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Nostro Signore Gesù Cristo, suo Figlio unigenito, non permetta la perdizione dei figli prevaricati, rinvigorisca la fralezza dei deboli, accresca la virtù e la fede de' forti, abbellisca ed amplifichi la Chiesa sua con le vittorie de' suoi figli.

Desideriamo poi che comunichiate sì ai vostri Suffraganei, come agli altri Vescovi della Toscana queste nostre lettere, donde anch'essi possano conoscere i sentimenti dell'animo nostro. Finalmente a testimonianza dell' intensissimo nostro amore, e ad auspicio di tutti i doni celesti, impartiamo dall' intimo del cuore a voi, venerabili Fratelli, ed a tutti gli altri Vescovi Toscani, ed a tutto il Clero e popolo fedele l' Apostolica benedizione.

Dato in Gaeta il dì 6 Febbrajo del 1849, anno terzo del nostro pontificato.

VII.

PASTORALE DI MONSIG. GIUSEPPE DE' CONTI PECCI AL CLERO DELLA CITTÀ E DIOCESI DI GUBBIO

VENERABILI FRATELLI !

(4)

Christo igitur passo, et vos eadem cogitatione armamini. (1 Petr. 4)

A tempo di dure prove ci ha riservato, fratelli dilettissimi, il Signore.

(4) Quest'uomo di petto apostolico, al quale la presente Pastorale ha meritato da' ministri dell'iniqua e sacrilega rivoluzione la cattura e l'esilio, è quel medesimo che nell'anno scorso teneva al suo popolo questo grave ed animoso linguaggio:

Il fatto degl'insulti contro alcuni Religiosi della Compagnia di Gesù, transitati questa mane per Gubbio, è troppo pubblico e solenne, perchè noi possiamo passarlo sotto silenzio.

« Per l'onore di Dio e del Vicario di Gesù Cristo, il nostro sovrano Pio Nono, pel decoro di questa diletta città, e pel dovuto rispetto alle leggi del diritto delle genti, della umanità, e di quella civiltà e progresso che si proclamano al dì d'oggi;

<< Innanzi a questa città nostra, e a tutte quelle alle quali perverrà la notizia dell' accaduto;

Si vuole spogliata la Chiesa di tutte le sue proprietà, e ridotto il clero ad una sussistenza dipendente e precaria. Sia per sempre benedetto Iddio che ci ha condotto al termine da verificare letteralmente quella promessa che a lui facemmo nel nostro ingresso al Santuario: Dominus pars haereditatis meae, et calicis mei; tu es qui restitues haereditatem meam mihi. (Ps. 15.)

« Noi, in nome nostro, e della eccellente popolazione di Gubbio, eccettuati i pochi eccitatori di quel disordine, protestiamo altamente contro quell'attentato, anzi lo detestiamo come ingiurioso a Dio, ed al Sommo Pontefice, disonorevole anzi obbrobrioso per la città, ed in aperta contraddizione coi principj di quelle riforme che non si cessa di esigere senza posa.

<< Perciò, col dovuto rispetto, noi ricordiamo alle autorità, giacchè il Vescovo di tutti è pastore, che non si lascino sopraffare dal timore, ma che coraggiosamente sostengano l'ordine, la giustizia, la pubblica tranquillità e decenza, e reprimano chiunque ardisce turbarle.

<< Avvertiamo i buoni e pacifici cittadini a non contentarsi di abborrire in segreto gli attentati di alcuni pochi; ma spieghino zelo di opporvisi francamente e coraggiosamente, sempre ne' modi legali.

« Ammoniamo finalmente con paterno affetto gli autori del fatto che riproviamo, e che ha ricolmato di amarezza e di confusione noi e tutte le saggie, costumate, educate e religiose persone della città, a voler far senno e non lasciarsi trasportare o da cattivi esempj di altri luoghi che videro con dolore scene somiglianti, o da falsi principj disseminati in odio della religione e della virtù, o da autori appassionati che nè possono conoscere, nè insegnare la verità.

rammen

« Figli carissimi, e che sapete voi dei Gesuiti? Seppur non tate quali essi fossero fra voi quei dotti, que' pii, que' caritatevoli Sacerdoti, senza eccezione di un solo, che qui lasciarono sì onorata memoria. << Che sapete voi di Gioberti, e delle opere di lui? Oh! se il sapeste, non vi lascereste sì facilmente allucinare.

<< Come! osate voi senza esame, senza processo, condannare, maltrattare, insultare persone da voi non conosciute; e perchè? Perchè appartengono ad un ordine approvato dalla Chiesa, stimato e lodato da Pio IX, e dai personaggi più distinti per sapienza e pietà, in cui fioriscono tanti uomini insigni per santità e dottrina, solo perchè ne dice male Gioberti?

