Obrazy na stronie
PDF
ePub

miterj Cristiani: ed il ch. Autore (p. 270, cf. p. 118-119) lo convalida con ragioni di fatti da sè osservati. «< Mi occorse, dic' egli, nel 1842 entro il Cimitero di S. Agnese di trovarmi presente all' apertura d'un sepolcro creduto di Martire pel solo contrassegno dell'Ampolla tinta di Sangue. Tolte le pietre che ne chiudevan la bocca, vedemmo dentro due cadaveri interi, e dietro le teste dei due il braccio di un terzo. Nell'anno appresso, nel Cimitero di S. Ciriaca, aprendone un secondo, per la ragion medesima dell' Ampolla, trovammo pure due cadaveri interi; ma dove le teste e le braccia dei due erano tra loro a contatto, i femori e le

al medesimo P. Secchi in data di Parigi li 6 Agosto del 1841 (Ivi p. 109-113), nella quale, fra l'altre cose, dice: «< Nel mettere in dubbio questo punto d'archeologia Cristiana, io non avea sufficientemente (lo confesso senza la minima pena) pesate le circostanze che accompagnano ordinariamente l'inserzione del Vaso, di cui si quistiona, e che non potrebbero nè punto nè poco riferirsi ad una tutt'altra intenzione, quale è quella de' vasi da profumo deposti nel seno della tumba, e conseguentemente nell'interno della nicchia, loculus: laddove il Vaso di vetro, considerato come un segno indubitabile di Martirio, trovasi murato all'esterno della nicchia sepolcrale. Questa distinzione sola, apprezzata com'era di dovere che lo fosse, sarebbe bastata per prevenire lo sbaglio, in cui sono caduto; e le testimonianze dell' istorie ecclesiastiche sopra l'uso dei Fedeli di raccogliere con tutti i mezzi, che erano in loro potere, il Sangue de' Martiri; queste testimonianze, alle quali voi avete aggiunte nuove citazioni egualmente degne di fede, avrebbero dovuto dissipare intieramente i miei dubbii. Ora, mio rev. Padre, dopo che vi ho letto, non sussiste più alcuno di questi dubbii nel mio spirito; l'assenso, che io do alle vostre idee, è completo e senza riserva; ed è soprattutto

gambe erano distaccate, perchè tra i piedi riposava il capo di un femore, e tra le tibie l'intero femore, e tra i femori la tibia e il piede d'un terzo cadavere. Siccome i due, dei quali eran quel braccio, quella gamba e quel femore, non par verisimile che morissero di morte naturale; siccome è indubitato che i corpi interi e monchi de' Martiri di Cristo furon sepolti ne' sacri Cimiterj; siccome è pure dimostrato che Martiri e non Martiri non si seppellivano indistintamente nel medesimo sepolcro ; così ho voluto io che il pubblico conoscesse questi fatti, perchè parevanmi efficacissimi sì a chiarire il Martirio di que' sei, sì a crescere fede al docu

per indirizzarvi questa confessione, e questa riparazione del mio fallo, che io presi la penna »).

Nella lapide di un sepolcro del Cimitero di Ciriaca, insignito del Vaso del Sangue, leggesi DIOGENIAE FILIAE BONAE QVAE VIXIT ANNOS SEX M X DIOGENES PATER INFELIX (Mai, Script. Vat. T. v, p. 427, n. 8): ed il ch. Editore vi appone la seguente annotazione: Porro, inquit Marinius, quis credat Christianum virum se appellasse INFELICEM PATREM filiae Martyris? Se Mons. Marini avesse data egli alla luce quell'opera, che non gli stava nell'animo di pubblicare (v. Bullett. dell' Inst. arch. 1845, p. 150), penso che avrebbe soppressa o rettificata quella noterella. Io certo non ho difficoltà di sorta a credere, che un padre Cristiano, nel tempo stesso ch'egli godeva dell' eterna gloria e felicità della figliuola sua, morta Martire, si rimanesse dolentissimo e si chiamasse infelice per la perdita di sì buona e cara sua figliuola. Così S. Agostino nel Sermone suo XII sopra S. Cipriano diceva: Tristis procul dubio tunc Ecclesia fuit non damno cadentis, sed desiderio recedentis, semper cupiens videre praesentem tam bonum Rectorem atque Doctorem.

