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LIBRO SECONDO

DELLA CRITICA COME SCIENZA

Quando

CAP. I. DEL CONCETTO, CHE DA ALCUNI

È DATO ALLA CRITICA.

ndo una dottrina ha importanza ed esercita azione in mezzo al mondo, è facile trovar coloro, che si studiano di parlarne a lor modo. E per offrir poscia chiaro e preciso il concetto della Critica, come Scienza, secondo lo stato presente delle cose, è utile il riandare le idee meno esatte ed accurate, che ne corrono, mentre che noi scriviamo (1). Riconoscer gli errori, senza la passionata e pesante voglia di far controversia, giova a determinar meglio la forza, l'ampiezza e la stabilità del vero.

(1) Ricordi il lettore, che io scriveva nel 1865. Condizioni mie speciali m'hanno impedito di publicar prima d'ora queste pagine, ch' erano pronte per esser messe a stampa fin dal 1866. Non mi son fatto scrupolo di modificarle ovunque ho creduto; e posso solo affermare, che la parte sostanziale è rimasta la stessa.

Ricorderemo anzitutto, che da taluni, e sogliono essere i più sfaccendati, si ritiene la Critica, come un lavoro per iscovrire le magagne altrui; e con aria di trionfo si grida: Ex vitiis alterius sapiens emendat suum. Di Critici a tal misura non mancano specialmente presso le nazioni, ove, non esssendo stati, o non essendo ancora in molto onore gli studii, si pensa da chi ha vivo ingegno non potersi scuotere l'attenzione altrui, se non dicendo male di chi avesse publicato un qualche scritto. Or agevole (si agevole da non menarne gran vanto, salvo a tenerne parola, quando n'abbia da profittare la verità) è lo scovrire in altri de'difetti e degli errori: la cui storia, scriveva il Leopardi, è lunga come quella dell'uomo. Qual maraviglia, che si pensi riuscir facilmente in un lavoro, nel quale la vanità e l'orgoglio possono forte assisterci! E nel quale (si noti accuratamente) ogni passo verso la verità, quando si è pur fatto, ha di sovente ricevuto spinte e soccorsi, cose non piccole, massime per la posizione vicendevole delle persone, dagli stessi sforzi altrui ! Ma Critica dev'esservi e degna di pregio può venir fuori, non già solo, perchè sienvi errori da abbattere, ma specialmente, perchè vi sono verità da ricercare, da ordinare, da raffermare. Di quelli convien parlare, quando profitti a queste. E il Critico, che cerchi solamente i difetti altrui, può gioirne d'una gran raccolta; tna, per una giusta vendetta provvidenziale, è reso inabile a scovrire i suoi propri, anche i più lievi, e a metter fuori bene assestato e sicuro di sè medesimo il vero. Non è parimente diffi cile l'accorgersi, che siffatti Critici tralasciano talvolta di dire tutto il vero, che sanno intorno alla materia sottoposta a Critica, per poter cosi metter fuori tutto il malè, che vogliono, della persona censurata. Del resto, per quanto si vada coverto di ricchezze in casa altrui, non si è mai in grado di sentire completa agiatezza; e talvolta non si può festeggiare, che di risultamenti negativi. Ma questi (come possiamo imparare da spe

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rienze proprie e da altrui), sieno pure trionfanti, contengono sempre per sè un vuoto non superabile. Da per tutto vi possono essere errori a scovrire; ma l'importante per noi dev'essere, il ripetiamo, che vi sieno de' veri da cercare. A questo modo l'intelligenzu si sviluppa con sicurezza, misurando ogni suo passo; e sa che ogni giudizio fa parte d'una dottrina, poichè non v'è giudizio, che non si fondi su d'un principio, non proceda da un metodo, e non vi si appoggi. Se Critica non vi fosse, che per criticare (adoperando questa parola nel senso, che ordinariamente le si dà), presto si dimenticherebbe, che vi sono principii e metodi procedenti dall'intimo dello spirito, non già cagionati da forza esteriore. Non una pedanteria di Logica schiamazza, ma evidenza concessa a vita giornaliera d'intelligenza conscia di sè dimostra, che, se vi è Critica verace, dev'essere stabilita su juei principii e metodi.

