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una rara tavola di mezzana grandezza con Nostra Signora, ed alcuni angeli, ed a piedi un ritratto vivissimo, il cui fondo è un'ameno paese, a cui ben' spesso nelle tavole che qui dipingeva dava luogo, sentendovisi riaccendere l'estro pe' bei colli, che la provincia adornano, e rianimava forse in tal guisa il vigore spossato per la diuturnità del lavoro. Niuno mai ebbe a vedere questo quache vi dro, che non nè rimanesse maravigliato per le bellezze, si racchiudono, ma diversi furono i pareri nel dichiararne il pennello. I più convengono che al Pinturicchio si debba quell' opera, e sembra che non s'ingannino vedendovisi emulata la grazia di Raffaello, di cui fu famigliarissimo. Con questi e con altri dipinti migliorò Bernardino la maniera dei cultori delle arti in Sanseveried infatti noi vedremo quali si fossero quelli, che le sue tracce seguirono, non però tutti con ugual profitto. Come altresì non dissimile incremento ottennero queste arti medesime nella provincia Ascolana per gli esempli, che potettero trarsi da molti lavori, in cui fu occupato quel Cola Filotesio, che operosissimo già vedemmo nell'architettare palazzi e templi nella città di Ascoli. Erasi egli già mostrato pittore nella sua terra natale dell' Amatrice, e sollevava con_tal' esercizio la povertà di sua famiglia (4). Non dirò da chi apprendesse a dipingere: giacchè meno il saperlo compagno e coetaneo di Marco da Calabria, è pel resto taciuto da ogni biografo il magistero da cui derivasse ; quello che più importa si è il dire, ch' esclusa qualche opera, in cui ritiene alquanto del secco, scorgesi in molte altre un corretto disegno ed un colorire alquanto vago. Vedesi tuttora all' Amatrice nella Chiesa di Santa Maria del Suffragio una tavola, in cui è figurata l'imagine di San Giuseppe, e fu essa dipinta nel 1527 (5). Non possiamo subiadditarne abbastanza il merito, essendocene tolto il mezzo tochè si permise, che un'imperito artista nè eseguisse inopportuno restauro, Scorgesi però questo merito evidentissimo in un'altra tela esprimente l'ultima cena di Cristo cogli Apostoli, che rimansi nella Chiesa di Santa Maria delle Laudi, tanto per l'esatto contorno, che per l'espressione delle figure. Ripetuto è questo medesimo

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soggetto in Canzano paese poco lungi dall' Amatrice, e vedesi esso lavoro tuttora in un antico palazzo dei Scimitarra di Teramo (6). Per la parrocchiale di Folignano dipinse nel 1513 (7) Nostra Signora avente il Bambino fra le braccia, seduta in maestoso seggio, ed a piedi San Francesco orante, ed a ciascun de' lati i Santi Gennaro, ed Agostino pontificalmente vestiti. Il fondo del quadro lo mostra espertissimo nell' eseguire ornamenti d'architettura, come altresì vi si ravvisa una forza di colore ed una diligenza nel disegno, che poche sono le sue opere, le quali questa uguaglino ad onta ch'ella fosse delle prime. E ciò indicherebbe, che quella secchezza da Lanzi (8) specialmente considerata, come conseguenza de' suoi primi lavori, debba piuttosto diversamente accagionarsi.

