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grotta sepolcrale di quello di Ciriaca (p. 225), e la cripta de' santi Martiri Proto e Giacinto (p. 237 e segg.).

Per ciò che riguarda le Chiese o Celle sacre della Roma sotterranea, parmi che il ch. Autore dimostri ad evidenza, che in esse si rimanessero segregate dagli uomini le donne, come può arguirsi dalle Celle stesse, che per lo più sono doppie, e dalle due distinte scale, delle quali trovansi per lo più fornite; e che in una stessa Cella o Cripta sono non di rado due, tre, o più Arcosolj di santi Martiri adatti a celebrarvi sopra il sacrosanto Sacrificio della Messa; di che si pare come sia insussistente e sconsigliato l'avviso di coloro che ardirono di biasimare la moltiplicità degli Altari in una stessa Chiesa, quasi che ciò non sia conforme alla pura disciplina della Chiesa ne' primi secoli (p. 42, 52, 153: p. 124-129, 143-152; cf. R. Rochette, Tableau des Catac. p. 91). Non a bastante comprovata parmi la congettura del ch. Autore intorno alle Cattedre o Sedie di pietra, che trovansi in alcune cripte, che a parer suo avrebbero servito per l'amministrazione della Confessione sacramentale (p. 186-190): e così dicasi di alcuni altri accessorj di que' sacri recessi de' primi Fedeli. Que' due sedili, che, a parere del ch. Autore, avrebbero servito per chi ascoltava le Confessioni de' Fedeli, poterono farsi per le Diaconesse od altre pie donne che veggonsi assise di qua e di là dalla mensa di un' Agape, come vedesi in un dipinto del cimitero de' Ss. Marcellino e Pietro (Bottari, Roma sotterr. T. 11, tav. CXXVII).

Assai più copiose ed importanti sono le notizie riguardanti i Sepolcri di Roma sotterranea e '1 culto de' santi Martiri. Col riscontro delle Iscrizioni Cristiane viene rintracciando i nomi che davansi ai sepolcri ed alle diverse parti di essi (p. 85, 113-121, 226-227), e de' luoghi sotterranei ov' erano situati. Riguardo a questi, « avrei, scriv'egli (p. 121), per le denominazioni più universali della Roma sotterranea l'epigrafe greca del Cimitero di S. Saturnino pubblicata dal P. Lupi (Epitaph. S. Severȧe p. 34), nella quale TO AгION MAPTYPIN, e più correttamente MAPTYPION, è chiamato il Cimitero per la moltitudine dei Martiri che vi erano dentro, e l'altra del COEMETERIVM BALBINAE proveniente dai Cimiterj della via Ardeatina. » Vuolsi peraltro avvertire che la desinenza greca ΜΑΡΤΥΡΙΝ per Μαρτυριον non è già scorretta, ma conforme alla pronuncia volgare invalsa ne? tempi della decadenza, e che ricorre anche nelle monete di Chio ed in parecchie Iscrizioni Greche profane (C. I. Gr. T. 1, p. 915; T. 11, p. 1113).

L'Autore cerca altresì d'indagare il prezzo che pagar dovevasi per uno de' Sepolcri scavati ne' sacri Cimiterj; e pone perciò a riscontro alquante Iscrizioni (p. 85-86). In una lapida già Borgiana, ora Capitolina, leggesi: EMPTVM LOCVM AB ARTAEMISIVM VISOMVM HOC EST ET PRAETIVM DATVM FOSSORI HILARO IDEST FOL ND PRAESENTIA SEVERI FOSS ET LAV

RENTI. Il ch. Autore la spiega come segue: È questa l'arca da due cadaveri, cui Artemisio comperò pagandone il prezzo al fossore Ilaro in borse...

di numero: testimonj Severo e Lorenzo fossori. E poi soggiunge: « Artemisio ci avrebbe già dato a conoscere ciò che andiam rintracciando, se con altre cifre e con altra moneta vi avesse significato questo prezzo. » Eppure, sendo già noto il valore del Folle, poichè 24 Folli di rame equivalevano ad un Milliarese di argento, e 12 Milliaresi ad un Solido d'oro (v. Eckhel T. VIII, p. 513: Ducange, Dissert. de inf. aevi Num. §. 88), ne consegue che i 1500 Folli sborsati da Artemisio per la compera di quel bisomo rispondono a 5 Solidi d'oro, più 60 Folli. Vero è, che in due altre lapidi Cristiane, una delle quali è dell'anno 426, trovasi fatto ricordo della compera di due simili arche per due cadaveri, acquistate l'una per due Solidi d'oro, e l'altra per un Solido e mezzo; ma la diversità del prezzo dipender poteva da molte cause, che ora indagar non possiamo. D'altra parte ne giovi ricordare un'iscrizione pagana, del tempo forse de' Flavj, rapportata anche dal nostro Autore (p. 114), la quale ne attesta come per apprestare un sepolcro per due persone si spesero CCXXV denarii di argento, che equivalgono per appunto a nove Aurei: e sì che l'Aureo de' tempi de' Flavj era di molto superiore in peso al Solido d'oro dell' età della decadenza dell' Impero.

