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forse così, in certi casi, in Russia e in Inghilterra, di cui si è detto che era egualmente pericoloso lavorare intorno a una riforma che di lasciar camminare le cose. Se noi abbiamo lasciate andare le cose assai lontano, grazie a uno sciagurato principio d'inerzia, sarebbe però deplorevole esagerazione credere che tutto è perduto, senza risorsa. Le infelici vittime della disorganizzazione sociale moderna si sono gittate nelle braccia di individui che han troppo abusato della loro fiducia, e sono state strumenti incoscienti delle loro vedute ambiziose e dei loro intrighi politici.

<< Le verità primordiali sulle quali riposano la vita sociale e i rapporti mutui degli uomini sono messi in dubbio e sono assolutamente pervertiti. E questo male è così vecchio e così profondo che gli spiriti migliori sembrano aver perduta la coscienza di ciò che è giusto e di ciò che è vero. Così per un ecclesiastico il dovere più alto, la missione più savia è oggi quella di ricordare al mondo gli antichi principii della giustizia, così lungamente disconosciuti e finalmente dimenticati, principii che sono il fondamento stesso di ogni vita sociale ». Nè bisogna, studiando la questione sociale, arrestarsi timidamente per paura di errare. Che cosa si penserebbe di un uomo che non si levasse di letto temendo di spezzarsi una gamba? Che cosa si penserebbe di un medico che si allontanasse dai malati per non esporsi al contagio? Non vi sfuggirà punto, o signore prosegue il reverendo Weiss perchè io mi esprima in un modo così categorico. Nel vostro eccellente discorso voi avete energicamente dichiarato che è dovere sacro per lo stato di partecipare alla soluzione della questione sociale. Io divido interamente il vostro parere. Sì, è un diritto, e per conseguenza un dovere per tutti i governi di prendere a trattare seriamente questa quistione. Noi sappiamo benissimo che lo stato moderno non è che troppo disposto ad attirare tutto a sè, non in nome del dovere, ma in nome del diritto e che più di un uomo di stato abusa audacemente della sua onnipotenza per pretendere che non vi sia punto un angolo della vita umana che non gli sia intera

mente ed esclusivamente sottomesso. Alcuni spiriti superiori non l'han fatto nondimeno che con riserva e diffidenza; così essi non sentono senza dolore ripetere che lo stato ha, nella questione sociale, una grande missione da compiere. Ma nè questa audacia, nè questa riserva, impediscono di proclamare la verità e di dire, come noi abbiamo fatto, che su questo terreno, lo stato ha dinanzi a sè aperto un vasto campo ». Nondimeno non bisogna attender tutto e sperare tutto dallo stato. « Noi non possiamo accordarci nè con i partigiani esclusivi dell'assolutismo di stato, nè con i socialisti democratici e tutti coloro, non importa qual nome essi prendano, che impongono esclusivamente allo stato l'obbligo di provvedere a tutte le miserie, a tutti i bisogni materiali. Queste due tendenze, apertamente ostili l'una all'altra, e nondimeno, in realtà, strettamente affini, sono tanto erronee in se stesse quanto dannose per lo stato; ed è per questo che noi le dichiariamo inaccettabili entrambe. No, lo stato solo non ha nè un dovere nè un diritto esclusivo. Lo stato non è tutto nè può tutto. Gli deve bastare, e basta a noi tutti, che esso faccia almeno ciò che può e ciò che costituisce il suo dovere; e noi desideriamo di tutto cuore, per la guarigione del male sociale, che i membri dello stato compiano ciò che incombe loro ».

Le apprensioni che tanti uomini di cuore hanno contro la questione sociale sono forse un salutare preservativo contro le audacie sconsigliate. « Se dunque lo stato vuol esser fedele alla sua missione di fronte alla questione sociale, non soltanto non può usurpare la libertà umana, ma deve guarentirle pienamente la sua sfera di azione. Per la libertà umana noi intendiamo, come diremo, una doppia cosa: la libertà interna e personale per ciascuno di vivere secondo la sua coscienza e la libertà esteriore di muoversi secondo il suo diritto e le leggi divine, come membri di un gran corpo, o di accordo con altri membri della comunità, a raggiungere uno stato di benessere materiale esteriore e compiere il suo sviluppo morale e intellettuale. Ciò vuol dire, in altri termini, che lo stato invece d'intralciare la libertà di associazione e l'azione sociale o

di assorbirsele, deve secondarle per dare una buona soluzione alla questione sociale ». Ma un perfetto accordo fra lo stato e la società non è possibile senza l'intervento della religione, senza di cui non è nemmeno possibile qualunque soluzione della questione sociale. « Sotto queste riserve noi ci associamo pienamente alla tesi che lo stato ha una grande missione da riempire per aiutare a dissipare le nuvole che coprono oggi l'orizzonte sociale. Noi diciamo intenzionalmente: lo stato, nel senso più generale. Perchè non si potrebbe arrivare ad alcun risultato se solamente questo o quello stato adottassero certe misure. Ciò in effetto è stato fatto e senza risultati sufficienti. Nella posizione attuale delle cose i tentativi isolati più sinceri di riforma vengono a urtarsi contro ostacoli insormontabili, per il solo fatto che altrove si permette e si pratica il contrario. Se anche prima, quando i differenti regimi sociali offrivano nulladimeno ancora più diversità che oggi, le ammirabili istituzioni che proteggevano la società sarebbero rimaste sterili in condizioni simili, come ciò deve avvenire oggi che tutte le barriere sono cadute e le contrade più lontane si trovano a pena meno distanti che prima dalle città contigue! Così è necessario che in questi tempi di rapporti internazionali un diritto sociale internazionale per il lavoro venga a trovar posto, diritto che, almeno nelle sue grandi linee, dovrebbe essere dovunque uniforme, sotto la naturale riserva che nella sua applicazione si tenga conto delle condizioni sociali particolari di ciascun popolo ».

