Obrazy na stronie
PDF
ePub

il giudizio, ma non già farlo cambiar di natura. V' è pur troppo chi, abusando dell' innocenza del popolo, per usurparne il voto, ad onta del merito, e della ragione, sa destramente valersi della naturale imitatrice inclinazione di questo a dir ciò che altri dice, ed a correre dov' altri corre; del rispettoso assenso di lui al giudizio de' Dotti, e de' Grandi, che suppone di se più saggi, e dell' ascendente che hanno in esso, perchè più facili a concepirsi i piaceri degli occhi sopra quelli della mente, e del cuore: ma molto breve è la vita di cotesti ingannevoli artificiosi prestigj. Son fantasmi, che poco tempo resistono contro la luce del vero. Ripiglia ben presto la natura i suoi dritti, e disperde il Goffredo tutte le letterarie congiure: ed emerge il Gran Cid dalle soperchierie della invidiosa potenza: e trionfa la Fedra della sua temeraria rivale.

Vuole il nostro Filosofo (ripigliando ora il filo interrotto) che il buon Poeta debba esser dotato d'eccellente ingegno, ed agitato da una specie di furore. E sarebbe qui desiderabile ch' egli avesse più chiaramente assegnati i confini alla seconda qualità per accordarla con l'aurea incontrastabile sentenza d'Orazio.

Il buon giudizio è il capital primiero

Dell'ottimo Scrittor. (108)

Nell'ideare una Tragedia insegna, che non debba da bel principio il Poeta immaginare la favola in particolare; ma bensì in generale xadóλov; cioè senza alcun nome, o Episodio. E, per render chiaro il precetto, addita la maniera di valersene con l'esempio seguente.

Una nobile donzella, per qualche ragione, dee essere sagrificata ad una Deità; nell' atto del sacrificio è invisibilmente rapita agli occhi de' circostanti, e trasportata in lontana regione, dove è il costume di sacrificare ad un certo Nume ogni forestiero, che vi giunga. La donzella è fatta ivi Sacerdotessa del Nume suddetto. Capita dopo alcun tempo in quel luogo il fratello di lei; e, quando ella è per immolare lo, lo riconosce.

Dopo avere il Poeta immaginato così in generale il suo Soggetto, vuole che imponga i nomi a' suoi personaggi, cioè d'Ingenia, d'Oreste, ec. e che da questi nomi, che rendono particolare il Soggetto, ch'era universale, tragga i verisimili Episodi, come i furori d'Oreste, a cagion de' quali è preso dai pastori; l'espiazione, che serve di mezzo alla fuga; le occasioni de' riconoscimenti; e tutto ciò che rende particolare la favola.

do

Crederei di far troppo gran torto ad Aristotile, se supponessi come l'Abate d'Aubignac, che prescriva il Filosofo a chi vuol formare un Dramma, d'incominciare in astratto una favola ideale, e, po averla internamente immaginata, andar cercando nella storia i personaggi, a' quali ei possa particolarmente applicarla. Questo sarebbe un far prima i ritratti e cercar poi chi ad essi somigli. Credo bene insegnamento d' Aristotile che il Poeta ( qualunque sia il Soggetto particolare già antecedenteniente da lui, e liberamente elétto) nel formarne poi la tessitura, e la catastrofe, debba avere innanzi gli occhi il corso, che generalmente sogliono, e naturalmente tenere così le azioni umane, come gl'incidenti, che le producono: e pensar che nel giovane, nel vecchio, nel cittadino, o nel pastore, ch' ei vuol particola mente rappresentarci, debbono ritrovarsi quelle circostanze d'inclinazioni, e di costumi, che in tutti i giovani, in tutti i vecchi, ed in tutti i cittadini, pastori generalmente si trovano. E da quei di Tespi a' di nostri io non credo che mai alcun Epico, o Drammatico Poeta abbia potuto tenere altro stile.

[ocr errors]

Avverte finalmente che nel Poema Epico, il quale comprende nella sua imitazione un tempo molto più lungo del Tragico, possono gli Episodi essere a proporzione più distesi. Ma vuole che anche in esso si usi, nell'idearlo, la medesima astrazione prescritta al Dramma; e ne da distesamente l'esempio nel Soggetto dell' Odissea, ch'egli espone in generale, come lo ha dato poc' anzi per la Tragedia in quello dell' Ifigenia.

[ocr errors]

CAPITOLO XVIII.

Nuove divisioni; che fa Aristotile della Tragedia, e difficoltà di conciliarle. Anima i Poeti a procurar di riuscire in ogni genere: e gli avverte che la maggior parte di loro non è cosi felice nello sciogliere, come nell'annodar delle favole. Che la somiglianza d'una Tragedia con l'altra nasce dalla somiglianza del nodo, e dello scioglimento, e non già dal Soggetto. Ripete l'insegnamento di non trasformar la Tragedia in Poema Epico, caricandola di Soggetto, per soverchia vastità, male a lei proporzionato. Esempj del mirabile Tragico, ch' ei qui commenda, e pare che abbia altrove condannato. Difesa, che fa Aristotile dell' inverisimile. Decisione di Dacier, che la perfezione, ed il verisimile d'una Tragedia consista essenzialmente nel Coro.