mento di cui Roma si vale per distinguere ne' Cimiteri i Martiri dai non Martiri; che è ordinariamente l'Ampolla del Sangue. Due fatti forse non bastano da sè a costituire una piena certezza; ma chi lo può fare faccia conto degli altri, e li riunisca alle altre ragioni che favoriscono l'argomento dell'Ampolla, e questo col tempo diverrà ognora più irrepugnabile. » In un cubiculo tuttora intatto del Cimitero di S. Ermete il ch. Autore vide aperto in presenza sua l'arca sepolcrale di Elio Fabio Restuto, morto d'anni XVIII e mesi vII nella Pace del Signore, come leggesi nel suo epitafio. « Giaceva Elio presso la parete esterna dell' arca, col capo a sinistra di chi guardava; aveva intere le ossa e del colore del più bello avorio, e presso il capo aveva un'Ampolla di vetro, la quale, allo sperarla contro la candela, mostrava le pareti rubiconde e trasparenti, il fondo opaco e nero per la crosta troppo grossa del sangue diseccatovi sopra. Posava sulla parte interna dell' arca, col capo presso ai piedi di Elio, un secondo Martire, il quale alle proporzioni delle ossa, che appena arrivavano sopra il gomito del vicino, non mostrava età maggiore di dodici anni o tredici. Dal cranio a mezzo il femore le ossa parean carbone, da mezzo il femore al piede venivano gradatamente imbiancando. Guardandole più da vicino riconoscevasi l'azione del fuoco tanto più violenta quanto più al capo vicina. Ognuno avrebbe detto, che capovolto il Martire verso terra, e sospeso in alto cò' piedi, era stato dalla fiamma e dal fumo affogato e a metà abbrustolito. Non avea, com' Elio, il Vaso del Sangue

presso il capo, e non lo potea avere, se il fuoco glielo avea dentro le vene abbruciato e cotto >>> (p. 123-124). Ed ecco un terzo fatto, che torna in conferma evidente del Vaso del Sangue posto per segnale del Martirio.

<< Gl'impugnatori delle Palme come segno di Martirio (dice altrove, p. 119, l'Autore) che avrebbero ad oppormi, se io loro dicessi, che, aperto un loculo il quale aveva improntata una palma nel luogo stesso, dove il più sovente sogliam trovare murata l'Ampolla del Sangue, che è presso la testa del Martire, entro il loculo vi trovai poche ossa abbrustolite dall' ardor delle fiamme? »

Dotta e giudiziosa ci parve fra l'altre l'illustrazione del luogo chiamato le Catacombe, (5) e della cella ove furono per qualche tempo riposti i Corpi de' Principi degli Apostoli (p. 200 e segg.). « Raccontasi, scriv'egli, che verso il tempo in che i due Principi degli Apostoli ebbero col sacrificio della loro vita confermata la santità dell'Evangelio che qui avevano predicato, furono inviati dall' oriente a Roma alcuni fedeli, perchè si prendessero i corpi

(5) L'Autore è d'avviso (p. 209), che la voce Catacombe si derivi dal latino cumbo, e che caratterizzi e qualifichi la specialità di quel sepolcro primario chiuso superiormente in mezzo dai quattordici sepolcri secondarj. Ma, avendo quel basso sepolcro principale pur qualche somiglianza con una cymba, cumba, parmi da preferire l'opinione di chi deduce il nome Catacumba dalle greche voci κατα ο κυμβη (cf. Schneider, Lexic. Gr. v. Kvußn: R. Rochette, Tableau des Catacomb. p. 58).

T. VIII.

2

loro e nella patria ov'erano nati (6) li portassero. Si vuole che riuscissero nell'intento di sottrarre il doppio tesoro ai sepolcri del Vaticano e della via Ostiense; ma che venuti al secondo miglio della via Appia, sorpresi fossero dai fedeli di Roma, i quali avvisati in tempo, gl'inseguirono, e ritolsero ad essi di mano la preda, che fu per poco nascosta in un sotterraneo presso l'Appia medesima, e quindi riportata nelle tombe primitive del Vaticano e della via Ostiense. Raccontasi di poi che devastando l'imperatore Elagabalo e profanando i sepolcri del Vaticano, per creare secondo suo capriccio in quel circo uno spazio comodo alla corsa delle quadrighe degli elefanti, i fedeli di Roma compresi da giusto timore, non il sepolcro dell' Apostolo Pietro avesse a perire nella devastazione, ne tolsero il corpo e lo trasferirono al sicuro nascondiglio dell'Appia, donde dopo quarant'anni fu riportato al sepolcro Vaticano. Nel presentare qui agli studiosi in disegno un sì famoso nascondiglio non posso schivare l'esame di quelle scarse testimonianze, alle quali la verità di questi due avvenimenti si appoggia. La storia gitta alcuni raggi di luce sopra questo

(6) L'Autore (p. 202, 210) pone que' fedeli venuti a Roma da Betsaida e da Tarso: ma le voci cives e discipuli presso S. Damaso e S. Gregorio possono avere un senso più lato, e significare che que' fedeli appartenessero alle Chiese di Antiochia e di Gerusalemme. S. Pietro ebbe la sua Sede in ambedue quelle metropoli, prima che in Roma, e S. Paolo fu educato ed istruito in Gerusalemme (Act. Apost. xx11, 3) ed appartenne un tempo alla Chiesa di Antiochia (Act. Apost. XIII).

« PoprzedniaDalej »