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AVVISO

DI MONSIG. GIUSEPPE MANCINI

ARCIVESCOVO DI SIENA

AL CLERO ED AL POPOLO DELLA SUA DIOCESI (*)

Già i miei anni declinano, spingendomi alla tomba; già

da cinque lustri sono in mezzo a Voi col carattere di Pastore. Oh Dio! quali scene di desolazione e di orrore mi si fanno davanti in sul compiere della mia carriera da farmi esclamare col vecchio Tobia: Et nunc Domine.... praecipe in pace recipi spiritum meum; expedit enim mihi mori magis quam vivere (Cap. II. 6). Quali giorni sono questi mai! qual epoca di menzogne e di contradizioni! Mentre d'ogni parte si proclama la civiltà, il risorgimento, il progresso, la libertà delle opinioni e degli individui, non si cessa intanto da alcuni sconsigliati di violare, conculcare, annientare i dritti eterni dell' Uomo, e del Cittadino. O blandamente e scaltramente, o con terrori ed a viva forza, si vuole cacciare dalle menti il pensiero religioso, strappare dai cuori l'affezione alle divine cose, al sacro Ministero, al culto del Dio vivente, a quel culto, che per diciotto secoli fece grande Italia, e la rese , come un tempo Gerosolima, la signora delle Nazioni.

Idee più contradittorie non sorsero mai al mondo: volere l'Italia libera, indipendente, gloriosa, e ricorrere al tentativo di toglierle la supremazia Gerarchica, quel suo pregio caratteristico, che niuno potrà mai rapirle, come niuno poteva

(*) Se queste brevi, ma penetranti parole del zelantissimo Prelato ci fossero pervenute a suo tempo, avrebbero trovato luogo fra' documenti religiosi, riportati nel precedente volume. Tuttavia l'inserzione in queste Memorie ne torna anc'oggi convenevole ed opportuna, per tante ragioni che sarebbe superfluo dichiarare.

darle, se non il Figlio di Dio, pregio, che la fa sovrastare a centinaja di milioni componenti il Cattolicismo, e che forma in perpetuo l'indissolubile nesso di unione fra il Cielo e la Terra. (**)

(**) Questa rea condizione di cose era non ha guari (5 agosto 1849) ricordata in una Notificazione di Monsig. Francesco Agostini, Vescovo di Nocera, col tratto seguente: « Oh da quale abisso ci ha egli (il Dio delle misericordie) tratti provvidamente! dopo quanto buja notte ci ha fatto nascere un' aurora di speranza e di luce! Solamente per goder meglio di così grande beneficio, e per concepir più viva la gratitudine verso il Sovrano Benefattore, rammentate per poco la fierissima persecuzione che hanno mosso alla Sposa di Gesù Cristo, chi mai, o miei amatissimi Figli? Coloro, coloro medesimi che dal Capo visibile della stessa Chiesa, dal Sommo Pontefice, vennero in tante guise ricolmi e quasi sopraffatti d'immensi benefizj. Costoro, che sotto lo splendido pretesto di rigenerare l'Italia, le volevano togliere il più prezioso tesoro ch' ella possegga, la Cattolica Fede, deh di quanti sacrilegj non contaminarono questa nostra terra fedelissima! Voi stessi udiste come da masnade di satelliti dell'empietà venne profanato il tempio santo di Dio, spogliato il Santuario di tutto ciò che serviva al culto divino, versato il sangue degl' innocenti ministri della santissima nostra Religione, e di coloro che l'amore di questa seppero generosamente preferire all'amore del secolo, dell' interesse e delle onoranze. Voi stessi foste testimonj della bramosía brutale, con cui anelavano a divorarsi essi soli le sostanze degli onesti Cittadini, non di altro rei che di non aver voluto aderire alla ingiustizia ed alla empietà. Ma, quel ch'è più orribile, in quella Città stessa che ha il nome di Santa, e può veramente chiamarsi patria di tutti i credenti, in quella Città medesima fu accolta l'Abominazione e messa a regnare. Di là vedemmo uscire leggi veramente infernali contro il culto stesso di Dio, contro il Vicario di Gesù Cristo, e contro la santità de' voti. Leggi vedemmo uscire di terrore e del più tirannico dispotismo: leggi sovvertitrici di ogni autorità, e dell'ordine sociale: leggi dirette a distruggere, se a diabolico od umano sforzo fosse possibile, il divino edificio della santissima Cattolica Religione. »

