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NOTE

alla Lezione oltantesimasesta

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Act. XIII, 46. È notevolissimo che qualche altro interprete eterodosso voin quel luogo l'Apostolo rimproverò quei gliano vedere qui un convito per la inauGiudei di Antiochia di Pisidia, ed in essi gurazione del regno, che dicono usarsi tutta la nazione, non già che fossero stati dagli Orientali, e sarà vero; ma della giudicati indegni da Dio, ma che tali si quale nel contesto non è alcun vestigio. erano giudicati da sè medesimi: Quoniam È uno dei tanti indizii che si hanno di indignos vos iudicatis aeternae vitae: vale quell'aridità, per la quale l'esegesi proteun dire, che la indegnità loro era da loro. stantica si trova quasi inetta ad entrare, 2 Marc. XII, 10-27.

3 Luc. XX, 17-40.

anche col solo pensiero, in certi altissimi misteri di carità, quale è certamente que

* Luc. XIV, 16-24; testo esposto nella sto delle sponsalizie di Cristo colla santa Lesione LXXIII.

sua Chiesa.

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Ephes. V, 23-29.

13

Apoc. XXI, 9; e meglio appropriato l'altro luogo XIX, 9: Beati qui ad

14 GREGORIUS M., In Evang. Homil. XXXVIII.

15 ORIGENES, Tract. XX.

5 IRENAEUS, Lib. IV, cap. 70 et 76. • MALDONATUS, Comm. in Matth. XXII, 2. Dopo di avere noverate le circostanze è diverse in entrambe, quell'interprete con- coenam nuptiarum Agni vocati sunt. chiude dicendo probabilius est Lucam rem suo loco et tempore narrasse, Matthaeum vero propterea parabolam in hunc locum distulisse, quia praecedenti parabolae af- 16 HILARIUS, In Matth. Can. XXII. finis erat. Devo tuttavia notare che egli, Origene (1. c.), S. Atanasio (Quaest. benchè diligentissimo ed assai copioso, XLV), S. Girolamo (in Matth. Lib. IV), non ha neppure avvertiti i legami, onde ed il V. Beda (Com. in Matth. Lib. III.) ciascuna delle due parabole è in certa ma- in questa doppia missione di servi ad inniera avvinta al suo rispettivo contesto; vitare veggono distinti gli antichi profeed i quali sono se non l'unica, certo la ti, mandati al popolo ebreo prima di Cristo, precipua cagione, che me le fa tenere per e gli Apostoli, che dal medesimo Redendiverse. tore gli furono spediti nel corso della sua

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7 AUGUSTINUS, De Consensu Evang. vita pubblica, e dopo la sua Risurrezione. Lib. II, cap. 20. Essi Apostoli per primario loro uffizio

8 GREGORIUS M., In Evang. Homil. ebbero l'annunziare il regno dei cieli alla XXXVIII. gente giudaica; nè si rivolsero al Genti

9 IANSENIUS, Comm. in Conc. Evang. lesimo, se non quando si videro da quella Cap. CXV. rifiutati, e trattati niente meglio di ciò, 10 L'Alapide (ad h. 1.) nell'abbracciare che erano stati i profeti antichi. l'opinione della distinzione delle due pa- 18 Isai. XXV. 6. Et faciet Dominus rabole, dà il debito peso alla diversità dei exercituum omnibus populis in monte hoc luoghi. convivium pinguium,.. pinguium medullato11 Non veggo per quale ragione il Ro- rum, vindemiae defecutae. È così XXX, 22. senmüller (Schol. in Matth. XXII, 2) el 19 CHRYSOSTOMUS. È citato dal Calmet

SOPRA I QUATTRO EVANGELI, Vol. IV.

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AMBROSIUS, De Natali Domini, Ser

(Com. Lit. in Matth. XXII, 7) in questa
sentenza, e vi aggiunge l'Auct. Oper. mo XIV.
Imperf., il Brugense ed altri.

