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di Genio benefico (cf. Visconti, Mus. Pio-Cl. T. 111, tav. 2: Zannoni, Galer. di Fir. T. 111, tav. 142); tanto più che si sa da Suetonio (in Aug. 60) come i regi amici di Augusto destinavano di compiere il tempio di Giove Olimpio in Atene e di dedicarlo al Genio di Augusto medesimo.

Nero (tav. x111, p). Bella ed importante si è l'avvertenza del ch. Autore (p. 162, 413), che nel rovescio di questa medaglia l'Arco di Nerone sia rappresentato per modo che si adatti al rivolto che faceva la via, nel sito ove fu eretto, offrendo cioè tre aspetti, l'uno alla via stessa, l' altro al tempio di Giove, ed il terzo all' accesso del clivo dell' Asilo.

Vespasianus (tav. xIII, n). Vuolsi avvertire come nelle monete de' Flavii (Morelli, Vespas. tab. x111, 23; Tit. x, 9; Domit. xiv, 14) ed in altre, col tipo del grande tempio di Giove Capitolino, Pallade si sta alla destra e Giunone alla sinistra di Giove medesimo (v. Eckhel, T. vi, p. 327). Onde pare che il ch. Autore (Tav. IV, n. LIII) non avesse alla mente questa notevole particolarità allor ch'egli assegnò la cella destra a Giunone e la sinistra a Minerva. Vero è peraltro che nelle monete di Antonino Pio, col tipo de' tre augelli sacri alle tre Deità Capitoline, la civetta di Pallade vedesi posta ora a destra ed ora a sinistra dell' aquila di Giove, e così pure il pavone di Giunone (Mus. Est.).

Domitianus (tav. x111, c). Nei disegni del Morelli (tab. XVII) la dea Vesta stante entro il suo tempio ha nella d. la patera e nella s. una lunga face. In un aureo di Domiziano (Morelli tab. vi, 15) da lato al tempio di Vesta sono due statue astate stanti sopra basi; e potrebbero credersi quelle degli Dei Penati, che arsero sotto Nerone insieme col tempio di Vesta (Tacit. Annal. xv, 41; cf. Eckhel, T. v, p. 318; VI, 332).

Domitianus (tav. xIII, kk). Mi viene alla mente qualche dubbio intorno alla genuinità delle monete di Domiziano col tipo della sua celebre statua equestre in atto di pacificatore, perchè il Morelli (tab. xv, 19) non v'appose segno veruno di museo da lui riscontrato, ed il Tristano non fa certa fede; tanto più, che l'Eckhel non ne tenne conto.

Traianus (tav. x111, bb). In un aureo, che fu del museo Welzl, or nell' Estense, il prospetto della Basilica Ulpia è ornato di una quadriga posta tra due figure astate, e di due bighe, con due insegne militari presso ciascuno dei due lati. Nel disegno del ch. Autore le insegne hanno l'apparenza di

statue.

Traianus (tav. XIII, cc). La statua equestre di Traiano, collocata già nel mezzo del suo Foro, nelle monete originali è paludata e con la d. tiene una lunga asta militare, che con la cuspide aggiunge a toccare il suolo.

Traianus (tav. x111, dd). Il tempio, che vedesi delineato nel riverso di questa medaglia, trovandosi consociato col consolato v e vi di Traiano, pare non potersi dire eretto in onore di lui, ma bensì dedicato da esso lui a qualche deità. I due portici posti dinnanzi ai lati di questo tempio (v. l'Autore p. 188) hanno il loro riscontro nel tempio di Giove Ultore delle monete di Alessandro Severo (v. Vaillant Num. praest. Impp. T. 1, p. 142; Welzl, Cat. 12544; cf. Mus. Caes. in Traiano n. 172; Patin, Impp. p. 177); onde può congetturarsi, che sia tempio di Giove Ultore anche quello di queste monete di Traiano.

Hadrianus (tav. x111, ll). Il ch. Autore (p. 138) ben s'avvisò nel riconoscere nel riverso di questa medaglia un' allocuzione di Adriano stante togato in sul suggesto dei Rostri Giulii presso il tempietto del Divo Cesare. Essa fu impressa nel suo consolato III, nel quale egli saepe ius dixit (Spart. in Hadr. vIII). Di lui narra Sparziano (l. c.), come et IN CONCIONE et in senatu saepe dixit, ita se rempublicam gesturum, ut sciret populi rem esse, non propriam. Una di quelle concioni forse è rappresentata in questa medaglia (cf. Eckhel, Cat. Mus. Caes. n. 217; Vaillant Num. Impp. T. 1, p. 63).

Queste avvertenze, qualora fossero giuste, mostrerebbero pur qualche leggiere difetto scorso nel lungo e difficile lavoro del ch. Autore; ma comunque sia, cotali nei scomparir dovrebbero a confronto di tanti pregi che in esso rifulgono.

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II. Elementi di Rettorica per le scuole delle donne e per quelle del popolo più elevate. Operetta dell'Abate A. FONTANA. Milano Tipografia e libreria Pirotta e C. Contrada S. Radegonda n. 987, 1848, Vol. 2.