E ne' medesimi giorni deplorava la continuazione de' perversi disegni e degli empj conati il novello Vescovo di Reggio, Monsig. Pietro Raffaelli, con queste parole gravissime: Accedit temporum nostrorum perquam acerbissima, difficillimaque conditio. Heu! Venerabiles Fratres, Filiique Dilectissimi, quis temperet a lacrymis in conspiciendo Sanctissimam Matrem nostram Ecclesiam Christi tot in aerumnis, in calamitatibus, in omnis generis amaritudinum et malorum oceano constitutam? 1psa

Eppure, FF. DD., la è così. Ed i Vescovi non possono tacere, ma sono obbligati a parlare.... ed io parlerò, perchè alieno da ogni altra questione, non terrò mai il silenzio, quando trattasi della causa di Dio e della Chiesa: Propter

quae de plena sempiternaque Filiorum beatitudine unice sollicita semper fuit, unde etiam majorem, quae in terris haberi possit, felicitatem tum singulorum, tum universae societatis elicere, quantum in se erat, non praetermisit; quae scientiarum bonarumque artium, et omnis humani, atque civilis cultus incrementum semper promovit; et a qua demum justae leges, boni suavesque mores, et quidquid, uno verbo, commodi, utilitatis, veraeque nobilitatis, dignitatis, et gloriae jactare possunt Europeae Gentes prae ceteris, quae Evangelii luce non gaudent, est depromendum; ipsa, inquimus, hac nostra aetate, non quidem ab hostibus, quod longe tolerabilius, sed a Filiis suis, quos omni cura, affectuque materno in sinu portavit, suoque nutrivit lacle, tam aspero, vafro, crudelissimoque impetitur bello, ut tale fortasse neque in primaevis Gentilium persecutionibus passa sit. Certum quidem et falli nescium divinum oraculum, duorum jam deviginti et amplius saeculorum experientia comprobatum, et vel ipso nostrum patrumque nostrorum testimonio luculentissimum, portas inferi numquam adversus Eam praevalituras; quippe quae adsistentem sibi usque ad consummationem saeculi divinum semper Institutorem habebit; verumtamen quaenam in Pastore non requiritur ad tuendum Gregem vigilantia et solertia, cum lupi rapaces eum undique invadunt? quaenam in Navis Gubernatore peritia et alacritas, cum inter syrtes et scopulos eam spumantibus cernit jactari fluctibus? ... Optimates, quique omnes vel divitiarum copia, vel publicorum officiorum honore et auctoritate praestatis, si quovis tempore Ecclesia vos adjutores et cooperatores in tuenda ac promovenda in Populis Religione habere exoptavit, hac nostra aetate id enixe postulat et exposcit. Mala quibus modo humana societas universa tam dire vexatur, omnes jam vident, experiuntur; et periculum extremi ejus exitii ante oculos omnium versatur. Id autem et luce clarius omnibus esse debet, ideo societatem in tantas incidisse miserias, quia Deum Factorem suum dereliquit, ejus mandata fregit, ejus cultum, honorem, religionem adspernata est, et rejectis divinae revelationis infallibilibus oraculis, ad commenta humani delirantis ingenii, ad fabulas conversa est. Proinde quantum quisque facultatibus, ingenio, auctoritate, viribus valet, omnes nitamur societatem ipsam a perditionis et excidii, ad tutam salutis, prosperitatis, et veritatis viam, nempe ad Christum, qui solus via, veritas, et vita est, retrahere. Id igitur omnes contendamus unanimes ut Catholica Patrum nostrorum Fides inter nos magis magisque

.....

Sion non tacebo, et propter Jerusalem non quiescam (Is. 62 1). Caldo al pari di ogni altro dei veri miglioramenti e riforme sociali, amico di una bene intesa libertà, debbo esserlo ancor più di quella divina Religione, il cui deposito mi fu in prò vostro affidato da Dio, e che debbo sostenere non solo con la parola, ma anche col sangue, se fosse d'uopo. Bensì mi protesto, che se a Voi parlo, FF. DD., non parlo certamente di Voi, e le mie parole sono unicamente dirette a premunire e preservare il mio gregge dai disseminatori della irreligione, e delle inique lor massime, che dovunque serpeggiano in seno della comun patria, l'Italia.