20 EUTYMIUS, ad h. 1. Matth.

29 Matth. VIII, 12; testo esposto nella Lezione XXXIX.

30 AUGUSTINUS, Contra Donatistas, post

21 Gli exitus viarum, i diétodo: TV ¿ov, sono propriamente i luoghi, dove fi- collat. 20. niscono le vie campestri, come con molti 31 Quantunque qui e più sotto (v. 39) esempii ha mostrato il Fischer (De Vitis il greco abbia semplicemente έvron μsyään, lexicorum, pag. 634 segg.); e non è circo-praeceptum magnum, il contesto nondistanza da spregiarsi. Per essa ci si adom- meno esige, che a quel magnum si dia il bra lo stato, diciamo così, di ruvidità rusti-valore di maximum, come fa il Vulgato cana, in che trovavasi la Gentilità, quando stesso nel verso citato. Di fatti qui si dofu invitata ed entrare nel convito; ed è ana- manda il precetto grande per eccellenza; loga a questa l'immagine adoperata altro- e questo importa manifestamente il masve (Luc. XIV, 23) dell'exi in vias et sepes. simo.

22 V. supra Nota 1.

23 HIERONYMUS, In Matth. Lib. IV. 24 IANSENIUS, Comm. in Conc. Evang. Cap. CXV.

32 Così ne giudica il Patrizi Comm. in Marc. XII, 28.

33 Al Crisostomo (In Matth. Homil. LXXI, al. LXXII) quel tentans eum sem25 Per veste nuziale si dee intendere bra ragione sufficiente per tenere, che reste da convito; tanto che l' Interprete quello Scriba interrogasse con sinistra siro qui volge veste convivale. Era costume intenzione; ma poscia soggiunge: Interpresso gli antichi, che ai solenni banchetti rogavit.... tentans a principio, a responsi andasse colle vesti più nobili che cia- sione autem aliquid nactus utilitatis, laescuno potesse. Cicerone (In Vatin.) apo- datus est. Neque enim initio ipsum Christrofa così il suo avversario: Cedo quis stus laudavit; sed quando dixit amare umquam coenavit atratus? e molte cose proximum plus esse quam holocausta ofaggiunge per esagerare quella colpa. Gli ferre, tunc dixit: Non longe es a regno Esseni, come attesta Gius. Flav. (De Bell. Dei. A me tuttavia pare, che quel tentans Iud. Lib. VII, cap. 12) erano gelosissimi non debba così necessariamente avere sendi quell'usanza; Ateneo (Dipnosoph. Lib. so sinistro, che non si potesse fare anche 6), Plutarco (Symposiac. circ. med.), Giove-ja buon fine.

nale (Satyr. III, v. 67), ed altri parlano 34 Secondo il Grimm (Lex Gr. Lat. in delle vesti da convito, che i parassiti te-lib. N. T. ad h. v.) il xpeμávvoj, onde neano sempre pronte al desiderato uopo. xpsavvúw e xpɛpáw, ŵ, sono voci di grecità 26 Di quell'usanza orientale si può ve- bizantina, quantunque i Settanta l'adopedere qualche cenno Genes. XLV, 22; IV. rassero Iob. XXVI, 7. Suo primo signiReg. V. 22; X, 22; Esth. VI, 8; VIII, 15. ficato è pendeo, e coll'ii úhov, de cruci· Ma il Faber (Zu Harmars Beobact-affixo, si legge Gal. III, 13. Col êv Tiv ungen uber den Orient, Tom. II, forse non si trova, che in questo luogo pag. 117) lo afferma esplicitamente, ed di S. Matteo. Il valore che gli ho attriaggiunge che quelle vesti, date dal pa- buito di contenere è piuttosto dichiaratidrone di casa agli invitati, si chiamavano vo, affine di comporlo coll' in, col quale Kaftans. Questa circostanza di ricevere la mal si lega il pendeo. veste dal personaggio che invita, non ha 35 Nella Lezione ho schivato il nimis grande importanza nella figura; ma nel subtile veduto dal Maldonato (Comm. in figurato l'ha grandissima. Matth. XXII, 37) nelle dichiarazioni che

