Obrazy na stronie
PDF
ePub

tutta la Chiesa per molti secoli: o s'intende il concorso visibile dell' Episcopato come concausa coefficiente dello stesso atto definitivo; e questo non è necessario, perchè il Papa può em ettere per sua sola autorità piena e suprema di Capo della Chiesa l'atto definitivo. Come la voce concausa adoperata dalla Civiltà Cattolica importa amendue questi sensi, ecco il perchè in fine al num. II, dissi di trovar troppo larghi i termini con cui ella esprimeva il concetto ivi ammesso da noi di comune accordo. Per altro essa stessa si esprime con precisione, e distingue accuratamente i due sensi, a pag. 708-709 del suo quaderno di settembre, dicendo che le definitiones dell'inciso ideoque « il Papa le compie EX SESE (1) quanto << all'atto autoritativo, ma (appunto perchè compie un tal atto) << agendo come Capo della Chiesa e come maestro delle verità ri<< velate, e quindi in comunione colla Chiesa e dipendentemente « dalle dottrine rivelate ».

Per conchiudere questo lungo num. vi, io non intendo già che l'accordo si stipuli su tutto ciò che venni ragionando sin qui a fine di chiarire il punto in quistione, chè ciò sarebbe una pretensione affatto eccessiva, e come un volere non che concordare, ma ideatificare due scrittori; solo propongo che ci mettiamo o ci troviamo essere già d'accordo circa la conclusione, cioè: che dunque nemmeno quanto al senso logico la frase atti che il Papa compie EX SESE non vi è nel testo conciliare, e però che l'abbaglio del Cicuto in questa parte (non avvertito prima dalla Civiltà Cattolica, perchè forse non ebbe nella sua trattazione, tutta intesa a cose più rilevanti, bastante motivo di avvertirlo, come dovetti averlo io, il quale fissai su quello tutta la mia attenzione) è manifesto, ed è molto dannoso alla vera esegesi del testo conciliare e dell' inciso ideoque.

II.

Tali sono pertanto, Padre M. Rev.do, i punti di accordo tra noi che parte trovo già convenuti nelle nostre scritture, parte mi paion facili da concordare. Nel quale accordo nostro tengo per cosa certa che concorreranno pur anco, o anzi già vi si trovino, i due insigni scrittori cattolici mons. Giovannini e teol. Negri: che se vi entrasse eziandio per quinto il Cicuto (cioè tutti che prendemmo qualche parte in questa controversia), il nostro gaudio sarebbe compiuto.

E appunto per conseguir questo bene di ridurre al concento cattolico la sola voce alquanto stridula e dissonante che siasi le

(4) Sarebbe pur meglio dire da sè, lasciando da parte l'EX SESE del Concilio per non trarlo ad altri costrutti da quello inteso dallo stesso Concilio.

vata in Italia sui decreti del Concilio Vaticano, io stimai bene di usare verso esso sig. Cicuto, con animo sincero e con verace stima dell'eletto ingegno di lui, quella urbanità e temperanza di modi che alla Civiltà Cattolica potè parer troppa, ma che pure, come rilevasi dalle cose dette fin qui, non sacrificò nè punto nè poco, nè direttamente nè indirettamente, com' ella mostrò quasi di temere nella sua rivista di settembre, a p. 713, i diritti inviolabili della verità. Che se a lei parve troppo scarso il giudizio che pronunziai di lui quando dissi che non ostante il lodevole studio e la perspicacia dell'ingegno avea potuto soggiacere a qualche abbaglio, mentre alla Civiltà Cattolica pareva anzi di veder nello scritto del Cicuto non qualche, ma molti e perniziosissimi errori, oltre la legge prescrit tami dell' urbanità che così richiedeva, e oltre l'imitazione che potrebbe dirsi avere io fatto dell'Habeo adversum te pauca fatto scrivere dal Figliuolo dell'uomo per mezzo del suo profeta Giovanni all'angelo della chiesa di Pergamo e a quello della chiesa di Tiatira nel capo 2° dell'Apocalisse, sebbene poi fossero assai gravi le colpe in quelle due chiese, la prego di più a considerare la dichiarazione che feci a bel principio del mio opuscolo, nella nota a pag. 9: « Avverto una volta per tutte che del testo conciliare io prendo a considerare direttamente il solo secondo inciso ideoque .; e così degli articoli dettati dai due illustri scrittori (il Cicuto e la Civiltà Cattolica) io non prendo ad esaminare se non quelle poche parti soltanto che si riferiscono all'interpretazione del suddetto inciso ideoque, e all' equivoco che intendo schiarire: le altre le lascio, inesplorate. Desidero che il savio e giusto lettore tenga conto di questa mia avvertenza, ecc. ». Ora ella vede, se pur voglia tener conto della mia suddetta avvertenza, che l'avere io trovato nella poca parte dell' interpretazione del Cicuto che si riferisce al breve inciso ideoque l'abbaglio dell' EX SESE, e quindi la storpiatura dell' irreformabiles, non è poca cosa, ma il tutto.

