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e sola

entrerà almeno implicitamente in ogni deliberamento scemerà di molto questo malore. L'uomo intimamente religioso, ancorchè si lasci trarre a qualche pensiero d'ambizione, ha pure avanti gli occhi la vera meta del suo essere questa confida di raggiungere, ancorche gli sia tronco immaturamente il corso de' suoi giorni; epperò non si affanna così per antivenire colla rinomanza l'età del senno, e abborrisce d'ottenerla per fas et nefas. Quegli, per cui la morte finisce tutto, ha fretta di godere; memoria di se vuol pur che rimanga : e non valendo a farsi illustre, si appaga d'es sere iniquamente famoso.

I mali frutti delle condiscendenze verso sediziosi hanno ormai confermato, e confermano tuttora la massima da noi già espressa, che a' ribelli sinchè ribellano, s'ha a rispondere coll' armi. Così osserva il nostro autore.

Alcuni si credono più saggi professando indifferenza politica. Potea scusarsi sessant'anni addietro, se limitavași a sola opinione accademica, quando il senso del dovere era tanto, che non temea l'effetto di teorie quali si fossero: quando nella moltitudine poco atta a discernere neppur si destavano tali quistioni. Ora è pericoloso anche il solo discuterle. Ma destate le civili dissensioni, non è lecita l'indifferenza politica, perchè non è lecito ai figli rimanersi indifferenti tra il padre assalito e gli assalitori, fossero anche lor fratelli: perchè ognuno ha un dovere verso il Sovrano, ed alla voce de' dovere l'in differenza è colpa.

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I buoni si credono tali perchè non fanno il male: oh! non è gran male non travagliarsi per impedirlo? Che ne avviene? alcuni malvagi collegati comprimono popoli interi ben più numerosi, come una banda ordi

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nata di venti o trenta assassini basta a taglieggiare le intere provincie. Per lo ristarsi de' buoni si lascia anche adito ad altro inganno. I sediziosi vantano per se la pubblica opinione. Ne anche per ciò s'avrebbero a seguire: nelle epidemie vorrete voi prendervi il morbo per far come gli altri? Ma qualor non tacessero i buoni, sarebbe rimosso l' inganno pel loro silenzio si crede opinione generale quella che non lo è, perchè sola parlando, sola operando, sola si fa vedere ed udire.

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I liberali tacciano noi di servili. I capi loro, e principalmente il capo massimo, riscossero bassa, abbietta obbedienza, quale da noi non l' ebber, non la cercaron mai i nostri Sovrani. Coloro si dicon liberi, magnanimi, indipendenti e Bonaparte gli allacciava di nastri, li gonfiava di titoli, e, quel che è più, impinguava le loro rendite. Noi serviamo il Re, perchè lo vuole Iddio, perchè ci muove l'affetto: gli siam divoti senza badare al profitto. Ed è sì vero ciò, che il più puro il più saldo amore verso il Re si trova nel po polo, che più sta lontano dallo splendor del trono. Affetto così disinteressato non può mai tacciarsi di servilità, ed è indizio della felicità, che produce il Governo Monarchico, e della stabilità che hanno i Governi antichi. Stabilità primo bene d'un popolo ; ond' è che sempre nuoce ogni governo nuovo, eziandio migliore dell' antecedente. Stabilità, alla quale più di tutto giova la Religione, e sopra le altre la Religione Cattolica, che non ammette interpretazioni quando l'auiorità ha parlato. « Gli eretici, dice l'autore, sono » divisi fra loro: solo i Cattolici hanno conservata la » fede; l'immutabilità è il carattere della verità. »

«E stato penoso dover rinnovar. la memoria d' un » fatto, che si vorrebbe poter dichiarare favoloso. Al» cuni degli autori di tanti mali non lasciano credere » con un contegno pacifico d' aver rammarico per le » cose succedute; era d' uopo svelarne gli errori. »