27 TERTULLIANUS, Lib. De Resurrect. si dànno di quel luogo. Qui nondimeno carnis, circa fin. mi sarà lecito di dire, come forse per la

mente s'intende il pensiero, pel cuore nè in Matteo, nè in Marco la tocca, deve l'affetto, per l'anima il sentimento, e tutto supporsi che gli sia sfuggita. poi si comprende nella forza o virtù. Con 45 L'avere Davide parlato in Spiritu ciò si verrebbe a dire, che rimanendo pure Sancto risponde a ciò, che più tardi S. l'amore atto della volontà, perchè sia Pietro (II. Ep. I, 21) espresse col dire : pieno, perfetto vi debbono concorrere tutte Spiritu Sancto inspirati loquuti sunt sanle forze dell'anima. cti Dei homines. Della Ispirazione dissi

36 AUGUSTINUS, De Doctrina Christ. qualche cosa nella Lezione VIII.

Lib. I, cap. 22.

37 Luc. X, 27.

38 Matth. V, 43.

44 Com'è naturale a pensare, quell'argomento sopra i Giudei posteriori a Cristo non fece miglior pruova di ciò, che S9 Secondo S. Tommaso (p. 2. 2. q. facesse sopra i suoi contemporanei. Essi 32, a. 2 ad 3, et q. 66, a. 6, c.) la carità seguitarono ad intendere quel Salmo CIX habet duo obiecta, scilicet principale, id di Abramo, dello stesso David e, come sapest bonitatem Dei, et secundarium, id est piamo da Tertulliano (Contra Marc. Lib. bonum proximi. Altrove poi (p. 2. 2. q. V) e da Giustino M. (Dial. cum Tryph. 1. a. 1. ad 3. et q. 3. ad 1. et q. 23. a. circa med.), soprattutto di Ezechia; ma 5. ad. 1), dimostra, che la carità del pros-al Messia neppure pensarono. simo habet tamquam proprium obiectum 45 Forse nella espressione di quella ipsum Deum; e s'intende dell' oggetto pruova vi è occorsa una inversione; e formale, o vogliamo dire del motivo. parrebbe più regolare se fosse enunziata

40 L'¿λoxzúτwμa si deriva da ¿loxutów, così: Si filius David est (che era la parte totum comburo, voce adoperata da Seno-concessa), quomodo vocat eum Dominum? fonte (Cyrop. VIII, 3, 24) e da Gius. Flav. che era l'obbiezione, a cui si doveva ri(Antiq. Iud. Lib. I, cap. 13); e quella si spondere.

compone da όλος, tutto e καυτός per καυστός, 46 L' (adonai) come afferma il Gebruciato. Più comunemente si disse olo-senius (Lex. Hebr. Chald. in V. T. Lib. causto, a differenza delle altre vittime, di pag. 13, b) per antonomasia si dice di Dio, cui una parte rimaneva ad uso dei sacer- praecipue, come egli osserva, cum Deum doti. Ma quella prima voce non si scon- submisse alloquuntur. Ma si usa ancora tra negli autori profani; nel N. T. essa non parlando a creatura, e. g. Gen. XXIII, 6. si legge, che qui ed Hebr. X. 6. Per la grande riverenza che avevasi al pro

41 CHRYSOSTOMUS, in Matth. Homil. prio nome di Dio, tetragrammaton, si proLXXI, al. LXXII. nunziava l'Adonai ogni qual volta quello

* Quella, come dico nella Lezione, è s' incontrava nei libri santi; e lo stesso la maniera, onde l'Alapide (Comm. in Gesenius nota, che serioris aevi scriptores Matth. XXII, 41) compone queste due in-hanc raro in textum ipsum receperunt, e terrogazioni: Cuius filius est? di S. Mat-cita ad esempio Dan. 9. 3. 7. 8. 9. 15. teo, e Quomodo dicunt Scribae? etc. di S. 16. 19. Di qui si vede quante cose si poMarco. So che S. Agostino (De Cons. Ev. trebbero dire, chi da questo luogo del Lib. II, Cap. 74), toccato questo punto, Salmo volesse mostrare la divinità del dice che nihil interest; ed è verissimo, che N. S.; ma di ciò pel testo dell'Evangelo non importa niente alla fede ed alla mo- non vi è alcun bisogno; essendo meno rale cristiana, delle quali i SS. Padri erano assai ciò che il Signore stesso, per le peprincipalmente preoccupati. Ma alla inter- culiari circostanze, tra le quali lo citava, pretazione letterale del testo importa molto, ne volle inferire.

che sia rimossa quell'apparente discrepanza 47 AUGUSTINUS, De Vera Relig. Cap. dei due Evangelisti. Però gli Espositori XLVI, et De Doctr. Christ. Lib. I, Cap. generalmente la trattano; e se il Calmet XXVII.

