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dire vero, il loro braccio venne all'uopo per puntellare un seggio cui le passioni umane avevano debilitato, e reso ai popoli meno reverendo.

In tristi condizioni era caduta la Chiesa, tristi non più per travagli cagionati al suo governo ed alla successione dei suoi Papi dalle scellerate gare di famiglie cupide di consolidare col più sacro dei Principati la loro signoria, sibbene per vergognose rivalità di queili, i quali da nulla più dovevano aborrire che dalla dominazione signorile. Per talento di salire gli uni sopra gli altri piegarono il collo sotto chi poteva colla forza sostenere le loro contrastate ragioni. Doloroso periodo, in cui si appalesa evidente la causa della possanza esercitata dal laicato sul sacerdozio, e della quale rimasero lunghe traccie per gli eventi straordinarii che seguirono e pei rimedii stessi, a cui fu mestieri di mettere mano affine di volgerli in meglio.

I fatti mostrarono, che se nelle satire e nelle invettive lanciate dagli scrittori e dai poeti contro Avignone vi era un'esuberanza di fiele, gli onesti avevano ben ragione di deplorare turpi abusi quivi innestatisi, onde dal vizioso innesto tutta ne doveva essere infettata la pianta. Noi accenniamo a quei raggiri curialeschi, dei quali in ogni tempo non vi ha mai difetto, ma allora in numero abbondavano, a quelle cupidigie venali, brutte nelle corti profane, bruttissime in una che si gloria di un nome indicatore dell' autorità più sacra, a quelle brighe cardinalizie, che alimentate dalle fazioni nazionali e dalle speculazioni principesche aprirono la porta al miserando scisma d'Occidente. Divulgossi, che questa sciagura fosse presagita da alcuni Cardinali, i quali perciò sviavano Gregorio dal restituirsi al Vaticano, tementi in Roma i pericoli delle parti discordi per la scelta del successore. Fu dirittamente osservato, che il pericolo non stava in Roma corriva ai tumulti, ma negli elettori che predominati da interessi politici, e da gare ambiziose mendicavano protezione ed aiuti dagli Stati secolari. E gli Stati secolari favorivano le loro divisioni per falcidiare l'autorità dei sommi gradi della Gerarchia, e la Chiesa padroneggiare a loro posta.

In fatti venuto in fin di vita Gregorio XI, dodici Cardinali Francesi, e quattro Italiani scissi fra loro (1), perchè volevano i Francesi escludere gli Italiani, gli Italiani i Francesi, a ciò gli uni e gli altri muovendo ragioni umane, indegne di essere accolte da essi in affare di tanto momento, impauriti dal gridio tumultuoso dei Romani vogliamo un Papa Romano cui accompagnavano minaccie

(4) Si enumera tra i francesi Pietro De Luna, che era d'Arragona.

di morte ed insulti brutali, eleggono Prignano Arcivescovo di Bari, Napoletano, col nome di Urbano VI.

Per unanime consenso dei cronisti, eccellenti qualità lo raccomandavano. Austerità di costumi, zelo della giustizia, fervore di devozione, scienza profonda in leggi canoniche, ma secondo diè vedere sin dai primordj del suo Pontificato aveva natura aspra, cuor fiero, spiriti iracondi. I suoi modi ritraendo di quest' asprezza oltre i termini disdicevole offesero la più parte dei Cardinali (1), i quali pochi mesi appresso ritiratisi in Anagni, e di qui condottisi a Fondi pubblicarono, non essere stato libero il conclave, avere per violenza del popolo eletto Urbano precipitosamente e contro la loro volontà, il timore della morte averneli impediti sino a che dimorarono in Roma di dichiarare invalida la elezione, averne con segretezza avvertito Urbano, ed esortatolo per lettere ad abbandonare il Pontificato in cui egli era un intruso, restio ai loro conforti, essere debito loro di coscienza anatematizzarlo. Unitisi ai Francesi tre cardinali Italiani, in numero di quindici, è creato Papa Clemente VII, fratello del Conte di Ginevra, e Vescovo di Cambrai. Chiamavasi il Card. di Ginevra, eloquente, operoso, destro nei maneggi (anno 1378).