Le figlie di Pelia avean veduto ringiovanito Esone dalle magiche misture di Medea. L' amore verso il padre le indusse a porlo in brani per riaverlo lunga età. Tradite dall' empia si ritrassero nei monti d' Arcadia,

piangendo l'involontario delitto, Inumano sarebbe stato chi le avesse ancora rimproverate. Strega ben peggiore e non favolosa la smania rivoluzionaria straziava e strazia sugli occhi nostri i popoli: si è voluto straziare anche la patria nostra; nè pel mal esito cessa la mania: oh! una voce di pentimento! e sarebbe pur giocondo non più ridestare le triste ricordanze! Le figlie di Pelia aveano errato per sincero affetto: il cuore sa pentirsi, e potè la favola fingerle pentite. Ai più dei liberali dà la spinta Rorgoglio della mente; nè mai l'orgoglio seppe dire: terrai

Se la conformità delle nostre colle sue opinioni non ci tradisce, crediamo trovarsi pochi libri eziandio fra i lungamente elaborati, dai quali tanta utilità possa Sriportare il lettore che sulle dispute presenti di Stato di conoscere il vero cerchi sinceramente.

Con vibratezza è scritto quest' opuscolo'; e se è vero il detto del Buffon, le style est l'homme, deesi giudicar l'A. robusto pensatore, e indagator sagace. Già abbiam notato, che talvolta lascia desiderio di chiarezza e connessione maggiore; agevolmente scomparirebbero tali mende in altra edizione. A questa pare che egli abbia avuto scarso il tempo, o interrotto.

Alcune scorrettezze nella stampa si fanno osservare ; ne ricopiamo qui tre principali.

Pag. 15. lin. 17. directionnaire leggi discretionnaire 45. » rt. centseptmille ivi » 1. antepenult. divines »

Il tipografo potea pure aggiungere un fine per comodo de' lettori.

dixseptmille diverses poco d'indice in.

V. Tosi Revisore Arcivescovile.

Se ne permette la stampa:
BESSONE per la Gran Cancelleria.

TORINO 1822.

DALLA STAMPERIA REALE.

Pel felice ritorno dell' augusta casa di Borbone a' troni di Spagna, e di Francia, ode spagnuola del signor Giammaria Maury Pleville, scritta nel 1814, e nell'anno medesimo stampata in Parigi; tradotta dall' Eccellentissimo signor Conte Prospero Balbo in Madrid nel 1818.

LA RESTAURAZIONE.

Jam redit et virgo, redeunt saturnia regna.

Or si; devoto, umile

Piego' il ginocchio, ed al poter m' inchino:

Or sì; semplice e pura,

Qual la fece natura,

Ne schiava mai nè vile

S'alza mia voce a canto peregrino.

Aperto è alfin cammino,

D' onde in suo dritto alma virtù ritorni.
Or quel, che prima solitario incenso
In riposto sacrario ignoto ardea,
L'aere ingombri,, alto volando e denso;
Ed il mio labbro, che ne' tristi giorni
Ammutoli per la comun sciagura,
Sciolga or beato, in venturosa calma,
Libero canto, interprete dell' alma.

Vol. II. Fasc. III.

9

Fidi servendo all' oppressor del monda I figli di sua prospera fortuna,

« Canta, » diceanmi a gara :

« Canta, o poeta, il glorioso Atlante
Scelto dal fato a sostenere il pondo
Di tante genti e tante;

Ed ei di tutte ne sa far sol una.
Perfino al Nilo in sua remota cuna
Alto spavento ei mise; ei fece poi
Istro e Neva soggetti a Senna e Tebro:
Or suo vassallo è l'Ebro :

È Re d'Europa l'arbitro di Spagna.
E tu non canti il vincolo fraterno

Che assicura a tua patria un sog'io eterno? »
Io rispondea: « tempo non è di canto.
Piange la patria, e sangue più che pianto
Versa, e sangue d'ersi.

Non vedi tu cotesta

Hagnanima città? * che in negra vesta,
Davanti l'ara, e la sacrata face,

A prodi, figli suoi,

Ancor vivi, già prega eterna pace;

Ed essi escon dai tempio,

E van securi a risoluta morte,

D'onde non è chi scampi.

Oh grandi! oh sommi! oh sensa pari esempio!

Oh Sairagozza ! oh di Castiglia campi!
Ed is due re non veggie

Dal sublime for seggio

Raikati indegnamente a volger sørte?
E1 giovin rege a prigionia costrenin,
E 1 rege antico mendicando un sello.

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