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OMILIA XV.

L'IDRO PICO (1).

S. Luca, xiv, 1-6.

Et misericordia tua subsequetur me. (Psal. XVI).

1. Così infatti, come lo avea, in queste parole, vaticinato il Profeta, è venuto dal cielo il Figliuolo di Dio sopra la terra, come, cioè, la divina misericordia personificata in lui, che è ita cercando, che è corsa appresso all' umanità peccatrice che fuggiva da lui: Et misericordia tua subsequetur me. Ma questi tratti della sua infinita bontà, prima di usarli con noi gentili, che mandò a cercare per mezzo de' suoi Apostoli, li praticò in modo particolare col popolo giudeo, che venne a cercare egli stesso in persona, e per la cui salute era stato principalmente mandato: Non sum missus nisi ad oves quae perierunt domus Israel (Matth. xv). Egiacchè in questo popolo i farisei, gli scribi, i dottori della legge eran quelli che più degli altri si erano pei loro vizii da Dio allontanati, della loro conversione si dimostrò più sollecito; di loro andò in cerca colle industrie del più tenero amore e della più longanime e generosa carità; e con loro particolarmente il misericordioso Signore compì la profezia: Et misericordia tua subsequetur me.

2. E che altro sono difatti le terribili minacce onde li spaventa nell'odierno Vangelo di punire severamente e di perdere affatto i perfidi coloni che, dopo di avere insultati i servi del buon padrone della vigna, ne uccisero persino il figliuolo: Malos male perdet? (Evang. fer. vI post II Dom. Matth. xxı). Che altro sono i funesti vaticinii con cui li atterrisce, di toglier loro il regno di Dio, la vera Religione, per darla a' popoli che ne avrebbero di più approfittato: Auferetur a vobis regnum Dei, et dabitur genti facienti fructus ejus? Che altro, dico, sono esse mai queste minacce e questi vaticinii, se non industrie, artificii della sua misericordia che va a sorprendere i farisei nella loro durezza, e per tal mezzo procura di scuoterli, di ammollirli, di convertirli :

(1) Nel decembre dell'anno terzo della sua predicazione, invitato il Salvatore, in giorno di sabato, a desinare in casa di un principe de' farisei, vi operò questo bel miracolo della guarigione dell' idropico, riferito da S. Luca. Questo vangelo si legge alla Messa della domenica XVI dopo la Pentecoste.

Et misericordia tua subsequetur me? Invano perciò, ribelli ed ingrati essi sempre alla voce del suo amore, tentano, come ce ne fa fede lo stesso Vangelo odierno, di catturare, di perdere il Signore : Quaerentes eum tenere. Si stancheranno essi prima di perseguitarlo che la sua misericordia si stanchi di andarne in cerca: Et misericordia subsequetur me. Poichè, non contento di predicar loro le più importanti verità nelle sinagoghe e nel tempio, non isdegnò di accomunarsi con loro e di desinare fra loro; non avendo mai abbandonato il pensiero della loro salute sino che non ebbero consumato essi stessi l'orrendo mistero della loro riprovazione.

Non ci contentiamo però di questa dottrina generale: ma vediamola in particolar maniera messa in opera all'occasione della miracolosa guarigione dell' idropico, da Gesù Cristo operata nel convito ed in casa di un principe de' farisei (1). Assistiamo anche noi col pensier nostro e con ispirito di vera fede un tal convito, santificato dalla presenza di Gesù Cristo; vediamo ciò ch' egli vi fece, ciò che vi predicò ; e procuriamo di ristorare oggi le anime nostre col cibo spirituale e della sua sapienza e del suo amore.

PARTE PRIMA

3. Riferisce adunque l'Evangelista S. Luca che, invitato una volta il Signor nostro a desinare in casa di un principe de' farisei, vi si recò senza difficoltà in giorno festivo, cioè di sabato: Cum intrasset Jesus in domum principis pharisaeorum sabbato comedere panem (Luc. 1). Ma come mai? Il salvatore del mondo, venuto al mondo per insegnarci colle parole e coll'esempio, tra le altre cose, la mortificazione, il digiuno e la penitenza, dovea farsi vedere, in giorno di festa, assiso a lauto banchetto? E poi non conosceva egli, dice Eutimio, l' animo velenoso e maligno della razza di vipere che erano i farisei? Non sa che quel principe non lo ha invitato già per amore o per divozione verso di lui, ma per procacciare onore a sè stesso; per far vedere, cioè, che riceveva in casa propria un personaggio cotanto distinto, tenuto dal popolo in conto di gran profeta; e che non aveva alcuna invidia della fama di lui? Pharisaeus iste tanquam prophetam vocavit Jesum ad convivium; opinionem venari cupiens, quod ipsi non inviderit (Exposit.). Così è, risponde S.Cirillo conosce benissimo il Salvatore la profonda perversità del cuore de' farisei; pure non isdegna di farsi lor commensale, per attirarli colla sua predicazione e co' suoi miracoli alla penitenza e al perdono: Quamvis malitiam pharisaeorum cognosceret, eorum conviva fiebal; ut per verba et miracula praesentibus prodesset (Exposit.) Ed Aimone aggiunge: Come i cacciatori tendono le loro reti dove sanno che concorre maggior copia di augelli, così il Signore si recava più volentieri nel templo e nelle sinagoghe e nelle case dei grandi, in giorno di sabato; perchè in tal giorno trovava in questi luoghi più gente da ammaestrare, più anime da convertire: More venalorum Dominus, qui ibi tendunt retia ubi sciunt esse multitudinem avium. Ideo diebus maxime sabbatorum veniebat in templum et in synagogas et in domos principum.

