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noi » (p. 311). In base a questa concezione del termine cui aspira il progresso religioso, l'A. espone un'idea ecclesiastica, che tende a raccogliere, prescindendo da ogni barriera confessionale, tutti coloro che amano la verità e il miglioramento umano.

È un fatto veramente singolare che idee di questo genere, giudicate dalla ortodossia come un tentativo di impoverire il cristianesimo tradizionale, vadano così diffondendosi nelle nazioni di lingua inglese. M.

A. GHIGNONI, Epitteto, Il Manuale. Introduzione, traduzione dal greco e commento. Roma, 1909, pp. LVIII-51. L. 2.

Una nuova traduzione del famoso saggio di filosofia stoica non giunge inopportuna, quando essa è redatta con una penetrazione del testo cosi sottile e con una eleganza di dizione come quelle di cui dà prova il G. in questo volume. È qui raggiunto lo scopo di una traduzione veramente intelligente: conservarsi fedele così all'originale da riprodurne, nella nuova veste linguistica, tutte le finezze e le sinuosità di pensiero e di sentimento; badare cioè sopra tutto alla corrispondenza del contenuto, più che alla fedeltà pedissequa del vocabolo. L'introduzione, ampia e ben ordinata, è un gioiello di critica penetrante e di esposizione spigliata e suggestiva. Le note aggiunte al testo, d'indole prevalentemente morale, mirano sopra tutto a un raffronto delle massime stoiche coll'esperienza cristiana. « Il cristianesimo dice il G. (p. LVII) è l'umanità ideale: onde lo spirito umano vi si accosta gradatamente, salvo alcune volte che pare dilungarsene d'improvviso retrocedendo. In entrambi i casi servono a rimettere in carreggiata e aiutano a risalire, spiriti come questi di Socrate e Epitteto». Per questo la lettura del Manuale epittetiano è raccomandabile a tntti coloro che sentono il bisogno nella prosaicità della vita quotidiana di ascoltare voci nobili e suggerimenti di forza e di serenità morale. E. B.

SPIGOLATURE E NOTIZIE

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Ancora il tesoro del « Sancta Sanctorum ». Fra le reliquie di questo tesoro studiato recentemente dal Grisar e dal Lauer, una delle più insigni è certamente la così detta « croce smaltata » decorata con le scene dell'infanzia di Cristo, e attribuita dai due critici, secondo la testimonianza del Liber Pontificalis, a un dono di papa Simmaco, ritrovato da Sergio I. Una breve memoria dell'operosissimo p. S. Scaglia (Nova circa thesaurum sacelli palatini « Sancta Sanctorum » investigatio. Exc. ex. Ephem. Lit. », genn. 1910) riforma completamente queste conclusioni, assegnando la vera età dell'insigne reliquiario e della sua decorazione in smalto. L'A. prende le mosse dalla iscrizione che si trova sulle dodici facce della croce, che il Grisar aveva giudicato non solo indecifrabile, ma indipendente originariamente dalla croce: OAT - EPISCOP: MEAR- TIP - CHALIS - XILLUM CRUCIS OH - EGTINAMUNDIH - MINA - OAD - QUOD - PE... QUA ES. Lo S., leggendo l'iscrizione dalla parte inversa a quella suggerita dal Grisar, ricostruisce perfettamente il senso della epigrafe votiva:

Peto quaesoque quod alma Domina
Et regina mundi hoc honorabile
Vexillum crucis tibi Paschalis merear
Episcopus tuus offerre toto animo.

In base a questa interpretazione, restituisce la croce e la sua decorazione al pontefice Pasquale I e al suo tempo. Non diremo che tutto sia chiaro e inattaccabile nella dimostrazione dell'A. - ma certamente tutto si presenta con una notevole verosimiglianza.

L'idea del peccato originale. Sono noti la leggerezza e l'apriorismo con cui S. Reinach risolve, da qualche tempo in qua, i più oscuri problemi della storia religiosa. Una delle manifestazioni più sintomatiche in proposito è la conferenza pubblicata su tale argomento nel vol. XXIX delle Conférences faites au Musée Guimet ». L'A. prende le mosse dal mito di Pandora, che spinta dalla curiosità apre il misterioso cofano, e ne lascia sfuggire tutti i tesori,

