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assunto, se pure si potesse riuscire a compendiare que'ragionamenti sì pieni e insiememente sì stretti, senza indebolirne la forza. Perciò lasciando che chi ha sete di tali acque vada attignere alla fonte, io conchiuderò il poco, che ho detto sinora a di mostrazione dell' argomento propostomi, colle pa role del presidente Jones (54): « Dopo una dili« gente investigazione, dic' egli, delle memorie << antiche noi veggiamo che la storia di Mosè non « solo non è da quelle combattuta, ma anzi con<< fermata con argomenti a priori; in parte pro« babilissimi, in parte certi, e possiamo dire che « i primi undici capitoli della Genesi non sono << altro che una prefazione generale alle più an<< tiche istorie che ora abbiamo » non che a quelle degl' Indiani (55).

Affinchè poi alcuno, onde schivare come che sia la conseguenza di una tal verità, non soggiunga avere Mosè copiato gli scritti antichi degl' Indiani non che di altre nazioni, e per ciò con essi accordarsi in molti fatti importanti, dimostrerò essere Mosè scrittore e storico originale, nè avere appreso la notizia de' primordj del mondo da' libri Indiani, ma sì o immediatamente dalla rivelazione,

(54) Ragionamento IX. nelle Asiatiche Ricerche T. III. p. 486-487.

(55) Giova ancora avvertire che le dottrinė o narrazioni da noi di sopra riferite e cavate dagli antichi libri degl' Indiani, non si trovano solamente sepolte ivi ma sono tut tavia oggidì conosciute e professate da' Bramani. Vedi la Lettera del P. Bouchet su questo argomento nelle Letteré edificanti T. XI. in principio, Parigi 1781 in 12.0

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o pel canale della tradizione, la quale a lui più che agli altri popoli recava le acque purissime.

Mosè in fatto non poteva attignere pur un non nulla dai Puranàs posteriori di presso che due mill'anni a lui, nè da' Védas pure, o dal codice di Menu, ecc. Perocchè seppure questi ultimi libri vantassero maggiore antichità del Pentateuco, non poteano offrire a Mosè dottrine sì pure e tutto fiore di verità relativamente a Dio, all'uomo, e al mondo, ripieni come sono di cose assurde e sconvenevoli alla natura dell' uomo e di Dio, e condannate anche dal languido lume della ragione, libera però da' pregiudizj della superstizione e dal peso di una prediletta ignoranza. Che se i Puranàs, il codice di Menu e Védas in alcune cose si accordano colla narrazione degli undici primi capitoli della Genesi, un tale accordo si deve credere il parto di una madre comune, e della tradizione patriarcale. Gl'Indiani però non altrimenti che gli altri popoli sfigurarono i fatti nelle loro circostanze, ne esagerarono le date, e li frammischiarono a mille ciancie puerili e indegne dell'uomo e di Dio: laddove Mosè tutto narrò e descrisse col linguaggio semplice, lucido, e sublime della verità, per cui si distingue da tutti gli scrittori umani e mostra più elevata filosofia, più pura morale, più di importante istoria, che non tutti i filosofi, i legislatori, e gli storici del paganesimo. Inoltre coloro che vogliono opporre all'autorità de' libri di Mosè quella de' libri degl' Indiani e degli altri popoli antichi come da lui discordi in taluna cosa, ci dicano come Mosè

potesse copiare da essi il tanto in cui lo trovano d'accordo con loro. Egli sembra che il ragionare de' nostri avversarj vada talvolta a parare al seguente dilemma. « Le memorie esterne o sono contrarie a Mosè, e Mosè mentisce; o sono d'accordo con Mosè, e Mosè le copiò ». Dopo le cose però dette sin quì io potrò ripigliare invece così, almeno rispetto agl' Indiani: « le memorie esterne de' primordj del mondo o sono tali che meritino fede, e sono perfettamente d'accordo con Mosè; o tali esterne memorie sono contrarie a Mosè, ed esse non meritano alcuna fede ». E questa seconda parte del dilemma io verrò tuttavia più partitąmente mostrando per vera riguardo alla cronologią degl' Indiani.