Occupato in tal guisa e colla fama, che già erasi acquistata, non avrebbe forse Cola lasciato il Regno di Napoli, se costretto non ve l'avessero le persecuzioni di alcuni suoi concittadini, che lo condussero a trasferire la sua dimora in Ascoli, dove seguendolo l'odio de' suoi nemici egli sperimentò da principio il danno d'essere privo di libertà, e questa non riottenne, che quando intesero gli Ascolani quant' egli valesse nelle arti già esercitate lodevolmente in patria ed in altri luoghi a quella vicini. Fu allora ch'essi, i quali accolto avevano amorevolmente i Crivelli, mostrarono anche verso Cola speciale benevolenza, ed onoraronlo della cittadinanza (9). Prese egli albergo nel quartiere di Santa Maria in Vineis, ed una delle prime ordinazioni ch' avesse, penso si fosse quella tavola, che porta la data del 1514 e che tuttora ammirasi nella parrocchiale di San Vittore, dov'è effigiata la Vergine col Bambino, e con San Vittore, Sant'Eustacchio, Sant'Andrea Apostolo, e col Santo Levita Cristanziano, che gli Ascolani venerano a Protettore nelle tempeste e ne turbini. Quindi in questo dipinto vedesi rappresentato un bel paesaggio colla veduta della città: mirasi un Cielo tempestoso e minacciante il disertamento delle campagne, e San Cristanziano genuflesso e supplichevole rivolgersi alla Vergine (10). Non fu meno stimata l'altra tavola che dipinse pei Padri di San Domenico, dove introdusse nella parte inferiore

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la Vergine defunta attorniata dagli Apostoli, che vi figurano dolentissimi, ed in disparte San Tommaso d'Aquino, e Santa Caterina da Siena. Superiormente vedevasi l'Assunzione di Nostra Donna glorificata dagli Angeli. Del merito di tal dipinto ben s'avvide-a ro i provveditori della pontificia pinacoteca Capitolina, e fu questo quadro acquistato pel prezzo di trecento cinquanta scudi romani dalla munificenza del Pontefice Leone XII., che ivi il fece riport reggendo assai bene al confronto di tante opere pregevolissi me che vi si riunirano (11).

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Si tenne Lanzi (12) al giudizio d' Orsini nel dire, che fra le tele, che Cola lasciò in Ascoli, fosse fra le migliori quella dov'è rappresentato Cristo che communica gli Apostoli, e che ancora conservasi nell' Oratorio del Corpus Domini.

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Se però il menzionato storico avesse veduto que' lavori, che noi prima proponemino, avrebbe forse col paragone moderato i di Ini encomii, i quali non ben s'addicono ad un dipinto, dove scorgesi soverchia secchezza, e dove si trascurano in parte le buone regole di prospettiva. E se anche noi tenessimo dietro alle tracce sini dovremmo molte volte dall' intimo parere nostro allontanarci, dei in quanto che non abbiamo mai potuto convenire in gran parte suoi giudizj, nè che di Cola si fossero molti di quei quadri, che il detto autore nella sua guida ascolana gli assegnò; nel mentre poi tacque della sua principale fatica, vale a dire di un dipinto a fresco, che con mirabile magistero Cola delineò nel refettorio dei Minori Osservanti figurandovi Cristo, che avviandosi al Calvario s'incontra colle Marie. In questo soggetto potè far mostra di sua filosofica intelligenza, essendo uno di quelli, che spiega vivissime le diverse passioni negli astanti. Nella composizione fu felicissimo, e mostrò nel suo quadro più di quello, che vi è ascondendo nella folla gran parte di gente, e supponendola oltre e fuori della lunetta per dare più ampiezza al piano, ed acquistarvi sito. Alla qual pratica s' attenne in progresso Annibale Caracci dipingendo il trionso di Giasone nel palazzo Fava di Bologna, lavoro, che meritò si registrasse come laudatissimo dal suo panegerista (13). Fuvvi

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taluno, che ivi osservò non essersi Cola attenuto nelle vestimenta delle figure introdottevi alla foggia, che si conveniva a quella na→ zione ed a que' tempi: però piuttostocchè accusarlo d'essere caduto in tale difetto per ignoranza, o per dappoccagine, dovremmo dire che nel mirare egli a tali arbitrj aveva in animo il maggior effetto, sagrificando a questo la storica verità. Ciò per altro siamo ben lungi dall' approvare, che anzi ci rattrista il vedere come molti pittori anche dopo di lui si permettessero facilmente simili anacronismi. E se tal dipinto meritò l'ammirazione di quanti il videro un tempo, siamo ora dolenți nel dover riferire, che nel terminarsi dello scorso secolo fu quel cenacolo ospizio di soldatesche e che prese da pazzo furore lo deturparono a segno di scaricarvi le armi da fuoco facendolo bersaglio ai loro colpi. Riordinate le cose, e ritornato quel luogo a ritiro de Cenobiti, posero questi ogni cura perchè le brutture dell' affresco si togliessero, ma quel restauro non potette tutte cancellarle, e così l'opera di Cola non può più vedersi con quell' istruzione e compiacenza di prima, e che servi forse a maggiormente illuminare i cultori delle arti in questa città (14).

