Se felice ei distingue il vero amico. Tu, se donasti alcuna cosa o vuoi Altrui donarla; i tuoi recenti carmi Non sottoporre a tal censor gia reso Si contento di te. Ch' ei senza fallo, Oh bene! Egregiamente! A meraviglia! Esclamera. Tu lo vedrai nel volto Impallidir: su le pupille amiche Comparir gli vedrai stille di pianto : Balzera dal sedile; il suol col piede Percuoterà. Che, come quei, che piange Pagato al funeral, fa quasi
e dice Più d'ognun altro, che di cuor si dolga; Così l'adulator sempre commosso Sembra assai più, che il lodator sincero. I Grandi, ove scoprir braman se alcuno Degno sia d'amista, sogliono armati Di bicchieri assalirlo, ed alla pruova Porlo del vin. Questa cautela imita Se versi scrivi, e le volpine frodi Cerca evitar. Dicea Quintilio ( i tuoi Versi se andavi a recitargli ) Amico, Questo correggi, e quello. E, se negavi Poterli migliorar, fattane prova
noscere mendacem, verumque beatus amicum. Tu seu donaris, seu quid donare voles cui ; Nolito adversus tibi factos ducere plenum Laetitiae. Clamabit enim pulchre! bene! recte ! Pallescet super his: etiam stillabit amicis
(430) Ex oculis rorem; saliet, tundet pede terram. Ut, qui conducti plorant in funere, dicunt, Et faciunt prope plura dolentibus ex animo; sic Derisor vero plus laudatore movetur.
Reges dicuntur multis urgere culullis,
(435) Et torquere mero quem perspexisse laborent An sit amicitia dignus: si carmina condes, Nunquam te fallant animi sub vulpe latentes. Quintilis si quid recitares; corrige, sodes, Huc, ajebat et hoc: melius te posse negares,
Due volte, o tre; dunque cancella il tutto (Ti rispondeva e i mal torniti carmi Rendi alll' incude. Ove a difender pronto Più ti scorgea, che ad emendar l'errore ; Più non perdeva opra, o parola: e solo, A voglia tua senza rival, te stesso Amar potevi, e le tue cose in pace. Il buono, e saggio amico i pigri versi Riprenderà non fara grazia a' duri: Cancellerà gl' incolti: ogni fastoso Straniero all' opra inutile ornamento Recidera ti obblighera le dubbie Cose a spiegare: a illuminar le oscure: Un punto sol non passerà di quanto Da cangiar trovera farassi un vero Aristarco con te. Nè per sua scusa Udrassi dir: perchè dovrei l'amico Amareggiar su tali baje? Ah queste Che baje appelli a perigliosi passi Ti ridurran, reso una volta oggetto E del disprezzo, e delle risa altrui. Sai tu qual sia d'un misero la sorte Frenetico Poeta ? Ogn' uom di senno Fugge da lui, teme toccarlo, come
(440) Bis, terque expertum frustra; delere jubebat, Et male tornatos incudi reddere versus. Si defendere delictum, quam vertere, malles ; Nullum ultra verbum, aut operam sumebat inanem, Quin sine rivali teque et tua solus amares.
(445) Vir bonus et prudens versus reprehender
Culpabit duros: incomptis allinet atrum Transverso calamo signum: ambitiosa recidet Ornamenta; parum claris lucem dare caget: Arguet ambigue dictum: mutanda notabit, (450 Fict Aristarchus: nec dicet, cur ego amicum Offendam in nugis? hae nugae seria ducent In mala derisum semel, exceptumque sinistre.
