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Gitta fuor di quelle l'occhio della sua mente, e lo spazia per tutto il mondo. Vede la Chiesa di Gesù Cristo dilaniata per tutti i Regni del Nord dalla eretica dottrina di Lutero; combattuta per Francia, Svizzera, e Savoja dalla rea setta di Calvino; cacciata esule dall'Inghilterra per la sacrilega vendetta di Arrigo... Vede e freme! Poi vede nuovi mari, nuove isole, nuovi mondi scoprirsi alle prore fortunate dei seguaci di Cristoforo, di Amerigo, di Vasco, e colà vede milioni e milioni di selvaggi aspettanti la buona novella, e chiedenti chi lor la rechi...... Vede e desidera! Nè freme, nè desidera sol nel suo cuore; ma sorge e dice « Arrestiamo il torrente dell' eresia sicchè non invada quanto resta di cattolica Europa: illuminiamo que' popoli che siedono tuttora nelle tenebre e nell'ombre di morte. >> Questo abbietto nell'apparenza, eppur grande d'animo quanto l'intera terra, era Ignazio di Lojola, che dalle difese mura di Pamplona, e dalle penitenze di Manresa, Iddio conduceva colà per compiere di farsi Santo, e cominciare dal conquisto di quelli che avrebbero poi conquistati tanti popoli e tanti regni. Se non che ai sovrumani concepimenti della mente d'Ignazio si richiedevano petti magnanimi, capaci di porli in esecuzione. Nei Lainez, nei Fabri, nei Salmeroni, nei Rodriguez, nei Bobadiglia, nei Canisii, e in altri troverebbe cui affidare le guerre coll'eresia; ma a chi affidare le battaglie cogli sconosciuti demonj che da tanti secoli signoreggiavano le nuove interminabili piagge di cui non pur sapevansi i nomi, e i quali coi paurosi tifoni sconvolgevano l'immensurato dorso di quegli oceani,

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non anco ben usi a patire l'incarco de' vascelli Lusitani ed Iberi? Questi che solo avrebbe debellate le tiranne schiere d'inferno, che avrebbe piantato il vessillo della Croce sovra mille e mille delubri di sozze divinità, che avrebbe ammollite intere razze selvagge, avvezze fino allora a darsi l'una all'altra la caccia; questi che in pochi anni avrebbe fatto da se solo in pro' dell'umanità a cento doppi più di quanto in triplice numero di secoli abbiano operato tutti insieme i Filosofi, era Francesco Saverio, l'eroe di cui celebriamo oggi la festa. Io non mi propongo al certo, o Signori, di farmi a tessere il racconto della sua vita, che la più parte di voi al par di me conoscete, nè di dirvi come la purezza de' suoi costumi gli meritasse la grazia di sì ardua vocazione, superando gli ostacoli che frapponevansi da una cotal vanagloria e per la nobiltà de' natali, e per l'altezza dell'ingegno. Non di narnarvi le sue penitenze, il suo voto, i suoi primi viaggi, quantunque quel tanto ch'egli allora operò sarebbe sufficiente per se solo a qualificarlo gran Santo. Bastami unicamente il farvi riflettere che furono appunto que' primi tempi e quelle prime opere che di subito alla santità lo innalzarono, e che le meraviglie tutte, le quali accompagnarono poi il corso apostolico della non lunga sua vita, debbonsi ripetere da quello sforzo, con cui dal giorno in che cedette all' impulso della grazia, morendo interamente a se stesso, tutto si trasformò in Dio, e non conobbe più altro desiderio fuor quello di grandemente patire per grandemente promuovere la gloria e la cognizione del suo Signore. Sel vi

