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all'antico: la civiltà non avrà vinto. Se i soli commerci europei o altri interessi nazionali si estenderanno a quelle parti, la concordia Europea sarà effimera, e l'arrecata civiltà sarà nulla o superficiale, come attestano le Indie non incivilite ma sfruttate. All'incontro sarà civiltà vera e stabile, se farà ritorno quella luce religiosa e quella morale evangelica che di là si è partita. E forse già avrebbe maturato il ritorno, se invece dello zelo mercantile dei molti e della filantropia filosofica di pochissimi, l'Europa fosse animata da quell'antico spirito cristiano che non alberga e non dura fuori dell'unità religiosa e delle credenze cattoliche » dice ancora Gioberti. Il quale prosegue: << L'unità religiosa di Europa, lo ripeto, è dovunque il solo mezzo che può salvare la civiltà dalla declinazione, e conferire agli Stati una tal gagliardia che conceda a loro l'allargarsi e l'operare profittevolmente sul resto del mondo. »

Fermiamo il pensiero su questo problema. È sperabile quest'unità religiosa che salvi fra noi la civiltà cadente, e l'allarghi alle altre genti?

Rispondiamo. Gli eccesssi presenti ne allontanerebbero la speranza, se non fosse che l'eccesso medesimo, giunto all'estremo, è rimedio a sè stesso. Per non eccitar invidie, saremo paghi di due considerazioni generali. Le nazioni ed i loro governi, cercando un punto di appoggio fra le sconvolte rovine, vi troveranno la Religione nella sua semplicità, maestà ed universalità, qual fu da Gesù Cristo costituita. Viceversa, i pastori della Chiesa cattolica e delle altre confessioni, deposte le gelosie, ritornando di buon accordo sulle origini, ritessendo la storia degli errori e i pretesti delle divisioni; ma sopratutto pigliando le viscere della benignità e carità di Gesù Cristo, per continuare col medesimo spirito la redenzione delle anime per la virtù della Croce; i pastori, e con loro i governi ed i popoli, cesseranno le discordie religiose, rimovendone le cagioni. L'Europa canterà allora il suo Alleluia! Ritornerà la pace, tornando le buone volontà: Pax hominibus bonae voluntatis. E chi sa che la Providenza non tenga in serbo quell' uomo che da Roma prenda l'iniziativa di così bella e civile e santa restaurazione? A ciò sperare ci conforta la fede nella Providenza e nel progresso dell'umanità redenta, la quale si avanzerà allo scopo, riducendosi dalla via delle disperanti negazioni, in quella delle naturali e divine affermazioni. L'Italia, governo e clero, studi il passo e ne dia l'esempio. Il Governo italiano, abbandonata ogni negazione rivoluzionaria

e dissolutiva, abbracci francamente e per opera eseguisca le tre affermazioni vitali che sono l'affermazione politica, la religiosa e l'educativa,

Politicamente il Governo si ritiri nell'officio di retto amministratore, e non di soverchio dominatore; ut non dominationem et servos, sed rectorem et cives cogitaret (IAC., ann. XII). Ripensi che in ogni forma di governo è dispotismo tutto ciò che non è servizio e bene dei cittadini: Non enim cives propter consules, nec gens propter regem; sed e converso, consules propter cives, rex propter gentem (ALIGH., de Monarch. 1). Su questa base onesta e giuridica, il Governo renderà più amabile e forte la sua autorità, vedrà col diritto temperato dello stato spiegarsi tranquilli e fruttiferi i diritti e i doveri dei cittadini, non molestati nè oppressi da chi ha il dovere di felicitarli. Tolte così le cagioni, saranuo tolte le commozioni politiche che mettono in fondo le nazioni, saranno soddisfatte le giuste esigenze, e con tale governo nascerà come fiore dal proprio stelo la concordia dello Stato colla Chiesa.

All' affermazione politica il Governo aggiunga la religiosa. E ciò nasce dalla natura dei governi: perocchè e i governanti sono uomini, ed essi presiedono non a mandre, ma a congregazioni d'uomini ragionevoli e immortali. Abbracciando tutta la struttura dei governi, S. Ambrogio scriveva a Valentiniano nella lettera XIII: «Se gli uomini militano sotto di voi imperatori della terra, voi stessi militate sotto Dio onnipotente e alla luce della sua fede: Cum omnes homines qui sub ditione romana sunt, vobis militent imperatoribus terrarum atque pricipibus, tum ipsi vos omnipotenti Deo et sacrae fidei militatis. È ben vero che il fine immediato dei governi è la pace terrena, ma la pace terrena non si ha senza la giustizia immortale che viene da Dio e riconduce l'uomo a Dio per gli statuti sacri delle religioni, come argomenta il Cusano, e per ciò gli imperatori romani dirsi Pontefici Massimi per la cura da loro posta alla religione: Principium autem pacis est ad finem aeternum dirigere subditos; et media illum pertigendi sunt sacra instituta religionum (CUs. de Concor. III, 7). Onde il Governo che non curi o discordi dalla religione seminerà nella sua gente la guerra e la disperazione. Perchè l'uomo è animale feroce senza Dio, e non troverà la pace che nel seno di Dio, giusta la profonda e felice sentenza di Agostino: Fecisti nos, Domine, ad te, et inqietum est cor nostrum, donec requiescat in te. Ed i suicidi, o mille altre dispe

razioni, seguiranno l'infelice che si allontani da Dio, non valendo contro l'enormità del dolore forza d'ingegno nè di filosofia a consolare una misera vita. Dunque è provato che il Governo non conseguirà intero il suo còmpito della pace terrena, se non si affermi nelle leggi e negli esempi sinceramente religioso. E ciò massimamente nell' Italia nostra, la quale è religiosa e vuol religione, è nuova alla libertà e vuole il correttivo della libertà che è la religione; è disgregata per interessi e passioni e richiede un vincolo soave che la rannodi; è invidiata, forse insidiata nella sua indipendenza politica, e abbisogna di quella virtù temperata e forte di cui è fonte e maestra la religione.

