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bito la grazia, ma alla fine del banchetto. E frattanto non si vergogna di stare ivi spettacolo di scherno di tanta gente; e sostiene le occhiate disdegnose dei farisei, i sarcasmi dei commensali, gl' insulti de' servi. Nessuno lo compatisce, nessuno s'interessa per lui, nessuno lo degna. Lo stesso Gesù Cristo, che aveva concepito di già disegni di vera pietà sopra di lui, per mettere però a prova ed accrescere il merito della sua fede, sulle prime fa sembiante di non badare a lui, di non curarsi di lui, e non gli indirizza una parola, non gli volge un'occhiata. Oh modello, oh maestro del pregare! L'idropico per tutto ciò non si disanima, non si avvilisce, non si stanca; ma sempre nello stesso atteggiamento compassionevole, fiso, immobile innanzi a Gesù, senza fargli nel suo interno lagnanze e rimproveri, aspetta con umile pazienza, con rassegnazione divota, il momento in cui piacerà a Gesù di guarirlo; e quanto più si vede trascurato, tanto più spera. Or ecco ciò che dobbiamo fare an che noi, se indugia a discendere dal Medico celeste il rimedio che deve guarirci dobbiamo non perderci d'animo, non mancar di fiducia; ma, secondo l'avvertimento del Profeta, come la povera serva, coll'occhio fiso nelle mani della sua provida padrona, attende pazientemente in silenzio il proprio alimento; così noi non dobbiamo stancarci di tener fiso nel Signore Dio nostro lo sguardo della nostra speranza e della nostra preghiera, finchè a lui piacerà di usarci misericordia: Sicut oculi ancillae in manibus dominae suae, ila oculi nostri ad Dominum donec misereatur nostri. Non ne dubitiamo: il cuore amoroso di Gesù Cristo non resiste alla lunga allo spettacolo della nostra miseria, al grido di una confidente umiltà. La vista delle nostre malattie lo placa, lo intenerisce, lo commuove, lo fa discendere alla pietà. Egli ci renderà sguardo per sguardo, amor per amore: stenderà sopra di noi ancora una mano pietosa, ci guarirà da tutte le nostre infermità, rinnovando nell'anima nostra il prodigio che operò coll' idropico nel corpo; sicchè di noi pure dirassi: Et apprehensum sanavit eum el dimisit. Così sia.

OMILIA XVI.

S. GIUSEPPE SPOSO DI MARIA VERGINE

S. Matteo, 1, 18-25.

At ille dixit: Beati qui audiunt verbum Dei et custodiunt illud.

(Nell'odierno Vangelo Dom. III Quadr.)

1. E qual è mai questo Verbo ineffabile, questa importante, questa preziosa parola di Dio che, per testimonianza del Figlio stesso di Dio, rende beato colui che docile l'ascolta, fedele la compie, e gelosamente la custodisce nel proprio cuore? Beati qui audiunt verbum Dei et custodiunt illud. Essa è la predicazione evangelica in generale, ed in particolare è quel Verbo, quella parola misteriosa, della quale lo stesso Gesù Cristo avea detto altrove che non tutti l'intendono quando l'ascoltano; e non tutti, quando l'ascoltano, la comprendono; ma quelli solamente cui il divin Padre ne dà l'intelligenza e la grazia: il Verbo, cioè, la parola della santa ed immacolata verginità: Sunt eunuchi qui seipsos castraverunt propter regnum caelorum: Non omnes capiunt verbum istud, sed quibus datum est a Patre meo (Matth. XIX.)

Ed oh com'è bella, com'è magnifica, com'è sublime questa idea che il Salvatore del mondo ci ha data della verginità, chiamandola verbo, parola: Verbum istud! Imperciocchè, siccome l' eterno Verbo rappresenta in sè stesso come in una imagine tutta la sostanza divina, così la verginità tutto in sè contiene ed esprime lo spirito, l'eccellenza, la santità della religion cristiana: e come Gesù Cristo è il Verbo di Dio; così la verginità è per eccellenza il Verbo di Gesù Cristo e la gran parola del suo divin Vangelo.

