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GENERALE

DELL' OPERA

Sono già molti anni, che un personaggio di

gran dignità, e nelle virtù dell' animo e nella vera pietà alla dignità stessa non inferiore, dicevami in un familiare ragionamento, che opera utile alla Chiesa di Dio, e atta a contribuire non poco alla edificazione de' fedeli stata sarebbe, se alcuno tra gl'Italiani intrapreso avesse di traslatare nel nostro volgar linguaggio quella parte almeno de' libri sacri, che sotto il nome di nuovo Testamento comprendesi. Imperocchè qual miglior riparo, diceva egli, alla inondazione dei pravi costumi e alla corruttela del vivere divenuta già quasi usanza in questi nostri tempi, che il rappellare i Cristiani a quei primi insegnamenti, i quali usciti dalla bocca divina dell'unico Salvatore nostro e Maestro, e dalla grazia del medesimo avvalorati furono già da tanto di cangiare la universale corruzione degli uomini in dolce fragranza di ogni virtù e santità? La parola di Dio è parola immacolata, che converte le anime; ma in particolar guisa tale si è per noi Cristiani quella parola,

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la quale annunziata un giorno dal Verbo del Padre, e quindi predicata per ogni parte, e a memoria dei secoli registrata da' ministri della stessa parola è appunto come quell' inesausto tesoro del padre di famiglia, da cui secondo le diverse circostanze, e le varie bisogne delle anime, e le salutifere medicine si traggono a curare gli umani languori, e il nudrimento opportuno a sostenere le forze dell'uomo cristiano nella faticosa carriera della vita spirituale. E niuno stimolo certamente più forte e più atto a risvegliare dal profondo loro letargo i Cristiani, che quella voce di verità, il suono di cui quanto è dolce alle orecchie dei buoni, altrettanto è pe' tristi terribile e spaventoso. Ma quale e quanta consolazione recherebbe a tante anime giuste, che Dio cercano nella semplicità del cuor loro, il potere nella lezione della divina parola gustare, quando che sia, di quelle caste delizie, le quali tanta hanno forza e virtù per confortare la pazienza e la speranza cristiana, e delle quali lo sperimento non alla scienza, che gonfia, ma alla purezza del cuore e alla sincera carità, che edifica, è riserbato? Il linguaggio, in cui distesi furono i libri santi, divenuto già tempo intelligibile a pochi priva molte di tali anime di questa dolce consolazione, le quali non potendo ricorrere al fonte costrette sono a dissetarsi a qualche ruscello limpido forse di vena, ma sempre scarso e difettoso al paragone. Imperocchè quella incredibile forza e vivezza, e quella divina fecondità, di cui nella schietta sua semplicità va adorna e ricca la divina parola, non può esser giammai da umano pennello ritratta, nè da'colori dell' umana eloquenza rappresentata. In quella guisa appunto, che la più dili

gente e studiata descrizione di un reale giardino servirà bensì a farne intendere la vaghezza del sito, gli industriosi compartimenti, la rarità delle piante, dell'erbe e de'frutti, la copia e freschezza delle acque, l'ampiezza de' viali, ci mostrerà finalmente un tutto ammirabile, ma non potrà per avventura giam. mai agguagliar la forza di quella impressione, che la sola prima confusa vista di un tal complesso di meraviglie in noi desterebbe. Nè per altra ragione, se io mal non m'appongo, egli avvenne, che i primi padri e maestri del cristianesimo, dopo gli Apostoli, di altissimo intendimento forniti, e di quella scienza celeste ripieni, che da questo inessicabil fonte avevano attinta, e di cui potevano alle lor pecorelle far larga copia, ebber nulladimeno gran cura, che i popoli tutti convertiti al Vangelo avessero ciascuno nel proprio linguaggio trasportate le sacre lettere, e sopra tutto il nuovo Testamento. Sopra di che le infinite altre testimonianze lasciando da parte, la sola vagliami del Crisostomo nella Omilia prima sopra il Vangelo di S. Giovanni, dove dice: E i Siri e gli Egiziani e gli Indi e i Persiani e gli Etiopi e cento altre nazioni, traslatati nel lor linguaggio i dommi di Giovanni, appresero uomini barbari una nuova filosofia.. Anzi lo stesso Santo, sbalzato che fu dal furore de' suoi nemici al suo esilio di Cucuso nell' Armenia, a gran pro della fede e della pietà diede opera, che da alcune persone, che quivi trovò della greca lingua intelligenti, e il nuovo Testamento e il Salterio nell'idioma di quel paese fosse converso.

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Le versioni in lingua italiana, che fino a questi gior ni vanno per le stampe, sono di due maniere. Aleu

ne di esse furon parto di autori pii e cattolici, come quella di Niccolò Malermi, o Malerbi, monaco Camaldolese data in luce la prima volta in Venezia l'anno 1471., e approvata, come si dice nel titolo, con facoltà della sacra Inquisizione; e similmente un' altra di Santi Marmochino dell' ordine de' Predicatori stampata pur in Venezia l'anno 1538. Della prima più di venti diverse edizioni novera il P. Jacopo le Long fatte in Venezia. Imperocchè tra i traduttori cattolici italiani della Scrittura non mi sembrano da rammentare coloro, che a qualche piccola parte della Scrittura medesima le loro fatiche restrinsero, come Francesco Cattani da Diaceto Vescovo di Fiesole, di cui abbiamo le pistole, lezioni e Vangeli, che si leggono in tutto l'anno alla messa in volgar fiorentino tradotti, e Remigio fiorentino dell' ordine de' Predicatori, il quale ne' medesimi tempi con qualche lode le stesse pistole e Vangeli recò in volgar lingua, e di alcune annotazioni morali adornolle. Ma le mentovate antiche versioni sono (conforme giudiziosamente osserva Monsignor Fontanini), (1) e oscure e barbare, e prive di ogni grazia di lingua, e difficili ad intendersi, poco meno che il latino stesso, da cui furon tratte. Altre versioni poi di scrittori eretici furon lavoro, e tra queste voglionsi annoverare principalmente quelle, le quali al primo nascere delle ultime eresie uscirono dalle mani di taluno di quegli infelici italiani, i quali da folle genio di novità allettati traviarono dalla vera antica credenza, e ridottisi in clima straniero con sacrilega infedeltà maneggiando le sacre lettere, in queste andaron cercan

(1) Biblioth. clas. VIII. cap. I.

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