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Onorando Signore!

Fra quanti applaudirono alle letture che ha fatto il nostro

amico, socio ordinario e censore in questo patrio Ateneo, della traduzione con sue note del Viaggio in Italia di Teodoro Hell sulle orme di Dante, nelle vivacissime tornate del 18 marzo 1.o e 22 aprile dell' anno corrente; ben a ragione encomiò Ella, chiarissimo signor Segretario Perpetuo, l' erudito e spiritoso lavoro di quell'illustre Alemanno, che fece dono all'Italia di tanto industri e dotte sollecitudini per promuovere ognor più lo studio e la stima che far si devono della Divina Commedia, agevolandone l' intelligenza per tutti quei siti della gloriosa penisola, ai quali Dante coi suoi versi aggiunse fama immortale.

E mentre tutti dolevansi che per avverse combinazioni non abbia potuto il sagacissimo Teodoro Hell seguitare le orme di Dante anche in questa nostra provincia, e ripetere le memorie che se ne trovano sì nella Divina Commedia, che nelle altre opere dell' Allighieri; egli è a Lei, riverito Signore, ch' io debbo l'onorevole incarico di brevemente riandarle, affinchè, nella circostanza in cui il lavoro del nostro amico viene messo alle stampe, e passa negli atti dell' Ateneo (al quale il libro medesimo è intitolato) non manchi in esso una pagina che le ram

Benchè pertanto io conosca che la pochezza mia non può mai giungere all' acutezza delle osservazioni, di cui, se qui fosse arrivato, ci avrebbe fatto dono su queste stesse memorie l' illustre Teodoro; pure non so rifiutarmi a cosa, che possa tornar gradita ai nostri consocii, e corrispondere così all' oggetto delle saggie premure sue.

Prendendo adunque le mosse da ciò che tiene al generale della provincia, si conosce nel poema del nostro grande Italiano, ed appunto nel Paradiso al canto IX, vers. 44 come la Marca Trivigiana signoreggiasse nel 1312 tutto il paese, che si trova dall' Adige al Tagliamento:

E ciò non pensa la turba presente,

Che Tagliamento ed Adice rinchiude,
Nè per esser battuta ancor si pente.

E dicò nel 1312, o poco prima, perchè egli fa cenno nel canto medesimo al vers. 50 di quel Riccardo da Camino che comandava a Trevigi, e viveva da superbo, mentre si ordiva la rete, che l'avrebbe preso ed ucciso, come avenne nel 5 aprile 1313 per opera di alcuni sicarii ad istigazione di Altinero degli Azzoni; ciò che Dante volle indicare nella seguente terzina:

E dove Sile a Cagnan s' accompagna,
Tal signoreggia, e va colla testa alta,
Che già per lui carpir si fa la ragna.

Infatti il Muratori (Script. Rer. Italic. tom. X, nella nota al lib. 6, rubr. 10 della Storia di Albertino Mussato) riferisce, che nel 1312 fu tal congiura ordita in Trevigi, probabilmente dai Ghibellini, e condotta con tant' arte e secretezza, che, mentre Riccardo stava giuocando in tutta quiete e fuori di ogni sospetto, venne con un ronco ucciso da un contadino, che pote penetrare nelle stanze di lui, e fu subito messo in pezzi dalle guardie senza poter sapere chi fosse, nè da chi mandato. Dell'autore della congiura per cui fu ucciso Riccardo, mentre tacciono tutti i comentatori, il Postillatore Cassineşe scrive: Occisus proditorie per assassinos ad petitionem domini Altinerii de Calzonis (Azzonis) de Treviso. Il Boccaccio vuole in vece, che i suoi vicini, gelosi di sua potenza, si servissero di un pazzo

per metterlo a morte. E qui giova notare, che Dante, segnando il punto dove il Cagnano mette nel Sile, cioè il sito oggi detto Ponte dell' Impossibile, indicava quello per cui probabilmente assai i congiurati penetrarono nella città, per quel canale appunto che va per di dietro alla piazza dei Signori ed al palazzo che teneva Riccardo. Nomina pure il nostro Poeta la Marca Trivigiana, la Lombardia e la Romagna, dove dice, erano buoni i costumi prima che Federico II imperatore avesse briga colla Chiesa, prima cioè che avessero incominciamento le controversie tra il sacerdozio e l' impero; e ciò nella terzina che segue: Su quel paese che Adice e Po riga Solea valore e cortesia trovarsi

Prima che Federigo avesse briga.

(PURG. C. XVI, V. 115).

Al modo stesso Dante nomina Feltre, città della Marca nostra, col nome di Feltro:

Piangerà Feltro ancora la diffalta

Dell' empio suo Pastor, che sarà sconcia
Si, che per simil non s' entrò in Malta.
(PAR. c. IX, v. 52).