2. Da ciò chiaro s' intende lo spirito della risposta che Gesù Cristo ha fatta alla donna odierna. Questa matrona religiosa e fedele, incantata dalla bellezza del volto di Gesù Cristo, dalla grazia di sue parole, dalla sublimità di sue dottrine, in un trasporto di fede, in un' estasi d' amore, alzando una voce coraggiosa, fra la turba de' nemici di Gesù Cristo, avea a Gesù Cristo esclamato: Benedetto quel ventre che vi ha partorito, benedetto quel seno che vi ha allattato: Extollens vocem quaedam mulier de turba dixit illi: Beatus ven

ter qui le portavit, et ubera quae suxisti. E Gesù Cristo, colla indicata risposta, volle dirle: Sì, la mia Madre è veramente beata; non già però per avermi data la sua medesima carne, ma sibbene per avere prima di tutto ascoltata e compiuta la mia misteriosa parola; non già per avermi partorito, rimanendo vergine, ma per essersi prima di tutto consecrata alla mia verginità; e perchè, prima di concepirmi nel suo corpo, colla sua obbedienza avea attirato sopra di sè il mio sguardo, e mi avea concepito nel suo cuore colla sua purezza: Beati qui audiunt verbum Dei et custodiunt illud!

3. Notate però che, avendo la donna parlato in particolare di colei che lo ha concepito, Beatus venter qui te portavit; Gesù Cristo le risponde in generale: Beati tutti coloro che ascoltan la divina Parola: Beati qui audiunt verbum Dei. Perchè, prima della nascita del Salvatore, Maria non fu sola ad ascoltare la gran parola della verginità; ma vi fu ancora il santo ed amabile patriarca Giuseppe, di cui si celebra oggi la lieta memoria. Nell' elogio vero della vergin sua Madre volle dunque il Signore includere il vero elogio del suo vergin padre putativo, del suo vergin custode, e volle dire che S. Giuseppe altresì è beato, ma non già per essere stato lo sposo della Madre di Dio e di aver quindi avuto un Dio a sè soggetto, un Dio come figliuolo, Virum Mariae, de qua natus est Jesus; ma perchè, pria di stendere allo sposalizio di Maria la mano, ne avea ricopiato in sè l'intatto pudore; e prima di portare Gesù Cristo tra le sue braccia, come suo figlio, avea ascoltata la parola della sua verginità, e lo avea di già accolto nel suo cuore come suo Dio: Beati qui audiunt verbum Dei et custodiunt illud! In parlar dovendo oggi adunque di questo carissimo santo, non voglio allontanarmi dalla idea che oggi pure Gesù Cristo medesimo ha voluto darci della sua vera grandezza. Voglio, cioè, seguendo S. Matteo, trattare dello sposalizio verginale di S. Giuseppe colla vergin Maria, ed esporre i misteri che ne furono lo scopo, le virtù che ne furono la base, i meriti che ne furono il frutto. L'argomento è tanto più degno della vostra attenzione, quanto che non si tratta solo delle lodi del santo, che la vostra pietà è bramosa di udire, ma di spiegare uno dei più teneri e più santi misteri della Religione.

PARTE PRIMA

4. Lo avea di già Iddio stabilito ne'suoi decreti; i patriarchi lo aveano espresso nelle loro azioni; la legge lo avea figurato nei suoi riti; i Profeti lo aveano predetto nei loro vaticinii; tutti i popoli lo aveano saputo per tradizione, che il Redentore del mondo dovea nascere da una vergine; e il futuro parto della Vergine era una delle credenze universali del mondo. Impercioc chè, dice S. Bernardo, volendo Dio nascere fra gli uomini, non dovea nascere che da una vergine; come, dovendo una vergine partorire, partorir non dovea se non un Dio: Neque enim virginem decuit alter partus, neque Deum decuit mater altera (Sup. Miss.) Dovea nascere in terra da madre senza padre colui che da padre senza madre era nato nei cieli; affinchè dalla sua nascita temporale, non meno che dalla sua nascita eterna, si compisse il detto profetico, che essa è unica, singolare, misteriosa, ineffabile, divina: Generatio nem ejus quis enarrabit? (Isa. LIII).