È cosa notoria che per moltissime delle generazioni, le quali passarono in Italia prima di quella de' padri nostri, fu reputato bastare poca letteratura alla felicità de' popoli, e quella poca si commetteva negli uomini soli, e non mai fu ricercata nelle donne, per quantunque essere potessero elevate di condizione; e se qualcuna s'incontrò letterata, si riguardò come un prodigio. In questi ultimi tempi l'opinione comune, anche in ordine a questo particolare, si venne rimutando per tal guisa che le lettere si predicano da moltissimi come un primo e poco meno che assoluto bisogno di tutta quanta l'umanità, senza differenza nè di condizione, nè di sesso: ed un padre oggimai non potrebbe voler educate le sue figliuole nella semplicità dell'antica forma, senza metterne a pericolo tutta la fortuna. Nel tempo medesimo per altro che l'onest' uomo vorrebbe accomodarsi a questa nuova legge, la mancanza di libri idonei per quel fine, è cagione che, nella generalità delle scuole femminili secolaresche, s'incontri un nuovo e gravissimo pericolo, cioè che le figliuole ti riescano fornite non già di quella lettera, che vivifica; ma sì piuttosto di quella, che uccide. Perocchè non pochi scrittori ipocriti propinano alle fanciulle il veleno di false dottrine religiose, come forse Lamé Fleury, che certo è soavissimo, ma pute di giansenista altri fondano la religione e la morale sopra considerazioni mere umane e civili, e perciò vaghe, monche, imperfettissime, e di nessuna forza reale nella pratica della vita: i più riducono tutta la faccenda dell' erudizione letteraria alla capacità di gustare scritture superficiali e leggerissime, e massime romanzi, i quali corrompono i cuori, falseggiano il giudizio naturale, dispongono prossimamente alla pazzia, e propriamente appestano tutto il mondo. Così fatti gravissimi

T. VIII.

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disordini da lungo tempo furono avvisati, e procurati d' ovviare dal sacerdote cav. Antonio Fontana, uomo assai dotto, chiaro d'ingegno, dirittissimo di giudizio, profondamente religioso, e, ciò che in ordine al proposito nostro, assoda e compie tutte le qualità sovrindicate, consummato nell' esperienza appunto dell' educare. Egli pubblicò per addietro le seguenti opere: « Grammatica Pedagogica elementare della lingua italiana ad uso delle madri di famiglia.

Grammatichetta italiana, in cui si epiloga per le fanciulle quanto è detto nella Grammatica Pedagogica.

<< Trattenimento di lettura pei fanciulli di campagna. «Manuale per l'educazione umana.

« Manuale per le educatrici delle fanciulle ascritte alla pia opera di Santa Dorotea.

«Perchè spesso a' nostri tempi l'educazione non corrisponda alle premure che pongonsi in essa.

Queste opere, tutte opportunissime, e per ogni parte commendevolissime, furono ciascuna già più volte ripubblicate, secondo che bisognava per soddisfare al desiderio della saviezza di moltissimi genitori ed istitutori della gioventù, a cui non isfuggì che il salvare dai pericoli, ed il bene allevare la gioventù medesima è impresa, come delle più malagevoli, così delle più meritorie nel cospetto degli uomini, e nel cospetto

di Dio.

Ultimamente lo stesso benemeritissimo cav. Fontana publicò gli Elementi di Rettorica, de' quali il titolo intero è allegato in capo al presente articolo. Nel primo de' volumi fino ad ora usciti in luce, l'A. spiana ed espone, in forma proporzionata alla capacità delle fanciulle, tutte le parti naturali e gli artificii della parola in prosa ed anche in versi: nel secondo porge un' elettissima serie d'esempi, tratti da celeberrimi e savissimi prosatori, ne' quali i precetti si mostrano egregiamente praticati. Un terzo volume si spera, in cui lo stesso desiderabilissimo servizio sia prestato per riguardo ad esempi di poeti.

Con questi Elementi si propone l'Autore che ogni maestra, senza altri studj rettorici, possa tenere scuola alle figlie ed

alle alunne con profitto e con diletto; e medesimamente profitto e diletto possa trovare in essi chiunque abbia studiato anche solo alle scuole elementari. >>

Tutta l'opera è iniziata con un avviso a chi si mette agli studi delle belle lettere, che ne piace di qui riportare a comune giovamento, e per dare tutto insieme un saggio del pensare e dello scrivere dell'Autore.

« Il più grande maestro in rettorica, quantunque pagano, affermava per indubitato che la più potente virtù della parola si deriva dalla stima in cui è tenuta la probità di colui che favella; sicchè per sè sola quella probità vale più che i sottili argomenti e le speciose frasi cercate nelle scuole.

« E in vero, la vita intemerata ha in sè stessa in ogni età, in ogni condizione una tale amabile dignità che a fede, a persuasione, a benevolenza, ad affettuoso rispetto, in favellando, alletta, anzi sforza.

« Accogliete dunque, innanzi a tutto, nell'animo vostro questo sommo vero come a saldo fondamento di quanti insegnamenti vi aprirà innanzi il mio libro o i migliori di esso. Con questo, lo studio, in cui entrate crescerà efficacia e gentilezza al vostro discorso; senza di questo, crescerà disamabile orgoglio e spregevole vanità. »

Piaccia a Dio che questa nuova, come l'altre precedenti nobilissime fatiche del cavaliere Antonio Fontana, sia per tutto ricevuta con quell'amore e tenuta in quel pregio che si merita, e non incontri ad essa come alle piante più salubri ed odorifere de' campi, delle quali non è sentita, nè usata la virtù nel momento della tempesta.

FORT. CAVAZZoni PederzinĮ

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