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Pure io, senza spacciare per sicura la mia sentenza, confesserò ingenuamente in qual senso spiegandole, mi sia paruto di urtar meno in manifeste contraddizioni.

Ognun sa che la musica è l'arte, che regola ed il tempo ed il suono così delle voci, come di qualunque istromento. Ed a questi due impieghi dell'arte musica sono analoghe le parole, di cui cerchiamo la propria significazione.

si

Il metro, voce trasportata dal greco, gnifica nel suo più largo senso misura: ma specialmente quella composta di varj piedi, dalla quale risulta la diversità de' versi fra loro; come quella dell'esametro dal pentametro, o da qualunque altro verso: e d'onde nasce l'interna musica, che distingue la poesia dalla prosa,

Ritmo, voce greca, che significa numero, è definita da Platone con le seguenti parole. L'ordine del movimento si chiama ritmo, cioè numero. (1) E da Cicerone con queste altre. Il numero si forma dalla distinzione o battuta degl' intervalli eguali, o ( co

(1) Τῇ δὲ τῆς κινήσεως τάξει ρυθμός όνομα εἴη. Plat. Lib. II. de leg. pag. 664.

me più spesso avviene ) diversi (1). E secondo lo stesso Aristotile il ritmo è utile anche alla prosa. Ei dice di questo ritmo può anzi dee adornarsi anche l'orazione, ma non già del metro, perchè diverrebbe poema (2), imperciocchè sono i metri privata e necessaria appartenenza della poesia: e nelle operazioni di questa è chiaro ch'essi divengono membri del numero (3). Il ritmo è la più sensibile distinzione de' componimenti musicali: poichè le infinite diverse combinazioni de' varj tempj, de' quali esso variamente si forma, producono le sensibili infinite diversità d'una dall'altra aria, o dell'uno dall' altro motivo, pensiero, idea, soggetto, o comunque voglia chiamarsi. E perciò disse Virgilio :

Dell'aria io ben mi sovverrei, se in mente

(1) Distinctio, et aequalium, et saepe variorum intervallorum percussio, numerum conficit. Cicer, Lib. III. de Orat. Paris. Tom. I. pag. 207. in medio. Typis Carol. Stephan. 1555.

(2) Διὸ ρυθμὸν δὲν ἔχειν τὸν λόγον, μέτρὸν δὲ μὴς moinua yap isa. Arist. Rhetor. L. III. Cap. VIII.

(3) Τὰ γὰρ μέτρα ὅτι μόρια τῶν ῥυθμῶν ἐςι φανερόν. Arist. Poet, Cap. IV. Tom. IV. p. 4,

Avessi le parole (1).

Con cotesto numero, o sia ritmo (che noi sogliamo regolare con la battuta ) possono i ballerini senza soccorso di armonia (cioè di canto o di suono) eseguire perfettamente le loro imitazioni (2). E perciò Ovidio chiama non già armoniose, ma bensi numerose le braccia d'una eccellente ballerina.

Quella incanta col gesto, a tempo alterna`
Le braccia numerose: e il molle fianco
Con arte lusinghiera inclina e volge (3).

Armonia, parola derivata dal verbo greco armozin, che significa propriamente concordare, connettere: e non suole impiegarsi parlando de' movimenti, o tempi musicali: ma bensì della gravità o della elevazione de' suoni, come limpidamente asserisce Platone. L' ordine del moto si nomini ritmo: ma l'ordine della voce (rispetto alla mescolanza

(1) Numeros memini, si verba tenerem.

Virg. Bucol. Eclog. IX. v. 45. (2) Αυτῷ δὲ τῷ ῥυθμῷ μιμῶνται χωρὶς ἁρμονίας οἱ Tüv opɣnsäv. Arist. Poet. Cap. I.

(3) Illa placet gestu, numerosaque brachia ducit:

Et tenerum molli versat ab arte latus.

Ovid. Amor. Lib. II. eleg. IV.

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de' gravi e degli acuti) si chiami armonia. (1)

Il dottissimo, particolarmente nella scienza armonica, Padre Maestro Martini ha verificato, dopo lungo esame, che gli antichi non intendevano sotto il nome d'armonia ( come al presente s'intende) quel concento o accordo, che si forma dalle varie proporzioni di varie parti da diverse voci nel tempo istesso cantate, oggetto del moderno contrappunto: ma intendevano unicamente la convenienza, che debbono avere fra loro i gradi successivi d'una voce sola nel salir dal grave all' acuto, o nello scendere dall' acuto al grave, per non uscire senza regola dal ricevuto armonico sistema de' tuoni. (2)

Melodia, parola composta dalle due voci greche melos e ode: con la quale Aristotile distingue una musica più soave, più artificiosa e più elegante da un'altra, ch'ei chiama semplice e nuda: ecco le sue parole. Tutti diciamo esser la musica fra le

(1) Τῇ δὲ τῆς κινήσεως τάξει ῥυθμὸς ὄνομα εν. τῇ δ' ἂν τῆς φωνῆς, τότε ὀξέος ἅμα ἡ βαρέος συγκεραννυ μένων, ἁρμονίας όνομα προσαγορεύοιτο. Plato de legib. Lib. II. pag. 664. Let. E.

(2) Martini, Istor. della Music. Tom. I. pag. 175.

cose più dilettevoli: o sia essa semplice e nuda: o accompagnata di melodia. (1)

La considerabile differenza, che corre fra coteste due musiche, si rende sensibilissima ne' recitativi e nelle arie de' nostri presenti drammi musicali; poichè limitandosi per lo più l'arte ne' recitativi alla sola cura di contenere le voci fra i confini dell' armonico sistema; lascia ad esse campo assai libero per imitare cantando le modificazioni del parlar naturale: onde hanno tanto i recitativi dall' arte, quanto basta per esser musica: ma non tutto quello, che bisognerebbe per meritare il nome di melodia. Or cotesta musica istessa che non è ne' recitativi se non se sola e semplice armonia, cangia nome, e mélodia diventa, quando, spiegando l'arte tutte le sue facoltà, l'adorna con le sempre nuove, artificiose, periodiche combinazioni di movimenti e di tempi, le quali ritmi o numeri si chiamano, e compongono le innumerabili idee, motivi e soggetti delle arie, che tutte distinte fra loro hanno per la varietà de'tem

(1) Τὴν δὲ μεσικὴν πάντες εἶναί φαμεν τῶν ἡδίζων, καὶ ψιλὴν ὅσαν καὶ μετὰ μελωδίας. Arist. Polit. lib. VIII. Cap. V. p. 607. Tom. III.

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