Sec

econdando qui il nostro Filosofo la sua parziale propensione per le divisioni, divide di bel nuovo in due parti principali la Tragedia, cioè in Vodo, e Scioglimento. Chiama nodo tutto ciò, che precede al principio della Catastrofe, includendo in questo nodo anche quelle circostanze del Soggetto, che precedono alla rappresentazione e chiama scioglimento tutto il rimanente.

:

Divide la Tragedia in quattro specie e dice di farlo perchè si è già detto che essa abbia ancor quattro parti. (109)

Io non mi ricordo di questa quadruplice divisione già detta, se non se quando ha divise in quattro le parti di quantità. Le parti, che qui nomina, sono di qualità; e queste egli nel Capitolo sesto le ha divise in sei, non in quattro. Gli Espositori, ed i Critici hanno scritti interi trattati per concordare Aristotile in questa divisione con se medesimo; ma il testo è per me men tenebroso di

loro; onde, non dipendendo l'utilità degl'insegna menti dalla concordanza delle divisioni, credo inutile l'investigarla con tanta fatica. Ma vi sono inciampi anche maggiori. S'impegna qui il Filosofo a dar nome a coteste quattro specie di Tragedia, e lascia poi senza nome la quarta. La prima vuol che sidica implessa wewλɛyμέvn, e non ne dà esempio. La seconda patetica πanman' : come gli Ajasi, e gl' Issioni. La terza costumata ndixn come le Ftiotidi, ed il Pelèo, Tragedie perdute. E la quarta, senza darle alcun nome, vuol che si comprenda dalle Forcidi, e da tutte le Tragedie, che trattano Soggetti infernali. Non so perchè abbia esclusa da queste classi quella delle Tragedie sem plici, avendovi incluse le implesse. Ma, ciò importando poco, come ho detto di sopra, all' utilita degi insegnamenti, cedo volentieri ai più saggi di me la gloria di accordar questi pifferi.

:

[ocr errors]

Anima i Poeti a procurar di riuscire in tutte Coteste quattro sorti di Tragedie o almeno nella maggiore, e miglior parte perchè dic'egli) in quei tempi molti si dilettavano di cavillare, e calunniare, ounopatios, i Poeti ed avrebbero preteso che ciascuno dovesse avere le particolari eccellenze di tutti.

Vuol che si avverta che molti Poeti annodano bene le loro favole, e malamente le sciolgono: e raccomanda ehe si procuri di farsi applaudire egualmente nell' una, e nell' altra facoltà. (110) E qui vi sono gravissimi Critici, che han voluto torcere in altro senso queste parole; ma io credo Dacier abbiano torto manifesto.

COD

Dice egregiamente che la somiglianza d'una Tragedia con l'altra non nasce dalla somiglianza del Soggetto, ma da quella bensì del nodo, e dello scioglimento. Onde, se questi non son diversi, due diversi Soggetti divengono una Tragedia medesima. Raccomanda che non sia dimenticato il precetto

1

:

di non cangiar la Tragedia in Poema Epico: come farebbe chi racchiudesse in un dramma tutta l' iliade; perchè mancherebbe il tempo di spiegar, quanto bisogna, si numerosi accidenti e perciò precipiterebbe il Dramma, come all'illustre Agatone (in questo unicamente riprensibile era tal volta avvenuto, e non già ad Eschilo, ed Euripide, che dell' Iliade han preso a rappresentar qualche parte, ma non il tutto.

Asserisce che per mezzo del mirabile si conseguisce il Tragico. Ed esemplifica questo oarattere inirabile Tragico in un uomo sommamente astuto e sagace, ma sommamente malvagio, che si trova inaspettatamente ingannato, come Sisifo, o in un altro sommamente valoroso, ed ingiusto, che fuor dell' espettazione si trova vinto. Ei dice che questo mirabile è Tragico, e gradito dagli spettatori. (111) Ci ha per altro insegnato antecedentenente nel Cap. XIII., che non si faccia passare un malvagio dalla buona nella cattiva fortuna, perchè una tal costituzione è ben grata agli spettatori, ma è mancante del terribile, e del compassionevole, (112) senza i quali non cessa mai d'avvertirci che non può sussistere la Tragedia. Chi vuole un lungo distinguo, col quale si pretende di accordar questa antinomialo vegga in Dacier. Aristotile non ne prende affatto alcuna cura; e si contenta di difender solo l'inverisimile de' proposti casi con una sentenza d'Agatone, cioè, che è verisimile che molte cose succedano, anche contro il verisimile. (113)

Vuole che sia considerato il Coro come uno degli Attori, che cooperi al tutto, facendone egli parte; alla maniera di Sofocle, e non di Euripide: che il far cantare al Coro a capriccio canzoni straniere al Soggetto, come a' suoi tempi si soffriva, era lo stesso che inserir pezzi d'una Tragedia in un' altra, e che da Agatone avea incominciato un tale abuso,

« PoprzedniaDalej »