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aquae, frigidam et insipidam conversurum in legem gratiae, quae, inslar vini, et generosa, ardens et sapida. Infatti, sì, sì, dice S. Agostino, che veramente ha cambiata il Signore l'acqua in vino: perchè ha colla sua grazia accresciuta la forza della umana infermità: Aquam in vinum convertit, humanae infirmitatis virtus augetur (Serm. 41 de Temp.) Eccolo adunque operato sì bel miracolo. Poichè che vediamo noi mai, dice il citato S. Ilario, se non che la legge che si è dileguata, e la grazia che le è succeduta ? Le ombre rimosse, e la verità che ci si presenta in tutta la sua bellezza; le carnali promesse nobilitate da promesse spirituali; all'antica osservanza sottentrata la nuova, alla legge il Vangelo; e, secondo che lo ha detto S. Paolo, è scomparso il vec chio, e il tutto si è rinnovato e divenuto perfetto: Vinum fit; idest recedit lex, gratia succedit. Removetur umbra, veritas repraesentatur. Carnalia spiritualibus compensantur. In novum Testamentum observatio vetusta transfertur; et sicut ait Apostolus (II Cor. v): Priora transierunt, facta sunt omnia nova (loc. cit.) E che altro ha significato, dice pure altrove S. Agostino, l'architriclino che dice allo sposo di Cana: Tu ci hai riserbato a quest' ultimo momento l'ottimo vino? se non che la Chiesa che ringrazia Gesù Cristo (di cui lo sposo di Cana era la figura) di avere riserbato a quest'ultima età del mondo il vino veramente squisito e prezioso del suo Vangelo: Illarum nuptiarum sponsus personam Domini figurabat, cui dictum est: & Servasti bonum vinum usque adhuc ». Bonum enim vinum servavit Dominus usque nunc, idest Evangelium Tract. 9 in Joan.)

18. L'acqua è figura de' peccatori ; poichè Davidde, parlando di sè stesso dopo che ebbe commesso il peccato, ha detto: La mia anima si è disciolta e dissipata a terra siccome l'acqua : Effusus sum velut aqua (Psal. XII). Gesù Cristo adunque che cambia l'acqua in vino è Gesù Cristo, dice S. Agostino, che promette fin da oggi di cambiare nella Chiesa i peccatori in giusti, i tiepidi in ferventi, i difettosi in perfetti: Quando aquas in vinum convertit, nos quoque in melius esse mutandos operis miraculo demonstravit (Serm. 29 de Temp). E di fatti, dice S. Ilario, il nostro divin Redentore non ripete veramente, anche a' nostri giorni, in ogni istante, fra noi cristiani, in un ordine più nobile e più importante questo suo portento di cambiare stupendamente le cose; quando cangia colla sua grazia in buoni i pessimi, in casti gl'impudici, i superbi in umili, e gli scellerati schiavi del secolo in veri amici e figliuoli di Dio Ecce vera, ecce praedicanda miracula: stupendas immutationes, quas quotidie in nobis Redemptor noster operatur, quando de pessimis bonos facit, castos de luxuriosis, humiles de superbis, de sceleratis saeculi amicos Dei! (loc. cit.) Così, dice S. Ambrogio, e tanto meglio ancora che a Cana di Galilea manifesta il Salvatore la forza e la gloria del suo potere, quanto è di gran lunga più glorioso, e più degno e più proprio di Dio, il convertire il peccatore in giusto di quello che mutar l'acqua in vino, ed il riformare i vizii delle anime di quello che l'apprestar sensibili ristori pel corpo: Manifestavil gloriam suam: Quia si gloriosum est aquam in vinum convertere, quanto est gloriosius peccatum in justitiam commutare, et mores polius temperare quam pocula! (Serm. 19). E da questi prodigi della grazia del Salvatore, come già gli Apostoli a Cana, la moltitudine de' fedeli si conferma sempre di più nella fede del suo divino Maestro: El crediderunt in eum discipuli ejus.

19. Finalmente, coll'avere il Signore cambiata l'acqua in vino, ha voluto, dice S. Pier Crisologo, darci come un saggio, una prova anticipata del suo divino potere, onde più tardi avrebbe cambiato il vino in sangue nell' istituzione del mistero dell'Eucaristia: Aqua in sanguinis est conversa mysterium (Serm. 5

Epiph.) Imperciocchè il vino consagrato è vero sangue, come l'acqua trasmutata a Cana fu vino verace; e perciò, dice S. Massimo, il Signore nell'avere apprestata con un sì nuovo miracolo una bevanda di squisitissimo vino ha inteso di preparare anche a noi la bevanda del suo sangue in un nuovo ed ineffabile sagramento: Quod aquae novo sunt ordine mutatae, novi poculi nobis praelibatum est Sacramentum (loc. cit.)