5. Ma se questa vergine fosse divenuta madre fuori del matrimonio, invano, dice S. Ambrogio, avrebbe essa affermato di aver concepito per un mi racolo; i carnali Giudei avrebbero anzi creduto ch' essa volesse occultare un fallo con una menzogna: Videretur mentiri innupta praegnans, et culpam vel

le adumbrare mendacio; neque enim crederetur, etsi diceret se esse virginem (Comm. in Luc.) L' avrebbero anzi condannata a morire, dice S. Girolamo, sotto un nembo di sassi, siccome adultera. Damnaretur, ut adultera (Comm. in Matth.); o almeno, soggiunge S. Bernardo, sarebbe essa passata per una donzella di perduta fama; ciò che non potea, nè dovea permettersi della santa Madre di Dio: Videntes matrem et non desponsatam, dicerent meretricem potius quam virginem, quod non decebat de Matre Dei. Fu anzi Iddio sì geloso, dice ancora S. Ambrogio, dell'onor di Maria, che amò meglio che alcuni dubitassero della nascita miracolosa del Figlio piuttosto dell' intatta pudicizia della madre: Maluit Dominus aliquos de suo ortu quam de matris pudore dubitare. Al contrario, siegue a dire lo stesso Padre, Maria, divenuta madre nello stato di sposa, non avea alcuna ragione di fingere un miracolo per occultare un furto : mentre il divenir madre è la gloria delle spose; e così Maria avrebbe meritata tutta la fede, asserendo il gran mistero di aver avuto nel matrimonio un figliuolo, ma non dal matrimonio: Fides Mariae verbis asseritur, el mendacii causa removetur. Causam mentiendi desponsata non habuit, cum gratia nuptiarum partus sit foeminarum (ibid.) E poi la legge condannava all'infamia i figliuoli nati fuori del matrimonio. Nulla adunque di più conveniente di quello che la Vergin Madre del Messia fosse sposa, affinchè, dice pure S. Ambrogio, Gesù Cristo non cominciasse la vita da un' infamia legale che ne avrebbe degradata la persona e screditato il ministero: Cum partus innuptae lege damnetur, congruum fuit ut Virgo desponsaretur, ne videretur Christus ab injuria legis coepisse (ibid.) Perchè dunque la virtù di Maria fosse senza sospetto, e fosse senza macchia la nascita di Gesù Cristo; perchè non fosse la Madre punita siccome adultera, nè disprezzato siccome spurio il Figliuolo; l'onore dell'una e la dignità dell' altro richiedevano che Gesù Cristo nascesse da una madre sposa : Ut de desponsata nasceretur (Hier. loc. cit.) E poi questo santo e prezioso mistero della verginità della Madre e della divinità del Figliuolo non dovea, secondo che insegna S. Paolo, essere conosciuto nella sua verità e nella sua magnificenza, se non dopo che la grand'opera della redenzione sarebbe stata consumata; per l'apparente stoltezza della predicazione apostolica ne dovea essere fatta la rivelazione e stabilita nel mondo la fede, e pria di questo tempo dovea essere un enimma impenetrabile agli uomini ed ai demonii, alla terra ed all'inferno: Ut partus ejus occullaretur diabolo, come dice S. Ignazio martire citato da S. Girolamo.

6. La Madre del Messia dovea adunque avere uno sposo, ma uno sposo che, consentendo ad unirsi a Maria in nodo di santo e legittimo matrimonio, fosse deciso ad osservarvi la continenza; uno sposo vergine, che di sposo avesse la realtà senza esercitarne il diritto. Ma dove trovarlo uno sposo siffatto, non dico già in tutto il mondo idolatra, ma nella stessa nazione giudaica, sola adoratrice del Dio vero; presso la quale però, per la speranza onde ognuno lusingavasi di cooperare alla nascita temporale del Messia, era riputato come maledetto da Dio e disonorato in faccia agli uomini colui che non avea figliuolo ? Ora questo sposo raro, unico, singolare; quest' uomo cotanto al disopra dell' umanità, di una virtù nuova e fino allora ignota affatto nel mondo, di una virtù prodigiosa e prodigio di tutte le virtù, Dio lo ha trovato in S. Giuseppe, che perciò il Vangelo chiama il giusto per eccellenza, Joseph autem cum esset justus (Matth. 19); quanto dire, come spiega Gersone: L'uomo che possedea tutte le virtù in tutta la pienezza, in tutta la perfezione: Joseph vocari justum allendile propter virtulum omnium perfectam possessionem (De S. Joseph.)

