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NUMERO IX.

Lettera di Papa Pelagio II. ad Aunacario, Vescovo d'Auxerre, contro i Longobardi.

ANNO 581. OTTOBRE 5.

(Dal P. Sirmondo ne' Concilj ).

AD AUNACHARIUM EPISCOPUM AUTISIODORENSEM. Dilectissimo fratri Aunario (sic) Pelagius urbis Romae Episcopus.

LAUDANDA tuae caritatis vota relegimus, quibus te, nisi gentilis motus (1) obsisteret, ad nos venire voluisse significas. Licet enim spiritaliter, et simul et unum semper simus in Domino, verumtamen etiam praesentias corporales et antiquiores patres, et ipsos quaesisse invenimus apostolos. Sed dum tua desideria, causasque quibus obstareris exponeres, mirati sumus minus te illud quod ipsis obviaret excusationibus attendisse. Si ENIM MUNDO VENERABILEM JUDICATIS HANC URBEM (2) SI AD PACEM SEDIS APOSTOLICAE CUNCT A RUM REGERE MODERAMINA ECCLESIA

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persecuzione Arianesca. So che incresce ad alcuni, se a'Romani si dia il nome di vinti. Ma come s'avrebbero a chiamar gli altri Romani, che non vennero in potestà de' Longobardi? E poi molte città, che furono prese da costoro, aveano resistito nobilmente; fra le quali giova ricordar Pavia, che sostenne l'assedio lungo contro Alboino.

(1) Qui per Gentile s'intende il moto Barbarico de' Longobardi.

(2) Non so se Aunacario fosse di sangue Romano o Franco: ma cosi allora, nati o viventi fra' Barbari, pensavano i Vescovi d'ogni razza e d'ogni nazione intorno alla necessità di starsene uniti col Pontefice di Roma.

Ad Ro

Ad Ga

RUM PRAEDICATIS; cur non et tribulationes nostras; et man. 13. temporales angustias caritatis compassione gemiscitis? lat. 4. scientes divino per apostolum nobis ore mandari, ut pos invicem diligamus, ut onera invicem nostra portemus ; ut quotiens fratrum quicumque uritur, nos uramur: dum PENE IN CONSPECTU VESTRO (1) TANTUS SANGUIS

INNOCENTIUM SIT EFFUSUS, ITA SACRA VIOLENTUR ALTA

RIA, ITA CATHOLICAE FIDEI AB IDOLATRIS (2) insultetur. Novimus et nos, quod temporalia ista flagella sint et ad probationem, sicut de coelesti confidimus miseratione, proficiant; et proximum, sicut a vobis scribitur, Dominus Psal. 36. noster de tribulatione dat gaudium: quia qui nequiter agunt exterminabuntur, et inimici Dei mox ut exaltabuntur, sicut fumus deficient, et generaliter peribunt gentes de terra ejus. Propter quod vos decuerat, qui illic Catholicae membra estis Ecclesiae, UNI CORPORI UNIUS CA→ PITIS GUBERNATIONE CONJUNCTA, omnibus quibus viribus valeretis, paci quietique nostrae pro ipsa Sancti Spiritus unitate concurrere. Nec enim credimus otiosum, nec sine

(1) I danni d'Italia si dicono da Pelagio II.o essere avvenuti quasi al cospetto d'un Vescovo delle Gallie tanto ancora l'Italia presedea col suo nome al resto delle Nazioni. Ma forse Aunacario, che or dicea di voler venire in Roma, v'era dianzi già stato buon testimone di ciò che vicino ad essa opravano i Longobardi.

(2) Tristi racconti, e non avvertiti a bastanza, sulle crudeltà Longobarde. Son forse più significativi che non i racconti di San Gregorio, a'quali per non so qual vezzo, come a troppo eccedenti, negano molti di prestar fede. La parola idolatri dimostra, che Pelagio credeva essere maggiore il numero di costoro, e non degli Ariani, fra' Longobardi. Le prime lor rabbie, al dire dello stesso Paolo Diacono, si volsero contro i Sacerdoti e le Chiese.

magna divinae providentiae admiratione dispositum, quod vestri Reges Romano imperio in orthodoxae Fidei confessione sunt similes, nisi ut HUIC URBI, ex qua fuerat oriunda, vel universae Italiae FINITIMOS, ADJUTORESQU E praestaret (1). Cavete igitur, carissime frater, ne dum regibus vestris juvandi nos virtus sit data DIVINITUS, caritatis vestrae circa nos levitas arguatur: qui ILLIS ET IN FIDE, ET IN CONSILIIS, VESTRO SACERDOTIO SIC DEVOotis (2), suadere talia aut negligitis, aut differtis. Sacras autem reliquias (3), quas et tua caritas, et Gloriosissimus Filius noster petiit dirigendas, cum cohaerenti sibi sanctificatione transmisimus. Propter quod nihilo minus admonemus, ut quorum virtutem quaeritis, eorum templa a POLLUTION E GENTIUM liberare (4), in quantum vobis est possibile, festinetis: et vestris Regibus instantissime suadeatis, quatenus ab amicitiis et conjunctione NEFANDISSIMI HOSTIS,

(1) Questo era il concetto fermo del sesto, del settimo e dell'ottavo secolo, che i Re Franchi, perchè Cattolici, fossero i difensori necessarj di Roma ed anzi di tutta Italia. Vedi le seguenti Osservazioni.