Ora chi avrebbe mai creduto, che un miracolo, in apparenza si semplice, fosse colmo di tanti, sì importanti e sì giocondi misteri? Oh grandezza, oh ricchezza delle opere del Signore! Oh profondità del libro de' suoi Evangelii ! Ma per iscoprirveli questi misteri, per gustarli, per deliziarvisi, bisogna avere lo spirito dei Padri, penetrato dalla grandezza di questo libro divino, e sopratutto la loro umile fede, il lor tenero amore, la lor sincera pietà. Poichè, come Gesù Cristo medesimo lo ha detto, i suoi santi misteri non si conoscono dall' orgoglio gigantesco dei savii del secolo profano, ma dalla infantile semplicità dei Santi; non da chi più studia, ma da chi più prega; non da chi più esamina, ma da chi più ama : Abscondisti haec a sapientibus et prudentibus, et revelasti ea parvulis (Matth. x1).

PARTE SECONDA

20. Quello però, dice l' Emisseno, che a Cana fu una sola volta operato in figura, nella Chiesa in ogni istante si ripete. E che altro fanno i vescovi ed i sacerdoti di questa Chiesa se non preparare a' veri fedeli questo divino convito, ed elevarli alle nozze con Gesù Cristo? nozze veramente nobili, in cui non si tratta di avvicinare corpo a corpo, ma di unire le anime a Dio; convito veramente prezioso, in cui i cibi non sono carnali, ma spirituali: Tales nuptiae quotidie in Ecclesia fiunt : talia convivia quotidie episcopi et sacerdotes fidelibus praeparant. Hae nuptiae non sunt corporis, sed animae ; hi cibi non sunt carnales, sed spirituales (Exposit.)

Ma ricordiamoci, dice Teofilatto, che le nozze di Cana non si fanno che alla presenza di Gesù Cristo, della sua Madre e de' suoi discepoli ; e con ciò si è dato ad intendere che per elevarci a questo stato di unione divina, in cui l'anima e Gesù Cristo non sono che uno, come uno è il Figliuolo di Dio col suo divin Padre (Joan. XVII), bisogna pria di tutto credere con fede divina al mistero della sua incarnazione e della sua nascita da una vergine, ed ascoltar docilmente le sue dottrine, trasmesseci per mezzo de' suoi Apostoli e della sua Chiesa.

Le nozze figurative furono celebrate in Cana di Galilea. Ora Cana significa zelo o amore; Galilea vuol dire trasmigrazione fatta. Il luogo stesso adunque in cui si celebrano queste nozze carnali, benissimo ci indica le condizioni indispensabili alle quali possiamo celebrare le nostre nozze spirituali: cioè a dire che, per unirci a Gesù Cristo, in santo e celeste sposalizio, bisogna avere lo zelo o il fervore della dilezione di Dio e del prossimo; e che bisogna fare una trasmigrazione totale e perfetta del cuore, dai vizii alle virtù, dalle cose terrene alle celesti, dalle cose visibili alle invisibili, dalle cose temporali alle eterne, dal diavolo a Gesù Cristo: Bene in Cana Galilaeae nuptiae factae referuntur. Cana enim interpretatur, zelus ; zelus dicitur amor. Galilaea vero interpretatur transmigratio facta. Per hoc signatur quod illi merentur maxime Domino copulari qui zelum, idest fervorem dilectionis Dei et proximi, habent, et transitum faciunt de vitiis ad virtutes, de terrenis ad caelestia, de visibilibus

ad invisibilia, de temporalibus ad aeterna, de diabolo ad Christum (Haymon. Exposit.)

