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la più esatta, onde disse: optime Strabo. Egli vide adunque, questi tre scogli son distanti dal lido per 500, o 600 passi, de' q due avean la specola, o la torre, ed un altro era del tutto dese Il primo di questi scogli appellavasi s. Pietro con un tempi questo santo innalzato, e gli altri due, che ne sono distanti due miglia, son quei propriamente, che si appellano Galli.

I Picentini non passavano più avanti di questo lato orier della penisola, che dal nominato Strabone fu detto cubitus A naeus dal tempio di Minerva, che torreggiava nello stretto di 1 spetto all'isola di Capri,

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DIATRIBA TER Z A.

VIA NVMICIA SALARIA VALERIA FRENTANA APPVLA E LATINA

Con tutti i loro rami.

Nelle altre dissertazioni sulle vie romane, che passavano pel nostro regno, noi ci siamo trattenuti abbastanza nel descriverne la magnificenza, e la lunga estensione, ora stimiamo pregio dell'opera di notarne la solidità, prima di entrare al dettaglio delle altre vie, che dobbiamo descrivere.

Bisognava primieramente nella costruzione di una via caverne il fosso sinchè si toccasse il solido, ed il fermo del suolo che se mancava quest' appoggio bisognava ricorrere a palizzate di legno, onde diceva Stazio della via Domiziana, che conduceva a Pozzuoli :

Hi caedunt nemus, exuuntque montes,

Hi ferro scopulos, trabesque caedunt.

Dopo di queste prime operazioni se ne assicuravano i fianchi co' parapetti di muro. Poi bisognava riempirlo di varj strati di calce, e di puzzolana co' sassi irregolari, e finalmente ricoprirlo con pietre larghe a varie misure, e dimensioni. Questi materiali si prendevano perloppiù ne' medesimi luoghi, dove la via si costruiva. L' ab. Chaupy, che ha parlato moltissimo di queste vie, negò assolutamente, che allora vi fossero impiegate le lave vesuviane. Egli viveva molto in abbaglio. Noi abbiam trovato pietre del Vesuvio in tutte le diverse strade, che intersecano la città di Pompei, e quella specialmente, che correva dalla Campania a' Bruzj Anzi le mura delle sue case, ed anche il recinto della città son composti di queste pietre.

Alla solidità della costruzione si aggiungevano varj ornamenti. Il parapetto di muro alzato per alquanti palmi sopra del suolo serviva per riposo a' viaggiatori a piedi, ed offeriva con certi scalini la comodità di cavalcare a' viaggiatori a cavallo. Molte case di campagna si alzavano dall' uno all' altro lato. I varj tempj dedicati per lo più a Mercurio risvegliarono di passo in passo il pensiero della religione. I viaggiatori vi trovavano infinite taverne per loro ristoro, e vetture di affitto in ogni sito, e gondole pronte mai sempre per passare i fiumi, che non soffrivano ponti. Di tutti però il miglior ornamento consisteva nelle colonnette milliarie, distribuite per ogni mille passi colle note numerali della distanza da Roma. Altro interessante ornamento si presentava da' sepolcri, che spalleggiavano le vie. Non solo erano rispettabili per la loro eleganza, e per l' esterne decorazioni in bassirilievi statue, ed architetture, quanto perchè le loro iscrizioni richiamavano alla memoria l'idea de' grandi uomini, che vi erano riposti.

Tutte le vie romane n'erano cinte, e specialmente l'Appia. S
ancora visibili questi sepolcri nella via Campana a Pozzuoli, n
via consolare di Pompei, ed altrove. Roma era il centro di t
le vie, che partivano dal milliario aureo situato nel foro. Il nos
interesse non è certamente di numerarle tutte, ma solamente q
le, che attraversavano il nostro regno. Dopo della via Aquil
di cui si è parlato nel primo volume, e dell'Appia con tut
suoi rami, di cui abbiam fatto discorso nel secondo, ci resta
da descrivere la Numicia, la Salaria, la Valeria, e la Latin
che non cedevano alle altre nè per ornamenti, nè per comodi
nè per estensione.

VIA NUMICIA

Niun autore moderno ha fatto parola della via Numicia.
il Pratilli la nominò, la confuse coll'Appia, o negò di pot
ritrovare. Quest' avvertenza si deve all' ab. Chaupy, che non
ha saputo rintracciarla, ma darle ancora il nome. È indubita
che vi aveva una strada detta Numicia. Ne parlò Orazio (1):
Ambigitur

Brundusium Numici melius via ducat an Appí.
Ne parlò parimente Cicerone (2): cohortes sex, quae A
fuissent, ad Curtium Minucia transisse, nelle quali parole
vertì Adriano Turnebo, che per Minucia legger si debba N
cia (3). In altri codici si ha Minutia, e Municia.

e

Secondo l'indicazione dataci da Órazio questa strada do
condurre a Brindisi, e si stimava più corta dell'Appia. Non
adunque l'Appia. Essa da Roma correva per la Valeria
Valeria per Brindisi. La Valeria arrivando a Corfinio si divi
in due branche. Una correva col fiume Aterno sino al mare
si appellava la Claudia Valeria, perchè restaurata dall'imp. O
dio. Arrivata alla foce del fiume correva alla dritta o ad ori
per la riva dell'Adriatico con diversi nomi, e specialmente
Trajana Frentana dall' imp. Trajano, che la restaurò e la
di ponti ne' fiumi. Noi ne parleremo quando si descriverà la
leria. Questa fu la via battuta da Cesare, quando lasciato C
nio corse in cerca di Pompeo, ch' erasi ricoverato a Brindisi
Caesar vn dies ad Corfinium commoratus per fines Marruc
rum, Frentanorum Larinatium, in Apuliam pervenit. Ma
come questa via aveva più lunga estensione dell'Appia, per
care Brindisi, perciò non era essa la Numicia. Questo nome
partenne all' altro ramo della Valeria, che da Corfinio pas
per Solmona, e salendo il piano di cinque miglia, o pel te

(1) Horat. lib: 1. ep. 18.

