Obrazy na stronie
PDF
ePub

dere la propria fede, se non davanti agli altari, almeno entro il santuario della propria coscienza? Dove rivolgersi i precettori per trovar compendiati in brevi lezioni i fondamenti della nostra Religione? E codesta istruzione non è anzi molto più necessaria dei principj di aritmetica, di geometria, di disegno e di altrettali rudimenti onde i fanciulli vengono preparati ad entrare in appresso con profitto e con onore nella carriera che ciascuno avrà scelta ? Questo è il vuoto che mi son proposto di riempire colla pubblicazione della presente operetta; la quale, oltre essere utile ai fanciulli, non lascerà di essere profittevole agli adulti. L'ignoranza e il nessuno studio di queste materie è deplorabile: tutto s'insegna, tutto s'impara, fuorchè la ragione della nostra credenza; e questa è una delle cause per cui la fede rimansi nel cuore di tanti come un seme infecondo, se (che è ancor peggio) non se lo rapisce il vento, al primo soffio. »

Le arti maledette, onde si procura oggigiorno di sradicare dal cuore del popolo italiano la fede santa de' padri, fanno tornare doppiamente utile ed opportuna la distribuzione del contravveleno contenuto in questo libretto.

III. Cento Novelline morali, raccolte da Salvatore Muzzi, con aggiunta di Racconti, Documenti, Favolette ed Epigrammi, a lettura dilettevole e fruttuosa pe' giovinetti. Modena, tip. di Andrea Rossi, 1849.

Sono ben conosciute le Novelline, parte composte, parte tradotte dal Muzzi, che tante ristampe hanno ottenute in Bologna e fuori. Chi ha dato opera alla presente edizione si è prefisso di farne un più compito manuale di lettura pe' giovinetti, accrescendo materia di maggior sostanza in altri racconti e documenti, che possano tenere una tal qual proporzione col vantaggiarsi dell' età e della intelligenza ne' leggitori. Questa materia è tratta dal Mentore de' fanciulli e de' giovinetti, libro francese, del quale dobbiamo la versione al

Conte Pertusati, sì benemerito della buona morale; e dalla succosa operetta del P. D. Luigi M. Aguillar, intitolata Il Compagno fedele, sopra la quale abbiamo un articolo in queste Memorie, ser. III, tom. VI, facc. 234. « E perchè poi nulla conferisce tanto ad insinuare negli animi ed a scolpire nella mente le ammonizioni, quanto il blandimento e la vivacità della poesía, di questo mezzo ancora s'è voluto fornire il libretto, rimettendo all'amorevolezza e discrezione degl' istitutori il valersene, quando riconoscano l'opportunità di familiarizzare alcun poco gli alunni col linguaggio poetico, il quale, per quanto si presenti semplice e piano, tien pure dall' indole propria distinzioni e significati che non sono senza qualche importanza, ben anche ne' primi studj intorno alla nostra favella. » Questa giunta, della quale è nuova la materia, consiste in Favolette e Racconti, ed in Epigrammi. Eccone due per mostra:

Nella stagione estiva,

Correva a bel diletto
Per un' aprica riva
Cantando un giovinetto.

Gli disse un vecchio esperto ed amorevole :

Sospendi il passo, o figlio;

Se più t' inoltri, è pieno
D'inciampo e di periglio
Questo infedel terreno.

Sospendi il passo, o va guardingo almeno.
Rispose l'altro: ch'io sospenda il passo?
O ch' io lo mova, quasi incerto e lasso?
Sol porgeran gli orecchi

A tal consiglio i vecchi.
Intendetemi bene;

Progredir sempre a' giovani conviene.
Figlio, riprese il veglio,

Non favellai così, che per tuo meglio.
Seguendo un cieco arbitrio,

Tu puoi gittarti ancor nelle voragini;

Ma non sarà men vero, a mio giudizio,
Che un progresso è tornar dal precipizio.
Questa parola ascolta,

Nè più risponde il giovine;

Ma riflette, soffermasi,, e dà volta.
Ahi come di frequente

Vanno perduti gli uomini

Per un error di mente!

Felice chi rivolgere

Sa con franchezza il piede,

Se dell' error s'avvede!

Uno studente, solito

A favellar con dignità rettorica,

Vicino al limitare

D'una famiglia rustica

Scorgendo un alveare:

Questa, sclamò, dell'api è la repubblica.

La repubblica! disse un buon villano ;
Or mi diventa piano

Perchè la moltitudine infedele

[blocks in formation]

Chi per avventura si avvisasse che questi e simili argomenti fossero di troppo levati sopra la intelligenza di una certa età, mostrerebbe non essersi accorto a quali pretensioni abbia condotto l'avanzamento del secolo eziandío le lingue che chiaman mamma e babbo.