Ora, l'affermazione educativa del Governo non sarà più che una conseguenza delle due precedenti. Leibniz diceva: « Datemi l'educazione d'uno Stato ed io ne sarò il padrone. » E non altramente lord Brougham: « Arbitro della società sarà d'ora innanzi il maestro della scuola, e non il cannone. » Dunque maestri atei o materialisti formeranno una società atea o materialista, nella quale si cancellano Dio, l'anima, l'immortalità, la libertà delle azioni e la loro imputabilità, leggi divine ed umane, e tutti insomma i fondamenti dell'ordine morale e giuridico nel quale vive e riposa la società. Il popolo « che è un gran logico e non tralascia mai di conchiudere >> come nota il competente Pyat, il popolo proseguirà senza freno e ad ogni costo la legge della materiale felicità, unica legge dei sensi e della materia. E vergogna il dirlo! Le nostre scuole elementari e le università spandono già in Italia questo veleno che noi bevemmo dalla Francia, e Cousin ci pungeva con ironia straziante: « Si vous voulez connaître l'avenir de l'Italie regardez le passé de la France. » Si, il Governo italiano guardi alla Francia, non già da pappagallo, ma per escludere dall'educazione e dall'insegnamento i germi fatali dell' ateismo e del materialismo che spensero nella pace e nella guerra gli allori della Francia. Il Governo non faccia il catechismo, ma non tolleri la negazione dei principii religiosi, e ad ogni periodo dell'insegnamento faccia andar parallela e proporzionata l'istruzione religiosa. Libertà nelle parti disputabili della scienza; ma sovvertire i fondamenti dell' umanità e della società è scapestrata e crudele licenza; e ciò fare da una cattedra alta o bassa, sarebbe un legalizzato tradimento della famiglia e della società.

I Rettori delle sorti italiane avranno il senno di portare a compimento queste affermazioni, che diremo colla lingua del Vico le tre

somme dignità degli Stati? Allora di leggieri si effettuerebbero tre pratiche conseguenze. 1° Fiducia della nazione in un Governo che ne attua le condizioni morali, politiche ed economiche, fra i termini di un progresso circospetto, e di una solida conservazione. 20 Concordia sincera dello Stato colla Chiesa, cessandone gli impedimenti. 3o Educazione compiuta e vigorosa per il mutuo concorso del Governo e del Clero.

A conseguire quest'ultimo beneficio, supremo di tutti, il Clero non dimenticherà di essere ad un tempo e buon cittadino ed esemplare ministro della religione. Nè dimenticherà il Governo che la religione fa questi due beni ai popoli che la possegono: « abbellisce, fortifica e perfeziona il loro genio nazionale, e costituisce il loro collegamento cogli altri popoli e con tutto il genere umano; giacchè in essa risiede sostanzialmente quel principio cosmopolitico che dee stringere tutti gli uomini in una sola famiglia. >>

Ecco l'Italia restaurata e promettente un lieto avvenire!

(continua)

G. AUDISIO.

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LA QUESTIONE DELL' ALABAMA

Una lieta novella è stata recata, pochi giorni or sono, sull'ali del telegrafo, dalla libera Elvezia alle vecchie nazioni Europee ed alle giovani terre Americane; la novella che il Tribunale arbitrale di Ginevra aveva compiuto i suoi lavori, stabilendo un'equa indennità da pagarsi dall'Inghilterra a favore degli Stati Uniti, per i danni diretti cagionati dalla corvetta Alabama nella sua corsa predatrice sull'Oceano. Così, i dubbi che insorgevano tratto tratto sulla definizione di codesta vertenza, i timori di coloro che paventavano veder nascere da sì lieve cagione una guerra crudele, le speranze malevole di chi sognava la reciproca distruzione di due grandi e nobili nazioni, vennero spegnendosi ad un tratto, lasciando luogo per contrario alla certezza di più lieto e più sicuro avvenire. Forse non erano appieno giustificati gli esagerati timori, di chi vedeva nella questione dell'Alabama la favilla destinata a divampare in un grand' incendio; ma a simile fatto contribuiva di certo quella tergiversazione, quel succedersi mano mano di accettazioni e di ripulse, onde per molti anni l'Inghilterra e gli Stati Uniti dettero spettacolo. Il non giungere mai ad una conclusione o ad un accordo, faceva apparire dinnanzi alla mente il male peggiore forse di quello che realmente non sarebbe stato; perocchè non è, certo, men che vero il detto dello sfortunato cantor di Goffredo

Che l'aspettar del mal, è mal peggiore

Forse che non parrebbe il mal presente.

Ma ora finalmente i timori degli uni e le speranze degli altri han cessato di esistere dinanzi alla splendida realtà dell'accordo; ora che l'arbitrato di Ginevra, sgombro il cammino degli insormontabili ostacoli che gli si erano parati dinnanzi, è pervenuto, con universale soddisfazione, alla meta propostasi, non sembrerà inopportuno un rapido e sommario sguardo che noi daremo alla questione, dianzi agitatrice dei

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