Fra le cause della scissura dei Cardinali per la elezione del successore di Gregorio una gravissima altri ripone nel proposito dei più di essi di moderare la potenza papale che Bonifacio aveva reso formidabile allo stesso Collegio. Premeva loro di restringerla a certi confini, quali vengono indicati dalle sacre pagine e dalla tradizione, conforme sentenziava tre secoli dopo uno strenuo e dotto difensore della istituzione primaziale « Monarcatum Papæ defendo, non despoticum, non dominatum in Eclesia, non talem qualem Febronius et adversarii fingunt, sed CERTOS INTRA LIMITES COARCTATUM QUALEM SACRE PAGINE ET TRADITIO NOBIS OSTENDUNT. (così il Gesuita Zaccaria nella celebrata sua opera Il Febronio).

Il Gallicanismo spiegatosi sotto questo rigardo nelle famose sessioni di Costanza sarebbe così germogliato di per sè dalle stesse

(4) Nei concistorii usava loro con grossolana alterigia: rabuffi, durezze, nomi umilianti, ingiuriosi gli uni tacciava di sciocchezza, diceva di altri che erano bugiardi come Calabresi. Nel secondo giorno della sua incoronazione riprese pubblicamente i Vescovi che erano intervenuti ai vespri nella sua cappella, chiamandoli tutti spergiuri. L'esagerazione avrà avuto la sua parte in queste querele mossegli in seguito dai Cardinali di cui Urbano si proponeva e vedeva necessaria la riforma nei costumi. Ma a questo scopo conferiva quel fare rude ed impetuoso che tutti gli storici d'accordo gli addebitano? Era questo un procedere urbanamente da principe, e caritatevolmente da papa, vicario di Colui che disse: Chi sorge maggiore tra voi, si comporti come il minore?

Rivista Univ. anno IX. vol. XVI.

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forze direttrici della Chiesa in armonia coi suoi principii fondamentali. Peccato, che siansi cacciate le passioni politiche a guastare un disegno che sarebbe riuscito di sommo prò, se si fosse attuato di comune accordo, e con prudente e temperata misura. Si sarebbero prevenute quelle scosse, da cui fu trabalzata la Chiesa, nè per rimetterla in istato si sarebbe dovuto adoperare un rimedio violento, unico nella storia delle sue prove, e dei suoi dolori.

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Non sarà fugace, come son di solito, la ricordanza del Congresso Artistico di Milano, non foss' altro per le due notabilissime esposizioni che l'accompagnarono di arte moderna con più di mille oggetti, e di arte antica, ove i Signori milanesi si compiacquero mostrare al pubblico le ricchezze di ogni maniera di arte bella che custodiscono nei loro palazzi, naturalmente al pubblico inaccessibili. Fu pure in quell' occasione inaugurato il monumento di Leonardo da Vinci, pel quale l'imperator d' Austria nel 1857 avea decretata una grossa somma, che restò fra i debiti del regno d'Italia.

Tali congressi erano stati introdotti nel 1870 da Pietro Martini, segretario dell'Accademia di Belle Arti di Parma. Era dunque naturale che a lui fosse data la presidenza di questo: vicePresidente fu eletto C. Cantù; segretari Merlo e Biscarra. Era diviso in cinque sezioni; d'architettura; delle esposizioni ed associazioni promotrici; dell' insegnamento nelle sue ragioni cogli scolari; nelle ragioni coi maestri; archeologia artistica. Speriamo che gli atti ne verranno pubblicati. Intanto crediamo sarà gradita dai nostri lettori la relazione sui lavori della sezione Archeologica Artistica, fatta da C. Cantù che n' era presidente. Essa ci pare qual

cosa meglio delle abituali relazioni. Eccola qual la lesse nella adunanza generale del 10 settembre.

La Sezione V della archeologia artistica doveva esaminare «< Come estendere a tutto il regno la vigilanza sui monumenti d'arte e d'antichità; come porre in relazione fra loro le istituzioni incaricate di essa e renderne l'azione autorevole ed efficace. Poi « Quali criterj, quali sistemi, quali limiti stabilire pei restauri dei monumenti e de' vecchi dipinti, e se convenga istituire scuole di restauri ».

Artisti, storici, amatori e tutti i patrioti lamentano la dispersione o il guasto de'cimelj e de' monumenti antichi, ancor meno per incuria e per ignoranza, che per amore dell'allargamento e del rettifilo, per l'incorreggibile smania del far bello e per l'irreparabile amore del guadagno, lusingato dalle laute offerte dello straniero, dedecorum pretiosus emptor.

Ciascun di noi ebbe a riferire dispersioni o guasti, ovvero inconditi restauri nel proprio paese; ed edifizj sacrificati all' inesorabilità del demanio, o alla libertà del proprietario; ma contemporaneamente si dovette lodare la cura, adoperata da individui o da comunità nella scoperta, nella conservazione, nello studio degli antichi oggetti.

