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dondò in danno del teatro lirico Francese, in cui pose questo vizio profonde radici a segno, che malgrado i clamori de' dotti e de' savi tuttavia vi trionfa a fronte della pronta intelligenza che ciascheduno può avere del verisimile della drammatica, delle sue leggi e de' suoi confini nel teatro tragico Francese.

Ma questo abuso omai passato in costume, e quasi che divenuto pregiudizio nazionale è da credersi, che si manterrà nella prima acquistata licenza sul teatro lirico, fino a tanto che alcuno di quegli elevati ingegni, che di frequente in Francia si veggono comparire, non intraprenda di scacciarnelo, e non faccia forza all'opinione del volgo coll'introdurvi il puro verisimile del drammatico, esiliandone tutte le puerili illusioni. Allora nel nuovo piano semplice, e vicino al vero interessandosi il novatore in quelle azioni che andrà con tutte le pompe poetiche presentando, preparerà interesse a colui che dovrà co' suoni adornarle; e potranno ambidue coll' unione delle bellezze della musica e della poesia soavemente blandire gli animi degli spettatori; riscuotere in loro quegli affetti che ora tranquilli rimangono; e far loro gustare quelle dolcezze dell'armonia, che adesso con troppa indulgenza per li compositori il più delle volte si suppongono.

Da quanto abbiam fin ora esaminato, non bisogna dedurre che il piano, di cui il celebre Quinault fu inventore, sia cattivo in se stesso, e che debba essere assolutamente escluso dal tea

tro musico. Difettosa è certo l'applicazione del magico che quel rinomato poeta vi ha fatta, perchè, come abbiam dimostrato, dal magico e anche dall'evidentemente favoloso risultar non può interesse continuato. Qualora però al piano medesimo si adattasse il puro verisimile, qualora azioni puramente umane sopra di esso si ordissero con allontanarne il divino del paganesimo, ed il diabolico e il cabalistico, in una parola tutto ciò che eccede il potere che all'umanità si attribuisce, non v' ha dubbio che dal coro numeroso, dal ballo, dalla scena maestrevolmente unita colla poesia e colla musica un tutto sommamente dilettevole risultar non dovesse, in cui i sensi più vivi dello spettatore verrebbero successivamente allettati dalla varietà e dalla magnificenza degli oggetti, in quel momento stesso che sarebbe commosso il suo spirito dall'interesse dell' azione e dalla delicatezza della poesia, e dolcemente rapito il suo cuore da' tocchi dell'armonia.

Queste diverse linee però dovrebbero esser tutte tirate verso l'azione come al loro centro, e tutte in quella perdersi e sparire: non esser principali, ma subalterne: non distrar dall'interesse lo spettatore, ma impiegarsi a richiamarvelo con suo diletto: non presentargli oggetti stranieri, ma appropriati; con aversi sempre in mira dal poeta e dal compositor della musica il famoso precetto di Orazio:

Denique sit quodvis, simplex duntaxat et

ипит,

il qual precetto ben si riconosce non esser solo

applicabile al piano dell' antica tragedia e commedia, ma stender la sua legge a quanti piani d'azione teatrale possono mai immaginarsi.

Egli è da supporre, che questa fosse l'idea di Quinault, quando il nuovo suo piano dispose. Non istimò egli allora difetto l'introdurvi le magie; ma se a' dì nostri vissuto fosse, ne le avrebbe sicuramente escluse, al contrario de' suoi successori che sembrano più impegnati a presentarci queste puerilità, più che il comun delle genti se ne discrede.

Se nel principio della disputa insorta in questi ultimi tempi si fosse così ricercata con moderazione e modestia l'origine della rivoluzione succeduta negli animi di tante culte e dotte persone, le quali a favor della musica Italiana si sono dichiarate; alcuni di quegli autori che la difesa della Francese intrapresero, risparmiate avrebbero tante invettive, che quanto scuoprono la voglia di mal dire, altrettanto provano la povertà dell'ingegno di chi le pubblica, e non sono poi degne di quegli uomini che fanno professione di lettere, perchè in tal guisa s'avviliscono ad usurpar la licenza solamente al volgo conceduta.

Non era egli miglior partito e più profittevole per quegli scrittori l'indagare, come ho io brevemente fatto, alcun de' motivi dell' attribuita superiorità alla nostra armonia, e il perchè un sassolino caduto da' monti avesse nell'opinione di molti rovesciato un colosso, che al pari di quello sognato da Nabucco aveva il capo di

TOM. XII.

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oro e i piedi di creta, come van sostenendo i Lullisti, che l'intraprender di costringer tutti ad adorarlo a forza di grida e di minacce? rassomigliandosi così alla Marfisa dell' Ariosto, che sfidava a battaglia tutti coloro che dichiarar non volevano per la più bella di tutte le donne quella vecchia Gabrina che conduceva in sua compagnia. Col deporre l'animosità, coll'appigliarsi alla riflessione non si sarebbe certamente fatta all'Europa tutta la licenziosa ingiuria di pubblicarla priva di buon senso per eludere la generale di lei acclamazione per la nostra musica: non si avrebbe preso a sostenere malgrado la derisione di tutti gl'intelligenti una commedia da piazza, nè accozzata mostruosamente si sarebbe coll'immortal Rodoguna, caratterizzando efficacemente così il Dio del gusto presente, abborrito, per vero dire, dalla parte più riguardevole della nazione.

Non ve n'è certo alcuna in terra primogenita della natura, e da lei con predilezione dotata, perchè in tutto a tutte superiore sia. Non v'è straniero che non esalti il teatro tragico e comico Francese come superiore ad ogni moderno, e forse ancora all'antico de' Greci. Si rammentano nell' Europa tutta con ammirazione e rispetto i nomi di que' veramente grand' uomini che han vissuto e vivono ancora, i quali coi loro scritti hanno accresciuto tanto splendore alla Francia e tanto lume hanno sparso nelle scienze. Ma questi ben lontani dall' ostentar disprezper li letterati e per gli artefici che nacquero

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sott'altro cielo, a vicenda gli ammirano, e onorata menzione ne fanno. Ai soli ignoranti è conceduto in virtù della loro professione di avvilir tutti e di vantar se stessi: ma per contentare gli appassionati che chiudono gli occhi a tutte le bellezze, e gli aprono solamente per quelle che adorano, non mi pare che siano ancora disposte le altre nazioni a ricevere le loro leggi, e a confessarsi in tutto vinte e superate. Una pretensione così strana può solamente avanzarsi da que' meschini ingegni che non veggono, che il sapere è una patria comune, e che tutti gli uomini vi han diritto di cittadinanza col debito di animarsi, non di deprimersi, e di risguardare come patriotti tutti coloro che all'aumento delle scienze e delle arti con amore o con istudio, con impegno o con autorità gloriosamente s'impiegano.

FINE DEL TOMO DECIMOSECONDO.

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