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INVITO

A CENA

D'ORAZIO A TORQUATO

Questa versione della Quinta del primo libro delle Epistole d' Orazio fu fatta dall' Autore in Vienna l'anno 1770 per compiacere a due dotti Cavalieri, suoi cari e parzialissimi amici: ad istanza de'quali avea scritto ancora le altre traduzioni, che si trovano in questa raccolta; senza escludere quella della Poetica d'Orazio con le sue note.

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Q.

HORATH FLACCI

EPISTOLA V. LIBRI I.

Si potes archaicis conviva recumbere lectis,

Nec modica coenare times olus omne patella,
Supremo te sole domi, Torquate, manebo.
Vina bibes iterum Tauro diffusa, palustres
Inter Minturnas, Sinuessanumque Petrinum.
Sin melius quid habes, arcesse; vel imperium fer .
Jamdudum splendet focus, et tibi munda supellex.
Mitte leves spes, et certamina divitiarum,

INVITO

A CENA

D'ORAZIO A TORQUATO

Se a mensa di giacer soffri in un letto

D'antica foggia; nè cenar ti duole

Meco alla buona; al tramontar del sole
Oggi, o Torquato, in mia magion t'aspetto.
Berrai d'un vin, colto l'autunno istesso
Ch' ebbe Tauro il secondo Consolato:
Frutto ed onor di quel terren beato,
Che a Minturno e Petrin s'innalza appresso.
S'altro hai di meglio, a te mi chiama : o accetta
Pronto l'invito. Arde già il fuoco, e tutta
Per te già netta, e d'ogni arredo instrutta
Il bramato la casa ospite affretta.

Le

gare

Le speranze ond' hai l'alma ognor sospesa, d'arricchir mandane in bando: Nè beccarti il cervello oggi pensando Della causa di Mosco alla difesa.

Et Moschi causam. Cras nato Caesare festus
Dat veniam, somnumque dies, Impune licebit
Aestivam sermone benigno tendere noctem,

Quo mihi fortunam, si non conceditur uti?
Parcus ob haeredis curam, nimiumque severuş
Assidet insano. Potare, et spargere flores
Incipiam: patiarque vel inconsultus haberi.

Quid non ebrietas designat? operta recludit: Spes jubet esse ratas: in praelia trudit inermem: 'Sollicitis animis onus eximit: addocet artes.

Foecundi calices quem non fecere disertum?
Contracta

quem non in paupertate solutum ?

Haec ego procurare et idoneus imperor, et non

Invitus: ne turpe toral, ne sordida mappa

Corruget nares: ne non et cantharus, et lang

Ostendat tibi te; ne fidos inter amicos

Diman Cesare nasce: e la festiva

Giornata ai sonnacchiosi ozio consente:
Onde potrem scherzando impunemente

Lieti allungar la breve notte estiva.

Le ricchezze a che pro, se al mio non denno Uso servir? Chi sè dimagra avaro

Per gli eredi impinguar, va messo al

paro D'un uom, che affatto abbia perduto il senno. Io vuo', per non cadere in simil vizio, Darmi a ber largamente, e sparger fiori: Nè mi cal se poi credono i Censori Che a me Bacco alterato abbia il giudizio. Qual fa l'estro Leneo cosa, che degna Non sia di lode? Il ver palesa: aftida La dubbia speme: al vil fra l'armi è guida: Fa leggiero ogni affanno: ogni arte insegna.

Chi fra' colmi bicchieri un gran rivale Non par che sia dell' Orator d'Arpino? V'è povertà, che per virtù del vino Gioconda non diventi e liberale?

Il mio mestiere, e a cui son pronto ed atto È il procurar che non ti dia nel naso

E

Sozza coltre, o salvietta: e in ogni vaso

Che tu possa specchiarti, e in ogni piatto.
Gran cura aver che non vi sia fra noi
Chi sparga fuor de' fidi amici i detti:

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