Il ristabilimento delle corporazioni, secondo la legge del 1883, non avvenne se non a traverso grandissimi ostacoli; e gl'inconvenienti che le corporazioni produssero (1) sopra tutto a colpa della burocrazia incaricata di tutelarle e di vigilarle, furono causa di grandi disillusioni. Ma i cattolici sociali invece, di arrestarsi, attribuirono non interamente

(1) Cfr. BRANTS, nell'articolo La réglementation du travail en Autriche; vedi anche gli articoli nell'Association catholique del 15 agosto 1885 e del 15 marzo 1887 e nella Monatsschrift für christliche Social-Reform di gennaio 1889, ecc.

a torto gli ostacoli all'opera della burocrazia e alle lacune della legge. Nel congresso tenuto a Vienna nel 1888 e in cui furono relatori il conte Blöme, il principe di Lichtenstein, il conte Kuefstein, il professore Schindler, ecc., essi riconobbero l'organizzazione corporativa della società come scopo degli sforzi per la restaurazione dell'ordine economico e sociale (1).

Nel congresso dell'anno successivo chiesero « che i diritti delle corporazioni, relativamente all'entrata nel loro seno, siano estesi, che esse abbiano sopra tutto il diritto di opporsi alla dispensa della prova di capacità e di stabilire una seconda prova di capacità, per passare dal grado di operaio a quello di padrone ». Espressero inoltre il voto di far estendere la prova di capacità agli industriali che fanno nelle fabbriche dei prodotti consimili a quelli degli artigiani, e il divieto di impiegare dei giornalieri invece che degli artigiani, trasformando in grandi industrie meccaniche le industrie suscettibili di essere esercitate come mestieri manuali.

Discutendosi la questione dei salari l'assemblea volle anzi tutto la regolamentazione della produzione attuale tale quale essa risulta dalla concorrenza senza limiti. Questa concorrenza deve esser limitata così all'estero mediante trattati di commercio, che all'interno mediante una regolamentazione della produzione nazionale, mantenendo l'equilibrio fra tutti gli interessi legittimi delle parti e con l'aiuto dei dazi protettori di dogana, rispondenti a questo scopo. La regolamentazione e la organizzazione corporativa della grande industria devono inoltre stabilire un giusto rapporto tra la produzione e la domanda ». Nè i cattolici austriaci si sono, nel loro congresso nel 1889 arrestati a questo. Poichè han creduto necessario che perfino il permesso di fondare dei nuovi stabilimenti industriali sia sottoposto a delle prove di capacità, basate sulla solidità economica dell'intrapresa, sulle sue probabilità di du

(1) V. il programma del congresso nell'Association catholique del 15 settembre 1888, pag. 330.

t

rata, sui suoi effetti, sui bisogni di lavoro della popolazione, ecc. (1). Nell'ultimo congresso del 1890, cui hanno assistito ventitrè vescovi e seicento preti, sono stati formulati e approvati dall'unanimità dei voti sulla necessità di ristabilire il sistema corporativo, di limitare assai più ancora le ore di lavoro delle donne e dei fanciulli, di restringere il limite massimo della giornata di lavoro, fissata dalla legge a 11 ore, ecc. (2).

È chiaro che in nessun paese come in Austria le idee dei socialisti cattolici presentano maggiore affinità con quelle dei socialisti di stato (3). Il barone Vogelsang, il principe di Lichtenstein, il conte Belcredi, ecc., derivano più o meno dai socialisti di stato più avanzati di Germania e la persona che ha esercitato maggiore efficacia sul loro indirizzo e sulle loro tendenze è stato appunto un socialista di stato tedesco, Rodolfo Meyer, la cui parola autorevole ha avuto per lungo tempo tanta importanza nei congressi degli Staats-Socialist di Germania.

Il socialismo tedesco è certamente più scientifico e più largo del socialismo austriaco. Nondimeno in nessun paese del mondo le dottrine socialistiche si sono incarnate così profondamente nel popolo come in Austria. In quasi tutti i paesi dell'impero la classe dei rentiers, la classe dei capitalisti, spesso anche la classe dei detentori del reddito agricolo, non hanno nè la religione, nè la razza dei lavoratori e dei contadini. Così l'umile agricoltore di Boemia che vede ogni giorno vendere all'incanto le terre della povera gente e il fisco contribuire all'accrescimento dei grandi domini israelitici, sente crescere l'odio per coloro che considera come dominatori stranieri e come usurpa

(1) V. il testo composto delle deliberazioni nei Christlich-sociale Blätter del 1889, pag. 254 e segg.

(2) V. la Gazette de Liège dell'8 settembre 1890.

(3) Sulle cause della rapida diffusione delle dottrine del socialismo di stato in Austria cfr. MEYER: Le socialisme d'état en Autriche, nell'Association catholique, revue mensuelle des questions sociales et ouvrières, vol. XIV, pag. 209 e segg.

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