Di lebbra immondo, d'itterizia infetto, Da' fantasmi agitato, o in furia volto Dall' irata Diana e se i fanciulli
Osan seguirio, e dargli noja ; è ch'essi Men comprendono il rischio. Un tal se, mentre Alto mirando, ( come a' merli intento L'uccellator) nel borbottare errando Versi fra se, precipitasse a caso
In qualche pozzo, o fossa; alcun non credo Si gocciolon che a ripescarlo andasse, Bench' ei chiedesse a lunghe grida ajuto; E se vi fosse mai chi pur di lui
Cura prender volesse e d'una corda Il soccorso apprestargli, io griderei : Ma che sai tu che non si sia costui Colà gittato a bello studio, e voglia Terminarvi i suoi giorni? E rammentando La morte qui del Sicilian Poeta,
Sappi direi ch' Empedocle bramoso Di passar per un Dio, nell' Etna ardente A saltar se ne andò tranquillo in viso, Perchè la facoltà torre a' Poeti
Di perire a lor voglia? A suo dispetto
Ut, mala quem scabies, aut morbus regius urget Aut fanaticus error et iracunda Diana (455) Vesanum tetigisse timent, fugiuntque poetam, Qui sapiunt: agitant pueri, incautique sequuntur. Hic, dum sublimes versus ructatur, et errat Si veluti., merulis, intentus decidit auceps
In puteum, foveamve; licet, succurrite, longum (460) Clamet, io cives, non sit qui tollere curet. Si quis curet opem ferre, et demittere funem, Qui scis, an prudens hue se dejecerit? Atque Servari nolit dicam : Siculique Poetae
Narrabo interitum. Deus immortalis haberi (465) Dum cupit Empedocles, ardentem frigi AEtnam
Insiluit. Sit jus, liceatque perire Poetis.
Chi salva alcun, d'un omicida eguaglia La crudeltà. Questa, non è la sola Volta ch' ei cio tentò. Ne quinci tratto Più savio diverrà: che mai dall' alma A depor l' indurrai d' una famosa
Morte il desio. Non si sa ben che sia Ciò che il condanna a verseggiar: se immondo O profano le ceneri paterne ;
O'un fulminato suol, per sacro rito Inaccessibil fatto, empio scompose : Ma è verità ben nota, e ben sicura Che furioso ei sia. Che, come infranti Gli opposti al suo covil ferrei ripari Orso feroce, ei l'ignorante, e il dotto Sforza a fuggir recitator spietato.
E, se non coglie alcun, leggendo il sugge Mignatta inesorabile, che in pace,
Se non piena di sangue, altrui non lascia.
Invitum qui servat, idem facit occidenti. Nec semel hoc fecit: nec, si retractus erit, jam Fiet homo, et ponet famosae mortis amorem. (47) Nec satis apparet, cur versus factitet: utrum Minxerit in patrios cineres: an triste bidental Moverit incestus: certe furit, ac velut ursus Objectos caveae valuit si frangere clathros, Indoctum, ductumque fugat recitator acerbus. (475) Quem vero arripuit, tenet, occiditque legendo, Non missura cutem, nisi plena cruoris, hirudo.
Inutile ridondanza di lusso critico l'andar disputando se il titolo di questo componimento debba essere Epistola o Libro. È paruto ad alcuni che alla mole, ed alla materia di esso mal si adatti il nome di Epistola. Orazio ha dato per altro questo nome anche ad altre sue lettere assai prolisse, scritte a Mecenate, a Giulio Floro, ad Augusto ec. Ed il trovarsene in questa annunciato l'argomento con l'iscrizione de Arte Poetica non basta a spogliarla della qualita di Epistola. Qualunque lettera ha il suo argomento. Lascerebbero forse d'esser lettere, se nella prima a Mecenate se ne proponesse, per cagion d'esempio, la materia col titolo de incostantia, et de pravo hominum judicio, e nella seconda a Lollio con quello de morali philosophia ex Homero deducenda, ed in quella a Fusco Aristio de vitae rusticae tranquillitate? È troppo lagrimevole abuso di tempo il trattenersi in questioni, che comunque decise, non recan danno, o vantaggio nè al Maestro, nè all' arte, nè agli studiosi d' apprenderla : onde l'eviteremo al possibile.
(2) A Lucio Pisone, ed a due suoi figliuol è indirizzata la presente lettera. La famiglia de' P soni Calpurnj fu illustre e per l'antichità, e p li somni gradi occupati nella Repubblica. Si crt deva discesa da Calpo figliuolo di Numa: e pe ciò dice Orazio, parlando loro, al v. 292. Vos Pompilius sanguis.
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