CENNI

INTORNO AL P. GIOVANNI DA CAPISTRANO PER APPENDICE ALL' OPUSCOLO SOPRA LA SOVRANITÀ DEL POPOLO (V. il presente votume, a facc. 40)

Era già stampata la nuova disamina del funesto principio

che stabilisce nel popolo la sovranità, quando ci è pervenuto l'annunzio della morte del P. Giovanni da Capistrano; di che riputandoci sciolti anche noi dall'obbligo di tenere credenza intorno all'autore di quello scritto, non dobbiamo chiudere la materia di questo quaderno, senz'aver dichiarato ch'esso opuscolo è dovuto al prenominato dottissimo Religioso, ed esserci chiamati riconoscenti alla sua memoria per questo dono. Crediamo altresì giusto di rendergliene qualche tributo col raccogliere, non tanto da' periodici di Bologna che hanno di lui parlato, quanto da altri privati ragguagli, alcune notizie sopra la vita del medesimo scrittore, le quali suscitano doppio interesse, in presenza delle ultime prove d'un valore straordinario.

Ei nacque in Capistrano, terra del regno di Napoli, da buoni ed agiati genitori, l'anno 1764. Ancor giovinetto, volse le spalle al secolo, e diede il suo nome all' Ordine de' Minori osservanti riformati, dove presto mostrossi provetto nelle opere della vocazion religiosa.

Quando sopraggiunsero i tempi della francese dominazione, tanto sotto il giogo della repubblica, quanto sotto quello dell' impero; fra lo scompiglio d'ogni sacra cosa, la persecuzione de' ministri del Santuario, e la trepidanza degli animi fedeli, egli era pressochè il solo che, ne' luoghi dove la Provvidenza lo avea condotto, ardisse apertamente far fronte a tanta rovina; certo il solo che, senza temer di minacce nè piegarsi a lusinghe, non deponesse giammai l'abito di sua Religione in Roma; che anzi, per non deporlo, fu veduto ed in Roma ed in Rieti rifiutare onorifico impiego ed amplissimo lucro. Perciò, dopo il merito dell'esilio, fu egli il primo a ricomparire nella predetta metropoli, dell' abito franciscano vestito.

Nella brama ardentissima di veder rifiorire l'Istituto da lui professato, si pose a tutt' uomo a riordinarne le costituzioni e a zelarne la disciplina. Ebbe campo di spiegarsi luminosamente la sua attività, poscia che, per breve di Leone XII, fu chiamato a reggere la famiglia degli Osservanti e Riformati. Non perdonava a fatiche per sostener tanto incarico, e quello ch' egl'imponeva e raccomandava colla voce e cogli scritti, quello stesso promoveva e convalidava colla potenza degli esempj, osservator rigidissimo della prediletta riforma.

Oltre le prime cariche dell' Ordine suo, sostenne gli ufficj di Esaminatore de' Vescovi, di Consultore della propaganda, e di Censore di merito dell'Accademia Teologica della Sapienza. Gli uomini dotti ed illustri, che si ricettavano nella capi tale dell' Orbe Cristiano, gareggiavano nell' onorarlo. Fu con benevolenza ed approvazione ascoltato a predicare la verità da' pergami del Laterano e del Vaticano. Il Re di Napoli lo desiderava in uno de' primi Arcivescovati del regno; un altro, non meno cospicuo, gli era presentato da Papa Leone. Egli ricusolli per umiltà.

Un uomo di simil tempra doveva esser provato al fuoco della tribulazione. Ei trovossi disgraziatamente implicato nella causa d'una famigerata ipocrita, la quale con iscaltri avvedimenti avea saputo procacciarsi un concetto meraviglioso di sapienza e di santità. Senza entrare in particolari che non avrebbero convenienza co' tratti d'un semplice sbozzo, nè collo scopo di queste Memorie, possiam dire che, non tanto le circostanze del caso, quanto la maniera del suo difendersi in quel giudizio, gli fruttarono lunga serie d'umiliazioni e d'affanni, l'intension de' quali non avrebbesi potuto misurare se non a ragguaglio dello splendore ch' egli avea diffuso, quand'era esaltato in sul candelabro.

«Ma (trascriviam le parole d'nn articolo necrologico) se una nube sembrò oscurar tanta luce, se una macchia parve deturpasse tanta purezza, quella nube fu vinta da purissimi raggi di virtù, quella macchia fu detersa per modo che non sapresti dire se fu ventura o sventura. Ne' diciassette anni che passarono tra quelle vicende e la morte, egli sempre si mostrò rassegnatissimo al divino volere, sempre forte, sempre

« PoprzedniaDalej »