Dove il Poeta volle lasciare eterna memoria del tradimento che, il vescovo di Feltre (Alessandro Piacentino, o Gorza, di casa Lussia, o, secondo altri, un fratello di Giuliano Novello di Piacenza) práticò ai tre ferraresi fratelli della Fonte, o Fontana, che si erano colà rifugiati per sicurezza, e che sotto fede fatti prigioni, e dati nelle forze del governatore di Ferrara (forse tenendosi il vescovo, a ciò costretto dal giuramento di fedeltà al pontefice, contro cui i dalla Fonte avevano voluto far novità) furono poi fatti ivi crudelmente morire. Questi gentiluomini di Ferrara, detti della Fontana, presi in Feltre, furono tre: Lancillotto, Claruzio e Antoniollo. È poi naturale, che il fatto movesse l'ira di Dante non solo per la fierezza del caso, ma ancora perchè questi signori dalla Fonte o Fontana erano di quegli Aldighieri, dai quali venne la moglie di Cacciaguida, proavo di Dante, che diede al casato di lui il cognome Aldighieri, d'onde Allighieri, ch'è quel cognome legittimo, sul

quale ci ha intrattenuto in quest' anno stesso il suddetto nostro

censore.

Passando ora alle patrie storie, leggesi nell' Inferno al canto XII, vers. 109:

E quella fronte c' ha'l pel così nero

È Azzolino

Questo è l' Ezzelino che fu detto da Romano, perchè abitava il castello che stava situato sopra uno dei piccoli colli della Marca Trivigiana verso Bassano, quale viene descritto dal nostro Poeta nei versi seguenti:

In quella parte della terra prava
Italica, che siede tra Rialto

E le fontane di Brenta e di Piava,
Si leva un colle, e non surge tant' alto,
Là dove escì già una facella,

Che fece alla contrada grand assalto.

(PAR. C. IX, v. 25).

Nacque infatti addì 24 aprile 1194, nel castello già detto, quel crudele Azzolino, od Ezzelino (cioè Piccolo Attila, come n' erudisce opportunamente il chiarissimo Teodoro Hell), terzo di questo nome nella famiglia de' conti ď Onara, che tiranneggiando occupò la Marca Trivigiana in qualita di vicario imperiale, e fu signore di Padova, città che soggiacque al ferreo giogo di lui dal 1237 sino al 1256. Nè tiranneggiò solamente la Marca, ma anche una parte della Lombardia dal 1230 al 1259, tempo della sua morte in Soncino. Pietro Gerardi, storico di que' tempi, scrive diffusamente tutte le crudeltà di costui, tra le quali quella di aver fatto morire dodicimila persone, ma in diversi tempi e con varii supplizii; e non che li facesse ardere tutti in un medesimo dì, come vuole il Latino, che dopo la ribellione de' Padovani dodicimila ne facesse chiudere nel Prato della Valle, e li facesse ardere con Aldobrandino suo cancelliere, che tutti i nomi gli avea notati in un quaderno, dicendogli, che facea di lui e di tutti quelli un sacrifizio al demonio per molti benefizii ricevuti da lui; laonde voleva che andasse col

quaderno insieme con loro all' inferno, e nominatamente per sua parte glieli presentasse.

Dante nomina pure nello stesso canto IX del Paradiso, v. 32 Cunizza, sorella di Ezzelino III, donna inclinata forte ai piaceri amorosi, e questa ritrova nella stella di Venere:

D'una radice nacqui ed io, ed ella:

Cunizza fui chiamata, e qui rifulgo,
Perchè mi vinse il lume d'esta stella
Ma lietamente a me medesma indulgo

La cagion di mia sorte, e non mi noja,
Che forse parria forte al vostro vulgo.

Che Dante poi abbia avuto dimora e casa in Treviso, lo fan certo le seguenti considerazioni. Dante era favorito da Cane della Scala (quel medesimo quivi morto nel 22 luglio 1329 per aver bevuto fuor di tempo ed in copia della nostra eccellente acqua, tutto acceso e caldo com' era, prima di entrar vittorioso in Trevigi nel giorno 18); ma fu un tempo che cadde in disfavore, e fu allora che si volse ai signori da Camino, cui spetta quel Gherardo che loda nel trattato IV del Convito, e da lui è chiamato il buon Gherardo. Qui visse e morì un suo discendente. Il sepolcro di costui giace tuttavia in questa cattedrale, da quando fu levato dalla profanata chiesa di santa Margherita, ed è nota l'iscrizione scolpitavi in versi lionini: iscrizione ch'è in lode di un Pietro, se non figlio, pronipote di Dante; perocchè Pietro il figlio, come provò monsignor Dionisi (Prep. Stor. tom. I, pag. 157), morì nell' anno 1364, ed è sepolto a san Michele di Campagna fuor di Verona; onde lo stesso epitaffio risulta per assai capi sospetto (*). È ad ogni modo fuor di dubbio, che Dante ebbe casa in Trevigi, e che meritamente l'Arrivabene

(*) Eccone la esattissima copia, non quale piena di errori fu stampata nel 1830 in Treviso nel vol. XII della Biblioteca piacevole pag. 89, ma quale con menome differenze la offerse monsignor Dionisi nel vol. I, pag. 157 della Preparazione istorica, e quale oggi 23 luglio 1841 la ho verificata io medesimo in presenza dei riveriti signori monsign. canonico Guecello Tempesta e D. Sebastiano Pasqualetto sacrista della cattedrale di Treviso, nei chiostri di cui (quando fu levata dalla chiesa di S. Margherita dov' era) esiste scritta in caratteri gotici, e senza dittonghi;

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