tranne la speranza, rimasta ad alleviare i dolori della vita quotidiana. Quindi ricorda il mito di Zagreo, divorato dai Titani, dalle cui ceneri nacque il genere umano, che porta le traccie dei suoi progenitori: l'elemento celeste e l'elemento carnale, conseguenza dell'inespiabile reato ed espone i riti purificatori dell'orfismo. Infine. commenta il racconto del Genesi, distinguendone la duplice redazione e affermandone, molto sommariamente, l'origine tardiva e il carattere popolare. Egli nota come nell'insegnamento di Cristo non v'è alcun accenno alla caduta d'Adamo e come la colpa del primo uomo è posta in rapporto con l'espiazione di Gesù solo nelle Epp. ai Rom. e ai Cor. Ma la parte più singolare e più capricciosa della conferenza è l'ultima, in cui il R., sulle orme del Paton, scorge nel terzo capo del Genesi anche un mito etiologico, rivelante una cerimonia « figuière » (non saprei come tradurre il vocabolo), affine ad una cerimonia ateniese. Nel mese di Thargelion (maggio) due vittime espiatorie erano condotte fuori di Atene, con delle collane di fichi secchi. Più anticamente le due vittime erano un uomo e una donna, che erano condotti fuori della città, ricoperti solo da una cintura di fichi. Una volta giunti fuori d'Atene le vittime erano colpite sette volte, con dei rami di fico, in mezzo al corpo: operazione magica il cui fine era nel promuovere, per simpatia, la fecondità degli alberi di fico. Col tempo questa cerimonia magica si trasformò in rito espiatorio: invece di essere condotte nei campi, le vittime furono cacciate, e i colpi che esse ricevevano passavano per una punizione. In origine però il rito sembra essere stato puramente agricolo, una fra le tante applicazioni del principio della magia simpatica. Dopo questo mirabolante raffronto, il R. osserva a mo' di conclusione: « nell'orfismo come nel cristianesimo l'iniziazione mistica salva l'individuo e cancella la colpa originale; ma nell'orfismo la colpa originale era l'uccisione di un Dio; nel cristianesimo la morte di un Dio è strumento della Redenzione e la colpa originale non è che la violazione di un tabou ». Si potrebbe essere più semplicisti di così?

11 <«< Dictionnaire d'Archéologie chrétienne », ecc. Ne è uscito il fase. XVIII: Calliste (cimetière de), Cantorbéry. La trattazione del cimitero di Callisto, affidata al Leclercq, si era arrestata nel fascicolo precedente alle origini storiche del cimitero. Qui si riprende la descrizione delle cripte storiche; si studiano i lavori d'età posteriore; si parla del cimitero sopra terra: sempre con quella erudita ampiezza, che non esclude ogni inesattezza (l'A. è lontano dai luoghi e lavora su fonti scritte), ma riassume abbastanza felicemente la ricca letteratura dell'argomento. Nel medesimo fascicolo sono molto notevoli: la descrizione che il Leclercq stesso fa dei manoscritti liturgici esistenti nei vari collegi di Cambridge, i due articoli consacrati rispettivamente dal Cabrol

e dal Fortescue al canone in genere e al canone nel rito bizantino, lo studio del Leclercq sui canoni apostolici, e infine quello del Cabrol sui cantici (il cantico liturgico; i cantici antichi; i cantici scritturali nelle varie liturgie; i cantici nella liturgia mozarabica).

