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chè colla vostra pronta obbedienza potremo e voi, e la vostra amicizia commendare (1). 37. Il tenore di questa lettera gettò in an grande imbarazzo lo animo de' Tiburtini, giacchè essendo in attuale alleanza col Conte di Tagliacozzo, la loro probità e buona fede

(1) Nicod.loc.cit. Nobilibus et prudentibus Viris Comunitatis,Capitimilitiae, et Communi Tiburis devotis amicis, et fidelibus nostris dilectis. Ladislaus rex Ungariae, Hierusalem, Siciliae etc.

Nobiles et prudentes Viri, et devoti amici, fideles, dilecti.

Russus de Aquila Caporalis, et Caballarius, et fidelis noster Commissarius per nostram Curiam deputatus circa recuperationem Terrarum, Castrorum, locorum omnium Comitatus Taliacotii, ipsorumque reductionem ad nostram obedientiam, atque fidem commissam sibi per Nos ut commodius exequi valeat et complere, amicitiam et devotionem vestram requirimus, et hortamur vestram fidelitatem; nihilominus injungentes expresse quatenus ad requisitionem dicti Russi, vel alterius sua parte, sibi in omnibus ad honorem et utilitatem nostram curetis intendere, et exequi, quae vobis nostra parte dixerit injungenda, ut vos et vestram amicitiam de obedientiae promptitudine commendare possimus. Datum Romae apud S. Petrum sub parvo nostro Sigillo die XVI. Junii 6. Ind. MCCCCXIII, Vester Ladislaus Rex manu propr.

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non poteva determinarsi a portare contro di esso le armi. Si fece tantosto conoscere a quel Re siffatto motivo, e si pregò in forza di esso ad accordar loro uno stato di neutralità, sebbene si esibissero pronti a permettere il passaggio delle sue truppe pel loro territorio.

33. Piccato per questa renitenza, malvolentieri accolse Ladislao le rimostranze della Città di Tivoli, benchè sulla giustizia fondate. Si lagnò della condotta de' suoi abitanti, sospettò della loro fedeltà; si espresse di voler costruire in essa Città una fortezza per tenere in soggezione il popolo, e che perciò si sarebbe ivi quantoprima personalmente trasferito, ma non mantenne la sua parola, invece 1 di yenire in Tivoli, nel di 1. Luglio dello anno medesimo, se ne andò alla volta di Napoli, ove peraltro si fece seguire da varj Gentiluomini Tiburtini che trovavansi nella sua Corte a patrocinare gl'interessi della Pa◄ tria relativi alla sopraccennata circostanza i quali, appena giunto in quella Capitale, fece porre in arresto. Furono dopo qualche tempo rimandati alle loro case, ma previo lo sborso di ragguardevoli somme. Impose alla Città una contribuzione così pesante, che ogni capo di famiglia, fosse cittadino, o domiciliato, fu costretto a pagare undici Ducati. Que' Cittadini poi, che più apertamente erano agli Orsini aderenti, furono spogliati de' loro beni, ed applicati a vantaggio di coloro, i quali se

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guivano il partito Regio. Tutto ciò non ba stò ad appagare il risentimento, e lo sdegno di quel Principe crudele.

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39. Distruggendo lo antico sistema giudiziario, e amministrativo, cominciò a disporre arbitrariamente de' pubblici ufficj, che solevano conferirsi co' suffragj del popolo, e li vendè al miglior offerente di denaro senza considerazione di merito, e di persone. Permise a Niccolò, e Giovanni Colonna, l'uno Signore di Marino, e l'altro di Civita Lavinia, suoi decisi partigiani, di occupare la Torre ed il passo di Pontelucano. Vi fu da quelli collocata una guarnigione di truppe cosi indisciplinate e rapaci, che tutto giorno recavano orribili vessazioni al territorio, ed ai passaggieri, quali vessazioni la Città non potendo vedere con indifferenza, ne promosse doglianze e reclami a Pietro Jurea Conte di Troja, Vicerè da Ladislao costituito; ma parlavasi ai sordi; buone parole, e fatti contrarj. Allora si deliberò dal popolo Tiburtino di riparare a si fatti disordini co' propr] mezzi di difesa (1).

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40. Si costrui un ponte di legno sullo Aniene e si mişe in attività tutta la milizia Urbana; col primo, che fu munito ancora di un corpo di truppe, si somministrò ai passaggieri il mezzo di poter deviare dal predetto Pontelucano, e procedere con sicurezza il lɔ

(1) Nicod. loc. cit.

ro viaggio; e colla seconda non solo si oppose un ostacolo ai ladroneggi della prefata guarnigione de' Colonnesi, ma eziandio l'audacia, e le rapine si repressero de' soldati Napoletani, che sortendo da Roma, si spingevano ad infestare le nostre campagne (1). Ma finalmente la morte colla sua falce inesorabile venne a recidere il filo degli ambiziosi disegni di quel Monarca, ed a liberare i Tiburtini da tante molestie. Egli mori in Napoli li 6. del mese di Agosto 1414, nel fiore degl' anni, e senza prole. Gli successe nel trono la sua sorella, che fu chiamata Giovanna II. (2).

(1) Nicod. loc. cit.

(2) Anton. Pier. in Diar. Rer. Ital. tom. 24. pag. 1048. Nicod. loc. cit.

Fine del Libro XIII.

STORIA DI TIVOLI

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LIBRO XIV.

‚. La notizia della morte di Ladislao giun

I.

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ta quanto meno si aspettava, ricolmò di gioja i Tiburtini in generale; ma siccome anche i Tiranni hanno i loro fautori, così si trovò in Tivoli chi credette di sostenere il partito, e di rianimare la estinta potenza di quello. Troppo rincresceva a diversi Cittadini di vedersi spogliati de' beni, e degli onori, che, durante il suo governo, erano stati loro conferiti, e perciò facevano tutti gli sforzi, perchè non si venisse ad alcuna innovazione, e perchè si prestasse giuramento alla predetta Regina Giovanna, quantunque la parte più sensata degli abitanti, e delle famiglie più ragguardevoli opinasse pel ristabilimento dello antico regime. Si fatta opposizione d'idee riscaldò così pericolosamente i due partiti, che poco mancò, che non si corresse alle armi da una parte e dall' altra, e che il sangue cittadino non bagnasse le vie della città (1).

2. Per sedare la minacciante insurrezione si spedi in Tivoli dal Governo di Roma, in. qualità di Conte Niccolò Porcio, Romano

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(1) Nicod. loc. cit.

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