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compreso nel crudel decreto; ma dalla figlia salvato. La sicurezza di Toante dovuta alle premure della virtuosa principessa è l'azione della tragedia; cui per episodi s'aggiungono gli amori di lei con Giasone duce degli Argonauti, e le scellerate trame di Learco figlio d'Eurinome eccitatrice della barbara esecuzione. Costui invaghito d'Issipile, abborrito da lei, rifiutato da Toante, avendo per effetto di furor disperato, tentato inutilmente di rapirla, lungamente vagante piratò; ma nell' intendere stabiliti i suoi sponsali con Giasone, bramoso di disturbarli, a Lenno si conduce nel tempo appunto in cui scoppiò quella funesta vendetta. Toante nella tragedia è un tenero padre: Issipile una virtuosa ed amorosa figlia: Giasone quell'eroe che ci dipinse l'antichità: Eurinome che crede morto Learco, è una furiosa e disperata madre, la quale aspira a vendicarsi, e Learco uno scellerato, che in pena de' suoi misfatti porta sempre seco una sinderesi che lo rode, e che sovente adempir non gli permette tutte quelle empietà che il perverso costume gli suggerisce.

Cominciano nella scena prima del primo atto le inquietudini d'Issipile, che sapendo essere imminente l'arrivo del padre, e pender sul capo suo gli effetti della terribile risoluzione delle donne di Lenno, vorrebbe prevenirlo, bramerebbe allontanarlo, quantunque colle altre donne giurato avesse di dargli morte: di che adduce il motivo. Io, dic'ella,

...

Io secondai fingendo

D'Eurinome il furor: vedesti, come
Forsennata e feroce in ogni petto
Propagò le sue furie? E chi potea
Un torrente arrestar? Sospetta all'altre
Già sedotte compagne, io non sarei
Utile al padre. A comparir crudele
M'insegnò la pietà.

Intanto nella seconda scena le navi de' Lenni si veggono comparire, e sopravviene Eurinome, che alle congiurate esagera i torti loro per animarle alla meditata intrapresa; e volendo Issipile per mezzo dell'amica Rodope avvertire il padre, già non è più tempo, perchè nella terza egli è giunto: onde dal periglio di lui sbigottita Issipile, alle tenerezze e alle accoglienze paterne nè può, nè sa, come rispondere. Prima crudele angustia per una figlia amorosa.

Nella scena quinta già manca il giorno; già tutto pel barbaro colpo si prepara da Eurinome, e nella sesta sopraggiunge il perfido Learco. Rodope, che un tempo l'amò, mossa a pietà di lui, vuole obbligarlo a fuggire con rivelargli il destinato eccidio di tutti gl'uomini che nell' isola si troveranno; ma egli nella settima riguardando questo avviso, come un inganno di Rodope, spiega chi sia, perchè venga, e porge l'idea del suo carattere in tal guisa:

Si sgomenti al periglio,

Chi comincia a fallir: di colpa in colpa
Tanto il passo inoltrai,

Ch'ogni rimorso è intempestivo ormai.

Nella scena ottava è in azione la congiura.

Issipile viene a nascondere Toante in un boschetto del giardino reale, e gli svela il disegno ch'ella ha di salvarlo con far passare un altro ucciso abitator di Lenno in vece sua: e dubitando il padre dell'esito della frode pietosa, risponde Issipile con que' memorabili sensi :

...

Se poi congiura

Tutto a mio danno, e del tuo sangue invece
L'altrui furor deluso

Chiedesse il mio, spargasi pure. Almeno

M'involerà il mio fato

All'aspetto del tuo: saprà la terra

Che nel comune errore

Il cammin di virtù non ho smarrito; E il dover d'una figlia avrò compito. Learco nascosto nello stesso boschetto ascolta tutta questa scena, e risolve nella nona di sorprendere Issipile e rapirla, mentre verrà, come ha promesso, a ricercar di Toante; per lo che conseguire essendo necessario di allontanarlo, finge esser mandato dalla figlia stessa per avvisarlo di abbandonare l'asilo in cui l'avea celato, perchè non sicuro. Dall' ignota voce, dall' avviso che gli si dà a nome d'Issipile, sedotto Toante parte, e resta Learco nel bosco.