LEZIONE LXXXVII.

Ultime riprensioni ai Farisei. I due Minuti della vedora. Gesù predice la ruina del tempio; e tre domande dei discepoli intorno a quella.

MATTHAEI, XXIII. [strum, erit minister ve

scipulos suos,

ster.

MARCI, XII.

41. Et sedens Iesus contra gazophylacium, 1. Tunc Iesus locutus 12. Qui autem se exal- 38. Et dicebat eis in aspiciebat quomodo turest ad turbas, et ad di-taverit, humiliabitur: et doctrina sua; Cavete a ba iactaret aes in gazoqui se humiliaverit, Scribis, qui volunt in phylacium, et multi di2. Dicens: Super ca- exaltabitur. stolis ambulare, et sa- vites iactabant multa. thedram Moysi sederunt 13. Vae autem vobis, lutari in foro: 42. Cum venisset auScribae et Pharisaei : Scribae,et Pharisaei hy- 39. Et in primis ca-tem vidua una pauper, 3. Omnia ergo quae-pocritae: quia clauditis thedris sedere in syna-misit duo minuta, quod cumque dixerint vobis. regnum coelorum ante gogis, et primos discu-est quadrans. servate et facite: secun- homines: vos enim non bitus in coenis: dum opera vero eo-intratis, nec introeuntes 10. Qui devorant do-scipulos suos, ait illis: rum nolite facere: di-sinitis intrare. mos viduarum sub ob- Amen dico vobis, quocunt enim, et non fa- 14. Vae vobis, Scribae. tentu prolixae orationis: niam vidua haec pauper et Pharisaei hypocritae; hi accipient prolixius iu- plus omnibus misit, qui 4. Alligant enim one-quia comeditis domos dicium. miserunt in gazopbylara gravia, et importabi-viduarum,orationes loncium. lia, et imponunt in hn-gas orantes: propter hoc altari, iurat in eo, et in meros hominum: digito amplius accipietis iudi- omuibus, quae super autem suo nolunt ea cium.

ciunt.

movere.

illud sunt:

43. Et convocans di

41. Omnes enim ex eo, quod abundabat illis, miserunt: haec vero de

15. Vae vobis, Scri- 21. Et quicumque iu- penuria sua omnia, quae 5. Omnia vero opera bae, et Pharisaei hypo- raverit in templo, iurat habuit, misit totum visua faciunt, ut videan-critae: quia circuitis in illo, et in eo, qui ha- ctum suum. tur ab hominibus: dila- mare, et aridam, ut fa-bitat in ipso :

XIII, 1. Et cum egre

tant enim phylacteria ciatis unum proselytum: 22. Et qui iurat in sua, et magnificant fim-et cum fuerit factus, coelo, iurat in throno deretur de templo, ait facitis eum filium gehen- Dei, et in eo, qui sedet illi unus ex discipulis

brias.

super eum.

suis: Magister, aspice quales lapides, et quales structurae.

2. Et respondens Ie

6. Amant autem pri-nae duplo quam vos. mos recubitus in coenis. 16. Vae vobis, duces et primas cathedras in caeci, qui dicitis: Qui- XXIV, 1. Et egressus synagogis, cumque iuraverit per Iesus de templo, ibat. 7. Et salutationes in templum, nihil est: qui Et accesserunt discipuli sus, ait illi: Vides has foro, et vocari ab homi- autem iuraverit in au- eius, ut ostenderent ei omnes magnas aedificanibus rabbi. aedificationes templi. tiones? Non relinquetur 8. Vos autem nolitel 17. Stulti, et caeci : 2. Ipse autem respon-lapis super lapidem, qui vocari rabbi: unus est Quid enim maius est. dens dixit illis: Videtis non destruatur. enim Magister vester; aurum, an templum,haec omnia? Amen dico 3. Et cum sederet in omnes autem vos fratres quod sanctificat aurum? vobis, non relinquetur monte Olivarum contra estis. 18. Et quicumque iu- hic lapis super lapidem templum, interrogabant

ro templi, debet.

