Obrazy na stronie
PDF
ePub

collette e con spedali e altri luoghi pii, quanto col fornire lavoro, coll'educare i giovanetti e le giovanette al lavoro, coll'insegnare nuove industrie agli adulti, col perfezionare le già praticate, col fare venir al di fuori macchine, arnesi, modelli; e queste cose non per via di maestri mercenarii e amministratori mercenarii, ma gli agiati ai maschi, le mogli e figliuole loro alle femmine, con la tutela presente, colla riverente custodia, colla viva affettuosa parola. Avrebbesi a aspettare un buon poco sperando che i poveri apprendano industria e moderazione dai libri stampati, dai libri che non insegnano il segreto di far danari, ma tentano a spenderne, a insidiare chi ne ha, e con poca fatica volerne una parte a ogni costo.

Invece d' aizzare i poveri contro i ricchi, bisognerebbe che i veri amici del popolo insegnassero a'deboli mettere insieme la forza e i risparmii, assicurarsi mutuo sovvenimento e difesa, ordinarsi. Anco la parola indipendenza ci è venuta di fuori: superflua in quel che ha di vero, giacchè tante parole aveva il popolo italiano per dire il medesimo e meglio; libertà, dignità, onoratezza, onore, decoro; falsa poi e bugiarda, perché da qualcuno dipendere pur sempre bisogna. Anco che vi eleggiate di vostra potestà un capo a tempo, per quel tempo sarà pur forza che a lui diate retta. Se non capo, chiamatelo servitore; dal servitore in qualcosa dipenderete. L'imperatore, se non vuol morire di fame, bisogna che si raccomandi agli sguatteri; quando non gli piaccia, per essere indipendente, cucinarsi e comprarsi il mangiare da sé.

Fatto è che il brutto ismo di cui si ragiona, è gangrena delle grandi città; i luoghi piccoli, le campagne, avranno pezzenti, ignudi, affamati, ma meno infelici perchè meno irrequieti, meno disperati perch' hanno una Fede, (per dirlo con una immagine tolta da'campi ma tutta cittadinesca) meno spiantati. Dunque per ischiantare dalle città quel tale ismo, non c'è la meglio che trapiantare in campagna quanti mai poveri si può, chiedere all'industria della terra quel che non può per ora in Italia l'industria delle officine; far meno impura l'aria cittadinesca, e a quegl' infelici largire un respiro moralmente non meno che corporalmente salubre, e così preparare alla intera nazione più vegeta sanità. Agli Italiani il mare è altro campo fecondo e di ricchezza e di potenza e d'onore; e lo dicono le antiche repubbliche gloriose; e l'esempio di Genova ce n'è saggio tuttavia. I ricchi dunque avviino il commercio marittimo, preparino forze navali allo stato, che, imbelle da quella parte, si sprofonda nei debiti con spensieratezza da fare spavento. A questa maniera, per liberare i poveri e liberarsi da loro occupandoli con mutuo vantaggio, i ricchi potranno in cure onorate, incessanti, occuparne beneficamente la vita.

N. T.

LA NUOVA FASE DELLA QUISTIONE ELETTORALE *

Poiché a Napoli fu fatto sentire ai cattolici che un dovere indispensabile gli stringe a non ritrarsi dal prender parte alle elezioni amministrative, si udi gridare in tutta Italia: alle urne! alle urne! E massimamente a Roma le gazzette religiose suonarono a stormo per muovere i loro aderenti a farsi iscrivere elettori. Della qual cosa io sarei lietissimo; se non che mi accora grandemente il pensare come da ciò siasi voluto cogliere l'occasione di ribadire un vecchio errore col porre innanzi una distinzione insulsa tra le elezioni amministrative e le politiche. Il quale procedere mi dimostra che certi uomini, anziché aprire gli occhi alla verità, s'incaponiscono sempre più nel torcere da essa lo sguardo e nel vietarne la vista a coloro cui hanno persuaso la falsa massima che in cima di ogni altra virtù stà la rinunzia all'uso del proprio intelletto.

Vedendo pertanto che le cose vanno di male in peggio, ho domandato a me stesso: a che giova lo scalmanarci più oltre predicando nel deserto? Non sarebbe egli assai meglio che i miei amici ed io ci lavassimo le mani di tutte le dispute che non ci riguardano particolarmente? e che ci brigassimo solo di fare quel po'di bene che possiamo, senza aver da lottare contro la caparbietà altrui ?

E per fermo cotale partito pare a prima giunta il più savio, siccome quello che ci scamperebbe da noie infinite. Ma guardandolo più addentro, io lo giudico indegno de' miei amici e di me. Imperocchè, poniamo pure che l'opera nostra per ora approdi poco o punto: da ciò forse viene che si abbia da la

L'argomento delle elezioni amministrative avvenute testè in Italia, ed il nuovo contegno assunto dalla parte clericale, che iniziò su questo terreno una lotta vivace, e ben organizzata, dovea naturalmante attirare l'attenzione della Rivista, la quale sin dal suo nascere combattè con perseveranza ed energia il malaugurato sistema dell' astenzionismo.

