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tutte di questo Alfabeto. Ora ne' varii Alfabeti delle Lingue Semitiche il IOD non ha forma tale da potersi porre di riscontro ad un apice, se non che nell' Alfabeto Ebraico odierno: questo adunque era l'Alfabeto sacro degli Ebrei da essi usato, fino da' tempi del Salvatore, per la scrittura de' codici de' Libri Santi. Di che ne torna bella conferma alla sentenza di S. Girolamo e d'altri antichi Scrittori, che l'odierno Alfabeto Ebraico, detto anche Assurith, sia quello che dall' Assiria riportarono i Giudei reduci dalla cattività, e che da Esdra fu destinato per la scrittura sacra de' Libri Santi (S. Hieronym. in Prolog. galeat.: cf. Drach, ap. De Corrieris, de Sessor. Basil. Reliq. p. 248). Che poi gli Ebrei, prima della cattività, avessero un solo Alfabeto, simile a quello delle posteriori loro monete, e derivato dall'Alfabeto Fenicio, pare potersi inferire dal riscontro del THAV delle monete stesse, che ha forma di Croce retta oppur decussata, con quelle parole del Signore presso Ezechiele (1x, 4): Signa THAV super frontes virorum gementium et dolentium; poichè S. Girolamo (Comment. in Ezech. l. c.) ivi avverte come antiquis Hebraeorum litteris, quibus usque hodie utuntur Samaritani, extrema THAU littera CRUCIS habet similitudinem. (15)

(15) Lo Scaligero ed altri ipercritici riprendono S. Girolamo di avere seguíto così alla cieca Origine, nell' asserire, che il Thau Samaritano avesse forma di Croce, senza consultare l'Alfabeto de' Samaritani. Ma s' ingannarono essi a partito confondendo l'Alfabeto de' Codici Samaritani alterato con

Riguardo alla paleografia delle Monete Giudaiche vuolsi avvertire, che dalle due diverse forme dello Scin, una delle quali angolosa (w) ed altra tondeggiante (w), altri potrebbe di leggieri inferirne, siccome fece il Souciet (ap. Bayerium p. 101, 103), che l'ultima sia indizio d'età meno da noi rimota; ma l'argomento tornerebbe vano, poichè v'ha pure un Siclo dell'Anno 11 della Liberazione, nel quale trovasi usato da un lato lo Scin angoloso, e dall' altro lato lo Scin tondeggiante (v. Trésor de Numismat. Rois Gr. Pl. LVII, 10). (16)

Tipi.

I Tipi delle monete Giudaiche considerati in genere sono pur notevoli in ciò, ch'essi non rappresentano giammai figure di persona umana o d'animale veruno nè reale nè ideale; lo che dee ripetersi da quella prescrizione della Legge di Mosè (Deuteron. IV, 16): Ne forte decepti faciatis vobis sculptam similitudinem aut imaginem masculi vel feminae, similitudinem omnium iumentorum, avium, reptilium sive piscium. (1)

quello che fu in uso a' tempi del Massimo Dottore dato da Dio alla sua Chiesa per la retta e profonda interpretazione delle sante Scritture, che a lungo visse e studiò in luogo vicino a' Samaritani medesimi (v. Oper. S. Hieronym. T. v, col. 96, ed. Vallarsi; cf. Raoul-Rochette, Acad. des Inscr. T. xvi, P. 11, p. 297, et suiv. Gesenius, Monum. Phoenic. p. 47-48).

(16) Per simile modo nella stessa moneta Greca ricorre l'uso promiscuo delle due diverse forme del Sigma, Σ cioè e C (v. Eckhel, T. 1, p. c1, c111).

(17) Il santo Legislatore d'Israele prosegue dicendo: Ne forte, elevatis oculis ad caelum, videas Solem et Lunam et

Il Calice, ed il Ramo trifido fiorito, che ricorre ne' Sicli e ne' Semisicli (n. 1, 2) ed anche in una moneta di rame dell'Anno IV (n. 17), a parere del Rabbino Mosè Nachmanide, cui si fecero seguaci pressochè tutti i numografi, rappresenterebbero l' Urna della Manna e la Verga d'Aronne fiorita prodigiosamente, che stavano riposte entro o vicino all'Arca del Testamento nel loco santissimo del Tabernacolo (cf. Interpr. in Epist. ad Hebr. IX, 4). Eppure questa opinione è molto improbabile, per non dire apertamente falsa. Nel secondo Tempio, a' giorni di Simeone Maccabeo Pontefice Massimo, non essendovi più l'Arca, non poteva esservi nè manco l'aurea Urna della Manna, nè