dero Venezia, Vicenza, Bologna e Roma ora prestare negli spedali i più abbietti servigi a' corpi per sanare le anime degl'infermi; ora colla irresistibile eppur dolcissima violenza delle infocate parole dalle piazze e dai trivj trarre a' tribunali di penitenza i più indurati peccatori; ora vincendo ogni senso di pietà e di dolore fare strazio di sue carni, affralirle colle veglie e co' digiuni, e (quel che più è) sormontare qualsiasi ripugnanza di sua delicatissima educazione in tutto che può maggiormente o schifar la natura, o rincrescevolmente umiliare l' onor terreno. Ma tutto questo che era, appetto ai gran disegni che Dio sopra lui maturava, e alla sete ardentissima che lo struggeva di consumarsi per Gesù Cristo? Già più volte nei brevi istanti, in cui gittandosi su duro giaciglio non poteva impedirsi un faticato riposo, eragli apparsa la visione di una gran pioggia di croci su lui cadente; e l'anima sua generosa, erompendo ancora nel sonno, avea risposto: « ancor più, o Signore, ancor più » Già in simile incontro gli era venuto visto un enorme gigante di selvaggio e bruno aspetto, che gli si era caricato sulle spalle, ed egli anelante sotto il peso, ma desideroso di non perderlo, lo si recava a sal vamento da ignoto pericolo, destandosi dal sonno tutto affannato, stanco, molle di sudore, eppur giulivo d'indescrivibile contentezza. O Saverio, tu stai per conoscere l'arcana significazione di questi profetici sogni! Giovanni III°, Re fedelissimo di Portogallo vedeasi fatto signore di molti e vastissimi regni oltre l'oceano, e il suo fortunato vessillo ondeggiava sulle coste e sull'isole di mezzo un mondo. Volea

rendere il solo vero tributo di riconoscenza a quel Dio che avea condotti tanti popoli al suo governo, col condur questi alla conoscenza del vero ed unico bene. Scrissene alla Santità del Pontefice, questi ne parlava ad Ignazio, e Iddio, contro le umane disposizioni, trasceglieva alla grande impresa il Saverio. Egli parte, egli è in Lisbona, egli ne salpa, salutando in eterno l'Europa, i compagni, il suo Ignazio. - Dacchè poche zolle di terra avean coperta l'insanguinata salma dell' Apostolo Tommaso sopra una punta anco incerta dell' indica spiaggia, l'Angelo Tutelare di quelle contrade si era raccolto su quelle zolle a piangere cogli occhi or rivolti al Cielo, ora agli infiniti spazj dell' onde: non li volgeva a se d'intorno sulla terra che gli era sortita in guardia, perchè insozzata per ogni dove da turpe o barbaro culto, perchè quanto più bella ricchezza e varietà d'ogni dono di natura, tanto più esecranda per l'abbrutimento de' suoi abitatori. L'Angelo aspettava..... Erano corsi quindici secoli, ed aspettava ancora. Ed eccolo improvvisamente raggiare di celestiale luce di gioja, eccolo spingere con santa ebbrezza gli sguardi sull'azzurro piano de' flutti, eccolo levarsi a volo sui mari incontro alla fortunata vela che conduce il Saverio, e guidarla alla spónda. Appena i piedi del novello Apostolo toccan la terra, l'Angelo il serra fra le sue braccia, e gli dice: nel nome adorabile del Signor Nostro Cristo Gesù io ti consegno queste Nazioni. Ora segualo chi può: ma altri nol può seguire che l'Angelo stesso. Da Mozambico a Melinda, da Melinda a Socotora, da Socotora a Goa,

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da questa a Comorino, poi alla costa di Pescheria, di nuovo a Comorino, di là al Travancor, indi al Ceilan, poscia al Nagapatan, quindi nel Coromandel, dappoi a Meliapor, da Melia por a Malacca, da questa alle Isole Molucche, alle Isole del Moro, ad Amboino, altra volta a Malacca, altra volta a Goa. Da Goa scioglie pel Giappone, e scorre quell' Impero, e convertitolo alla Fede riede alle Molucche ed a Goa. Ivi disposte le cose della Cristianità si volge alfine alla Cina, dopo aver percorsi in dieci anni più di cento mila miglia di terra e di mare. Ma che dico percorsi? Percorre il viandante, ma non percorre l'Apostolo, il quale ivi pianta la Croce, la inaffia co' suoi sudori, ne spiega i misteri, erudisce quelle genti, le muta di credenze e di costumi, le catechizza, le rassoda nel bene, vi erige Chiese, e Scuole, e non le lascia se la fede non ha gittate sì alte ne' loro cuori le sue radici da potere dar frutti perseveranti di vita eterna. E mentre colla sua voce converte, e colla sua mano battezza più di un milione d'infedeli, riforma la condotta e la vita di altrettanti Europei che là condotti dal traffico e dal guadagno null' altro più serbavano di Cristiano, tranne che il nome; regola come Nunzio Apostolico quanto appartiene alle nuove Cristianità, scrive di continuo a Roma e a Lisbona per chiamare operaj cui consegnare quelle mistiche vigne ch'egli ha piantate; e li riceve al loro arrivo, e li informa del suo spirito, e con lor corrisponde; tratta coi Vicerè Lusitani gl'interessi de' nuovi suoi figli; compone i sanguinosi dissidj fra popolo e popolo; e quando la necessaria difesa

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