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trizj, o almeno ridurli in uno stato umiliante decisero assolutamente di fargli subire la sorte del famoso Tiberio Gracco. Era Ippolito un giorno nella Chiesa di S. Francesco ascoltando il divin Sacrificio scortato dalla sua guardia, da cui sempre si facea seguire, e porzione della quale era rimasta sulla porta. I suoi nemici senza riflettere al sacrilego attentato, che andavano a commettere, si riuniscono armati in grande numero nella piazza contigua, assalgono furiosamente la guardia sulla porta, si sparge del sangue, e riesce loro di penetrare nella Chiesa in traccia della vittima, alla quale anelavano. Ippolito, che aveva cuo. re in petto, non si sgomenta: impugna la spada, sostiene lo impeto furioso degli assalitori, si difende valorosamente contro tutti, ritirandosi verso l'Altare maggiore, ivi giunto chiude il cancello, che allora vi esisteva, ed è in salvo, avendo ricevuta una sola ferita in un braccio. Intanto continuava la battaglia e nella Chiesa, e sulla strada, e Gio: Maria Coccanari, della fazione del Tobaldi, e suo grande amico, si batteva con tale intrepidezza, e con tanto furore, che avendo tirato un colpo sulla testa di uno de' Capi della turba sacrilega assalitrice, gli restò in mano il solo tronco della spada. Questo colpo tremendo, benchè avesse lasciato inerme il valoroso Gio: Maria, recò tuttavia tanto spavento nel petto de' suoi nemici, che sbalorditi si ritirarono dalla Chiesa, si diedero in fuga, e quindi im

mediatamente sortirono dalla Città, per evitare la furia del Popolo, che già si moveva in ajuto del suo Tobaldi..

39. I fuorusciti peraltro, i quali sortendo dalle patrie mura, portarono seco il cuore di rabbia, e di vendetta bollente, restarono fermi nel meditato disegno, e decisero di volerlo a qualunque costo ultimare. Dopo alcuni giorni dalla loro fuga decorsi, otto dei più animosi di essi introduconsi di notte, e furtivamente nella Città, si appiattano in un luogo sconosciuto, e quivi attendono la occasione propizia. Per varj giorni furono inutili le loro speranze; ma finalmente nell'ottavo dì, prevenuti da una femina da essi a tal' oggetto impiegata, sbucano dal loro nascondiglio, assalgono solo, inerme, senza poter esser soccorso nè da suoi figli, nè dalla sua guardia, lo infelice Tobaldi, e lo massacrano barbaramente. Lo Storico, per una imperdonabile mancanza, dopo averci defraudato delle notizie del mese, e giorno preciso di si fatto notabile avvenimento, ci lascia in questo luogo nel bujo, né ci dice quali fossero le conseguenze dello eccidio di un uomo amato dal Po

polo, così potente, e che aveva grandissimi rapporti co' Principi più cospicui della famiglia Orsini. E' noto soltanto, che dei quattro figli superstiti, il minore chiamato Giulio en. trò in qualità di Paggio al servizio degli Orsini di Bracciano, e i tre maggiori Annibale, Guido, e Francesco si portarono a militare sot.

to le bandiere di Carlo V. nella Germania. Annibale, e Guido lasciarono la vita nelle battaglie, e Francesco ritornò quindi nella sua Patria, ove visse in pace unitamente al detto Giulio (1).

40. Nel mese di Novembre del 1538. Margherita d' Austria figlia di Carlo V., e vedova di Alessandro Medici Duca di Firenze, sposò Ottavio Farnese. Fra gli altri beni, che costituivano il di lei appannaggio vi fu ancora il Feudo di Castel S. Angelo, pervenutole per restituzione di dote al suo primo marito assegnata, e che da essa fu quindi denominato Castelmadama. Volendo allora i Castellani profittare della potente protezione de' novelli Padroni, e nulla curando il Breve Pontificio del 1535, cominciarono nuovamente a ricusare il pagamento della Gabella del Passo; e siccome per defraudarla passavano in tempo di notte sotto le mura di Tivoli, evitando lo ingresso della Porta, i Tiburtini ne fabbricarono una seconda, che esiste tuttora, e per la quale do. vevano inevitabilmente transitare. Infuriati perciò, escogitarono que 'Terrazzani altro più efficace ripiego, ed, a parlare sinceramente, onesto, e ragionevole. Gettarono un ponte sullo Aniene nel loro territorio, ma che nell' op

(1) Ant. del Re loc. cit. cap. 8. Zappi Ann. pag. 123. Idem Descrizione della Nobiltà di alcune Case di Tivoli n. 8.

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posta riva appoggiava nel territorio di Tivoli; trasportando per esso le loro merci, entravano nella via Valeria, e quindi, inerpicandosi per i monti di S. Polo, se ne andavano in Roma felicemente. Vedendosi in tal guisa delusi, si portarono i Tiburtini a mano armata a demolire quel Ponte, ma ciò non servi che ad irritare maggiormente i nemici della Gabella del Passo (1).

41. Imperciocchè offesi oltremodo i Castellani per questa demolizione; e superbi pe'grandi rapporti, che avevano nella Corte Pontificia, si spinsero di notte tempo presso la detta seconda porta della Città nuovamente fabbricata, vi appiccarono il fuoco, e la distrussero. Divulgatasi in Tivoli nella mattina la notizia

di simile attentato, si suona immediatamente campana a martello, si fece sventolare il vessillo guerriero, ed un forte corpo di milizie marciò sull'istante alla volta di Castelmadama, con animo di vendicare strepitosamente lo affronto ricevuto. I Castellani, che previdero il nembo, avevano preso anche essi le armi, erano usciti dalla loro Terra, e per non essere sopraffatti dal numero, si postarono dietro le annose quercie, di cui era allora quasi tutto ingombrato il loro territorio. Questa tattica naturale fu così efficace, che, malgrado la superiorità delle forze de' Tiburtini, non riuscì ad essi di penetrare fino alle mura dello ab

(1) Del Re loc. cit.

borrito Castello. Seguirono soltanto delle scaramuccie, e si sparse quinci e quindi del sangue. Giunta la fama di questi sconcerti alle orecchie del Papa, spedì da Roma un Commissario Apostolico, che fece sospendere le ostilità, e costrinse i due popoli a dar cauzione di non offendersi, sotto pena di 6000. ducati di Camera, finchè si fossero maturamente esaminate le respettive ragioni (1).

42. Nell' anno susseguente 1539. la Italia e Roma trovandosi in pace, il Papa volle rinnovare que' spettacoli, che precedentemente solevano celebrarsi, chiamati volgarmente i giuochi di Testaccio, e fu destinato il Carnevale dell'anno medesimo. Secondo i privilegj della nostra Città, furono invitati otto Patrizj Tiburtini, ed il Consiglio scelse i più giovani, i più ben formati, e i più onorati . L' Annalista Zappi, che fu uno di questi, descrive in dettaglio quella solenne, e clamorosa funzione. Essa superò tutte le altre in questo genere che erano state altre volte celebrate (2). Dopo questi spettacoli, e nella ventura estate, essendo solito di fuggire gli estivi calori di Roma, il Pontefice Paolo deliberò di portarsi a respirare le aure fresche, e temperate delle Colline di Tivoli. La maniera colla quale fu accolto dalla Cittadinanza, e da' Magistrati è

(1) Ant. del Re loc. cit.

(2) Zappi loc. cit. pag. 22. e seg.

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