...

Del resto io non tardai sino ad ora a pagare il mio giusto tributo di stima anche alla Civiltà Cattolica, segnatamente a pag. 34 del mio opuscolo, cioè là appunto ove io pareva più accalorato contro di lei, scrivendo queste aperte e disinfinte parole che mi piace di qui ripetere: « Nè questo dico, perchè io creda che tale sia il con«< cetto (cioè di accentrare nel solo Papa la Chiesa) della dotta << efemeride, la quale anzi è tutta nel difendere e chiarire con << molta perizia, costanza e zelo la dottrina cattolica contro gli << errori di ogni fatta che pur troppo si diffondono alla giornata << nel popolo cristiano; ma perchè le strade chiamansi natural<< mente col nome della capitale o del termine ultimo, cui met<< tono, ecc. »

448 DISCUSSIONE ED ACCORDO CIRCA L'INFALLIBILITÀ PONTIFICIÁ

E ringraziandola anticipatamente, Padre M. Reverendo, della benigna accoglienza che si compiacerà di fare a questa mia lettera, ho il bene di professarmi con rinnovata stima ed osservanza, Suo devotissimo servo

GIUSEPPE BURONI prete della Missione.

A PROPOSITO DELL'INCHIESTA INDUSTRIALE

Quando la prima notizia si sparse che per disposizione del Mininistero d'Agricoltura si sarebbe proceduto ad una inchiesta sulle condizioni dell'industria Italiana, sorse, come di consueto, unanime la voce di coloro, che d'ogni innovazione nemici giurati, gridarono contro a tale giustissima idea, dicendo che sarebbe inattuabile, inutile e fonte soltanto d'infruttuoso dispendio. Ma contro a questo coro delle Cassandre di malo augurio, a questi eterni laudatores temporis acti che vorrebbero condurre l'Italia giovane e progrediente nazione alla immobilità orientale, levossi potente un' altra voce, la voce di quelli che hanno fede nella potenza della moderna civiltà, e dei mezzi che apporta per la conquista del meglio. Questi affermavano che nulla poteva essere tanto utile alla nostra industria, quanto una buona inchiesta che si addentrasse fin negli intimi recessi, e che, aggirandosi per le varie contrade d'Italia ed interrogando fabbricatori d' ogni paese e d'ogni condizione, ponesse in chiaro lo stato attuale dell' industria, i mali che l'attraversano, e quei mezzi che potrebbero condurla a meta più nobile. Vero è che esistevano già delle statistiche sulla produzione speciale di ciascun ramo d'industria; ma a tale materia può applicarsi quello che il Villari afferma riguardo all'istruzione pubblica. Che le sole cifre dicono troppo poco e che occorrono di più relazioni ed inchieste fatte da uomini competenti. Ed era tanto più evidente l'utilità di simile provvedimento in questa nostra Italia, che per lungo volger di tempo, divisa da fisiche e da politiche barriere non ebbe agio ancora a conoscer pienamente se stessa. Dimanierachè il settentrionale ignora spesso quali sieno i prodotti industriali delle terre del mezzodì, e gli uomini che stanno a capo del governo o di pubbliche amministrazioni non hanno una idea completa e perfetta della potenza produttiva di tutto il regno, su cui basare i loro studii, su cui trovare fondamento stabile e razionale alle loro leggi.

Appariva perciò chiara l'utilità che risulterebbe da una inchiesta

industriale in Italia, quando fosse condotta ad attuazione con quella diligenza per parte del Governo e con quella buona volontà per parte dei cittadini, dal solo spontaneo consentire delle quali può sempre sperarsi un felice risultato. Ed i fatti sono venuti a conferma delle nutrite previsioni. Già in parecchie cospicue città riunissi la Commissione appositamente nominata; composta d'uomini competentissimi nella materia, e ciascuno dei quali intende con cura speciale all'esercizio od allo studio di un ramo d'industria, essa ha già raccolto un'ampio corredo per le sue disquisizioni, ed un'abbondante mèsse ha coronato le fatiche di quegli egregii che primi hanno aperto il solco di un suolo ferace.

A Napoli, a Livorno, a Genova, a Firenze, a Venezia, a Bologna, a Milano ed a Roma gli industriali tutti hanno corrisposto largamente alla comune aspettativa, sia fornendo per iscritto le più accurate informazioni circa ai quesiti loro dettati, sia rispondendo verbalmente alle domande che i membri della commissione loro dirigevano.

