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Perchè piansi in quel punto, e a chi pensai. Aci. Anch'io di quel meschino

Piango la ria sventura;

Ma nulla fa chi d'ogni rischio ha cura.
Mi sgridi, e mi minacci

L'importuno rivale a suo talento,
Mai per timor non cangerò consiglio;
Troppo bella mercede ha il mio periglio.
Chi sente intorno al core
L'orrore, e lo spavento,
Non dia le vele al vento,
Non fidi il legno al mar.
Dà la mercede Amore
A chi sue leggi adora ;
Ma vuol che l'alma ancora
Impari a sospirar.

Gal. Ah fuggi, Acide, fuggi, ecco l'indegno.
Aci. Dove Gal. Colà nol vedi,

Che mentre al rozzo suono

Delle stridule canne il canto accorda, Peloro e Lilibeo co' gridi assorda? Aci. Aimè! tu m'abbandoni?

Gal. Deh fuggi, idolo mio!

Aci. Addio, dolce mio ben. Gal. Mia vita,

Polifemo.

Dalla spelonca uscite,
D Che gia fuggir le stelle,

Agnelle semplicette,
L'erbette a pascolar;
Mentr' io vo sul confine
Di questa rupe alpestra
D'edera, e di ginestra
Il crine ad intrecciar.

O bianca Galatea,
Più candida del giglio,
E dell'alba novella

Più vermiglia, e più bella,

Più dell'ostro vivace,

Ma del vento più lieve, e più fugace;

addio.

8

Gla. Quei, che tra l'erbe e i fiori

L'angue nascosto vede,

Folle è ben se da lui non torce il piede.
Gal. Anch'io così dicea

Quando libera, e sciolta
Per gli algosi soggiorni
Trassi felici i giorni.
Allora, al pasco usato
Menando il muto armento,
Toglieva a mio talento
A quegli antri muscosi
I coralli ramosi,
E le lucide figlie

All' Indiche conchiglie;

Mentre Glauco, e Tritone

Dell' amor suo, del mio rigor piangea,

Ed io de' pianti suoi meco ridea.
Ora, cangiando stile,

Chi mi provô crudele,

Chi libera mi vide,

Com' io risi di lui, di me si ride.
Gla. Scocchi Amore a sua voglia

I suoi strali al mio sen, che i strali suoi
Sono ottusi per me. Glauce non ama;
La libertà sol brama,

Le lusinghe non prezza, amor non cura.
Gal. Oh che lieve ingannar! Chi s'assicura!
Varca il mar di sponda in sponda

Quel nocchier, nè si sgomenta;
Ed allor, che men paventa,
Sorger vede il vento, e l'onda
Le sue vele a lacerar:
Vola il di tra fronda, e fronda
L'augellin, che canta, e geme;
Ed allor, che meno il teme,
Va le piume ad invescar.

Gla. Deh taci, o Galatea,
Ch' Acide tuo s'appressa.
lo con le mie contese

Tuber gi affetti vostri oF 100" GEEZE-
I serio a miglior tempo istem mes
Di qual parte ei ne viener
Milo, che furtivo

izza a te fra que nascose. 201
la Glauce, se in' am9.

e, e nell'antro mio

marina conca

delfini congiungi

da

forse col tuo bene

queste arene? G. d w m st

tema passar qualche mamenna

Sidestra Ponda, e ti sesuti, al vento,
Acide, e Guates.

A Fin dallas lido
lla stagion novella

Torna la rondinella
A riveder quel nido,
Che il verno abbandonò :
Così il mio cor fedele,
Nel suo penar costante,
Ritorna al bel sembiante,
Che per timor lasciò,
dell'anima mia

ole tormento, amata pena,

e l'aura serena

emente

spirando increspa l'onda,

am da questa sponda.

marina conca

erulei corsieri è pronta al lido.

che in questa guisa

periglio, al mio timor t'involo. que' salsi umori

acido soggiorno a' nostri amori. diam dove a te piace;

potranno solo

ar la mia sorte e l'aure, e l'onde. se possibil fosse,

Nè pure a' furti miei

L'aure, e l'onde compagne io non vorrei ! Aci. Voglia il Ciel che in tal guisa

Parli sempre il tuo labbro! Gal. Ah mio tesoro, Sol per te... Aci. Per te sola...

Gal. lo vivo. Aci. Io moro.

Gal.

Aci.

Gal.

Aci.

Gal.

Aci.

Se vedrai co' primi albori
D'occidente uscir l'aurora,
Dimmi allora ;

Galatea, non sei fedel.
Se del verno infra gli orrori
Le sue cime il monte infiora,
Dimmi allora ;

Aci mio, non sei fedel.
Quando manca il foco mio,
Quando infido a te son io,
Fia di stelle adorno il prato,
Fia di fiori ornato il ciel.

Fine della prima Parte.

Aci.

PARTE SECOND A.

Galatea, Acide.

Eccoci, o mio bel Nume,

Dopo un breve vagar sul regno infido,

L'orme di nuovo a ristampar sul lido. Gal. Qualor da me divisa,

Anima mia, soggiorni,

O Dio, quanto per me son lunghi i giorni!
Qualor meco tu sei,

O Dio, quanto son brevi i giorni miei!
Aci. Deh perchè non poss' io

Viver teco, mia vita? Gal. Il tuo periglio
Mel contende, e mel niega, Acide amato.
Troppo il Ciclope irato

Veglia a tuo danno; ed il mio core apprezza

Nel suo verace affetto

Più la salvezza tua, che il suo diletto.

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Gla.

Se scorta mi sono

Quegli astri lucenti,
I venti, le stelle
Turbarsi non sanno;
Quest' onde non hanno
Procelle per me.

Glauce, e detti.

A Gral. Perché?' Act. Chi mai l'impone?

cide, Galatea, parti, t'ascondi.

Gla. A questa volta

Polifemo sen viene, io lo mirai.

Aci. Mio ben, dove n'andrai?

Gal, Su la marina conca

(partite,

Fuggiam di nuovo. Aci. Andiamo. Gla. Äh non

Che, se uniti ei vi mira,

L'odio s'accresce, e l'ira.

Aci. Che farò? Gal. Che farai? Gla. Tra quelle fronde

Tu va' cauto a celarti, e tu per l'onde.

Gal. Ecco il Ciclope, ah fuggi,

Se la vita t'è cara!

Aei. Tante volte ei m'uccide,

Quante me dal mio cor parte, e divide.

Polifemo, Glauce, e Galatea.

anno l'onde, e san l'arene
Le mie pene, e non so come
Hanno appreso del mio bene
Il bel nome a replicar.
Tu più sorda, e più crudele
Di quel mare, onde nascesti,
L'amor mio, le mie querele
Non t'arresti ad ascoltar.

Fermati, o Galatea, perchè mi fuggi?
Non è giusta mercede

Cotanta crudeltade a tanto amore.

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