Nella scena undecima Issipile vuole dar conto a Rodope d'aver salvato il padre, e fatto passare un altro ucciso in sua vece; ma nella duodecima ecco Eurinome, che ripone in crudele affanno la principessa, annunziando essersi scoperto un uomo dalla pietà d'alcuna di loro salvato. Or mentre teme Issipile che sia il padre,

TOM. XII.

18

sopravvien Giasone, pochi momenti prima in Lenno approdato, a compir con Issipile le sue nozze, e trova tutto in sangue e in tumulto: e domandando che sia di Toante, è accusata Issipile dalle compagne d'averlo ucciso ella stessa, e per non tradire il suo secreto, è costretta a confermarsi rea; dal che l'eroico animo di Giasone sopraffatto rimanendo, a lei che lo chiama suo sposo, sdegnosamente risponde:

Scostati, fuggi:

Tu mia sposa? lo tuo bene? E chi potrebbe
Della strage paterna ancor fumante

Stringer mai quella mano? Esser mi sembra
Complice del tuo fallo,

Se l'aure che respiri, anch'io respiro;
E mi sento gelar, quando ti miro:

ond' ecco aggiunte a tutte le sventure d'Issipile figlia quelle d'Issipile amante, che abborrita dallo sposo non può disingannarlo, perchè le prime sue cure al genitor son dovute.

In tali sospensioni degli affetti diversi dei diversi personaggi continuando la notte, entra il secondo atto. Alla scena prima Eurinome da' rimorsi percossa, e quasi cercando solitudine, s'inoltra ne' giardini reali in quella parte di bo

SCO,

per

in cui Learco si cela per attendere il ritorno d'Issipile; e questa pure in fretta arrivando salvare il padre, mentre ne ricerca, mentre fra sè ne ragiona, Eurinome l'ascolta. Learco che la riconosce, a lei, come se egli Toante fosse, si presenta; ma costretto al silenzio per non iscoprirsi colla voce, questo silenzio suo è dalla

principessa creduto timore, e per rassicurarlo gli annunzia l'arrivo di Giasone. Vedendo poi lumi e armi in vicinanza comparire, si spiega, che forse sono gli Argonauti collo sposo; onde avvilito Learco torna fuggendo a nascondersi. Ma queste armi e questi lumi sono delle seguaci d'Eurinome, la quale scoperto che Toante è in vita, viene per sorprenderlo; al quale impensato accidente abbattuta Issipile, preghiere e lagrime impiega per salvarlo; ma tutte neglette dalla feroce Eurinome, le Amazzoni sue compagne ricercando il bosco resta ella stessa e delusa e al vivo colpita, mentre ne traggon fuori Learco suo figlio, non Toante suo nemico; onde di furiosa e implacabile, supplice anch'ella diventa, dovendo non men degli altri Lenni il suo figlio alla crudele esecuzione soggiacere. Ma quest' empio salvato con frode pietosa da Rodope, che risente per lui un residuo d'affetto, vorrebbe pur risorgere dall'abisso in cui si vede: mirabil maneggio di quell' indeciso costume dal poeta con artifizio singolare attribuitogli, come si andrà sempre più nel progresso rilevando. E però fluttuando in tali incertezze, in questi sensi s'esprime:

Dal tuo letargo antico

Se destar non ti sai, perchè ti scuoti
Languida mia virtù! Che vuoi con questi
Rimorsi inefficaci? O regna, o servi.

Io non ti voglio in seno

Che vinta affatto, o vincitrice appieno.

E mentre quasi delibera nella scena nona di can

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