Ora chiaramente vel dico, FF. DD.; questa Religione, questa eredità dei Padri nostri è assalita da tutte le parti a' dì nostri. Molte speciose proteste, molti efimeri ossequj le si tributano, forse perchè si teme attaccarla di fronte; ma io vi risponderò con Cristo: Attendite a fermento hipocrisis (Loc. XII. 1). Il fatto sta, che in troppe maniere, e in troppe occasioni, essa viene screditata e calunniata o nelle sue pratiche, o nei suoi Ministri. Troppo lungo sarebbe citar prove di quest' asserzione, e sarebbe poi inutile: non vi è forse tra Voi un solo scienziato, o conoscitore dei pubblici fatti, che non sia a portata di sì dolorose verità. Ma io voglio annunziarvi un solo degli attentati, che attualmente si muove contro la Religione Cattolica per distruggerla; attentato, in cui non saprei dire, se più trionfi l'empietà, o la demenza, attentato, che forse si procura tenere avviluppato fra le tenebre del mistero, onde non eccitare il fremito della pubblica

florescat. Eapropter scripta quae eam labefactant, cujuscumque sint generis, velut pestis mortifera, a finibus nostris repellantur. Blasphemiae et imprecationes quae tam impie Deum lacessunt, in omnibus, qui a nobis pendent, compescantur. Profanatio templorum, et dierum festorum, quae ultionem Domini in Populos provocat, zelum et indignationem excitet omnium. Et Praeceptorum demum tum Divinorum, tum Ecclesiasticorum publici violatores in publica omnium proborum ac cordatorum virorum vituperatione aliquam salutarem temeritati suae poenam inveniant. (In Epist. pastor. ad Clerum et Populum, dat. Carpi, vIII Kal. Aug. an. MDCCCXLIX.)

indignazione. La presente mia Enciclica ha per principale e quasi esclusivo oggetto tale rivelazione, cui mi obbliga indispensabilmente il Pastorale Ministero. Come in altre parti d'Italia, si procura anche nella buona Toscana di far proseliti al Protestantismo, alla così detta Riforma. E già in alcune principali città dello Stato circolano Note a tale oggetto, e già qualche centinajo di sconsigliati (ben piccol numero al confronto d'ingenti popolazioni), sia per esecrabil malizia, sia per crassa ignoranza, si sottoscrissero alle predette Note, apostatando così dalla Fede dei Padri loro. Io ben so, FF. DD., che a questo annunzio l'animo vostro religioso concepirà turbamento ed orrore; ma come poteva io tenervi occulto sì grande atto di perfidia? Crederei farvi ingiuria col solo avvertirvi a detestare, a respingere virilmente qualunque insinuazione si osasse fare contro la vostra ortodossia; poichè io tengo per fermo, che la Religione nostra santissima siavi la cosa più cara del mondo. Mi limito perciò a rammentarvi quel gran detto del Principe degli Apostili: Vigilate quia adversarius.... circuit quaerens quem devoret, cui resistite fortes in fide (1 Petr. 5.) Vigilate, dirò ai Pastori d'anime, onde non s'introduca nel vostro gregge questa pestifera zizzania; vigilate, dirò a tutti i sacri Ministri, specialmente ai Direttori di anime, acciò non siano pervertiti i semplici da false dottrine; vigilate, dirò a tutti i Capi di famiglia, Maestri e Regolatori della Gioventù, sì, vigilate più che mai fosse, ed inculcate a questa a chiare note non esservi cosa più vile ed infame, nè più orribile al cospetto di Dio e degli uomini, quanto il renunziare alla Fede, abdicare l'unica Religione vera, per aderire a miserande Sette, ed incorrere gli anatemi della Chiesa, e la eterna riprovazione.

Dio buono! Ed a qual fine credete Voi, FF. DD., che si spaccino massime anti-religiose, che siasi ordito questo scellerato disegno di trarre al Protestantismo i Cattolici? Forse pel bene della Società, per amore d'Italia? No, il fine si è stato di fare onta al Capo della Chiesa ed a tutta la Cattolica Gerarchia, l'odio alla vera Religione, la quale sola radicalmente, ed efficacemente infrena le umane passioni, comanda

T. IX.

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