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Non basta del pari, affin di prendere il nobile e venerando titolo di Critico, l'esaminare col solo buon senso, e stando nei suoi limiti, opinioni altrui, o cognizioni raccolte intorno a dottrine o a fatti. La Critica dee saper giudicare dello stesso buon senso, ascendendo in una regione, di cui quello per sua buona indole senta l'altezza, sebbene non possa, nè sappia stimarne tutta la importanza, e spesso nemmeno giungere a comprendere tutto il tenore. Non è per fermo sufficiente, che vi sieno discussioni e pareri, perchè subito si publichi esistervi la Critica; ně v ha maggior pericolo di errare intorno al vero nelle quistioni scientifiche, come allorquando non se ne sa scrupolosamente determinare la verace regione. Il dogmatico e lo scettico, il letterato e l'artista, tutti ricercano, esaminano, fanno giudizii per conseguire un intento, ma ognun di loro non sarebbe perciò e sempre un Critico. D'essi tutti per contro dovrebbe giudicare la Critica, e in virtù d'un pensiero più alto; il quale naturalmente avrebbe a costituirla e reggerla. Non è già sia disutile il buon senso, che anzi si hanno

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a predicare guai non radi, nè lievi per coloro, che non ne posseggano in buona dose; ma che rimanga onorato al suo posto, nè si creda autore di scienza. Dopo vane quistioni, in mezzo a facili leggerezze e a disparati opinari, può accadere che creda taluno di fare un gran colpo col mettere in trionfo fra le discussioni scientifiche, massime a riguardo della Critica, il buon senso. Ma ci vuol dirittura di mente per comprendere e accuratamente ritenere, che quelle non possono esser governate, se non dalla Ragione. Ciò non serve solo a decidere, che ella abbia a soprastare in casa sua, ma giova, nè è cosa di poco rilievo, a fare avere nella debita considerazione la verità, di cui si va in cerca. Imperocchè questa, se non è pedantesca, ritrae valore dalla natura stessa de'mezzi, che si ha necessità d'adoperare per ottenerla.

Altri pensano, che la Critica sia spontaneo e facile affetto dell'ingegno particolare del Critico; ed è uno di quei pensieri, che pigliano base sia nella leggerezza di chi giudica, sia nel modo stesso di comportarsi della parte, con cui si è in lotta. Certo vi sono de Critici più perspicaci e meglio attivi, che altri mai; quella perspicacia e quella attività ciononostante, checchè se ne dica in contrario, son fondate su leggi. Senza queste non potrebbero quelle, nè saprebbero manifestarsi e adoperarsi. E inoltre difetto, assai grave nell'odierna civiltà, il restar contento della propria abilità, non curando di prender coscienza riflettuta di essa, e indagarvi il metodo che vi è insito, i principii, che la regolano, e le leggi, che la sviluppano, l'afforzano, e la limitano. Se ciò si curasse di fare, non si cesserebbe di gustare la gioia della propria abilità, ma si sentirebbe intanto la virtù del vero in sè stesso considerato. E questa cosa è importante, più utile di quella gioia, perchè ispira modestia per natura, e rafforza contemporaneamente nel vero. Siffatta Critica individuale noi Italiani potremmo chiamare alla Baretti; ma è noto, come cia

scuna delle incivilite nazioni ha il suo prototipo. Esercitata talvolta con ingegno e buon gusto, impedisce per molto tempo, che della Critica si ricerchi il vero e completo concetto scientifico; sebbene, giunti di poi a comprenderne il bisogno, ben valga a farcelo afferrare con maggiore ampiezza ed energia.

La Critica, che nudamente si fonda su la perspicacia individuale, si manifesta in gran parte ed agevolmente, per impeto di indole sua e a conti fatti, come una Critica negativa. Da più generazioni i suoi cultori cercano darle un' importanza sociale. E talvolta si è detto, che per quella si esercita un sacerdozio: curioso sacerdozio ! Il qual non fa, che offrir vittime su gli altari della Dea Censura, senza gli si riveli mai il Genio, che sappia edificare non già co' rottami di quanto si è distrutto, ma con verità superiore agli errori abbattuti! E superiore, non già solamente, perchè vi sieno errori da vincere, ma specialmente perchè vi è una Scienza da fondare. Fosse la Critica, a ritenerla pur come, fortunata nelle sue avventure, solo distruggitrice di pregiudizi, di abusi, di false glorie, non adempirebbe, benchè su maggior novero di oggetti, se non l' uffizio, che lo scetticismo si assume riguardo a filosofia. Mostrerebbe cosi, in un certo ordine di idee, armi per combattere, non fondamento per assidervisi, secura di sè. Or non si può aver mai vittoria piena nel combattere gli altri, se non manifestando di possedere il vero, indipendentemente dalla controversia: cosa, per verità, cui poco badano i controversisti. Il vero, nel mentre si mostra capace a distrugger l'errore, dee specialmente offrirsi in grado di fondar sè stesso. Non le ruine, che la Critica negativa ammucchia possono riuscir feconde, ma quelle verità, che in sostanza pur la reggono, se non è del tutto vana; e la reggono qualche volta anche ad insaputa del Critico stesso. Al lavoro, che abbatte, dee presiedere e con accorto magisterio la verità edificatrice; e così non la Critica delle audaci passiopi, ma si avrà

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