4. Può dirsi ancora che siccome, ne' conviti principalmente, i farisei, questi uomini tanto indulgenti con sè medesimi quanto verso degli altri severi, dimenticavano Dio e la sua legge, seppellendo nella crapola e nell' ubbria

(1) In ogni città giudaica di qualche grandezza vi era una sinagoga, o luogo ove a giorni fissi si riuniva il popolo per udir la lettura e la spiegazione della legge mosaica e compirvi altri riti religiosi. Colui che presiedeva simili ragunanze o sinagoghe si diceva il Principe de'farisei, o della sinagoga: oggi il Rabbino o il Maestro.

chezza ogni rimorso, ogni avanzo di probità, ogni principio di religione, così il Signore v' interveniva volentieri per ispargere, colla sua severa dottrina, in mezzo alle velenose dolcezze della carne, la salutare amarezza che cura le anime e le guarisce. Così questa divina misericordia tante volte viene a sorprenderci in mezzo alle nostre matte allegrezze; sparge di spine le vie de'nostri disordini, infiorate di rose omicide; ci amareggia i nostri stessi diletti; e dallo stesso peccato fa nascere il rimorso che distrugge il peccato, e salva il peccatore. Ah! che l'amabile tortorella, che vede i suoi pulcini presso a divenir preda di una mano rapace, non fugge già; ma sul capo del rapitore si mette a girare attorno, dibattendo le ali, ronzando co'segni del più grande dolore, come per atterrirlo ed obbligarlo a lasciar la sua preda. Or così la misericordia del Dio salvatore, vedendoci vicini ad esser ghermiti dalla mano omicida del diavolo; ci viene, dice S. Agostino, svolazzando sul capo per impedire lo scempio delle nostre anime nate dal suo sangue e dal suo amore : Circumvolitabat super me a longe misericordia tua. E quei disgusti, quelle noje, quelle angosce che proviamo in mezzo alla nostra mendace felicità, e che ce la rendono alcuna volta pesante ed amara, sono il rombo compassionevole della sua pietà che ci avverte del pericolo, perchè ne campiamo, sollevando ratto verso di lei il volo: Et misericordia tua subsequetur me. Deh! arrendiamoci alle voci amorose di questa misericordia che da si lunghi anni ci vien d'appresso chiamandoci; pria che venga il tempo tremendo in cui, stanca dal più cercarci e gridare, si taccia, e noi saremo lasciati alle minacce, a'gastighi, ai rigori dell'eterna giustizia.

5. E riguardo alle case de' grandi, sapete, dicono pure Aimone ed Ericio, sapete perchè Gesù Cristo accettava gl' inviti di desinare presso di loro? Affinchè i loro servi e i loro famigliari che, occupati di continuo del servigio de' proprii padroni, non potevano, come il resto del popolo, seguire ed ascoltare il Signore per le strade e nel tempio, ne udissero la parola di vita in casa propria e riconoscessero in lui l'autore delia loro salute: Ut familiae quae, in dominorum suorum aedibus servitio occupatae, liberam accedenti ad eum facultatem non haberent, per hanc occasionem verbum salutis audirent, et auctorem suae salvationis agnoscerent (Exposit.); dimostrando così che la sua misericordia non disprezza alcuna condizione, e che anche i servi interessano il suo cuore e partecipano alla sua bontà: Nullam enim conditionem spernit, aut sua misericordia indignam ducit (Exposit.)