(2) Cic. ad Attic, lib. IX. ep. 6.

(3) Turneb. Adversant. XXI.
(4) Caes. de B. C. lib. I. cap

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di Giove Palenio a Campo di Giove, toccava Alfidena, Isernia Boviano, il fiume Tamaro, Benevento, Eclano, Aquilonia, Venosa ed in Venosa correva coll'Appia a Brindisi. Vediamone adesso le mansioni nell'itinerario di Antonino, secondo l'edizione del Wesselingio Iter a Mediolano per Picenum et Campaniam ad columnam.

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Somma m. 143.

M. P. XXVIII

Questa medesima via è descritta nella tavola del Peutingero in questo modo :

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La differenza delle distanze tra l'uno, e l'altro itinerario, giusta le nostre rettificazioni, è di miglia 37, che deriva dal giro più lungo segnato nella tavola Peutingeriana, che invece di correre per l'odierno piano di cinque miglia dopo Solmona saliva per Campo di Giove, per Pesco Costanzo, e quindi ad Alfidena, ma la somma del primo combina colle attuali miglia di 110 tra Sole Venosa per la traversa dal Tamaro ad Ariano senza passar Benevento, e la somma del secondo combina colle attuali miglia 120 passando per Benevento e per Eclano a Venosa, ed

mona

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aggiungendo le cinque miglia tra Corfinio, e Solmona.

La Numicia adunque da Corfinio, dove lasciava la Valeria passava a Solmona per cinque miglie antiche (oggi quattro). Da Solmona toccava a sinistra il tempio di Giove Palenio nella terra di Campo di Giove nella distanza di sei odierne e sette antiche salendo su i monti. Di là passava per Alfidena per miglia 25 scendendo pe' monti, giacchè oggi se ne contano circa 20. NelP'itinerario di Antonino sono numerate 24 miglia tra Solmona, ed Alfidena, e nella tavola Peutingeriana se ne contano 32. Questa differenza ci fa conoscere, che v'erano due strade tra Solmona, ed Alfidena, la prima più breve per Pettorano, e l'attual piano di cinque miglia oggi 20, e l'altra per Campo di Giove, Pescocostanzo, ed il quarto di S. Chiara in giro tortuoso, oggi circa 30 miglia. L'itinerario di Antonino numera con errore 28 miglia da Alfidena ad Isernia da ridursi a 9, o 10, secondo la tavola, perchè oggi ne passano da otto in nove. Indi la Numicia attraversava Boviano a 18 miglia per giusta distanza, perchè al presente se ne contano 15. Si traghettava poi il fiume Tamaro a niglia 16 da Boviano a Ponte Landolfo, da ridursi a 20, perchè oggi ne passano 16, e di là nell' itinerario di Antonino la strada volgeva per Equum Tuticum, per Matrem Magnam, in Honoratianum, e si arrivava a Venosa. Non era questa certamente l'Appia, ma una traversa al disopra di Benevento per compendiare il viaggio. Noi abbiam fissato Equotutico a S. Liberatore a cinque miglia al settentrione di Adriano per 18 miglie odierne di distanza dal Tamaro, che corrispondono alle 22 antiche Mater Magna sotto Villanova per miglia 10, e non già 16, dove la strada ripiegava abbasso per correre a Venosa Honoratianum tra Bisaccio, e Lacedogna a miglia 15, e non già 20, dove oggi se ne contano 12, e di quà a miglia 28 antiche a Venosa, dove la Numicia si univa coll'Appia.

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ora 22 o passava

ossia al

Nella tavola Peutingeriana questo viaggio è più lungo, ma più spedito. Da Isernia la via è diretta al Cliturno Volturno. Essa non traghettava il fiume nel passaggio odierno a Monteroduni, ma solamente vi si accostava nelle vicinanze di Capriati, dove fissiamo la stazione ad otto miglia antiche, ma meglio nove, perchè oggi ne passano otto. Indi piegava ad Ebutiana, oggi Ailano per sette miglia da noi supplite, perchè mancano nella tavola, e di quà ad Alife per altre nove miglia, giacchè oggi se ne contano sette, ovvero otto. Poi risaliva a Sepino per 20 miglia, e non già sei, perchè oggi vi ha la distanza di 17, e quindi a Sirpio per sei, e non già 12, che noi abbiam riposto nelle vicinanze di Morcone, e finalmente per altre miglia 18 antiche a Benevento, dove s'incontrava coll'Appia. Or per arrivar a Venosa da questo lato la via passava per Nucriola, Nuceriola a quattro miglia, oggi Ricerola, pel fiume Calore

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