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levarla onestamente: è lecito però il rigettare quelle che sopra tale rapporto ci offerisce il governo; lecito sovratutto oppugnare a tutt'uomo quel sistema, mercè cui le guarentigie insufficienti, inutili, mentitrici del corpo insegnante dello Stato si vogliono accettate da tutti, come le sole che possano bastare all'uopo, le sole che siano necessarie. In tale senso noi chiediamo appunto libertà d'insegnamento, assoluta, completa, affrancata da ogni impaccio di leggi preventive. (*)

(*) Al momento di consegnare queste pagine al torchio, intendiamo che Monsig. Parisis è compreso nel numero de' commissarj nominati dagli uffici dell'assemblea per discutere un nuovo progetto di legge sopra la pubblica istruzione, « legge (com'egli ha detto in uno di quegli ufficj) che interessa evidentemente la società; e nel presente, poichè tutti sanno quale influenza esercitino, fra gli altri, gl' istitutori primarj sopra le nostre grandi operazioni; e nell'avvenire, imperocchè, per valermi di una sentenza delle nostre sante Scritture, quello che l'uomo ha seminato è quello che l' uomo raccoglierà. »

A scanso di equivoci è da tener presente che presso i Francesi la Scuola primaria indica sempre quella donde comincia la istruzion de' fanciulli; e così nel medesimo senso vuolsi prendere l'Istruzione primaria, l' Insegnamento primario, l'Istitutore primario; insomma tutte le pertinenze alle scuole elementari, o basse od infime della nostra Italia.

LA SOVRANITÀ DEL POPOLO

ESAMINATA

NEL TRIBUNALE DELLA RAGIONE, E DELLA FEDE(*)

(Aprile 1849)

Nicola

Perversi difficile corriguntur, et stultorum infinitus est numerus. Eccl. c. 2 v. 15.

PREFAZIONE

Spedalieri, dottore e professore di sacra Teologia, avendo già confutati con gloria i due increduli Freret, e Gibbon, alquanto dopo la prima rivoluzione di Francia mise al pubblico un' altr' opera insigne col titolo: « De' diritti dell' Uomo libri vi, ne' quali si dimostra che la più sicura custode de' medesimi nella società civile è la Religion Cristiana. » Gli ultimi cinque di que' libri

(*) Quantunque nel precedente volume abbiamo riportato parecchi articoli diretti ad impugnar la dottrina della sovranità popolare, nondimeno, sendoci pervenuto il presente scritto da una parte d'Italia ove maggiormente hanno imperversato le conseguenze di quel principio, ci siam consigliati di darlo in luce a pubblico beneficio, persuasi che nel tempo corrente non si adopreranno mai abbastanza le savie penne a disingannare le menti sopra una massima dalla quale procedono logicamente tutti i sociali scompigli sino a quegli ultimi ferocissimi risultati che oggigiorno minacciano in tanti luoghi la dissoluzione o l'eccidio della civil compagnía. A tali scritti catechistici ed apologetici è ora più che mai applicabile il dettato di S. Agostino: Utile est a pluribus fieri diverso stilo, non diversa fide.... ut ad plurimos res ipsa perveniat, ad alios sic, ad alios autem sic.

corrisposero al fine dall'egregio autore propostosi,(*) e furono trovati ben degni della immortalità. Non così fu giudicato del libro primo. In questo ei pretese di darci un compendio di Gius naturale, creduto da lui necessario a bene intendere tutta l'opera sua, ed utilissimo a tutti per alcune analisi che negli scritti di altri autori non si rinvengono: le quali analisi tutte cospirano a stabilire il famoso contratto sociale, assai meglio di quel che siasi tentato da qualunque altra filosofica penna. Per ragione del quale argomento egli incontrò fin dalle prime contradditori non volgari: i quali per altro, a dir vero, quasi tutti falliron lo scopo, e vennero perciò poco o nulla prezzati: perciocchè tutti volsero le cure a far risaltare i danni, che da quelle dottrine sarebbero derivati alla società, astenendosi dallo snervare la forza degli argomenti usati a stabilirne la teoria. Da quel contratto come da venefica radice spunta la sovranità del popolo, tanto in oggi tra noi proclamata. E perchè siamo noi costretti a coglierne amarissimi i frutti, ho creduto opportuno di minare le fondamenta, quanto per me si possa. Tutta sento la mia debolezza a confronto del valore dell' Avversario: ma se non mi riuscirà felice l'intento, gioverà almeno la mia fatica a muover lo zelo d'ingegni più acuti e fortunati, onde cooperare al ristabilimento della tranquillità nella nostra troppo in oggi abbattuta e desolata Italia.