Non andava adunque il Signore a' conviti de' grandi per ristorarsi egli stesso col cibo corporeo, presentatogli da' loro servi, ma per dispensare alle anime di questi servi un cibo spirituale e divino; poichè che bisogno avea di mendicare così il pane terreno, egli che è il vero pane vivo disceso dal cielo? 'Adibat carnalia hominum convivia, non tam ut exterioribus ministrantium epulis vesceretur quam ut ipse, qui panis est vivus de caelo descendens, auditoribus suis dapes superni consilii erogaret, salutem edoceret, fidem requireret (ibid.) Così dunque adempiva alla lettera la profezia, che, tutto misericordia, non avrebbe dimenticata la classe più abietta del suo popolo, i servi; e che sarebbe andato appresso di coloro che non potevano venire appresso di lui, per attirarli alla sua cognizione, al suo amore: Et misericordia tua subseque

tur me.

6. La prova evidente di ciò si è, soggiunge il citato interprete, che tutti i conviti a' quali interveniva personalmente il Salvatore, finivano sempre o con magnifiche rivelazioni, o con conversioni strepitose, o con grandi miracoli: Quod inde verum esse probatur, quod, ubicumque pransurus resedit,

aut aliquid docuit, aut signa patravit (ibid.) Difatti il convito di Cana Galilea fu illustrato dal miracolo della trasformazione dell'acqua in vino. Il convito presso di Zaccheo fu seguito dalla conversione dello stesso padrone di casa e di tutta la sua famiglia. Il convito presso Simone fariseo terminò colla santificazione della Maddalena e colla rivelazione del mistero della bontà di Dio verso de' peccatori; e finalmente nel convito di cui ora parliamo fece due cose insieme, cioè, operò un grande miracolo e diede importanti lezioni : Quod factum in hoc constat convivio; in quo et miraculum patravit, et praedicationem exhibuit (ibid.)

7. A meglio convincerci della stessa verità, osserviamo che l'Evangelista dice che Gesù Cristo intervenne a questo convito per mangiarvi il pane : Cum intrasset Jesus in domum principis pharisaeorum comedere panem. Ora che cosa ha voluto mai dirci il sacro storico con questa espressione? È vero che nella Scrittura mangiare il pane significa prendere qualunque sorta di cibo, come bere l'acqua è lo stesso che bere qualunque bevanda. Ma in questo luogo, col dirci l'Evangelista che Gesù Cristo si assise ad un lauto desinare per mangiarvi il pane, Comedere panem, ha voluto dimostrarci, secondo l' Emisseno, che il Salvatore in siffatti conviti non gustava altrimenti delle più squisite vivande, ma prendeva solo uno scarso e semplice cibo, quanto bastasse a provare la realtà della sua umanità ed a sostenerla : In eo quod, ad panem manducandum, Dominum intrasse Evangelista scribit, eum solis necessariis cibis inhiasse ostendit (Exposit.) Ed Aimone dice ancora: Considera bene, o cristiano, le cene del Signore; esse non hanno per iscopo la sazietà del ventre, ma la salute delle anime: Vide coenas Christi: nempe in utilitatem animarum, et non in satietatem ventris convertuntur (Exposit.) Oh bello esempio! che volesse il cielo che fosse imitato da tutti i fedeli, e particolarmente dalle divote persone, quando intervengono alle altrui tavole, cioè che edificassero nou meno i commensali che i famigliari colla loro temperanza, colla loro saggezza, colla loro modestia e col loro contegno; e non li scandalizzassero colla loro ingordigia, col loro dissipamento, colla loro matta allegria e colla loro insolente loquacità. Questa lezione a noi ecclesiastici è principalmente diretta. Ad esempio di Gesù Cristo, noi non dovremmo mai mettere il piede nelle case de' grandi e de' felici del secolo, se non per farvi echeggiare la verità evangelica; richiamarvi le idee, i principii del vivere cristiano; parlarvi e farvi in noi stessi riconoscere e rispettare la santità. Le nostre visite, i nostri desinari non dovrebbero avere per iscopo il godere di società geniali, o il ristorare il nostro corpo con delicate vivande; ma il migliorare, il convertire le altrui anime: Nostrae coenae in utilitatem animarum, et non in salietatem ventris convertendae. Ah! noi siamo chiama ti da Gesù Cristo il sale della terra: Vos estis sal terrae (Matth. vi), cioè: gli uomini la cui vita, la cui dottrina, le cui opere, i cui discorsi siano ca paci di preservare dai loro vizii i prossimi con cui trattiamo, come il sale garantisce le carni dalla corruzione. Or che sarebbe mai di noi? di quale tremenda responsabilità ci graveremmo innanzi a Dio, se, invece di trovare in noi il mondo la censura, ci trovasse l' incoraggiamento, l' apologia de' suoi disordini ? se, invece di esserne noi il sale misterioso che ne prevenga, ne fossimo il tossico funesto che ne incominci, ne affretti, ne compia il guasto e la corruzione? se fossimo lo scandalo, invece di essere l'edificazione del mondo ?... Ma ritorniamo al convito della Giudea. 8. Era la gran sala del desinare piena di farisei, di scribi, di dottori della legge. Come dunque ciascuno ebbe preso posto alla sua tavola, gli occhi di tutti loro, dice l' Evangelista, si fissarono sopra di Gesù Cristo: Et ipsi ob