E da queste orali risposte, è donde più ancora che dalle scritte, si può trarre un giusto criterio delle condizioni delle industrie italiane, dei bisogni loro e delle vie che si fanno ad attraversarne il progresso; perchè come bene avvertiva il Ministro Castagnola « i produttori distolti da altre << occupazioni, non avvezzi a considerare quotidianamente i molteplici << aspetti del problema industriale, timorosi talvolta che ogni domanda • nasconda un'insidia, hanno d' uopo di trovarsi personalmente davanti al « Comitato per aprire intiero l'animo loro; hanno mestieri d'esser sollecitati da domande sagaci ed insistenti, e che si porga loro insieme a « queste domande, la spiegazione della natura dell'inchiesta, dei fini che << si propone, dei mezzi che adopera per raggiungerli ».

Di codeste orali risposte si sono pubblicate fino ad ora quelle soltanto raccolte nelle città di Napoli, Livorno e Genova; e pur nondimeno l'esame attento ed accurato delle poche deposizioni fino a qui edite, dà campo a considerazioni di non dubbia importanza.

Noi, rimettendo ad altra occasione lo studio delle particolari industrie i cui bisogni, il cui sviluppo, ed i cui ostacoli furono ampiamente chiariti nelle risposte fatte al Comitato d'inchiesta, ci limiteremo per ora a richiamar l'attenzione dei lettori su alcune questioni generali di molta entità, che si riferiscono ad argomenti intimamente legati col progresso delle industrie nazionali; toccando brevemente delle dogane, dei dazi di consumo, dei trasporti marittimi e terrestri, ed infine dell'istruzione industriale esaminandole sotto quegli aspetti principali che l'Inchiesta ha posto più peculiarmente in luce.

I.

Niuno vorrà certamente disconoscere l'intima relazione che intercede, e più ancora intercedeva altra volta fra le dogane e le industrie

d'un paese. Non contenti i governi di ritrarre da quelle un cespite proficuo alle loro finanze, avevano preteso di farne strumento al progresso od alla decadenza delle industrie, imponendo diritti in cosiffatta e così variata misura da facilitare, intralciare e impedire affatto l'entrata o l'uscita dagli Stati dei singoli prodotti. Dove la sapienza di ciascun ministro vedeva bambina od incerta ancora un'industria, proibiva l'importazione e quindi la concorrenza dei prodotti similari stranieri, sia respingendoli assolutamente dai confini del regno, sia imponendo sovr' essi un enorme ed insopportabile diritto, per riuscire così con diverso mezzo ad identico risultato. A tali principii s'informarono, il sistema di Colbert e più tardi il cosi detto blocco continentale, che può considerarsi come una delle ombre maggiori ehe oscurino la memoria dell'illustre vincitore di Austerlitz. Col progresso dei tempi, le idee di libertà politica facendosi strada fra i popoli portarono seco anche le idee di libertà commerciale, che ne debb'essere necessario complemento, e senza cui la prima non può prosperare e progredire. È dispotismo non solo quello che si estrinseca in una forma non libera, non costituzionale, non repubblicana di governo, ma quello eziandio che sotto qualsiasi nome, soffoca la libertà propria dell'uomo. E quale forma di libertà è più bella, più cara, più giovevole all'uomo, che non sia la libertà dello scambio e del commercio? Principii cosi ovvii hanno stentato, più di altri principii astrusi e difficili a farsi strada; forse perchè contro di essi non lottarono soltanto i ciechi governi, ed i despoti tiranni, ma eziandio i pregiudizii stolti del popolo, che per ignoranza volgeva le proprie armi contro se stesso, respingendo quelle innovazioni dalle quali avrebbe potuto trarre origine la sua prosperità morale e materiale. In Italia i più sani principii di libertà commerciale ebbero omaggio per la prima volta in Toscana per la sapienza di un principe illuminato; e quindi vennero applicandosi nel Piemonte, dove il conte Camillo di Cavour, ammiratore entusiasta delle istituzioni inglesi e belghe, seppe, lottando contro mille pregiudizi, vincendo mille resistenze, superando mille ostacoli, trasformare le tariffe doganali in quel senso liberale di cui si avvantaggiarono cotanto le nostre industrie. Ed i fabbricatori chiamati in Genova, agli interrogatorii della Commissione d'inchiesta ebbero a riconoscere ed a confermare appunto il fatto, che le industrie dell' antico Piemonte allora solo rinvigorirono, e fiorirono viemaggiormente rigogliose quando coi trattati commerciali informati ai nuovi principii, il conte di Cavour ebbe instaurato nel regno il sistema del libero scambio.

Come può essere adunque, si opporrà qui da taluno, che gli industriali ed in specie i Liguri, nelle risposte fatte dinanzi al Comitato d'inchiesta mostrassero tendenze protezioniste, chiedendo aumento di dazio su' parecchi prodotti stranieri i cui similari si ottengono eziandio dalle

« PoprzedniaDalej »