21. Felici noi se, docili all'invito della grazia che si fa di continuo sen. tire al cuor nostro colla sua assistenza e col suo ajuto che mai non manca,facsiamo questa mistica trasmigrazione de' nostri pensieri, delle nostre cure, dei nostri affetti, per mezzo di una generosa rinunzia agli onori mondani, a'temporali interessi, a' carnali diletti! L'agnello divino verrà certamente ad unirsi a noi, ci farà degni delle sue nozze spirituali e divine. Oh nozze divine e spirituali! L'uomo sensuale, l' uomo profano, perchè non le conosce, non le intende; perchè non le intende, non le gusta; perchè non le gusta, le disprezza, le deride, le chiama pii delirii di imaginazioni esaltate, vani sogni di un ascetismo senza realtà e senza fondamento. Eppure sono esse, è vero, un mistero della grazia e dell'amore divino, ma un mistero che in milioni di anime veramente cristiane in ogni istante si ripete. Datemi un' anima che, purificataSi per mezzo della penitenza, della preghiera e dell' amore, lascia libera a Dio la dimora del cuore, che egli si è scelta in creandolo; e la sua parola non falla, e la sua promessa non manca. Come l'anima si dona tutta al Diletto divino, così questo divino Diletto tutto all'anima si comunica e a sè la unisce con una unione tutta spirituale, ma intima, ma reale; e la fa sua amica, sua sposa, Dilectus meus mihi, et ego illi (Cant.); la mette a parte de' suoi lumi, delle sue grazie, delle sue consolazioni; le fa sentir le sue voci amorose; le ispira i più caldi e teneri affetti. Come l'uomo, sulle ali dell'umiltà e della fiducia, si solleva sino a Dio, così questo Dio discende insino all' uomo nell'eccesso della sua degnazione e della sua bontà. Come l'uomo mette le sue speranze, il suo riposo, il suo amore, le sue delizie in Dio; così l'uomo-Dio viene ad abitare, a familiarizzarsi, a deliziarsi nell'uomo e coll'uomo: Et deliciae meae esse cum filiis hominum (Prov. VIII). Quindi la mente si eleva, il cuore si dilata; la fede, assottigliando il suo velo, imita la visione; la speranza prende la sicurezza del possesso; la carità gusta i saggi, le primizie della celeste felicità. La pace di Dio, la calma deliziosa del cuore, che supera ogni mondano diletto, e che nell'unione con Dio e nel silenzio delle passioni solo si ritrova, discende ad inondar l'anima di quell'ineffabil contento, di quelle delizie spirituali che è più facile il sentire che il descrivere: la terra scomparisce; non si abita coll'affetto, non si conversa che ne' cieli. Deh! facciamo. ne anche noi la prova ; e vedremo e toccheremo con mano e confesseremo noi pure, come fanno di continuo le anime veramente fedeli, che nulla eguaglia la felicità, il contento di essere in grazia con Dio, di essere uniti a Dio, di vivere a Dio e con Dio: Gustate et videte quam suavis est Dominus; e le nostre nozze spirituali col Figlio di Dio, incominciate nel tempo, si continueranno, si perfezioneranno e ci faranno felici nell'eternità: Sponsabo te mihi in sempiternum. Così sia.

OMILIA VIII.

LA CANANEA (1).

S. Matteo, xv; S. Marco, vii.

In die illa effundam super domum David et super habitatores Hierusalem spiritum gratiae et precum.

(Zach. XII).

1. Uno de' più funesti delirii della pagana filosofia si era quello di credere che l'uomo non ha bisogno alcuno di Dio nè per conoscere la verità, nè per praticar la virtù; e che non deve perciò chiedere a Dio alcun soccorso. Quindi la insolente bestemmia degli stoici, che non si devono per nulla attribuire a Dio le azioni virtuose: Quis unquam, quod bonus vir esset, diis gratias egit? (Cic.) E quindi ancora il sarcasmo sacrilego degli Epicurei che dicevano: Mi dia Iddio le ricchezze e la vita; in quanto alla probità del cuore, non ho bisogno di lui, e basto io solo a me stesso: Det vilam, det opes; animum aequum mi ipse parabo (Hor.)

Quali furono però gli effetti di queste infernali dottrine? Ce li ha dipinti il Profeta allorquando, nel parlar del presente, descrivendo ancora il futuro, disse (Psal. XIII): Dacchè l'uomo più non comprese sè stesso e la sua miseria, nè più si volse a cercare Iddio per ajuto, Non est intelligens aut requirens Deum; traviò dalle vie del giusto e dell'onesto, Omnes declinaverunt; profondamente si corruppe, discese al disotto dei bruti per l'abominazione

