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<< i soccorsi pubblici sono una imposta sacra. La società deve la sussistenza ai cittadini infelici, sia procurando loro del lavoro, sia assicurando i mezzi di sussistenza a coloro che non sono nello stato di lavorare » (1).

Le dottrine della scuola liberale sembrano, e sono certamente in piena opposizione con quelle del socialismo. Ma l'influenza della scuola liberale sullo sviluppo del socialismo, in origine, non è stata per questo meno grande. Il deputato socialista Bebel, in una seduta del Reichstag, disse ai deputati liberali: «Noi siamo vostri allievi; noi. non abbiamo fatto che popolarizzare le vostre dottrine e tirarne le conseguenze per il popolo » (2). La morale utilitaria del Ricardo, di Senior, di Stuart Mill, di Bastiat, di Rossi, di Dunoyer, quando è stata spinta alle ultime conseguenze ha prodotto il socialismo. Poichè, quando per base della morale economica è stato messo soltanto l'utile, certe conseguenze sono state spontaneamente tirate dal popolo, ed, esagerate, hanno portato al socialismo (3).

Senza dubbio le cause economiche hanno influito sui progressi del socialismo assai meno delle cause politiche. La miseria non è un male che viene, è un male che anzi tende a diminuire. Ciò che rende oggi il popolano più malcontento di prima è la coscienza delle proprie miserie. Sino alla fine del secolo passato l'operaio non osava ribellarsi al proprio stato. Mano mano che ha conquistato le libertà politiche ha sentito più vivo il bisogno di conquistare l'indipendenza economica. Senza negare pertanto l'esistenza del male bisogna ammettere che esso non si è punto acutizzato, ma che il popolo ne ha acquistata la coscienza. La miseria delle classi lavoratrici, che pure tende ogni giorno

(1) Déclaration des Droits de l'Homme, art. 21.

(2) V. l'abbé WINTERER: Discours prononcé au Congrès social de Liège le 6 septembre 1887, Rixheim, A. Sutter, 1887, pag. 14.

(3) V. su questa influenza degli scrittori liberali sul socialismo: M. HERVÉ-BAZIN: Les trois écoles en économie politique, Paris, Balitout, 1880, pag. 32, e C. PERIN: Coup d'oeil sur les doctrines économiques depuis un siècle, nella Revue catholique di Louvain del 1870, pag. 361.

F. NITTI. Il Socialismo Cattolico.

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a diminuire è oggi, come la scienza economica ci dimostra, assai meno intensa che non fu mai. E se oggi le grida di dolore salgono più in alto che mai, vuol dire che il male è ormai diventato subbiettivo, laddove è stato finora puramente obiettivo.

La libertà dell'industria, la libertà del commercio ci hanno salvati dalle terribili carestie dei secoli passati (1), ma non han per questo reso meno malsicura la posizione all'operaio. Nondimeno i socialisti sono ingiusti e non sono nel vero quando dicono che la condizione del lavoratore sia assai peggiore oggi che nei tempi passati. Ciò che il lavoratore ha acquistato oggi è la coscienza del male e la speranza di rapidi progressi, che solo lo sviluppo della industria moderna ha reso possibili. Ancora due secoli fa un magistrato di Dijon, ai contadini affamati che si erano rivolti a lui, rispondeva ridendo: « Ritornate nelle vostre campagne; ecco la primavera; l'erba comincia a spuntare! » (2). L'organizzazione industriale del medio evo viene troppo ingiustamente lodata, e le antiche corporazioni, così contrarie alle tendenze e ai progressi dell'industria moderna, sono giudicate con soverchio ottimismo dagli scrittori che deplorano i mali del presente sistema industriale (3).

Queste rievocazioni del passato dipendono assai meno dalla bontà intrinseca di istituzioni che già ai tempi in cui furono abolite erano diventate dannose o inutili, che non dalla sfiducia negli ordini presenti, dalla sfiducia nella libertà, che, conquistata a traverso ostacoli, non ha dato quei risultati che l'inesperienza delle masse si riprometteva.

(1) V. FRÉDÉRIC PASSY: L'industrie humaine, Paris, Hachette, 1868,

pag. 22.

(2) V. il Discours prononcé par M. Frédéric Passy nella Discussion du projet de loi relatif à la création des syndicats professionels, nella seduta del 16 giugno 1883, Paris, imprimerie du Journal Officiel, 1883, pag. 22.

(3) V. la erudita opera di P. HUBERT VALLEROUX: Les corporations d'arts et métiers et les syndicats professionels en France et à l'étranger, in 8°, Paris, 1885, Guillaumin; l'articolo di CHABROL: Les ouvriers allemands nel Correspondant di agosto 1864; la monografia di LEPLAY negli Ouvriers européens, tom. V., ecc.

Però non si può negare che la rapidità degli scambi commerciali, l'instabilità delle industrie, la concorrenza, le crisi di surproduzione, ecc., abbiano resa nel nostro secolo assai più incerta, assai più mal sicura la posizione dell'operaio. Nel medio evo l'operaio aveva una povera posizione, ma questa sua posizione era almeno sicura. Egli era protetto, contro la concorrenza, dai privilegi di mestieri; non vi erano nè scioperi, nè crisi. Aveva una piccola clientela, ma aveva almeno sempre la stessa clientela. Nelle corporazioni, di cui si è detto troppo bene e troppo male, egli trovava almeno il suo baluardo e la sua difesa. Fra l'operaio e il consumatore non vi erano intermediari. I privilegi di classe erano anche un freno contro la potenza del capitale. Il nobile brettone, che viveva una vita quasi miserabile e non mangiava sempre tutte le sere, era quasi un povero; ma giammai nella sua miseria egli avrebbe permesso a un ricco del paese di passare innanzi a lui, e nell'assemblea provinciale parlava prima degli altri, a testa alta e con il capo coperto. Oggi, in quasi tutti gli stati di Europa, ordinati democraticamente, queste barriere sono state distrutte, e la forza del reddito è cresciuta, e il capitale non ha trovato più ostacoli nella sua espansione. La produzione si è moltiplicata, anche i salari sono aumentati, ma la condizione dell'operaio, invece di migliorare, è diventata più instabile. Il salario, sempre incerto e variabile, soggetto sempre alle leggi della concorrenza, alle crisi, che l'operaio non può prevedere nè può evitare, diventa sempre più una merce sottomessa alle fluttuazioni quotidiane del mercato.

