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Ma i testi della Sacra Scrittura, perchè tutti dettati dallo Spirito stesso dell' eterna Carità, si prestano scambievolmente luce e sostegno. Apri il libro della Sapienza: e nel Capo VI, ove e si esortano, e si minacciano ad un tempo solo i Regnanti, troverai scritto: Udite, o Regi, e ponete mente: imparate voi, che giudicate tutta la Terra: porgete orecchia o voi, che avete il governo de' popoli, e vi gloriate di tener soggette molte nazioni: Audite ergo Reges et intelligite, discite judices finium terrae. Praebete aures vos, qui continetis multitudines, et placetis vobis in turbis nationum. Perciocchè dal Signore è stata a voi data la potestà, e la dominazion dall' Altissimo, il quale disaminerà le opere vostre, e sarà scrutator de' pensieri: Quoniam data est a Domino potestas vobis, et virtus ab Altissimo, qui interrogabit opera vestra, et cogitationes scrutabitur. Tre verità importantissime debbon dedursi dalle recitate sentenze. La prima: che i Principi immediatamente da Dio sono investiti della potestà, della virtù dell' Altissimo. La seconda è, doversi da lor temere un esame di un Giudice onnipotente sulla condotta da loro tenuta nel governamento de' popoli alla loro sovranità affidati. La terza che qualora essi trasmodino nel governare, non perciò hanno i sudditi il diritto di riprovarli, dovendosi di ciò lasciar la cura a quel Dio, cui sono unicamente soggetti: Judicium durissimum his qui praesunt fiet. (34)

(34) Sap. c. 6. v. 6.

Se tu chiedi in oggi ad un liberale a chi si spetti il destino de' governatori de' popoli, ei non tarderà un istante a dirti in risposta: al popolo re. Cui peraltro dà tosto una mentita solenne l'Ecclesiastico colà, dove afferma, essere Iddio, che in ogni nazione prepone un governatore: In unamquamque nationem praeposuit rectorem. (35) Alla qual sentenza fa eco Daniele, il quale afferma che Dio, come a suo talento muta i tempi e l'etadi, così stabilisce ad arbitrio, e trasporta ove più gli piaccia e regni ed imperi: Et ipse mutat tempora et aetates, transfert regna atque constituit. (36) Certo è ch' io non so dare altro senso a quel transfert regna, atque constituit se non che Dio solo è l'arbitro, e l'autore de' Regni, e de' Regi. Ed ove il Re sia elettivo, risolva pure il popolo sovrano di eleggere chi più gli aggrada, e gridi pure a tutta gola costituzione e democrazia, sarà sempre fermo che Iddio onnipotente, senza far violenza alla libertà degli elettori, sa preparare, e disporre, ed effettuare i suoi sapientissimi disegni, malgrado le teorie di Spedalieri, e l'ostinazione de' popoli sedotti, e de' settarii seduttori.

Il perchè, a fronte di testimonianze così chiare, così uniformi, così decisive, dettate dallo Spirito stesso di Dio, dalle quali tutte, se v'ha più logica nel Mondo, deducesi, doversi ripeter da Lui come da Causa immediata e sapientissima ed onnipotente, come la fondazione de' Regni, e degli Imperi, così

(35) C. 17. v. 24. (36) C. 2. v. 21.

l'autorità, il potere, la saviezza, e la scienza di coloro, a' quali è commesso il governamento de' popoli; non sarà da riputarsi che un effetto di accecamento volontario e di lagrimevole ostinazione il voler sostenere, che la sovranità viene dal Popolo. Ebbe quindi ragione Haller di dare, in una sua nota al Capo VII, il titolo di stravagante all'opinion di que' tali che ad eluder la forza de' sacri testi s'incaponiscono in sostenere, che Iddio intanto può dirsi di avere stabiliti i Principi, in quanto che ha permesso che fossero eletti ed autorizzati dal Popolo. E saviamente soggiunge: « Secondo questa << strana interpretazione non vi sarebbe più alcuna differenza tra la natura e l'arte, tra ciò che viene « da Dio e ciò che deriva dall'uomo. In tal modo << sarebbe anche Dio che avrebbe fatto tutti i no« stri abiti, perchè ha permesso che fossero stati « fatti da' sartori. >>

XI. Sentimenti del Divin Redentore, relativi alla sovranità: ragionamento dell'autore con un liberale sul dominio temporale del Papa.

