei si sono oggi convertiti a Gesù ed han creduto in lui, ma che egli non si è fidato di siffatti credenti, e non ha gradita nè questa conversione, nè questa fede: Multi crediderunt in cum; ipse autem Jesus non credebat semetipsum eis (Joan. 11). Come mai ? Dunque il Dio di mansuetudine, di dolcezza, di misericordia e di bontà più non accetta gli omaggi spontanei della fede del suo popolo, che egli stesso è venuto a conciliarsi colla sua predicazione e coi suoi prodigi? Ma deh che lo stesso Evangelista ha prevenuta questa difficoltà, ed ha sciolto l' enimma, soggiungendo che Gesù Cristo perciò non fece plauso a questi convertiti novelli, perchè egli col suo sguardo divino penetra nell'interno di tutti, e tutti conosce; e non ha bisogno di esterni argomenti per indovinar l'uomo e le sue intenzioni più nascoste ed i suoi più intimi sentimenti: Non credebat semetipsum eis, eo quod ipse nossel omnes, et quia opus ei non erat ut quis testimonium ei perhiberet de homine; ipse enim sciebat quid esset in homine (ibid.) Ciò che chiaramente significa che il Signore perciò non fece caso della fede degli odierni Giudei, perchè questa fede non fu retta, non fu affettuosa, non fu sincera.

2. Infatti, come lo avverte lo stesso Evangelista, non fu se non dopo di aver oggi veduto il Salvatore che, con un flagello di semplici funi alla mano, sbanda dal tempio tutti i bovie tutte le pecore nel grand'atrio raccolte per ven

(1) Stava il Signore presso al mare di Tiberiade (vedi Omil. xix, nota), ammaestrando il popolo quando, pregato da Jairo, principe della sinagoga di Cafarnao, di venirgli a guarire la sua unica figlia, ritornò in questa città. Ora fu in questo tragitto che operò il miracolo della sanazione dell' emorroissa, correndo ancora l'anno primo della sua divina predicazione e xxx della sua età. Colla guarigione dell'emorroissa ha però un intimo nesso la risurrezione della figlia di Jairo, accaduta immediatamente dopo; e perciò questi due miracoli, come li narra S. Matteo, si leggono uniti nel vangelo della Messa della domenica xx dopo la Pentecoste. Ma siccome sono due distinti prodigi, se ne è fatto l'argomento di due Omilie, senza omettere però il mistero che li congiunge insieme e ne forma un tutio.

dervisi; rovescia le mense, disperde a terra il danaro e mette in fuga quanti prendon parte a quel traffico indegno nella casa di Dio, senza che alcuno avesse osato lagnarsene, molto meno resistergli: fu dopo di aver veduto questo e simili prodigi, ne'quali il Salvatore facea a quando a quando tralucere al di fuori un qualche raggio della sua potenza e della sua divinità, fu, ripeto, a tali argomenti che questi Giudei il riconobbero in alcun modo e protestaron di credergli : Multi crediderunt in eum, videntes signa ejus quae faciebat (ibid.) Vale a dire che i Giudei odierni credettero più per timore che per amore; e che la loro fede, simile a quella di molti cristiani de' nostri giorni, avea il suo principio nei sensi, sopraffatti allo spettacolo di sì gran maestà, e non già nell'umiltà dello spirito, e nella sincerità del cuore. Ah che una fede siffatta non può mai salvar l'uomo, e perciò non può essere accettevole a Dio! Al contrario però, dicea il Profeta, datemi un cuore nella sua fede retto, sincero, umile, confidente, amoroso e questo cuore diviene il teatro delle meraviglie di Dio e sperimenta i più teneri tratti della sua misericordia e della sua bontà: Quam bonus, Israel, Deus his qui recto sunt corde!

Ora di questa sua predilezione amorosa verso i cuori retti e sinceri ce ne ha data una chiarissima prova nel grazioso miracolo onde guari la emorroissa di Cafarnao da una antica e disperata infermità. Voglio adunque che meditiamo oggi si bel portento: affinchè, imparando da esso la via per giungere al cuor di Gesù, si degni egli di fidarsi di noi, di darsi a noi: Ipse autem credebat semetipsum eis ; di sparger nel cuor nostro le ricchezze del suo amore, che alle anime rette e sincere ha promesse : Quam bonus, Israel, Deus his qui recto sunt corde!

PARTE PRIMA

3. Il mondo è stato sempre quanto ingiusto e perverso, altrettanto con sè stesso contradittorio e assurdo. Quindi come, anche al presente, vedonsi ogni giorno i mondani, quando la tribolazione li stringe, andare colla fronte bassa ad implorare il soccorso delle preghiere de'servi di Dio, di cui in altri tempi han calunniata la vita e derisa la divozione; così i farisei, che non cessavano di denigrare le azioni, di negare i prodigi, di avvilire la fama di Gesù Cristo, però, nelle loro grandi sciagure, non aveano difficoltà di andare da lui colle dimostrazioni della più grande umiltà e del più grande rispetto, di sollecitare il suo divino potere e di supplicarlo essi pure di un qualche miracolo.