(2) La potestà de' Pontefici Romani sul volere de' popoli e de'Re dal sesto fino all'ottavo secolo, l'ebbero in Italia eziandio i semplici Vescovi, come Santo Epifanio di Pavia; e l'ebbero massimamente que' delle Gallie su'cuori Barbarici. L'esser di-feso da'Franchi contro i Longobardi e contro qualunque altro inimico era chiamato un dono di Dio da Pelagio II.: DIVINITUS. A mano a mano si vedrà nel presente Codice Diplomatico se i Papi fossero i soli a volersi far difendere contro i Longobardi. Della difesa di Napoli si dirà nel Documento, che segue.

(3) Di queste sacre reliquie toccherò nelle qui soggiunte Osservazioni.

(4) Ricorre in bocca di Pelagio II.' l'argomento d'aversi dai Cattolici a tutelare le Chiese contro il furore de' Longobardi, non quello d'aversi a porre nuovo Signore nel regno Longobardo.

LONGOBARDORUM, salubri se provisione segregare festinent ? ne dum illorum vindictae tempus advenerit, sicut

OSSERVAZIONI.

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Ecco uno de' documenti di più gran rilievo per la Storia d'Italia; sebbene appena se ne faccia motto dal Muratori. Qui a noi si svelano gli accordi, che durarono sempre fra'Romani Pontefici ed i Re Franchi dopo il battesimo di Clodoveo, e per causa unicamente della fede Cattolica; non essendovi nel sesto secolo appo essi Pontefici alcun pensiero possibile di niuna temporale Sovranità in Italia, sebbene ad essi molto si confidassero gl'Imperatori Bizantini per governarne le pubbliche faccende o per mantenerne la pace. Allora certo non viveasi come di poi si visse, o come or si vive. I Pontefici del sesto secolo non potendo meglio, accettavano la deputazione Bizantina; ma credeano, ed era giusto, che Roma fosse il fonte vero della potestà di Bizanzio. Continuavano frattanto a tener verso i Barbari lo stesso modo già tenuto dagl'Imperatori d'Occidente. I Barbari, se non ostili a Roma, erano da essa riputati Leti o Gentili e Federali; vane tuttavolta riuscite sarebbero ad essa, mancando le legioni, sì fatte qualità, se i Papi d'allora non avessero saputo conseguir lo stesso effetto per via della Religione. Con questa forza viva reprimeano sovente il Barbarico insulto e sovente, a difendersi, cacciavano un più docile Barbaro in qualità di Leto e di Federato contro altri Barbari più insolenti e riottosi, continuando l'antica politica di Roma Imperiale, ma senza fare i voti sanguinosi, mercè i quali Tacito cercava sbramare gli occhi suoi coll'esterminio vicendevole di quei nemici. Super sexaginta millia, non armis telisque Romanis, sed, quod magnificentius est, OBLECT AT IONI OCULISQUE CECI DERUNT. Maneat, quaeso, duretque GENTIBUS, si non amor nostri, at certe odium sui; quando, urgentibus Imperii fatis, nihil jam praestare fortuna majus potest, quam hostium discordiam! In vece di questi voti, Roma nel sesto secolo accogliea sotto una più ampia e comune legge i Barbari, che sbarbariva, predicando loro il Cristianesimo.

:

man. I.

et celere fieri divina miseratione confidimus, eorum etiam illi inveniantur esse participes: quia scriptum est, Non Ad Ro. solum qui ea faciunt? sed etiam qui consentiunt facientibus puniendos. Deus te incolumem custodiat, carissime frater. Datum III. Nonas Octobres, imperante domno Tiberio Constantinopoli * Augusto, anno VII.

I Franchi, fatti Cattolici, o erano dopo Clodoveo assoldati dagl' Imperatori Bizantini, o mossi dal Pontefice Romano, al quale obbedivano come seguaci d'una credenza, che informava la più gran parte della loro vita civile. Talvolta i Re Barbarici, come si scorge in questa Lettera di Pelagio, chiedevano il dono d'una qualche reliquia di Santi; ed i Papi volentieri l'inviavano. Così fecero di poi San Gregorio con Teodolinda ed un altro Gregorio con Carlo Martello. L'Arianesimo de'Longobardi prima e dopo Teodolinda fu vasta cagione degli odj loro contro Roma; e, quando poi si convertirono, i Franchi rimasero loro anziani e primogeniti nella fede Cattolica: più cari perciò ed utili a Roma, la quale non pargoleggiava disputando, se i Barbari Franchi fossero più o meno scellerati de' Barbari Longobardi cose o sempre variabili, o sovente impossibili a discernere da'contemporanei. Poichè l'Ariano Longobardo rovesciava le Chiese d'Italia, scannando i Sacerdoti, non è uno stupore che Pelagio II. chiedesse aiuti a'Cattolici delle Gallie, Leti o Gentili e Federati dell'Imperio: aiuti che chiedea parimente, ma non di rado senza pro, il Bizantino. I Franchi poscia salvarono tutta l'Europa dagli Arabi, ciò che accrebbe verso i vincitori l'amicizia de'Pontefici; ma tristi danni recò all'Italia la conquista di Carlomagno; non desiderata, per quanto si scorgerà nella mia Storia, ma si abborrita da'Pontefici Romani, che sarebbero stati assai meglio in Italia senza Franchi e senza Longobardi. Ciò non vuol dire, che i Franchi non fosser sospinti da forze irresistibili a dover conquistare l'Italia Longobarda, come prima ne sarebbe lor venuto il destro : essi, a' quali or ora si dirà, che il Longobardo fin dal primo arrivare apri le porte d'Italia, collocandoli presso Torino, senza chiedere alcun conto delle due Rezie.

* Con

sta ntino.

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