Riducendo le savie e dotte discussioni a domande, noi chiedevamo:
Basta quel che si è fatto fin ora dalle consulte archeologiche?

No.

No.

Queste consulte sono istituite in ogni provincia?

Adempiono esse soddisfacentemente al loro ufficio?

Mentre alcune prestano opera sapiente ed efficace, altre s'abbandonano alla negligenza e non si fanno vive.

-Sono preferibili le commissioni provinciali, o portarle a regionali? Attesochè molte provincie hanno scarsa materia, e che certi stili, certi costumi, certi caratteri sono comuni a tutta una regione, trovasi a preferire le consulte regionali: maggiore sarà la loro autorità perchè più estesa, più facile il formarla di persone competenti, che possano, nelle varie parti del sapere, contribuire all'opera. Ciò non toglie che restino e le provinciali ed anche le comunali ove ne faccia duopo.

Le nomine da chi sarebbero a fare?

Ogni Consiglio provinciale dovrebbe scegliere quel numero di membri che dal regolamento si stabilisse, conforme all'importanza di ciascuna regione: il Governo dovrebbe far le nomine, con diritto d'aggiungere chi credesse più atto. Così sarebbe garantita l'autonomia delle provincie, e insieme cresciuta autorità alle consulte, che in tal caso diverrebbero Commissioni, con diritto di esporre i desiderj e i bisogni direttamente al Governo.

Queste Commissioni poco numerose potrebbero aggregarsi dei corrispondenti che sul luogo conoscessero e sorvegliassero le opere d'arte e d'antichità, riferendone alla Commissione.

Sarebbe desiderabile che, oltre queste Commissioni officiali, se ne formassero di dotti e amatori, come avvenne in Francia, massime pei paesi dove abbonda materia di studj. Potrà così ottenersi meglio la statistica e la descrizione dei monumenti che sussistono in ciascun paese anche non conosciuto. Del solo napoletano uno studioso collega (1) pubblicherà più di 7000 monumenti medioevali sin ora ignoti.

Come porre in relazione fra loro tali istituzioni e renderne l'azione autorevole ed efficace?

Utilissima si riconobbe l'unione di congressi biennali, ove tutte le Commissioni e gli studiosi si comunicassero il frutto de' singoli lavori, e si confortassero di reciproci consigli. Tornerebbe opportuno l'unirsi ai congressi artistici e matematici e alle esposizioni, qualvolta esse raccolgansi: ma è un desiderio che potessero introdursi e rendersi più frequenti congressi unicamente archeologici, che senza pompa e spese, nel puro amore delle nostre dottrine, promovessero la scienza sotto tutti gli aspetti da cui può considerarsi il monumento, nel suo vero senso di monere, sopra l'arte, la cronologia, le dottrine, la filologia, le credenze.

- A porre in relazione queste istituzioni gioverebbe l'aver una pubblicazione unica, in cui tutti concentrino i loro studj, ed espongano le scoperte?

Non si crede convenga intralciare l'attività delle riviste e delle corrispondenze già operanti in varj paesi, e che promettono nascere in altri. Ciascuno studii il suo paese in archeologia, come dee farsi in geologia. I veri studiosi, cioè pazienti, sapranno cercar le ricchezze ove sono. Intanto, per consiglio della consulta archeologica storica (non è guari istituita a Roma), si pubblicherà a Napoli uu bullettino archeologico per cura del Fiorelli e d'altri, che potrà e dare conoscenza degli studj che si fanno da per tutto, e accogliere i lavori di quelli cui manca un organo locale.

Tutto ciò torrebbe viepiù agli stranieri il pretesto di accusarci di possedere tesori di antichità, e aspettar che le illustrino Tedeschi, Inglesi, Francesi; accusa, per verità, fin d'ora ingiusta o esagerata nella patria dei Visconti, dei Fea, dei Canina, di De Rossi, di Constabili, di Fabretti, di Minervini, anche volendo tacere dei presenti. Ma da noi non si suol levare troppo, anzi non bastante rumore; e i nostri compatrioti ci garantiscono dal pericolo di divenir superbi col disapprovare tutto ciò che facciamo, o coll'affettato tacerne. È antico il fastidium rerum domesticarum. (Applausi vivissimi).

Seguitando nelle nostre discussioni, ci chiedemmo - Quali norme tenere ne' restauri degli edifizj?

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