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Ben altre a queste accumular ragioni, E in gran copia io potrei: ma intolleranti M'affrettano i giumenti: il sol declina Verso l'occaso: e il mulattier fa cenno Agitando la verga. Addio. Conviene

Che io

parta alfin. Di me sovvienti: e sempre
Che, cercando ristoro, al tuo da Roma
Torni diletto Aquin; me dell' Elvina
Cerere all'are, ed alla tua Diana

Da Cuma appella. Io su que' campi algenti
In foggia militar verrò calzato:

E alle Satire tue prestar la mia

Potrò (se non la sdegni ) opra adjutrice.

SATIRA VI

DEL LIBRO SECONDO

DI

Q. ORAZIO FLACCO

Tradotta dall' Autore in Vienna nell' anno 1749.

Tomo XIV.

Q.

HORATII FLACCI

SATYRA

LIBRI II

VI

Hoc erat in votis: modus agri non ita magnus,

Hortus ubi, et tecto vicinus jugis aquae fons,

Et paulum silvae super his foret. Auctius atque
Dii melius fecere, bene est. Nihil amplius oro,

Maja nate, nisi ut propria haec mihi munera faxis.
Si

neque majorem feci ratione mala rem:

Nec sum facturus vitio culpave minorem.

Si veneror stultus nihil horum : O si angulus ille

Proximus accedat, qui nunc denormat agellum ;

SATIRA VI

DEL LIBRO SECONDO

DI

Ques

Q. ORAZIO FLACCO

Questo è quel ch'io bramava: un poderetto, Che un orto avesse, un po' di selva, un rio, Che sorgesse perenne accanto al tetto. Han superato i Numi il voto mio. Altro or non manca al mio piacer verace, Altro, o figlio di Maja, or non desio ;

Se non che questi doni, onde al Ciel piace

Di farmi lieto, in modo tal sian miei,
Ch'io goder me li possa in santa pace.
Ah dunque tu, se con acquisti rei

Sai che la roba io non accrebbi, e sai
Che pronto a scialacquarla io non sarei;

Se tai sciocche preghiere io non formai: Al resto, ah potess' io pur quel cantone, Che il mio campo deforma, aggiunger mai!

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