All' uopo io addurrò solamente l'autorità [de' più dotti conoscitori de' libri Indiani, cioè di Guglielmo di Santa-Croce, di Anquetil, di Maurice, di Jones, di Wilfort, di Bentley, e di Dubois, Guglielmo di Santa-Croce (56) si adopera in far vedere che i computi de' libri degl' Indiani, p. e. del Bagavadam sunnominato intorno l'antichità del mondo non sono che i sogni della fantasia de' loro autori, e reca al proposito de' loro periodi un' osservazione di Le Gentil (57) atta a distruggere qualunque fede si avesse potuto avere ne' loro computi eccetto forse il quarto loro periodo detto Caly-yougam, ossia dell'età dell'infortunio,

(56) Ezour-Vedam, Schiarimenti p. 212-219.

(57) Mem, dell' Accad. delle Iscriz. an. 1772, T. XXXIX. p. 191.

il quale comincia 4929 anni prima dell'anno 1828 in cui io scrivo.

Anquetil parimente dà opera a dimostrare (58) che i pretesi periodi degl' Indiani, almeno i tre primi, sono puramente o astronomici o imaginarj. Il Maurice mira a far vedere (59) che i periodi degl' Indiani sono favolosi:

L' Jones poi crede (60) che la cronologia seguita dagl' Indiani (ossia la loro cronologia storica) non discordi da quella di Mosè; e in parlando della consonanza in generale de' libri degl' Indiani con quelli di Mosè sugli stessi argomenti storici dice queste parole degne di osservazione (61): « La << nostra testimonianza sopra questo punto è con<«<siderabile per questo che se il risultato del no<<stro lavoro fosse stato differente, noi lo avremmo << pubblicato colla medesima soddisfazione e fran<< chezza »><

Wilfort e Bentley socj dell'Accademia di Calcutta, i quali ci hanno lasciate, le più dotte discussioni sulla cronologia degl' Indiani (62) osservano che

(58) Dissertazione premessa alla Descrizione storica é geografica dell' Indie pubblicata da Giovanni Bernouilli a Berlino nel 1786; e Ricerche storiche e geografiche sull' India, ivi art. I. p. 4, segg.

(59) Storia dell' Indie T. I. lib. I. P. I. c. 11.

(60) Ragionamento sulla Cronologia degl' Indiani nelle Asiat. Ric. T. II. p. 111-149.

(61) Asiat. Ric. T. IV. p. 3.

(62) Wilfort sulla Cronologia degl' Indiani nelle Asiat. Ric. T. V. p. 241; e T. IX. p. 82; e Bentley Osservazioni sull' ere ed epoche principali degl' Indiani nelle Asiat. Ric. T. V. p. 315-343.

quando Megastene fu inviato presso gl' Indiani poco dopo la spedizione di Alessandro, gl' Indiani non aveano ancora imaginato i mostruosi sistemi, de' quali essi fanno pompa oggidì e traggono o credono trarre da' Puranàs posteriori però di più secoli a Megastene; e che le antichità Indiane non ci presentano se non periodi o astronomici o poetici, invece che storici, e un ammasso confuso di favole incoerenti senza conseguenze e senza legame, e inviluppate di allegorie ancora più oscure. Anzi Wilfort fa avvertire che gl' Indiani non gli avrebbero data un' idea generale della loro cronologia, se si fossero accorti che si fosse poi sottoposta a profonde considerazioni; quasi che eglino stessi possano avvedersi delle sue assurdità.

Cuvier membro egli stesso della società di Calcutta, sulle dottrine di Jones, di Wilfort e di Bentley ragiona così (63):« Le liste de're, che i Panditi o dot<< tori Indiani hanno preteso aver compilato sui Pu« ranàs, non sono che cataloghi senza particolarità « o forniti di particolarità assurde come quelli che << aveano i Caldei e gli Egiziani, e come quelli «< cui Tritemio e Sassone il Grammatico vissuto << nel XIII secolo ci hanno dato per li popoli del « Nord (64). Queste liste sono discordi, nè alcuna

(63) Ragionamento sulle rivoluzioni della faccia del globo, Parigi, 1825 p. 138-185, 188-190.

(64) Vedi Jones Ragionam. sulla Cronol. degl' Ind. nelle Asiat. Ric. T. II. p. cxr.; e Wilfort sopra questo stesso argomento, ivi T. V. p. 241; e le liste ch'egli dà nella

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