Quando trattasi adunque di sì gran patriarca, di sì gran santo, poco è il dire che ebbe tutta la innocenza di Abele, la religione di Noè, la pazienza di Giobbe, la fede di Abramo, l'ubbidienza d'Isacco, l'umiltà di Giacobbe, la castità di Giuseppe, lo zelo di Giosuè, il disinteresse di Samuele, la mansuetudine di Davidde, la sapienza di Salomone, la pietà di Giosia. Poco è il dire, co' Padri e i teologi: che fu santificato nell'utero come Geremia, e nacque santo come il Battista. Erano tutti questi personaggi le figure, i profeti, gli araldi, i servi, i precursori del divino Messia. Altre virtù, altri privilegi han dovuto adornare lo sposo della Madre di Dio, e che perciò dovea avere questo stesso Dio per figliuolo.

La Scrittura dice che una moglie virtuosa e santa è il premio che Dio dà ad un santo e virtuoso marito: Pars bona mulier bona; dabitur viro pro factis bonis (Eccli. xxvi). Bisogna dunque dire che Giuseppe sia stato il più santo e più virtuoso degli sposi, poichè Iddio lo ha scelto per sposo della più santa e virtuosa delle spose; per colei che era il tesoro vivente di tutte le grazie, il santuario visibile di tutte le virtù. Come, se vi fosse stata una donzella più santa di Maria, questa, e non Maria, sarebbe stata la madre di Gesù Cristo; così, se vi fosse stato uomo più puro e più santo di Giuseppe, questi, e non Giuseppe, sarebbe stato lo sposo di Maria. Come dunque dall'essere stata Maria, e non altra, scelta ad esser la madre di Dio conchiudiamo colla Scrit tura ch'essa è stata la più santa di tutte le donne; così dall'essere stato scelto Giuseppe a sposo della madre di Dio ne siegue ch'è stato il più santo, il più perfetto di tutti gli uomini, e che tutte le virtù che divise formano il vanto degli antichi Patriarchi si trovarono in esso riunite; e che egli le possedeva nella più grande perfezione: Joseph vocari justum attendite propter virtutum omnium perfectam possessionem.

7. Che anzi, siccome il suo sposalizio non ebbe per principio la passione umana, ma la elezione divina; così il Dio che avea preordinati e prescelti con particolar providenza questi sposi l'uno per l'altro, li ha esso stesso l'un per l'altro formati; e come già creò egli e diede ad Adamo, in Eva, una sposa a lui simile nella natura; così, dice S. Pier Damiano, ha creato e conceduto a Maria, in Giuseppe, uno sposo a lei simile nella grazia: in guisa che, volendo formarci una qualche idea della santità di Giuseppe, bisogna considerare la santità di Maria: Erat beatus Joseph factus in similitudinem Virginis sponsae suae.

Tutti e due della stessa reale famiglia di Davide, come aveano lo stesso sangue nelle vene, così nudrivano gli stessi sentimenti di religione e di santità nel lor cuore, la stessa fede nella parola di Dio, la stessa fiducia nelle divine promesse, lo stesso zelo per la gloria del Signore, lo stesso interessamento per la salute del mondo, lo stesso gusto pel ritiro, lo stesso spirito di orazione, lo stesso distacco dalla terra, lo stesso desiderio del cielo, lo stesso amore di Dio, la stessa carità pel prossimo, le stesse idee, gli stessi disegni, gli stessi affetti di fervore, di pietà, di virtù: Erat beatus Joseph factus in similitudinem Virginis sponsae suae.

Quindi, prevenutolo Iddio in tutte le benedizioni della grazia, nel santificarlo prima ancora di nascere, gli spense, secondo S. Tomaso, ogni fomite di concupiscenza, ogni ribellione nel senso, ne fece un angiolo in carne, un vergine incorruttibile ed incorrotto: perchè, dice S. Girolamo, come non volle il Signore, dopo la sua morte, affidare la vergine sua Madre che ad un vergin discepolo, molto più dovette confidarla in vita ad un vergin marito: Non corrupto fuerat socianda puella. E le parole di Maria all' Angiolo: « Come

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