Già correvano i giorni, ne' quali l'eterno Verbo vestito di umana spoglia affrettava l'opera magnifica del nostro riscatto, quando apparve nella Giudea, ben diverso da Giuda traditore, un altro Giuda Galileo, rimembrato anche negli Atti apostolici, (37) il quale, al dire del massimo Dottor S. Girolamo, sotto il pretesto che la sua nazione era libera, e soggetta unicamente al Dio di Abramo, insegnava ch'essa non

(37) Actor. c. 5. v. 37.

dovea riconoscere altro Sovrano, nè perciò pagare il tributo all' Imperatore romano: divisamento caratterizzato ancor per eretico dallo stesso Santo Dottore. E credesi che fosse quella la causa, per cui s' indussero i Farisei a tentar Gesù interrogandolo se fosse lecito o no di pagare a Cesare il tributo: sperando, se mai il vietasse, di avere un titolo di più per accusarlo come ribelle al Preside romano.

Or vedi stravaganza de' tempi, in cui viviamo! I liberali, così vogliosi di trovare esempli del loro procedere nelle antiche età, ben conoscendo potersi da noi assegnare in quel Giuda il vero loro antesignano nell'odio giurato contro i monarchi, aggiungendo all'eresia ancor la bestemmia ardiscono di vantare qual Capo ed Institutor della lor setta il Figliuolo stesso di Dio. E se ne chiedete a lor la ragione, vi diranno: perchè Gesù abborrì, com' essi abborrono, la monarchia: Regnum meum non est de hoc mundo: e perchè venne a redimere gli uomini dalla schiavitù, cui erano ridotti da' Regnanti, ridonando loro la libertà: Ubi Spiritus Domini, ibi libertas: e perchè discese a farci dono della perfetta eguaglianza, prescrivendo il riguardarci tutti come fratelli, senza distinzion veruna di grado e di dignità: Omnes autem vos fratres estis. Ecco gli argomenti da loro vantati per arrogarsi una discendenza ed una origine divina. Fermiamoci per un momento sopra queste bazzecole.

Che Cristo Gesù, anche per solo diritto di sangue, fosse vero Re de' Giudei perchè discendente per linea retta dal monarca Davidde, è sentenza non contrastata da' sacri Teologi. E sembra difatti

ch'ei medesimo dichiarasse quella sua dignità, allorchè interrogato dal Presidente Romano se in realtà fosse Re della sua nazione, anzichè negarlo rispose con quelle due parole: Tu dicis.(38) E che dalla stirpe di Davidde venir dovesse agli Ebrei il sospirato Messia, chiaro il vedevano nel salmo 131 dello stesso Davidde, ove si legge: De fructu ventris tui ponam super sedem tuam: sentenza intesa mai sempre col rapporto al Messia.

Certo è dunque, che un Regno era già decretato ab eterno all' Uomo-Dio. Ma quale esser doveva questo Regno? Quello forse desiderato da' carnali Ebrei, regno terreno, che dall'avvilimento rialzasse la nazione giudaica, che splendesse su questa Terra per ampiezza di dominio, per robustezza e numero di armati, e che riportasse i beati giorni e le glorie di Davidde, o di Salomone? Oh quanto esser dovea da quello diverso! Regno nobilissimo che dovea trascendere ogni umano divisamento. Regno, quale era stato preordinato dal Padre, e predetto da' santi Profeti: Regno di cui sta scritto in Daniele che sarebbe durato in eterno: quod in aeternum non dissipabitur : (39) Regno, che dovea fondarsi e stabilirsi con nuovi mezzi, non immaginati giammai dal mondo superbo, cogli avvilimenti cioè, cogli strazii, colle pene, col sangue, colla morte dell' immortale Conquistatore: Regno, che per cotal novità avrebbe formata l'ammirazione di tutti i secoli:

(38) Matth. c. 27. v. 11.

(39) C. 2. v. 49.

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