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sottili. Si occupa il Ruffini di quel passo, dove non ben si distingue il sentimento ne'bruti e nell' uomo, e dove si discute senza negativa, se esso possa supporsi eziandio nelle piante: principalmente di quel ritrovato dell' affinità animale, che il sig. Laplace vuole analoga a quella che ravvicina le mollecule de' cristalli, e da cui deduce la spies gazione dell' istinto degli animali. Accenna pure un altro passo, da cui chi è facile a sospettare malizia, potrebbe tirare una sinistra interpretazione dei sentimenti del geometra francese intorno al dogma dell' esistenza di Dio, ed altri avrebbe potuto chiamarne ad esame, se non avesse creduto meglio di passar velocemente sopra una parte del suo lavoro, che doveva riuscire necessariamente grave a chi non ama trovar in altri falli ed inganni. Avrebbe avuto in fatti molte cose da ridire intorno alle espressioni del suo avversario, e dove crede che possa darsi una teorica così esatta dell' intendimento umano, come del mota de' pianeti (4 édit. p. 216); e dove assegna l'origine dei costumi, e la cagione della loro varietà (p. 229) e dove sospetta il mondo eterno (p. 209): e dove gli sfugge che l'universo possa es sere infinito (240): dove chiama la credenza una modificazione del sensorio (234): dove dice cho le idee complesse si formano dalle semplici come il flusso del mare de' flussi parziali del sole e

della luna (241); soggiungendo in seguito (242) che quasi tutte le comparazioni, che noi tiriamo dagli oggetti naturali per rendere sensibili le cose intellettuali, sono in fondo delle identità; e finalmente (tacendo di altri) dove argomenta gli abitanti di Giove (249), perchè non è naturale che la materia, di cui noi vediamo l'attività svilupparsi in tante guise, rimanga sterile in un così gran pianeta. (Sarà continuato. )

Oro te, frater charissime, inter haec vivere, ista meditari, nil aliud nosse, nihil que aliud quaerere, S. Girolamo a Paolino,

GIUSEPPE LUGLI

AL SUO M. ANTONIO PARENTI.

A voi, che si altamente sentite della religion nostra santissima; a voi, cui diede il Cielo un cuore sì docile a seguirne le massime eccelse e le care virtù,. ben convenivasi offerire uno scritto, che nel rilevare, ch' ei fa le sublimi bellezze delle sacre Pagine, intende anche così di allettare vie più gli animi a Dio. Mi lusingo, che voi aggradirete il mio dono, sebben tenuissimo, non tanto per quella schietta e candida amicizia, della quale mi onorate, quanto pei conforti dolcissimi, che vi piacque di dare al mio tentativo: Non offendasi poi la vostra modestia, se ne'l' intitolarvi queste poche mie carte, io vi dica, che le assicuro sotto ad un nome, che per utili ed eleganti produzioni si rende ognora più chiaro alla patria non meno che all' Italia.

Sublimità della Scrittura, e in ispecie della Poesia Ebraica, con cenni sull' imitarla o tradurla, e sulla controversia se avesse metro.

Le sacre pagine, oracolo di verità, monumento pur sono del sublime, o la grandezza delle immagini si consideri, o il patetico de' sentimenti. Ne' cantici scritturali i rapisce l'anima, e 'l tenero che v' incontri, e l'entusiasmo che si eleva all' altezza la più stupenda; e vedi chiaro esser ivi poesia il linguaggio della Divinità. Vorrei quindi lusingarmi non disutile fosse o disaggradevol cosa l' esaminare le varie specie di sublimità ne' vari tratti profetici, che, o per immagini colpiscono, o per patetico bramoso però di offerirne più presto dei semplici quadri, o dei cenni che potessero commuovere, che delle analisi meditate, le quali, appagando forse lo spirito, freddo lasciassero il cuore. Parlo inoltre a persone, cui sarà facile per dottrina l'assegnare alle debite fonti del sublime or questo, or quel cantico; e con sicurezza maggiore, che se dietro a sterili teorie le invitassi a ciò fare io stesso.