(1) I Cananei furono un popolo dissoluto, bellicoso e feroce, discendente da Canaan, figlio di Cam e nipote di Noè. Questo popolo essendo stato quasi interamente distrutto dagli Ebrei sotto la condotta di Giosuè, i suoi avanzi ricoverarono a' confini della Siria presso i Fenicii. Perciò la Cananea di cui qui si tratta si dice ancora da S. Marco (v. 26) Syrophoenissa. I Cananei o Fenicii occupavano tutto il paese situato tra il mare mediterraneo e l'Eufrate. Aveano due città principali, tutte e due marittime: Tiro, sì nota per la porpora che vi si trovava della qualità più perfetta; e Sidone, così chiamata da Sidon figlio di Canaan, celebre essa pure pel suo commercio. Fu nel circondario di queste due città che la Cananea andò ad incontrare Gesù Cristo, che veniva da' confini della Giudea, e ne ottenne la guarigione della figlia. J miracolo accadde sul cominciare di maggio dell' anno 33 dell' età del Signore, terzo della sua predicazione. Due soli evangelisti lo riportano, S. Matteo e S. Marco. Alla Messa però del giovedì dopo la prima domenica di Quaresima si legge la narrazione che ne fa S. Matteo.

de' suoi vizii, egli che avea osato per orgoglio di credersi superiore a Dio, Corrupti sunt, abominabiles facti sunt in studiis suis; e divenne una superfetazione inutile e l'obbrobrio della creazione, non essendo più restata nell' umanità traccia alcuna di virtù: Simul inutiles facti sunt: non est qui faciat bonum, non est usque ad unum.

2. Che ha fatto adunque il Redentore dell' uomo per trarre l' uomo da questo abisso e ricondurre sulla terra la santità che ne era stata sbandita ? Egli, secondo che ce lo avea tanti secoli prima annunziato e promesso per mezzo del suo Profeta, diffuse in abbondanza nella vera casa di Davidde, la Chiesa, sopra gli abitatori della vera Gerusalemme, i fedeli, lo spirito di grazia e di preghiera In die illa effundam super domum David et super habitatores Hierusalem spiritum gratiae et precum. Sicchè i primi fedeli, col divenir cristiani, divennero uomini di preghiera Erant perseverantes unanimiter in oratione (Act. 1); e col divenire uomini di preghiera, divennero santi di tutte le virtù.

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Ed oh come ben questo spirito si chiama lo spirito di grazia e di preghiera! Perchè esso, dal tempo della morte di Gesù Cristo, sempre superstite e sempre vivo nel cristianesimo, persuade la preghiera ed ottiene la grazia, suggerisce le dimande e le fa esaudire, sostiene la nostra debolezza e provoca la divina misericordia, solleva la nostra fiducia e fa piegare la maestà divina; innalza l'uomo insino a Dio e fa discendere Dio insino all' uomo, e mette in comunicazione il cielo colla terra, l'uomo con Dio: Spiritum gratiae et precum.

Ma Gesù Cristo non si è contentato di parlarci ad ogni pagina del Vangelo di questo spirito di grazia e di preghiera; di rivelarcene la necessità, l'importanza, i caratteri : ha voluto ancora, nell' odierna istoria della Cananea, farcelo conoscere in una maniera sensibile nella sua natura e nella sua azione. Consideriamolo adunque, nella stessa mirabile istoria, questo grande e prezioso effetto della venuta del Redentore, questo prodigio della sua bontà. Vediamo i sentimenti che questo spirito suggerisce, il linguaggio che parla, gli atti con cui si manifesta, tanto nell' uomo rispetto a Dio, quanto in Dio rispetto all'uomo ; affinchè impariamo a questa scuola come Dio deve esser pregato dall' uomo, e come l' uomo che ben prega deve tutto sperare ed aspettarsi da Dio.

PARTE PRIMA

3. Aveano, è vero, gli scribi e i farisei accusati i discepoli, calunniato il Maestro. Ciò nulla ostante però, se Gesù Cristo lascia oggi la Giudea e si reca nel territorio di Tiro e di Sidone città gentili: Egressus Jesus secessit in partes Tyri et Sidonis (Matth. 21), non fa ciò per abbandonare il suo popolo, ma per convertirlo; non è questa una punizione della sua giustizia, ma un ritrovato della sua misericordia. L'amor paterno quanto è tenero, altrettanto è industrioso. Quando adunque un buon padre, dice il dottissimo Aimone, non trova ne' figli la venerazione, l' ubbidienza, l'affetto che gli è dovuto, fa sembiante di voler lasciare agli estranei la sua eredità, per metter paura così ai figliuoli e per la via dell'interesse almeno attirarli al suo amore : Solent boni patres proprias haereditates alienis offerre, ut negligentibus filiis metum incutiant, ne haereditale priventur (Exposit.) Or ecco la ragione, siegue a dire lo stesso interprete, per la quale oggi il Signore esce dai confini della Giudea, ed entra nel territorio di Tiro e di Sidone città de' gentili.

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