9. Et patrem nolite raverit in altari, nihil qui non destruatur. eum separatim Petrus, vocare vobis super ter-est: quicumque autem 3. Sedente autem eo et Iacobus, et Ioannes, ram: unus est enim Pa- iuraverit in dono, quod super montem Oliveti, et Andreas: ter vester, qui in coe-est super illud, debet. accesserunt ad eum di- 4. Die nobis, quando 19. Caeci: Quid enim scipuli secreto.dicentes: ista fient? et quod si10. Nec vocemini ma-maius est, donum, an Dic nobis, quando haec gnum erit, quando haec gistri, quia magister ve- altare quod sanctificat erunt? et quod signum omnia incipient ster unus est Christus. donum? adventus tui, et consum-summari?

lis est.

11. Qui maior est ve-i 20. Qui ergo iurat in mationis saeculi ?

con

LUCAE, XX

mos viduarum, simu- 3. Et dixit: Vere dico bonis lapidibus et donis lantes longam oratio- vobis, quia vidua haec ornatum esset, dixit: 45. Audiente autem nem. Hi accipient dam-pauper plus quam om- 6. Haec, quae videtis, omni populo, dixit di-nationem maiorem. nes misit: venient dies, in quibus scipulis suis : 4. Nam omnes hi ex non relinquetur lapis 46. Attendite a Scri- XXI, 1. Respiciens au-abundanti sibi miserunt super lapidem, qui non bis, qui volunt ambula- tem, vidit eos, qui mit-in munera Dei: haec destruatur. re in stolis, et amant tebant munera sua in autem ex eo quod deest 7. Interrogaverunt ausalutationes in foro, et gazophylacium, divites. illi, omnem victum tem illum, dicentes: primas cathedras in sy- 2. Vidit autem, et suum, quem habuit mi- Praeceptor,quando haec nagogis, et primos di- quamdam viduam pau- sit. erunt, et quod signum Scubitus in conviviis. perculam mittentem ae- 5. Et quibusdam di- cum fieri incipient? 47. Qui devorant do-ra minuta duo. centibus de templo, quod

I.

Egli

gli ci parrebbe cosa tanto giusta, tanto bella, che la virtù se non può essere sempre guiderdonata secondo il merito. in questo mondo, fosse almeno conosciuta e riverita secondo verità, e non fosse, nella medesima opinione dei più, sopraffatta e soppiantata dal suo contrario con sommo rammarico dei buoni, massime delle anime di tempera più dilicata e più risentita. E pure, Signori riveriti, per quanto questo voto possa parere nobilissimo e sia di fatto assai ragionevole, conviene tuttavia a dirittura rinunziare alla speranza di vederlo mai adempiuto universalmente nel mondo, chi non voglia esporsi ad amarissimi disinganni per conto proprio ed altrui. E fate di penetrarne bene la ragione. Se la virtù consistesse in atti esteriori, tanto si potrebbe far pruova di conoscerne il più ed il meglio, per retribuirla almeno del nostro ossequio e della nostra ammirazione. Ma la virtù propriamente, formalmente, come dicevano i Filosofi, consiste negli atti interni dell' anima, dove occhio creato non può penetrare, e talora non legge bene neppure l'occhio medesimo del virtuoso. Di quì avviene, che spesso in questo genere ci pare gran cosa ciò, che veramente è nulla o meno di nulla; e per contrario ci pare nulla ciò, che veramente è grande, talora grandissima cosa. E lasciamo il primo caso (chè non voglio estenuare la buona stima di nessuno); ma quante volte nel segreto di povere case, nel fondo di abituri campestri, in umili uffizii, da personcine oscure, ignorate, dispette si esercitano virtù e si fanno sacrifizii eroici, rimpetto a cui impallidirebbero, sparirebbero quali sono più ammirati eroismi della storia antica e moderna? Aggiungete la natia modestia della stessa virtù, la quale pudibonda e schiva fa ogni opera per occultarsi; aggiungete le bieche arti della ipo

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