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stanze, che, oltre alle altre cure dell'Episcopato, doveva anche lottare contro una fazione nemica e violenta, trovava campo di leggere e di dettare, e anzi d'immergersi con tanto amore nello studio, che sant'Agostino, presentandosi alle sue soglie, quasi si peritava d' innoltrarsi a risvegliarlo da sì profonde meditazioni. Così san Giovanni Grisostomo trovò agio a comporre le sue immense e mirabili opere fra i travagli d'un gravissimo Episcopato, e in mezzo agli intrighi ed alle dissensioni che agitavano i Greci degeneri del Basso Impero.

Appresso troviamo esempi ancor più ammirabili di questo amore allo studio. Nel quinto secolo i Barbari occupavano e minacciavano tutte le contrade dell'Occidente. Ogni segno di vita pareva abbandonare quella degradata e cadente società. Ora in questa condizione di cose fa veramente meraviglia, che alcuni de' più illustri Vescovi potessero dedicarsi agli studi i più serii e i più profondi. Essi non credettero di potersene dispensare, malgrado le loro gravi sollecitudini d'istruire fedeli, di riconciliar peccatori, di soccorrere poveri, di acquietare e di proteggere anche le Chiese dall'insulto de' Barbari. In mezzo ai dibattimenti di una vita così occupata, essi non allegarono a pretesto la mancanza di tempo; ma seppero trovar modo di procacciarsi quei tesori di scienza, che versarono nelle pagine delle immortali loro opere. Sant'Agostino e san Girolamo scrivevano allo scroscio della caduta di Roma, che risuonava per tutto l'universo. Il primo specialmente di questi due Dottori è senza contradizione il più meraviglioso per quella sua irremovibile costanza coronata di successi ancor più ammirabili in ogni offizio del ministero. Dedicato con ardore alle cure del suo gregge, capo e consigliere di tutti i Vescovi d'Africa, incaricato del peso di tutti gli affari della cattolica Chiesa, non fu giammai che egli venisse meno al grave incarico di Dottore ecclesiastico sul pretesto che gli mancasse tempo per lo studio. Ma quanti sorsero nemici da combattere, quanti furono dommi da difendere, tante furono per lui le cagioni di spandere i tesori di sua profonda ed immensurabile dottrina. Così il magno Leone e il magno Gregorio, in mezzo alle stesse sollecitudini del sommo Pontificato, non si tennero dispensati dell'approfondire per modo i sacri studi, da riuscirne non meno solenni dottori che insigni eloquenti.

E a questi esempi poco appresso si univa la voce di Cassiodoro e di Alcuino a far sentire il bisogno di tener saldo agli studi, per sostener con decoro gli ardui uffizi del ministero.

Più tardi poi san Bernardo diede col suo esempio un grande

impulso agli studi; perchè fornito di soda e gagliarda dottrina, si trovò al caso di poter ribattere tutte le sottigliezze e i sofismi di una presuntuosa filosofia e delle più astute eresie.

E fino in quelli stessi tempi, in cui tutto pareva pieno di guerre e d'intestine discordie, pur non mancavano monaci e sacerdoti che studiassero la religione, e in modo da farla sentire con tutta la forza e l'efficacia a que' rozzi e feroci nostri avi. E quel medesimo poverello di Cristo san Francesco d'Assisi, che pareva sorto a consumare con la sola umiltà il suo apostolato, pur quando vide convenir che i suoi frati si mettessero al ministero della parola, volle bene che prima vi si fossero apparecchiati, onde ben pensata ed esaminata fosse la dottrina e casta la forma della loro predicazione (1).

E tutti non meno gli uomini straordinari di quella età, che furono in ogni loro opera così presso al miracolo, vediamo avere essi pure, secondo le condizioni di loro tempi, più assai che alcuno non potrebbe credere, ricercata la scienza di quella religione, che non credevano di dover bandire colla sola autorità dell'esempio, ma sì ben anche col vigore della dottrina. Tali si mostrano, chi ne considera le storie, un san Vincenzo Ferreri, un san Bernardino da Siena, e sopra tutti quel grande apostolo che fu sant'Antonio di Padova, detto dal suo vasto sapere « l'Arca del Testamento ».

Nè meno, come a tutti è notissimo, si studiò ai tempi di san Tommaso, nè meno a quelli del Gersone; onde anche avemmo la nobilissima schiera di que'molti ascetici controversisti, e predicatori, che al cominciare de' migliori tempi ci porsero le verità evangeliche con tal vigore di cristiana dottrina ed insieme con tanta unzione di stile, che non mai meglio, almeno per molti lati si seppe fare.

