Obrazy na stronie
PDF
ePub

la locuzione divenne più splendida. Il tetrametro, verso composto di trochei, e troppo, per la gravità della tragedia, saltellante e veloce, si cambiò nel jambo: verso attivo, sonoro, comodo agli alterni discorsi, e più naturale dell'esametro, il quale ben di rado ci scorre parlando involontariamente di bocca, il che frequentemente del jambo avviene; e furono più adorni e distesi gli episodj. Avvertasi che qui per episodio s'intende quello, che noi nominiamo presentemente tragedia: poichè non chiamandosi in principio tragedia che il solo coro; il dramma, che tragedia or si chiama, non era che un episodio, cioè canto aggiunto al coro. Onde passando così successivamente la tragedia per tanti cambiamenti, conseguì finalmente tutte le parti costitutive della sua natura, cioè fermossi, o riposò: Taúraтo. Or parrebbe che quest'ultimo periodo fosse appunto lo scioglimento del dubbio d' Aristotile poc' anzi proposto e rimesso ad altro luogo, e ch'egli credesse che la tragedia fosse giunta alla sua perfezione.

- Lo credeva Diogene Laerzio, poichè nella vita di Platone, paragonando i progressi della filosofia a quelli della tragedia, dice:

Siccome anticamente nella tragedia operava da bel principio il solo coro; quindi Tespi inventò un personaggio, affinchè il coro potesse prender riposo, Eschilo un secondo, e Sofocle un terzo, e compierono la tragedia; così ne' suoi principj il solo oggetto della filosofia era la fisica: le aggiunse Socrate la morale ed in terzo luogo Platone la dialettica, e diè l'ultimo compimento alla filosofia. (1) Ma quando ancora abbian essi creduto, e sia vero che, col terzo personaggio inventato, ricevesse la tragedia da Sofocle il compimento di tutte le parti integrali, indispensabilmente necessarie alla sua costituzione ed alle operazioni suc; non convien credere che voglia dirci Aristotile che Sofocle col terzo suo personaggio abbia posti gli ultimi limiti ai progres

(1) Ωσπερ δὲ τὸ παλαιὸν ἐν τῇ τραγωδία πρότερον μὲν μόνος ὁ χορὸς διεδραμάτιζεν, ὕσερον δὲ Θέσπις ἕνα ὑποκριτὴν ἐξερεν ὑπὲρ τὸ διαναπαύεσθαι τον χα ρὸν, καὶ δεύτερον Αἰσχύλος, τὸν δὲ τρίτον Σοφοκλῆς, καὶ συνεπλήρωσαν τὴν τραγῳδίαν. έτως καὶ τῆς φιλοσοφίας ὁ λόγος πρότερον μὲν ἦν μονοειδής, ὡς ὁ φυσικές. δεύτερον δὲ Σωκράτης προσέθηκε τὸν ἠθικόν. τρίτον δὲ Πλάτων τὸν διαλεκτικὸν καὶ ἐτελεστέργησε την φιλοσοφίαν. Diogenis Laerții vitae Philosoph. graec. lat. cura Meibomii, Amstelod. 1692. in 4., Tom. 1. pag. 197.

si della tragedia. Suppli ben egli col terzo personaggio suddetto la mancanza d'un membro necessario, senza il quale non era atta la tragedia a rappresentar comodamente un' azione; ma non limitò con ciò la facoltà di accrescere il numero degli attori, nè quello de'nuovi ornamenti, e delle nuove eccellenze, delle quali potrà sempre arricchirla l'uso industriosamente diverso di quelle parti medesime, che avea la tragedia già conseguite.

Pare altresì che l'asserzione d'Aristotile che Sofocle aggiungesse primiero il terzo personaggio alla tragedia, non possa conciliarsi con gli esempj, che abbiamo nelle tragedie d'Eschilo di tre personaggi insieme parlanti come nelle Coefore, Oreste, Pilade e Clitennestra e nelle Eumenidi, Minerva, Oreste ed Apollo: ma quando Eschilo scrisse queste due tragedie, eran già più di dodici anni che Sofocle esponeva in teatro le sue onde può ben essere di Sofocle l'invenzione, ed averla Eschilo adottata.

Convien parimente osservare, che anche intorno all'inventore della pittura scenica non convengono i nostri testi. Aristotile in questo capitolo l'attribuisce a Sofocle, e Vitruvio ad Eschilo. Ecco le parole di Vitruvio. A

gatarco il primo dando Eschilo al pubblico uno dei drammi suoi, fece in Atene la scena tragica, e ne lasciò un commentario. (1) Per conciliar dunque Vitruvio con Aristotile, bisognerà figurarsi che Sofocle pensasse il primo a decorare e dipinger la scena, ma che lo eseguisse imperfettamente, come avviene ai primi tentativi: e che Eschilo si approfittasse di questa, come avea fatto del terzo personaggio; valendosi per sopraffare il giovane rivale dell' insigne architetto Aga

tarco.

(1) Namque primum Agatharcus Athenis, Aeschylo dicente, tragicam scenam fecit, et de ea commentarium reliquit. Vitruv. in praefatione, Lib. VII, de Architect. p. 124. Amstelod. 1649. in fol.

CAPITOLO V.

Che cosa sia la commedia. Donde nasce il ridicolo. Che il ridicolo secondo Aristotile è qualità essenziale della commedia. Parere su le moderne commedie lagrimose. Si sanno i primi autori della tragedia ed i successivi cambiamenti e progressi di questa, ma non così della commedia. In che convengono ľ epopea e la tragedia, ed in che differiscono. Che il tempo che può supporre un poeta nel corso d'una tragedia dee restringersi ad un giro di sole, o poco differirne. Considerazioni su questo precetto: e con questa occasione su le altre due unità di azione e di luogo. Ragioni dello strano e quasi universal progresso delle erronee sofistiche opinioni intorno alle tre unità. Chi è atto a giudicar bene della tragedia, lo è ancora dell' epopea, ma non così per Ľ opposto.

La commedia, dice Aristotile, è imitazio

ne de' peggiori: non già peggiori, perchè scellerati, ma perchè ridicoli. Ed il riso nasce

Tomo XIV.

17

« PoprzedniaDalej »