Il socialismo è nato come una protesta contro questo ordinamento capitalistico della società contemporanea. Col suffragio universale, adottato oramai da quasi tutti gli stati civili di maggiore importanza, nota Laveleye (1), noi abbiamo detto alla massa: tu sei l'arbitra dello stato. Ma nello stesso tempo, con la nostra organizzazione industriale, abbiamo abbassato il lavoro dell'operaio al livello di una

(1) LAVELEYE: Le socialisme contemporain, pag. XXXIV.

merce, il cui valore è instabile e incerto. Non vi è in tutto questo una evidente contraddizione? Non è bene strano dire a una stessa massa: tu sei sovrana e tu sei serva?

<< La produzione, dice un illustre economista inglese, si è accresciuta al di là delle speranze le più eccessive, e nondimeno pare più lontano che mai il giorno in cui l'operaio ne otterrà una larga parte, e nella sua miserabile dimora la sua lotta contro il bisogno e la miseria è più dura che mai. Ne è risultata quindi una ostilità profonda contro i principii fondamentali sui quali riposa la società » (1).

Inoltre il lavoratore viene anche ora escluso dal potere politico a cui il suffragio, o molto largo come in Italia o universale come in Germania e in Francia, lo chiamerebbe. << Nel periodo della schiavitù, scrive il Loria, è la stessa condizione giuridica del lavoratore che lo esclude da ogni partecipazione al reggimento dello stato; nel periodo di elevato salario questa esclusione è sistematicamente assicurata, nonostante la generalizzazione del diritto di voto, dalla riduzione stessa del salario al minimo, che assoggetta il voto dell'operaio all'arbitrio del capitale. Ma, per quanto sia diverso il processo, uno è il risultato: il monopolio politico della classe proprietaria » (2).

Gli economisti hanno, in generale, il grave torto di considerare assai più la produzione che l'individuo, e per conseguenza di rigettare non poca parte di quelle dottrine che sono già entrate nel patrimonio della filosofia e della sociologia moderna.

L'economia politica, al contrario di gran parte delle scienze positive, ha un campo ben determinato, e le sue leggi non hanno importanza che per determinate società. Alle leggi della gravitazione e dell'attrazione, come a tutte le leggi naturali scientificamente determinate, non vi è nell'universo nulla che possa sfuggire. Invece le leggi economiche più generalmente accettate si applicano soltanto

(1) Essays and lectures on social and political subjets by HENRY FAWCET and MILLICENT GARRET FAWCET, 1872, London, pag. 4. (2) A. LORIA: La teoria economica della costituzione politica, Torino, 1886, pag. 14.

ad alcune società. L'economia moderna ci fa conoscere le leggi di alcune società determinate, cioè di quelle che hanno la forma sociale adottata dai popoli di civiltà grecolatina; ma non ci fa conoscere nè il primo nè l'ultimo grado dell'evoluzione umana. Quelle forme di organizzazione che l'economia restringe ciecamente, sono assai spesso perfino esistite. Noi abbiamo visto delle società praticare il comunismo nella sua forma più pura, come gli Incas del Perù, e quindi sfuggire perfino alla legge della domanda e dell'offerta, e senza ricorrere del resto nè alle società antiche, nè alle società barbariche, noi possiamo ricorrere a degli esempi più chiari e più recenti. La società del medio evo, con le sue corporazioni chiuse, con la sua severa regolamentazione del lavoro, con il servaggio, ecc., si è basata sopra principii diametralmente opposti ai principii generali dell'economia moderna. Se delle forme sociali sono esistite e sono lungamente durate, vuol dire che esse erano possibili, e che l'umanità può adattarsi perfino a delle forme sociali che la scienza economica respinge. Se ciò è accaduto per il passato, noi non abbiamo punto l'esperienza del domani, per dire che non potrà cadere in avvenire, e che in avvenire non potranno esistere degli organismi sociali, che la scienza economica non prevede. Un naturalista che avesse visto il bruco e non ne avesse seguito la trasformazione, non avrebbe potuto prevedere nè la crisalide, nè la farfalla. Così in sociologia non si può fondare la certezza sull'osservazione di un solo fatto, sopratutto quand'esso riguarda un individuo la cui evoluzione non è compiuta (1).

Il comunismo, per quanto esso sia contrario a tutte le nostre tendenze, per quanto sia una forma di società assolutamente inversa a tutte le leggi dell'economia sociale, ha potuto esistere ed ha lungamente resistito (2). Non vi

(1) Cfr. l'articolo di NAQUET nella Revue bleue del 9 aprile 1887. (2) Cfr. L. MORGAN: Houses and Houses-Life of the American Aborigenes, nei Reports of Smithsonian Institution del 1881, pag. 136; WILKES: Narrative, vol. v; Cook, Hist. univ. roy., vol. vi, pag. 194 ;

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