« Ogni lieve oltraggio alla civica voi lo giudicate un affronto al corpo, al popolo, al sovrano.

« E non sarà un insulto alla nostra santissima Religione, al Capo della Chiesa, a Dio stesso, l'insulto fatto ai Gesuiti, solo perchè son Gesuiti?

È però mio dovere avvertirvi non esser lecito concorrere attivamente in alcun modo a un tale spogliamento e per la ingiustizia dell' atto, e per il sacrilegio che include, e pel fine inteso di rendere schiava la Chiesa, e per le ecclesiastiche censure nelle quali s' incorrerebbe, richiamate anche dal S. Padre pel caso presente nella sua Protesta del 1 gennajo, applicabile a questo nuovo atto in tutta l'estensione.

« Dov'è, dilettissimi, il senno, dove la logica e il buon senso; per non dire, dov'è la Religione e il rispetto a Pio IX, di cui vi vantate così devoti? Anzi dov'è quel progresso sociale, quella civiltà sì illuminata, generosa e gentile della quale dite di essere i zelatori?

« In qual paese, anche il più barbaro, vengono trattati, come trattaste voi i Gesuiti, i passeggeri innocenti, muniti in regola dei loro passaporti? « Non debbono anzi pel diritto comune proteggersi, difendersi, ajutarsi ? « Che direste di quel paese, ove passando voi, riceveste oltraggi somiglianti ?

« Ma v'è di peggio, carissimi figli, v'è di peggio. — Quod uni ex minimis meis fecistis, mihi fecistis dice Gesù Cristo. Quello che voi faceste a questi poveri Religiosi, Gesù Cristo lo tiene fatto a se stesso. Si: nella loro persona avete insultato, fischiato, schernito G. Cristo. « Oh! che mai faceste, figli carissimi! Riflettetevi ed inorridite.

« Noi questa mane abbiamo offerto subito pel vostro delitto il Divin Sacrificio. Abbiamo noi per voi chiesto subito colla fronte per terra perdono agli offesi. Essi faranno la vendetta dei Santi, pregare per voi. « Sacerdoti tutti del Signore, unite i sacrificj vostri, le vostre preghiere.

« Oh! che Dio vi perdoni, figli carissimi! Che vi dia pentimento sincero! Che non abbiano più a rinovarsi scene sì detestabili!

« Ah! sì, gran Dio, perdonate a costoro che non seppero quel che fecero! perdonate loro e benediteli con tutto il dilettissimo gregge.

<< Dato in Gubbio, dalla nostra residenza vescovile, il 26 di febbrajo del 1848. »

Il soggetto di questa Pastorale ne richiama alle forti parole che, più mesi appresso, dettava ad un giornale americano il sig. Brownson, uno de' primi giuspubblicisti degli Stati Uniti. Il riscontro è sì notevole, che par chiedere naturalmente luogo in queste Memorie.

« Non possiamo finire questo numero della nostra Rivista senza esprimere l'indignazione prodotta in noi dalla cacciata dei Gesuiti da Roma e dagli altri Stati d'Italia, per opera dei pretesi amici della libertà e delle istituzioni popolari. Chi mai pensasse che l'Ordine fosse stato soppresso

Niuno perciò potrà prestarsi a formazione di atti, e a dichiarazioni e giuramenti significanti adesione allo spogliamento della Chiesa, o ricognizione di autorità in chiunque a tal uopo li esigesse.

Quanto poi ai sagri vasi ed arredi, o altri effetti spettanti al tesoro della Chiesa stessa, ricordino tutti ciò che fece il generoso Martire di Gesù Cristo S. Lorenzo, che volle piutto