omnia Astra caeli, et errore deceptus adores ea et colas (cf. Flav. Ant. Iud. xv11, 6, 2). Non conforme a questo divieto parer potrebbe la rappresentazione dell'Astro che vedesi al disopra della Porta del Tempio in un Siclo, che pure sembra impresso dal piissimo Simone Maccabeo (n. 4), non che l'Astro delle monetine di Alessandro Ianneo (n. 23). Ma nel Siclo di Simone l'Astro può riferirsi al vaticinio di Balaam (Numeror. xxiv, 17): Orietur STELLA ex Iacob, che in parte potè credersi adempito ne' prosperi eventi de' primi anni del Principato di lui. Nelle monete poi di Alessandro Ianneo insieme con l'Astro compariscono due Cornucopie con un Papavero e talora con un Caduceo (Trésor de Num. Rois Pl. LIX, 6, 13) che, in uno con la novità dell'epigrafe Greca consociata all' Ebraica, mi hanno sembianza di un principio d'indifferentismo in punto di religione, non disdicevole nella persona di Alessandro Ianneo, uomo d'indole irrequieta e crudele (cf. Bayerius, p. 193: Pellerin, Lettres, p. 5, 6: Neumann, Num. Popul. P. 11, p. 88: Barthélemy, Acad. des Inscr. T. xxiv, p. 57, 58).

la Verga fiorita d'Aronne (cf. Ackermann, Archaeol. S. 327). Il Calice poi delle monete di Simeone, simile ad una delle nostre Pissidi sacre per conservare la sacrosanta Eucaristia nel Tabernacolo, è scoperchiato e appare in parte vuoto ne!l'interno della sua coppa (v. Bayer. p. 126): laddove l'Urna aurea ripiena della Manna celeste, riposta presso l'Arca, dovea essere coperchiata, anche in riguardo alla voce Ebraica TZINTZENETH, che sembra denotare vaso adatto a conservare (v. Gesenius, Thesaur. p. 1175: cf. Apocalyps. 11, 27.). Il vaso della Manna è detto Zraμvos dai LXX (Exod. XVI, 33) e da S. Paolo (ad Hebr. IX, 4); voce che presso i Greci pare significasse senza meno un vaso fornito di due anse (v. Kuinoel in Epist. ad Hebr. IX. 4: cf. Gerhard, Annali dell' Inst. T. VIII, p. 154); (18) laddove il preteso vaso della Manna delle nostre monete è affatto privo di anse. Anche il Ramo trifido fiorito non ha veruna somiglianza co' fiori della Mandorla, che prodigiosamente spuntarono dalla Verga di Aronne (Numeror. XVII, 8: cf. Bayerius, p. 81). Vuolsi pertanto indagare altra spiegazione di questi due tipi costanti de' Sicli di Simeone.

Un Calice assai simile a questo de' Sicli d'Israele vedesi collocato sopra la Mensa aurea del Santuario

(18) Nel Lessico di Fozio (cf. Interpr. ad Hesych. v. Σταμνειον Θασιον ) leggesi: Σταμνια τα Θασια κεραμια: e di fatti nelle monete di Taso della Tracia (Mionnet, Suppl. T. 11, Planche à pag. 545) vedesi un vaso a due anse, che sorpassano la bocca non molto larga del vaso medesimo.

di Gerusalemme portata in trionfo a Roma, e rappresentata nell'Arco di Tito, insieme col Candelabro aureo (de Rubeis, Veteres Arcus August. Triumph. tab. 111). Sopra quella sacra Mensa, insieme co' Pani perpetui della Proposizione, erano diverse maniere di Vasi per contenere e mescere il Vino (v. Ackermann, Archaeol. §. 319), fra' quali Scodelle e Calici, uno de' quali pare questo de' Sicli d'Israele. V'erano pure Crateres ad vina fundenda (Numer. IV, 7; Hebr. QESAVOTH; LXX σлovdeia) ed Orciuoli (Hebr. MENAQQIJOTH), che paionmi rappresentati anch'essi in altre delle sovradescritte monete di Simeone (n. 6, 13, 14); tanto più, che in esse sì l'Orciuolo, come il Cratere ora coperchiato ed ora scoperto, hanno di riscontro il Grappolo dell' Uva e la foglia della Vite, che li mostrano Vasi da Vino.

E ben convenientemente Simeone Sommo Sacerdote rappresentava sopra le sue monete que' sacri Vasi sì perchè egli Sancta glorificavit, et multiplicavit VASA SANCTORVM (1 Machab. XIV, 15), come perchè il piissimo suo fratello Giuda, dopo che l'empio re Antioco Epifane avea tolto dal Tempio Mensam Propositionis, et libatoria et phialas et mortariola aurea, ricuperato e purificato ch' ebbe il Loco santo, insieme co' buoni Israeliti, fece VASA SANCTA nova, et intulerunt candelabrum et altare incensorum et MENSAM in Templum (1, Machab. 1, 23: IV, 49). Del resto, il Calice della sacra Mensa rappresentato ne' Sicli mostra avere l'orlo ornato di un giro di perle, o pietre preziose che dir si debbano (cf. Flav. Ant. Iud. XII, 2, 9).

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