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disfazione, ch' egli n' ha

fatto.

Con una profonda riverenza, e umiltà, riflettendo al proprio nulla, si dica quel

al Domine, non

che segue sum dignus.

Oimè! mio Padre, mio Redentore, io mi riconosco infinitamente indegno di accostarmi, a Voi, e ricevervi, a cagione de' miei gravissimi, e innumerabili peccati e della poca servitù che vi ho fatta, e del poco amore che vi ho portato, e del mancamento di purità, e in generale della

poca disposizio

ne che ho in ricevervi. Ecco che perciò io dico di tutto cuore, e col più vivo senti

mento che posso: Domine non sum dignus,ut intres sub tectum meum, sed tantum dic verbo,etsanabitur anima mea; e mi percuoto il petto. E perchè quando bene avessi tutto l'amore de' Serafini, e vi avessi servito così perfettamente, come hanno fatto i Santi, e mi trovassi colla santità, purità, e umiltà di tutti gli Angeli, di tutti gli uomini, e di tutte quante le creature possibili, ad ogni modo sarei incapace e indisposto a ricevervi:ecco che perciò di nuovo replico di tutto cuore, e con grandissimo sentimento Domine non sum dignus. E poichè io sono sì indegno di

ricevervi, e sono così lontano da meritarlo, vi supplico e scongiuro per quella sovrana Maestà, purità, e santità, che si ritrova in Voi, e che richiede disposizioni così sublimi, che già essendo Voi in me, come in tutte l' altre cose, vi compiaciate di ricevere Voi stesso in me, e per me; e con la purità, santità, amore, e perfezione infinita, che Voi avete, dentro di me, riceviate Voi stesso tanto degnamente, quanto meritate, supplendo in questo modo alla mia impurità, negligenza, e freddezza di amore, indegnità, e indisposizione; e perciò dico la terza volta di cuore, e

con tutto il sentimento possibile: Domine non sum dignus, e mi percuoto il petto.

Considerazione

da farsi nell'atto prossimo alla SS. Comunione

Prima, rappresentatevi, che il peccato, per piccolo che sia, è commesso contro un Dio si potente, si dolce, si amabile, si benefico, e liberale. Dopo fate riflessione sopra la grandezza del suo amore, considerando, che essendo noi si vili, si indegni, ed egli si santo e si perfetto, questa infinita inegualità non lo distoglie punto dal dimostrare un ardente desiderio di veni

re a noi con una dolcezza singolare, e un amore incomparabile.

Similitudine.

Se un gran monarca, sedendo a tavola, attorniato dai suoi Principi e Baroni, che stanno in piedi a capo scoperto intorno a lui si ricordasse di qualche povero mendico giacente interra in uno spedale, senza avere di che cibarsi, e mosso a compassione gl'inviasse delle stesse vivande della sua tavola qualche delicato boccone per un suo paggio, non istimeremmo ciò un tratto di maravigliosa bontà? Chè se comandasse ad uno de' suoi Principi di portarglielo, e

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