4. Non vi maravigliate adunque di vedere il vecchio Jairo, principe e capo della sinagoga giudaica in Cafarnao (vedi Omil. XV, nota), prostrato, come l'ultimo del popolo, a' piè di Gesù Cristo ed umilmente adorarlo : Ecce princeps unus de archisynagogis, nomine Jairus, accessit ad pedes ejus et adorabat eum (Matth. 18; Marc. 22; Luc. 41). Quest' uomo, già si sprezzante con Gesù Cristo, è profondamente addolorato e afflitto: l'unica sua figlia, di circa dodici anni, e che ama più di sè stesso, mortalmente inferma, sta per esalare l'ultimo fiato: Quia unica filia erat ei fere annorum duodecim, et haec moriebatur (Luc. 2). Prega adunque, scongiura a calde lagrime il Signore perchè gli venga in casa, metta la mano (1) sulla moribonda fauciulla e gliela restituisca alla sanità e alla vita: Et deprecabatur eum multum ut intraret in domum suam, dicens: Quoniam filia mea in extremis est. Veni, impone manum super eam, ul salva sit et vivat (Luc. 41; Marc. 23).

(1) Avea udito che Gesù Cristo, colla imposizione delle maui, avea operato molti prodigi in Cafarnao.

5. Notate qui da prima, dice S. Gian Crisostomo, la crassezza del cervello di questo dottore giudaico. Mentre riconosce in Gesù Cristo il potere divino di risanargli la figlia, crede però che il Signore non possa fare il miracolo se non viene in casa, se non ha presente l'inferma, se non la tocca colla sua mano: Vide crassitiem: duo expetit a Christo: ut accederet ad eam, et manum imponeret (Homil. 32 in Matth.) Al contrario il centurione gentile e la gentil Cananea riconobbero in Gesù Cristo il potere di operare prodigi anche da lontano, colla sola forza della sua volontà e della sua parola. Sempre i geutili han meglio de' Giudei intesa la Religione!

Pure, oh ammirabile umiltà, mansuetudine e degnazione del Salvatore! Sebbene pregato con una fede si languida e sì imperfetta, acconsente di andare in casa di Jairo; e senza frapporre indugio, senza articolar parola di risentimento e di rimprovero, sorgendo dal luogo in cui ammaestrava le turbe, gli si mette appresso e lo siegue, conducendo seco gli apostoli ed un'immensa moltitudine di popolo, che quasi sempre lo accompagnava, e gli si affollava si strettamente altorno che ne era come schiacciato e oppresso: Et surgens Jesus abiit cum illo, et sequebatur eum, et discipuli ejus. Et sequebatur eum turba multa; el comprimebant (Matth. 9; Marc. 24).

6. Eravi frattanto nella stessa contrada di Cafarnao una infelice, per nome Veronica (1), che soffriva da dodici anni un ostinato flusso di sangue: Mulier quae fluxum sanguinis patiebatur duodecim annis (Matth. 20). Per giunta di disgrazia, era essa ancora caduta nella miseria. Uno sciame di medici, chiamati a curarla, avendola, soggiunge l'Evangelista, assoggettata, come spesso addiviene, a rimedii più incomodi e più dolorosi del mal medesimo, Et fuerat multa perpessa a pluribus medicis (Marc. 26), le aveano fatto spendere in medicine tutto il suo patrimonio: Et in medicos erogaverat omnem substantiam (Luc. 43). Ne avesse almeno ritratto il più piccolo vantaggio! Anzi tutto al contrario. Questi medici che si erano succeduti l'uno all' altro in siffatta cura, da principio le aveano, al solito, data per facile e certa la guarigione ; ma infine non era riuscito a nessuno il guarirla: Nec ab ullo potuit curari (Luc. 43); e lungi dall' avere sperimentato la meschina il menomo alleviamento al suo male da tante cure, si sentiva ridotta a peggiore stato di prima: Et nihil profecerat, sed magis deterius habebat (Marc. 26). Abbandonata adunque come incurabile, perchè non avea più che spendere, e priva di tutti i rimedii umani, pensò di aver ricorso a' divini: ed avendo sentito a parlar molto di Gesù Cristo e de' suoi miracoli, Cum audisset de Jesu (Marc. ibid.), credette fermamente che esso solo avrebbe potuto sanarla.

Ma come fare per andare da lui? La legge, nota S. Girolamo, vietava sotto severissime pene alle donne, inferme di simili mali, di entrare in città e di farsi vedere nell'abitato; e perciò questa infelice dimorava all'aperta campagna: Haec mulier sanguine fluens, non in domo, non in urbe accedit ad

(1) Non è certo che questa donna fosse la Veronica; ma è verisimile che colei che ricevette da Gesù Cristo l'insigne favore di poterne colle sue mani rasciugare il sudore e il sangue sia stata quella medesima matrona che, nella circostanza di cui qui si tratta, ne toccò con una eroica fede le vesti, e diede la più bella testimonianza alla sua divinità. Questa ipotesi però è pia, è deliziosa, è edificante e ciò a noi basta per preferirla alla contraria sentenza. Quello che è certo però, come lo abbiamo da Eusebio (Lib.7), da Sozomeno (Lib. 5), e da Teofilatto (Comm.), si è che l'emorroissa era della città di Cesarea. Questa città, giacente alle falde del monte Libano, anticamente chiamavasi Lesen o Lais (Jos. 19); quindi Dan dalla tribù di questo nome, che la possedette; e finalmente Cesarea di Filippo, perchè riedificata ed abbellita da Filippo figlio di Erode in onore di Tiberio Cesare. Era essa il termine della terra d'Israello dalla parte di settentrione. Vicino a questa città hanno origine i due fiumicelli Jor e Dan, che, a poca distanza, riunendo in uno come le loro acque cosi il loro nome, formano il fiume Gior-dano.

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