(*) Questo fine si vuol sempre aver presente, nel riscontro delle sentenze impugnate, a salvaguardia del buon nome di quello scrittore, per non confonderlo cogli avversarj dell'ordine religioso e civile, che furono da tutt' altro motivo animati, ed a tutt' altro fine si conducevano nella proposta di somiglianti principj.

SOMMARIO

I. Idea fattizia della sovranità del popolo: sua origine, e suoi progressi. II. Teoria sopra lo stato primitivo degli uomini: sentimenti di Nicola Spedalieri sopra quest' argomento. III. Dottrine dello Spedalieri dirette a stabilire il contratto sociale. IV. Conseguenze che necessariamente derivano dall' esposto contratto sociale. V. Prima ragione per escludere il contratto sociale; perchè chimerico risultamento di equivoci. VI. Seconda ragione per escludere il contratto sociale; perchè superfluo ed inutile alla terrena felicità. VII. Terza ragione per riprovare il contratto sociale; perchè non presenta che un tessuto di contraddizioni. VIII. Quarto argomento per escludere il contratto sociale; perchè sovvertitore della società. IX. Preliminari tendenti a dimostrare teologicamente che la sovranità deriva immediatamente da Dio. X. Dall'antico Testamento risulta che la sovranità viene a' governanti immediatamente da Dio. XI. Sentimenti del Divin Redentore relativi alla sovranità: ragionamento dell'autore con un liberale sopra il dominio temporale del Papa. XII. Dottrina decisiva dell' Apostolo S. Paolo sopra la derivazione della sovranità immediatamente da Dio: cenni sopra il traveder del Rosmini intorno a quest' argomento. XIII. Sentimenti del Principe degli Apostoli in ordine alla sovranità. XIV. Il Dottor S. Tommaso non favorisce il sistema dello Spedalieri. XV. S. Tommaso ripete la sovranità immediatamente da Dio. XVI. Contagioso influsso delle odierne liberali dottrine sopra gli animi anche ingegnosi ed illuminati.

I. Idea fattizia della sovranità del popolo:
sua origine, e suoi progressi.

Popolo re!... Popolo sovrano!!.. Se vero non fosse che l'addomesticarsi co' mostri più spaventevoli ha forza di scemar quell' orrore, che al primo mirarli scuote le viscere e l'animo de' riguardanti, deh! chi mai saprebbe render ragione del perchè in oggi, anzichè trasecolare per lo stupore a quel nome, venga esso accolto e consentito e venerato, non solo dalla gente volgare, ma eziandio da taluno di que' genii sublimi, de' quali a ragione mena vanto la nostra Italia? Quanto a noi, per essere assuefatti alle idee ed al linguaggio venutoci dalle più vetuste memorie, non sapendo immaginare un Re senza sudditi, all'udire la denominazione di Popolo sovrano, siamo spinti a ricercare quali sieno i sudditi di questo monarca di nuova stampa, da cui si vuole a' nostri dì padroneggiato il Mondo. Sarà per avventura perchè è suddito di sè medesimo? Ma quale contraddizione più mostruosa di questa che taluno sia nel tempo stesso servo e padrone? Sarà forse perchè ogn' individuo di questo popolo è sovrano degli altri, fuorchè di sestesso? Ma quanti sovrani ad un sol suddito, e quanti sovrani e sudditi ad ogni suddito sovrano! Sarà perchè la plebe ha il potere di crearsi il sovrano a proprio talento? Ma donde venne a lei questa facoltà, questo potere, quest' autorità, contraddetta apertamente dall' assioma comune: Nemo dat quod non habet? Fuvvi mai a' tempi andati simil gruppo di paradossi tra le genti?

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