§. I. Affermo dunque con Longino, che se carattere della sublimità si è un generoso ardimento, il quale spieghi tutte le forze della sollevatezza, simile, carattere ben si ravvisa nel cantico di Mosè registrato al capo XV dell' Esodo: Tunc cecinit Moyses, et filii Israel, carmen hoc Domino, et dixerunt: Cantemus Domino.... La sovranità delle immagini fa che l'anima nostra s'innalzi col divino cantore, vesta un' aria brillante, s' empia di gioia e d'alterigia, come s'ella dettato avesse il componimento. Giusta e matura felicità di pensieri, gagliardo affetto ed

Vol. II. Fasc. II.

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entusiastico ogni parte ne avviva e riscalda. Deh! quanto. appassionata l'umiltà di Mosè, con cui dà laude al suo Dio, protestando perciò di magnificarlo: Iste

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Deus meus et glorificabo eum: Deus patris mei et exaltabo eum! Con una parola ti presenta l'effetto di di sua onnipotenza. Omnipotens nomen ejus. perche ne canta la destra, che percosse l' inimico; nè lui dice irato, ma fa ch'ei spedisca l'ira davanti a se, la quale, siccome paglia, divora gli avversarii suoi; nè lui dice furibondo, ma dice che il soffio del suo furore ́ammonta le acque, le rende immobili, e che poi le riabbassa a tomba degli Egiziani. Lascia libero il volo all' anima estatica; e dimanda con istupore Quis similis tui in fortibus, Domine? Quis similis tui? e terribile il chiama e operator di prodigii; giacchè Dio stende la mano e all'istante la terra ingoia i nemici. Nel meraviglioso signoreggiamento del suo canto ei rivolgesi ai principi di Edom, 'ai campioni di Moab, agli abitanti di Canaan, e ne li mostra atteggiati di dolore, e 'di sdegno, o tremanti e irrigiditi alla nuova del gran passaggio. Ascenderunt populi et irati sunt: dolores obtinuerunt habitatores Philistim. Tunc conturbati sunt principes Edom, robustos Moab obtinuit tremor: obriVuole che il guerunt omnes habitatores Chanaan, braccio di Dio versi su di loro paura e spavento, onde sicuro passi per mezzo ad essi il popol santo; ma dolce prega insieme, che questo suo popolo il conduca Iddio, e lo pianti, eletta vigna, nella terra promessa a' padri suoi. Donec pertranseat populus tuus, Domine; donec pertranseat populus tuus iste, quem possèdisti. Intròduces eos, et plantabis in monte haereditatis tuae, firm missima habitaculo tuo, quod operatus es, Domine.

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f. II. A Mosè dobbiamo ancora il suo testamento, che si legge nel capo XXXII del Deuteronomie, e cui giova, a meglio gustarlo, supporre diviso in varie parti ed interlocutori, Mosè, Dio e un coro di sacerdoti. Certo non poteva apparirne più imponente il principio, quanto l'invitarsi i cieli e la terra ad ascoltare le parole del profeta. Audite, coeli, quae loquor, audiat terra verba oris mei; come non poteva essere più delicata la similitudine della pioggia e della rugiada. -Concrescat in pluvia doctrina mea. Fluat ut ros eloquium meum. Quasi imber super herbam, et quasi stillae super gramina. → Parla de' celesti favori verso il suo popole, della mostruosa ingratitudine di questo, e delle minacce di Dio a' prevaricatori. Entra perciò con tutto l'appassionato della eloquenza a lagnarsi d' Israele. A lui chiede se il seguire le abbominazioni delle genti sarà poi ricompensa dovuta a quel Signore, che gli fu padre, che per sua eredità lo elesse, che lo educò e custodì quasi cara pupilla degli occhi suoi ? Haeccine reddis Domino, popule stulte et insipiens? Numquid non ipse est pater tuus, qui possedit te, et fecit et creavit te ?

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Quanto non ti piomba al cuore il soggiungere Memento dierum antiquorum, cogita generationes singulas. Interroga patrem tuum et annuntiabit tibi: majores tuos, ́et dicent tibi .. .. Invenit eum in terra deserta, in loco horroris, et vastae solitudinis. Circumduxit eum, et docuit: et custodivit quasi pupillam oculi sui. Per lo che vien egli in campo con una si tenera comparazione, che sfida in evidenza le più rinomate; voglio dire il confronto delle cure amorose di Dio con quelle di un' aquila, che, tutta affetto, addestra al volo i suoi figli, e aggirasi ansiosa, e intorno ad essi svolazza: non altri

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