L'Autore illustra ancora alcune voci e frasi tutto proprie degli Epitafj Cristiani, come, ad esempio, DEPOSITVS, DEPOSITIO (p. 63). « I Cristiani, dic' egli, i quali tenevan per fermo, che la consegna de' cadaveri ai sepolcri fosse temporanea, usarono, con esattissima proprietà il DEPOSITVS e il DE

POSITIO. » E tanto confermasi pel riscontro di quelle belle parole di S. Andrea Apostolo vicino a morte: Domine, tempus est ut COM MENDETUR terRAE corpus meum, et me ad te venire iubeas. (3) Veggansi ancora le belle osservazioni dell'Autore sopra le frasi ΚΕΙΤΑΙ ΜΕΤΑ ΤΩΝ ΑΓΩΙΝ, ΙΧΘΥΣ ΖΩΝΤΩΝ, ΕΝ ΑΓΙΩ ΠΝΕΥΜΑΤΙ ΘΕΟΥ, ECCLESIAM NIHIL oppure NVMQVAM GRAVAVIT, che trovasi detto delle pie Vedove con frase dell'Apostolo delle Genti (p. 63, 70, 98, 104, 198).

« Si è detto in altri tempi, scrive l'Autore (p. 59), e si continua a dire, che ne' sacri Cimiterj si trovano sepolcri eguali in tutto a que' de' pagani colombari; e sopra sepolcri, che si direbbero in tutto Cristiani, s'incontrano iscrizioni assolutamente pagane... Sono io stesso testimonio di colombari ne' sacri Cimiterj; ed ho più volte io medesimo trovato le iscrizioni pagane ai sepolcri non pure de' Cristiani, ma de' Martiri. » Scioglie poi queste due difficoltà mostrando come i Cristiani, progredendo quasi alla cieca nelle loro escavazioni, giunsero talora ad incontrarsi con le parti più basse

(3) Il Morcelli (Oper. epigraph. T. 11, p. 79) avvertiva che DEPOSITIO, DEPOSITVS nova eo sensu vocabula esse videntur, nec a Latinis veteribus usurpata; multoque rectius scribes COMPOSITVS EST, ELATVS EST. Ma, come bene avverte il ch. Cav. De Rossi, chi ha voluto vedere in queste due voci un barbarismo, non avea all'animo presente Cicerone (de Offic. 111, 23), il quale chiamava DEPOSITA le cose che a tempo si affidavano alla custodia di chi che sia. Se nuovi erano que' vocaboli nel senso inteso da' Cristiani, nuovo altresì era il dogma della Risurrezione.

de' colombari pagani; e nonostante i ristuari che tosto vi facevano, o per iscoscendimento naturale, o per guasti adoperati dai devastatori de' sepolcri, i Cimiteri sacri si rimasero in comunicazione co' pagani colombari (cf. R. Rochette, Acad. des Inscr. T. XIII, p. 221). Videro poi i Cristiani medesimi le interpretazioni equivoche, le quali potevano originare da iscrizioni pagane apposte alle tombe de' loro defunti. Perciò con quattro espedienti diversi si studiarono costantemente di ovviare a qualsiasi pericolo. Murarono codeste pietre mettendo le epigrafi capovolte; in altro modo le capovolsero e chiusero i cavi delle lettere con calce fina o con stucco: altra volta raschiarono con lunga opera di scarpello o in parte o in intero le iscrizioni: finalmente murarono con la scrittura pagana volta all' interno del sepolcro la pietra, che perciò non presentava esternamente a chi se le fermava innanzi sembianza alcuna di paganesimo. Questa varietà di modo di coprire scritture non Cristiane in sotterranei Cristiani non è un caso fortuito; è una pratica costante e inalterabile, contro cui io finora non ho trovato esempi» (p. 61-62, cf. p. 123: cf. Raoul Rochette, Acad. des Inscr. T. XIII, p. 172, 769).

Non mancò chi ponesse in dubbio l'argomento che del sofferto Martirio trae la Chiesa Romana dal Vaso del Sangue (4) apposto al sepolcro ne' Ci

(4) Ne mosse dubbio anche il ch. archeologo francese Sig. Raoul-Rochette; ma poscia, dopo aver lette le ragioni addotte dal ch. P. Secchi (Annali di Scienze Relig. Vol. XIII, p. 24), se ne ritrattò, da vero dotto e Cattolico, in una lettera scritta

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