Non pochi fra i nostri Collaboratori ci favorirono scritti e considerazioni, che sotto punti di vista diversi prendono a serio e minuto esame la grave questione elettorale. Cominciamo dalla pubblicazione di questo lavoro, scritto da penna già conosciuta a' Lettori, e che si propone in ispecial modo di porre in evidenza l'errore in cui son caduti coloro che vollero distinguere, per la liceità, le elezioni amministrative dalle politiche. LA DIREZIONE.

sciare libero il campo ai propalatori di sentenze assurde, inventate da loro, ma insegnate quali dottrine della Chiesa? No certamente; chè i nostri interessi religiosi e civili ne patirebbero grande nocumento: perciò dobbiamo continuare a combattere fermi nella speranza che, o prima o poi, l'opinione da noi sostenuta otterrà quel trionfo che ora pertinacemente le si contende. Della qual cosa ci affida la storia di tutte le verità che, da quando il mondo cominciò ad esistere fino al presente, furono prima accettate da pochi, ma poi vinsero l'opposizione dei molti che avevano fatto ogni loro potere per impedirne la propagazione.

Né sia chi venga fuori ad ammonirci che ci converrebbe tacere, attesa la qualità dei nostri avversarii: perchè la sommissione cieca, cui certi maestri di morale pretendono imporre al laicato, non è scritta in alcuna legge. E la ragione stà in questo che agli erranti, qualunque sia il loro grado, diviene superiore ogni uomo il quale, circa il punto di cui si disputa, senta più drittamente. Onde egli non solo può ma deve manifestare il proprio sentimento, a loro correzione e ad utilità pubblica, quando accade che, a danno dell'universale, insegnino una dottrina contraria alla verità.

Io adunque, non punto timoroso di far male, anzi certo di far bene, prendo un'altra volta a ragionare delle elezioni, seguitando la quistione alla quale hanno dato origine, nella fase in che entrò da poco tempo. E se non m'inganno, spero mi sarà facile dimostrare che quelli per la cui opera tale quistione ha ora un nuovo aspetto, perdettero sempre più la bussola: del che è prova ciò che sono andati arzigogolando, a spiegare la differenza in punto di moralità, che hanno preteso rinvenire fra le elezioni degli amministratori comunali e quelle dei deputati al parlamento.

E veramente qual è il motivo per cui in Italia da poco tempo in quà si predica debito, non che lecito, lo intervenire alle elezioni amministrative; ma si persiste a negare la licitezza d'ingerirsi nelle politiche? Da ciò che si dice. e si scrive io ritraggo queste doversi credere illecite per la ormai vieta ragione che gli eletti giurano di essere fedeli al re, e di osservare lo statuto, e le leggi dello stato. Ma a chi ha fiore di senno è ovvio il considerare come dal giuramento di cui si tratta nascono obblighi diversi, secondo che è differente la condizione di colui che giura. A modo di esempio, giura il soldato, e per ciò stesso mette il suo braccio a disposizione del principe, senza riservarsi il diritto di esaminare se l'userà a bene o a male. Giura l'impiegato nei molteplici uffizi del regno; e quindi segue che si costituisce dipendente dalla potestà esecutiva la quale emana fontalmente dal re. Meno vincolata è la magistratura giudicante; e, quantunque gli giuri fedeltà, sentenzia contro il sovrano rappresentato dalla lista civile. È però serva della legge, e non ha facoltà di operare contro ad essa, né manco quando le paia ingiusta. Ma il deputato da quale

obbligo è stretto, posciachė, udita la lettura della formola sarramentale, ha pronunziato la parola: giuro? Non è tenuto che ad osservare negativamente le leggi dello stato, ed è sovrano al pari del re, quanto ad usare liberamente del proprio arbitrio. Onde può votare contro il governo, censurarne gli atti, assumere, a dir breve, la difesa di tutti i diritti che giudica conculcati. E facendo cosi esercita il suo ufficio (secondo che ha giurato) col solo scopo del bene inseparabile del re e della patria, perchè la giustizia è l'unica base veramente salda su cui stanno fermi i troni, e s'innalzano a grandezza durevole le nazioni. Il giuramento dei deputati fu inteso in questo senso dai vescovi del regno sardo quando verso la fine del 1857 vennero aperte le urne delle elezioni politiche. Perocchè in quel tempo già erano tra le leggi dello stato quella che nel 1850 aboli il foro ecclesiastico, l'altra che nel 1854 aggiunse al codice penale parecchi articoli contro il clero, ed una terza anche peggiore, cioè la legge del 1855 che soppresse la massima parte delle comunità religiose, ed un grandissimo numero di collegiate. Ma con tutto ciò stimarono i vescovi doversi adoperare affinchè uscissero eletti uomini di sani principii, ed anzi dalle leggi soprammentovate furono, non già trattenuti, ma spinti ad usare tutta la loro autorità per ottenere l'intento desiderato. Riuscirono in fatto a veder entrare nella Camera elettiva sacerdoti e laici sommamente devoti alla Chiesa; dei quali nominerò a cagione di onore, il valentissimo scrittore D. Margotto, monsignore Scavini, solennissimo in giure e in teologia, i canonici Sotgiu e Marongiu ambi dottissimi in iscienze sacre, il conte Solaro della Margarita, il marchese Costa di Beauregard, il conte Avogadro della Motta, il commendatore Despine, il cavaliere Deviry, il conte di Camburzano, il conte Cais, il conte Crotti di Costigliole, il conte di Ponziglione ed il professore Vallauri. I quali tutti giurarono in quella forma che vuole lo statuto; e non si udi in Italia né fuori alcuna voce che li tacciasse di aver fatto cosa non lecita a buoni cattolici.