Più tardi è vero, non si saprebbe ben dire per quali e quante cagioni, pur troppo gli ecclesiastici mostrarono di intiepidir negli studi; talchè la sacra dottrina parve venir meno di forza e di splendore fin sulle labbra e negli scritti di alcuni de'primi Pastori. Ma ciò fu anche un vero danno per la Chiesa cristiana; chè gli avversari della cattolica unità seppero troppo valersi di questo difetto di scienza, che si mostrava in molti del Clero; e pur troppo, come ebbero a confessarlo gli stessi Legati della santa Sede al Concilio di Trento, questo difetto di dottrina fu la fatale cagione, che più impunemente si dilatasse e trionfasse l'eresia. « In questi tempi (avvertivano solennemente i Legati), in cui pochissimi attendono a coltivare il campo del Signore,

(4) S. Bonav., Expos. in c. IX. Reg. Fratr. Min.

non sarà, crediamo, da dover dubitare che ad essi in gran parte spetti la colpa delle eresie che tutto giorno crescono nella Chiesa >>> (1).

Che se alla serie di tante gravissime autorità si vuol porre il suggello con altra di un santo Vescovo degli ultimi tempi per soave sapienza celebratissimo, odano tutti gli ecclesiastici la caldissima esortazione che fa loro san Francesco di Sales, per eccitarli a vigorosi e magnanimi studi: « Quelli fra nei, miei fratelli (dicea quel Vescovo zelantissimo) che si gettano a tutto corpo a delle occupazioni che impediscono loro lo studio, si assomigliano a coloro che voglion cibarsi di leggeri vivande, mentre sarebbero fatti per un più solido cibo; che perciò a poco a poco illanguidiscono e perdono ogni vigore. Io penso di potervi dire con tutta verità, che non v'ha molta differenza tra la ignoranza e la malizia; se non che l'ignoranza è anche più da temere, ove si consideri che essa non solamente pregiudica a chi n'è affetto, ma passa fino ad attirare il disprezzo su tutto il ceto ecclesiastico. Perciò, miei cari fratelli, io vi scongiuro di attendere seriamente agli studi; poichè la scienza per un sacerdote è come a dire l'ottavo sacramento della Gerarchia della Chiesa; e il suo maggior danno le venne da ciò, che l'arca del testamento si sia trovata in altre mani che quelle dei Leviti » (2).

X. Ma se in tutti i tempi i ministri dell'Evangelo hanno per simil guisa cercato alla scienza gli opportuni sussidi al ministero, » chi vorrà dire (concludeva un gran Vescovo de' nostri tempi per dottrina e per zelo eminentissimo (3)) che anche dagli ecclesiastici de' nostri giorni non debba mettersi tutto l'ardore negli studi, se viviamo in un secolo, in cui pare che tutti i conflitti, tutte le lotte vogliano quasi restringersi alla sola lotta degl'intelletti »? Perchè, « Che vollero insegnarci i nostri Padri (insisteva anche un nostro (4) che ultimamente levava alto la voce ad eccitare a più forti studi il Clero Italiano), che vollero essi i nostri Padri? Voleano la scienza, tutta intera la scienza. E perchè la voleano? Perchè ben comprendeano che la società cristiana non poteva essere il regno della carità, se prima non diventasse il regno dell'intelligenza e della verità. Perchè si vedeano ministri di quella sapienza che ha pronunciato: Io sono la via, la verità e la vita; ma prima la verità e poi la vita. Perchè dalla stessa increata Sapienza teneano il mandato di ammae

(1) Admonitio Legal. Apost. Sedis in Con. Trident, sess. 1.

(2) Exhoration aux Ecclesiastiques de s'appliquer à l'étude. Oeuvres completes, T. II. (3) Mons. Affre Arch. de Paris, Lettre past. sur Les études ecclesiast.

(4) Audisio, Della educazione morale e scientifica del Clero. p. I. c. IX.

strare le nazioni: Andate adunque ed insegnate. Perchè aveano imparato da san Paolo quella sublime filosofia, che afferma: nel Redentore divino risiedere originalmente tutti i tesori della sapienza e della scienza; insomma perchè tutta la loro missione sapeano riassumersi in quella duplice parola: Verità e carità — veritas et vita».