L'Enciclopedia teologica Herzog-Hauck. Con la pubblicazione avvenuta in questi giorni del Register, può considerarsi come virtualmente terminata la terza completa rifusione di questa ormai notissima « Realencyklopaedie», edita dall'Hinrichs in Lipsia. Si promette infatti un solo Ergänzungsband, da pubblicarsi nel 1912, per mettere l'opera al corrente del progresso scientifico avvenuto nei 12 anni che è costato il rifacimento (1897-1909); avremo quindi tempo a esporre in una prossima ampia revisione che faremo di questa enciclopedia, i desiderata più opportuni. Intanto giova notare che i 22 volumi in-4o, di circa 800 pagine ciascuno, che la compongono (prezzo compl. 218 marchi) sono uno strumento di lavoro eccellente e per fermo indispensabile anche al teologo cattolico, poichè non vi è quasi argomento, specialmente delle scienze teologiche positive, che non vi sia trattato con profonda e rara competenza, e (salvo alcune eccezioni) anche con grande imparzialità. Questo stesso Register ne fa fede: le prime pagine (v-XXXVI) dànno un elenco dei collaboratori con opportuni dati biografici, sicchè si ha in esso quasi una splendida galleria della scienza teologica protestante contemporanea: citiamo a caso: Achelis, Arnold, Baudissin, Benrath, Boehmer, Bonwetsch, Bousset, Brieger, Caspari, Deissmann, Dobschütz, Dombart, Drews, Eucken, Ficker, Friedberg, Gebhardt, Gelzer, Goltz (v. d.), Gregory, Grützmacher, Harnack, Hauck, Haussleiter, Heinrici, Heinze Max († 17/9/09), Hinschius, Holl, Holtzmann, Jhmels, Jülicher, Kattembusch, Kawerau, Kleinert, Klostermann, Krüger, Leipoldt, Lobstein, Loofs, Nestle, Preuschen, Schmidt, Schültze, Seeberg, Stähelin, Weiss, Weizsäcker, Werner, Wölfflin, Zahn, Zöckler. Viene in seguito per ben 482 pagine un indice alfabetico di tutti gli argomenti trattati, sì di proposito che incidentalmente, in cui è difficile che il teologo, patrologo, filologo, liturgista, archeologo, storico, moralista, filosofo, ecc. non trovi tutto quello che può desiderare pei suoi studi. Naturalmente in questa, come in tutte le opere di consultazione, non bisognerà contentarsi di quel che vi si trova; sarà sempre necessario controllare, completare e spesso anche correggere: ma dappertutto si troverà un fondamento sufficiente che risparmierà allo studioso una fatica e un tempo considerevole. Crediamo quindi di dare un buono e utile consiglio pratico a chiunque voglia esercitarsi negli argomenti che hanno attinenza con la nostra Rivista di non trascurare mai di consultare quest'opera che non dovrebbe mancare in nessuna biblioteca pubblica. Un paragone di essa con le altre enciclopedie specialmente

cattoliche, sarebbe certo particolarmente odioso: non si può negare però che anche rispetto alla migliore, il « Kirchenlexikon » edito dall' Herder, gli articoli sono maggiormente copiosi e meglio al corrente: rispetto ad altre, come il « Dictionnaire » del Letouzey e la « Catholic Encyclopaedia » americana, offre per lo meno il pregio incomparabile di essere... compiuta, e lo conserverà certo per maggior tempo rispetto alla prima che alla seconda. Una simile intrapresa italiana non è disgraziatamente da sperare... Dio sa fino a quando.

Il più antico seminario della Romagna. Due giovani sacerdoti, G. Benini e L. Figna, hanno pubblicato una breve ma accuratissima monografia su I primordi del Seminario d'Imola (Imola, G. Ungania, 1909). Attingendo prevalentemente da fonti inedite (manoscritti della biblioteca Comunale, documenti dell'archivio Capitolare, rogiti notarili) essi tracciano una sommaria biografia di mons. Francesco Guerrini, fondatore del seminario; quindi fissano il tempo dell'apertura di questo (1° gennaio 1567); ricordano i primi alunni e superiori del seminario; enumerano i suoi beni patrimoniali e descrivono la primitiva sua vita. Fra le appendici c'è anche una tavola cronologica assegnante l'epoca di fondazione dei vari seminari romagnoli. In complesso, un buon contributo anche questo alla storia della contro-riforma in Italia.

Necrologie. È morto fin dall'ottobre passato nel sanatorio Principe Umberto presso Livorno, e pochi ne hanno ricevuto la nuova. Triste cosa e anche ingiusta, perchè il p. De Feis ebbe vero merito d'uomo erudito e operoso, in mezzo a un nuvolo d'arrivisti e di cacciatori di celebrità. Così va il mondo!

Era nato il 28 gennaio 1844 in Anzi di Basilicata.

Precocemente dimostrò quelle tendenze religiose e d'intensa pietà che lo accompagnarono poi per tutta la vita. E fu secondando queste sue spontanee tendenze che di appena sedici anni e pochi mesi, il 15 agosto 1860, dopo replicate istanze, ottenne di venire accolto nella Congregazione dei Barnabiti da lui conosciuti a Napoli. Nella Congregazione eletta da lui studiò filosofia scolastica per due anni, '62 e '63, e per quattro anni teologia, dal '64 al '67, e fu sacerdote nel '68.

Subito destinato a insegnare nel Collegio alla Querce presso Firenze, ivi rimase fino all' 82, quando passò con lo stesso incarico al Collegio di Moncalieri.

Insegnava lettere è un po' di storia nelle classi ginnasiali: con molto amore sopratutto il latino e il greco. Ma l'insegnare non era nè poteva essere per lui quell'affare meccanico e passabilmente pedante che è per molti. Ardeva in lui la fiamma del classicista, e la fiamma s'apprendeva alle anime adolescenti.

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