Egli è vero bensì che nel 1860, comparve sopra una gazzetta l'apoftegma ně elettori nė eletti, il quale poi venne scritto sulla bandiera di un partito cui sventuratamente si aggregò molta parte della chieresia, con un lungo codazzo di laici. La cagione di questo fatto fu il giuramento dei deputati creduto illecito dacchè si fermava per legge l'annessione di provincie soggette al dominio della S. Sede. Ma il giuramento che era permesso nel 1857, perchè dal 1860 in poi si debbe credere vietato? Se l'obbligo di osservare le leggi poteva nel 1857 intendersi in nn senso accordabile con le dottrine cattoliche, perchè si pretese, passati non molti anni, e tuttora si pretende intenderlo in un modo del tutto opposto? Lasciando stare altre cose, certo è che i diritti violati a danno della Chiesa nel 1855 non erano meno sacri di quelli che furono offesi in tempi a noi più vicini. Le quali considerazioni da valorose penne vennero esposte in tutta la loro forza, insieme con molte altre chiare come il sole, Rivista Univ. anno VIII.

11

che furono allegate a confutare i banditori dell' apoftegma malaugurato. Che se ciò non ostante non si sono ricreduti; se, a pascolo della gente, avvezza a prendere da loro l'imbeccata, continuano a rifriggere le solite sofisticherie, io a scusarli da mala fede, dico che una passione indomabile fa velo al loro intelletto. Del che mi è argomento eziandio un altro errore del tutto massiccio ́in cui sono caduti, e che mi corse agli occhi quando presi in mano il primo bando che chiamava i cattolici alle elezioni amministrative.

E per verità può egli essere negato da qualcuno che gli elettori accorrendo alle urne non farebbero cosa seria, se non mirassero con questo mezzo ad acquistare nei municipii la preponderanza che al presente vi hanno gli amministratori di parte contraria? Ora è di palpabile evidenza come ad ottenere questo fine fa bisogno che la maggioranza dei consiglieri esca dalle file dei cattolici. Ma, ciò posto, ne conseguita che da tale maggioranza debbono essere tratti il Sindaco e la Giunta. O dunque perchè si andò sbraitando che nelle elezioni amministrative puossi votare senza scrupoli, stante che agli eletti non si chiede alcun giuramento? Se quelli che si fecero duci agli altri non avessero proceduto con una avventatezza inscusabile, e si fossero curati di dare una guardata alla legge comunale, avrebbero appreso dall'articolo 100 che i sindaci prestano giuramento nelle mani del prefetto o di un suo delegato. E se quindi fossero passati a consultare il regolamento là dove tratta del sindaco avrebbero trovato la seguente formola: « Io... giuro di essere fedele al re e ai suoi reali successori, e di osservare lealmente lo statuto e le leggi dello stato, e di esercitare il mio ufficio di sindaco col solo scopo del bene inseparabile del re e della patria. » Non è vero pertanto che le elezioni amministrative non mandino gente a giurare: ed è per lo rovescio un fatto irrepugnabile che il giuramento dei sindaci, sebbene espresso con parole identiche a quelle che si leggono nel giuramento dei deputati, partorisce effetti assai diversi. Imperocchè i sindaci giurano di osservare le leggi in quella maniera che appartiene all'ufficio da loro esercitato, vale a dire positivamente. Ond'è che sono necessitati ad eseguire la legge sul matrimonio civile, non ostante che il Papa l'abbia più volte riprovata con severissime parole; e quantunque nell'ultima sua lettera al cardinale Antonelli siasi forte doluto che i chierici vadano ora soggetti al servizio militare, i sindaci senza fallire al proprio giuramento non possono omettere riguardo a codesti giovani ciò che è disposto dalla legge sopra la leva. Vuolsi considerare eziandio che sono uffiziali del governo; e quindi ha facoltà di delegarli ad assistere all' occupazione di beni ecclesiastici e ad atti di violenza contro persone sacre. Queste cose mi pare che bastino a mettere in chiaro i gravi obblighi ai quali si assoggettano i sindaci mediante il giuramento cui la legge comunale impone a loro di prestare. Ma vi ha di più, ed è che i membri della giunta sono verso la legge in una condizione pressochè eguale a quella

« PoprzedniaDalej »