Mentre il nostro pittore così operando corrispondeva con molta gratitudine alla nuova patria, facendola ricca co' suoi disegni di belle fabbriche, e ornando queste di preziose dipinture, correndo l'anno 1535 fu Ascoli involto in fierissime turbazioni, per cui gran danno soffrirono quei cittadini, mentre di quello che si era fatto molto venne distrutto ed il resto manomesso. Fra i molti che fuggirono que' tumulti era anche Cola, che seco traeva la moglie bella e virtuosa. Lungo la via vedutasi l'avvenente donna da parecchi soldati, presi da brutal voglia fortemente la inseguirono ; laonde essa non potendosi da questi sottrarre, e scorto pericolo suo e del marito, stimò pregio di pudicizia il gittarsi piuttosto da un' alta balza, che l'onore vilmente macchiare. Fer tale compassionevole caso dolente e sconsolato Cola ritornò in Ascoli, dove non potendo più rimancrsi, poichè quel luogo gli ricordava continuamente la sua disavventura, fece istanza, perchè i Vitelli, che

in Feudo godevano a quel tempo anche la terra d'Amatrice, l'ado prassero ne lavori di Città di Castello, ove risiedevano (15). Non vi volle molto, perchè veniss' egli sodisfatto, e mentre era prossimo a compirsi l'anno per Cola fatalissimo, fu egli accolto da que' suoi signori con molta amorevolezza, mentre oltre l'adoprarlo negli abbellimenti della terra d' Accumoli, di cui già si fece parola, vollero anche figurasse nel loro palazzo detto della Cannoniera in città di Castello, in una gran sala ed in più riquadri parecchie battaglie, le quali molte si compirono, ed altre figurano anche oggi soltanto abbozzate; ed è veramente a dolersi, che quel luogo, dove il merito di Cola ebbe maggiormente a farsi conoscere, sia a nostri di ridotto a si misero stato, da supporre prossima la totale sua rovina. Anche l'altro dipinto, che i più vogliono di quest' artista e che tuttora si ammira sopra la porta della chiesa di Santa Croce, dove replicò l'andata di Cristo al Calvario, è di molto deperito per lo continuo restarsi alle intemperie delle stagioni (16); e noi abbiamo bene a rattristarci, che l'uso, che vigeva in quel tempo di essere i pittori adoprati a comporre opere grandiose ne muri esterni dei Templi, e delle case, ci abbia col volgersi del tempo tolto modelli chiarissimi di loro valore; Ho poi sovente ripetuto tali lamentevoli parole, allorchè viaggiava ne Veneti paesi, ed in quei del Friuli, ove tal' usanza più che altrove in questo secolo specialmente era quasi comune.

Non potettero le cure de' suoi Mecenati, ed i moltiplici lavori, che per mezzo di essi ebbe ad eseguire Filotesio non solo in città di Castello, ma anche in Norcia (17) fargli dimenticare la disgrazia, che sofferta aveva in Ascoli, cosicchè si dispose a sciare anche questi luoghi e girsene nuovamente in patria, ove essendo vecchio morì (18).

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Mentre il sullodato pittore tanto occupavasi nella provincia ascolana si condusse in Ancona Lorenzo Lotto, che i più vogliano di Bergamo. Era uscito questi dalla scuola dei Bellini, e dopo aver per qualche tempo la maniera de' suoi Maestri seguito, ad uno stile più spiegato e ad un colorito più sanguigno; per

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