a Roma per autorità del Sommo Pontefice, s'inganna. Il S. Padre avvertì solamente i Gesuiti, chiedendo che si ritirassero in parte più sicura, poichè egli sentivasi impotente di difenderli più a lungo contra gl'insulti del popolaccio. Nulla, per quanto a noi costi, è avvenuto che possa indicare la menoma avversione pei Gesuiti da parte del S. Padre, nè il più piccolo decremento di fiducia per essi. Al contrario, gli atti, le parole di Sua Santità stanno a prova ch'egli ha un'alta stima per la Compagnia, ed una sincera affezione pe' membri di lei. L'espulsione non fu opera dell' Autorità pontificale, nè rispose ai desiderj degli amici della Religione e della Chiesa. Ma fu l'opera invece dei radicali e dei liberalastri, genía naturalmente ostile a chiunque preferisce la religione alla politica, il potere spirituale al temporale, l'ordine all'anarchia, la vera libertà al dispotismo, lo Stato al vil popolaccio. Codesti falsi liberali italiani mostran bene, colla loro persecuzione contro a' Gesuiti, che specie di gente sono, la natura della libertà che vogliono, e quel che l'umanità può aspettarsi da' loro conati. La loro condotta non ammette nè apología, nè scusa veruna, e deve giustamente eccitare l'indignazione d'ogni onest' uomo, amico della Religione e della vera libertà. Quanto a noi, siamo liberi; nati ed allevati in paese libero, noi comprendiamo ed amiamo la libertà, e ricusiamo di riconoscere que' furiosi per nostri fratelli. Essi amici della libertà! essi rigeneratori dell'Italia! Meschini vantatori! Vili falsarj! Credono che possa esservi un uomo libero sopra la terra che non gli abbomini, che non li faccia segno di un indicibile dispregio? Chi sono essi? Chi diede loro il diritto di far guerra ad uomini pacifici, devoti alla Religione? Qual diritto hanno essi alla libertà, che il Gesuita non l'abbia eguale? Sono essi così insensati da non capire che non havvi, nè può esservi alcuna libertà laddove una parte dei nostri concittadini, grande o piccola, non è libera? Che la libertà è pel nostro vicino istessamente che per noi?

<< Ma codesti liberali non furono paghi di cacciare i Gesuiti. Andarono più oltre ; furono visti violare la libertà del S. Padre, perchè egli ricusava di violare la sua fede, la sua coscienza, il suo dovere, per seguire i capricci di una plebaglia insolente. E noi veggiamo in mezzo a noi uomini, ed uomini che passano ancora per cattolici, i quali, nel delirio di una gioja

sto dispensati ai poverelli codesti sagri pegni, che lasciarli cadere in mani profane; nè mancano esempj nelle ecclesiastiche istorie di Sacerdoti e di Vescovi che diedero piuttosto la vita che le cose sante in mani sacrileghe.

Del rimanente, fratelli, niuno si turbi fra voi, o vacilli, anzi con santa allegrezza soffriamo la violenza che ci vien fatta, come que' primi Cristiani e Sacerdoti lodati da S. Paolo

forsennata, levando i loro sordidi cappelli, li salutano con veementi acclamazioni come amici della libertà. Poveri scempiati! Codesti parteggiatori non sanno che le fondamenta della libertà non posano sopra l'ingiustizia, nè sorgono sopra il dispregio delle leggi e della religione; che gli uomini, i quali non sanno nè obbedire nè rispettare i diritti degli altri e non dimandano la libertà che per servire ai loro disegni egoisti, non sono che gli assassini della libertà? Cotesti liberalisti, codesti fautori di Satana, che fanno d'ogni lor possa per desolar l'Europa e sommerger di nuovo le nazioni, già incivilite dal Cristianesimo, nelle tenebre della barbarie, meritano l'esecrazione d'ogni uomo che senta battersi in petto un cuore umano e colui che chiama la Chiesa sua madre, merita anche qualche cosa di peggio s'ei pensa un sol momento di vedere nelle loro agitazioni la più piccola possibilità del più piccolo bene imaginabile, dicasi pure, per la condizione temporale del popolo. L'Onnipossente non si vale di strumenti simili per migliorare le nazioni; e la libertà dichiara loro un odio aperto. In nome della libera America, io li denuncio! Essi sono uno scandalo pe' veri repubblicani, e le parole ci mancano per esprimere la pietà e l'orrore che c'inspirano i loro amici d'America, sì pel loro accecamento come pei loro principj. Con mezzi perversi non si arriva mai a buon fine. La libertà non vuol essere servita da quei radicali che, per provarle la loro devozione, la calpestano. Voi non emanciperete mai una nazione fin tanto che non vi sarete voi stessi spogliati delle abbiette vostre passioni e de' vostri ingiusti pregiudizj. Un Governo libero non fa il popolo libero; è un popolo libero che fa il Governo libero. Gli schiavi non possono essere che despoti. Essi devono trascinarsi a terra, o forzare tutti gli altri a strisciare sotto di loro. Voi non servirete mai la causa della libertà nel vostro paese, finchè non avrete imparato ad inchinarvi umilmente dinanzi a Dio ed a rispettare i suoi ministri, a rispettare i diritti del vostro prossimo come i vostri, e finchè non vi sarete impegnati a difendere la libertà per lui, come per voi medesimi. Fin là, voi siete schiavi nella vostra anima, nè potete propagare che la vostra razza. La libertà viene dal Cielo, ed ella non sarà servita da uomini che non si collegano che al genio dell' inferno. >>

T. VIII.

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