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XI. Ora a qual segno dovrebbe spingersi la dottrina degli ecclesiastici? Se noi poniam mente alle norme che ci lasciarono i nostri Padri, dovremmo dire che tutto lo studio dell'ecclesiastico dovrebbe esser tale da recarlo in istato di possedere, nel grado che può maggiore, quanto può venir sotto il nome di analisi e dimostrazione della fede cattolica. I nemici di essa furono e saranno mai sempre gli atei che negano l'esistenza di Dio, i deisti che impugnano la rivelazione, gli eretici che non ammettono tutti i suoi dogmi, gli scismatici che rompono l'unità della Chiesa, ed i malvagi cattolici, che conservandone la comunione, guastano quant'è da loro con perversi errori e indegni costumi la sostanza della vera credenza. Ora il possedere l'analisi della fede è sapere i principii, le prove, il nerbo in una parola di quanto oppone la Chiesa a tutti questi avversari; è aver il filo di tutta la sua dottrina, e saperlo in guisa maneggiare, da poterne difendere così il tutto come le singole parti. Nè perciò s'intende che il dottore ecclesiastico debba profondamente conoscere tutti questi capi di sacra erudizione; poichè non è quasi mente d'uomo che a tanto potesse valere: e appena alcuni di così vasti e sublimi intelletti ne suscita di tratto in tratto a singolare manifestazione di sua gloria il Signore.

Ma se non è da pretendere che tutti gli ecclesiastici debbano profondamente conoscersi di tutti capi dell'ecclesiastica erudizione; ciò nondimeno bisognerà convenire che il debban conoscere per modo da trovarsi ad ogn'ora apparecchiati a saperne dare quella ragione, che potrà esser richiesta al loro ministero. Perciò l'ecclesiastico dottore dovrebbe far di conoscere con precisione i principali capi di tutti i dogmi cristiani e la somma delle più sode ragioni con cui si possano dimostrare e difendere. Bisogna quindi che egli abbia, se non coll'ampiezza che sarebbe desiderata, certo nella voluta e conveniente misura, se non approfondito, seriamente attinto almeno ai primi e veri fonti di ogni verità salutare, che sono, per costante e irreformabil giudizio della Chiesa cattolica, le divine Scritture e le Apostoliche tradizioni (1). Alla fedele ricerca de'quali fonti non cessa mai la santa Chiesa di richiamar gli ecclesiastici dottori, per(4) Concil. Trid. Sess. IV.

chè nella meditazione di tali cose giorno e notte debbano insistere come nella fondamentale ragione d'ogni cattolica dottrina (1). Nè solamente l'ecclesiastico deve raccogliere da questi fonti ciò che valga a nutrire la fede, ma anche quanto bisogna a corroborare la scienza della stessa fede; poichè se quella basta per avventura a semplici fedeli, questa pur si richiede a tutta ragione da'sacerdoti; a'quali, secondo l'Apostolo, fu concesso il linguaggio della sapienza insieme e della scienza. « Perocchè altro, dice pur bene sant'Agostino, è sapere solamente ciò che l'uomo debba conoscere per arrivare a vita eterna, altro è sapere come ciò stesso s'insegni e si dimostri a' buoni, e contro agli empi si possa e debba difendere » (2).

XII. Ma qui forse dirà taluno: Pretendete voi di obbligare a tanta dottrina tutti quelli, che hanno da esercitarsi in qualunque parte del ministero, e ciò anche nelle minori Chiese? Noi non diremo nulla: gli esempi e gl'insegnamenti de' Santi qui sopra recati parlauo per sè medesimi. Noi solamente soggiungeremo con un sommo Maestro, a cui fu già mossa una tale obiezione (3): « Che egli è da desiderarsi, che gli ecclesiastici sieno, quanto meglio possono, informati delle dottrine al loro stato appartenenti, e che di ciascuno si verifichi, che le labbra de sacerdoti custodiscano la scienza ». « Se io chiederò molto (dice con forza anche l'Autore di sopra citato (4), si ricordino gli ecclesiastici, che eglino sono gli organi vivi di quella santa missione, che rigenerò nell' uomo il cuore e l'intelletto, la virtù e la scienza. Si ricordino di chi sieno successori e discendenti, cioè dei Padri della Chiesa, che furono insieme i padri di tutta la sapienza divina ed umana ». Perciò allarghino le loro idee i giovani ecclesiastici, e si dieno quanto è da loro, con tutta la lena ai vari rami dell' ecclesiastico sapere; nè osino accingersi agli esercizi del ministero, senza prima aver dato lodevol tempo agli studi della Storia ecclesiastica, della Teologia, della Polemica, della Morale, e di tutte le altre principali parti in cui venne divisa la scienza della Religione. Per questo sarà bisogno come ognan vede, di durar molte fatiche e lunghe vigilie; ma non è altra la strada che ci hanno insegnato i santi Padri, nostri maestri ed esemplari.

XIII. Nè al solo studio delle dottrine cristiane intesero assiduamente i santi Padri; ma sì ben anche molti di loro furono assai sol

(4) Catech. Rom., Praef. 19.

(2) S. August. De Trinitate lib. XIV. 5.

(3) Gerdil. Considerazioni proposte per un Convillo ecclesiastico.

(4) Audisio, Della educazione del Clero, p. II. c. 1.

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