servabant eum (Luc. 1). Cioè a dire, come spiega l' Emisseno, presero a guardarlo con una maligna curiosità, con animo insidiatore e perverso, impazienti di udire alcuna cosa dalla sua bocca, di vedere qualche sua azione, onde trarre argomento di calunniarlo e di accusarlo: Observabant eum, id est, insidiabantur ei ; ut vel in ejus verbis aliquid audirent, vel in ejus actionibus aliquid viderent, unde eam reprehendere et accusare potuissent (Exposit.)

Or questa occasione non tarda ad offerirsi al loro odio, al loro furore. Poichè ecco, sul cominciar del desinare, un misero idropico, che, sapendo che Gesù Cristo era in quella casa, vi si è strascinato a grandissimo stento; e nello stato compassionevole cui era ridotto, col volto macilento, cogli occhi incavati, colle aride labbra, col respiro affannoso, col ventre orrendamente gonfio e con tutto il corpo ricoperto di un pallore di morte, si è piantato ritto e immobile innanzi a lui senza dir molto: Et ecce homo quidam hydropicus eral ante illum (Luc. 2). Chi può pertanto narrare la perfida gioja secreta dei farisei per quest' incontro? Poichè dicevano fra sè, come osserva Ericio : 0 egli lo risana, ed avremo motivo di condannarlo come schernitor della legge e profanatore del sabato ; o egli non lo risana, ed avremo ragione di dirlo uomo senza pietà e senza potere di far miracoli: Ut, sive curaret hydropicum, damnarent illum tanquam legis contemptorem, et violatorem sabbati; sive non curaret, impietatis eum et impossibilitatis arguerent (Exposit.)

9. Or Gesù, che ben conosce la malignità dei loro disegni, che fa egli mai Gesù ? Gesù, rivolto verso di loro, dice: « Voi che ne pensate? È lecito o no, il guarire un infermo nel giorno festivo? Dixit ad pharisaeos et legisperitos: Si licet sabbato curare? (Luc. 3). Oh sapienza divina, esclama lo stesso interprete! oh come sconcerta, confuta e confonde l'astuzia umana ! Con questa inaspettata dimanda il Signore mette nell'imbarazzo quei ribaldi, che in cuor loro si applaudivano di vederlo imbarazzato: Interrogantur, ut ex sua responsione vel laciturnitate melius confulentur ! Poichè se rispondono : È lecito, il miracolo si farà colla loro approvazione; se dicono: Non è lecito, vedono che il Signore è pronto a ripigliare, come poco dopo ripigliò di fatti: « E perchè voi non vi fate scrupolo di aver cura de' vostri animali nel dì del sabato?» Si dicerent: « Non licet »; Dominus illico diceret, quod et subinde eis subjecit : « Quare vos pecora vestra curatis in sabbato? » (ibid.)

Intendendo adunque di non potere rispondere a siffatta interrogazione senza condannare sè stessi, prendono il partito di non rispondere: At illi tacuerunt (Luc. 3). Allora il Signore, benchè fosse giorno di sabato, e prevedesse lo scandalo che ne avrebbero preso i farisei, come volesse lor dire: Io non ho bisogno della vostra approvazione e del vostro permesso per far miracoli ; tutti i giorni son buoni per far del bene; stesa la sua mano onnipotente sopra l'infermo, ne dissipa, ne disecca in un istante gli umori; e restituitegli le forze, lo rimanda perfettamente risanato e lieto: Ipse vero apprehendens, sanavit eum ac dimisit (Luc. 4); dandoci l'importante lezione, che una bella maniera di santificare i di festivi è quella di esercitarvi gli ufficii di carità coi poveri infermi; che è un bel modo di onorare Iddio il sollevar l'uomo fatto ad imagine di Dio; e che, come osserva Teofilatto, non si devono curare gli scandali degli stolidi, le dicerie de' maligni, allora quando trattasi di opere di vera carità: Non curans scandalum pharisaeorum; ubi enim magna resullat utilitas, non est curandum si stulti scandalizentur (Exposit.)

10. Dopo di avere però il Signore, con un si grande miracolo, data pro va della sua infinita potenza, volle ancora dar prova della sua sapienza infinita che tutto penetra, tutto conosce e pesa e giudica tutto. Imperciocchè sebbene

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