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meglio si conveniva. Ma seguendo l'intrapresa descrizione accenneremo, che alla parte sinistra della parete diede luogo ai reprobi. Minosse in piedi vestito di ferro pare, che assista a quell'atto, ed i Demonj meno fieri ma non meno nerboruti di quelli di Michelangelo, nel ghermire quelle anime condannate, più e meno si cingono di code in varj giri; e qui sembra, che il pittore alludesse al rito imaginato da Dante. Nella sommità, e nella spaziosa curvatura del muro veggonsi i Santi Protettori di Rieti, i quali sono anch'essi astanti al grand' atto di giustizia sotto il piede del Giudice eterno, che sedente sull'arco di pace mostra la sua maestà; e a dargli maggiore risalto gli fanno corteggio e corona le celesti gerarchie, che compiono tutto lo spazio della volta, e la larghezza del sott' arco, dove fra Santi Patriarchi è la figura di Mosè, che al pari di quella del Buonarotti ha impresso nel carattere della testa tanta maestà, grandiosità, ed espressione, che sorprendente rimane all' occhio d' ognuno.

Gli ornati che ricorrono lungo gli scompartimenti del muro sono a simiglianza di quelli, che i discepoli di Raffaele presero ad imitare dalle grotte di Tito scoperte a que' tempi a Roma, e nuovamente a nostri di. Giovanni da Udine si era reso famoso in tal genere di dipinti, e sapendosi, che fu anch'esso uno di coloro, che fuggì da Roma in quest' epoca, non sarà fuori di luogo il credere che negli ornamenti, di cui noi andiaino discorrendo avesse parte; tanto essi sono uniformi ai moltissimi ch' eseguì nelle logge vaticane, ed in altri luoghi d'Italia, dove lungamente vagò. Non deve però tacersi, che frà gli altri seguaci del Sanzio al pari di Giovanni riuscisse in questo genere anche Vincenzo, e ne facevano fede alcune terre cotte, che servirono ad ornare varie finestre in Moresco piccolo Paese a breve distanza da Monte Rubbiano, nelle quali vedevasi un' esatta imitazione dei bellissimi stucchi delle logge suddette (19); dal che può dedursi, che anche nell' ornato dell'aula sia stato ugualmente che nel resto assistito Vincenzo dagli altri suoi compagni.

Seguendo la citata lezione di Vasari, sappiamo anche per esso

che molti de' discepoli del Sanzio dopo essere stati qualche tempo per le romane provincie, se ne ritornarono alle patrie loro, e di questi ultimi dovette essere il nostro pittore, che disunitosi a Rieti da suoi compagni (20) ritornò al nativo luogo, ed ivi lo vedo adoprato nel 1517 per una tavola allogatagli dai Frati Minoriti della terra di Monte dell'Olmo (21). Collocò in essa la Vergine in trono, ed ai lati i Santi Pietro, e Francesco; nel gradino siedono due graziosi angioletti toccanti le corde di musicale istrumento, e compie assai bene il quadro il vedervisi un ameno paese. In questo lavoro ebbe a mostrarsi eccellente nel disporre le sue figure in modo, che per quanto il soggetto non nè somministrasse il migliore argomento, pure le atteggiò in tal guisa, che indicano un'unità d'azione; tantocchè que' due Santi, che il pittore dovette collocarvi (perchè così ordinato) sono disposti in tal foggia, che concorrono secondo la particolare propria natura allo scopo principale, e riconoscono per centro comune la parte primaria della rappresentazione ch'è la Vergine. Dassi a divedere con ciò quanto in questa parte ancora avesse guadagnato la pittura in quest'epoca, poichè a differenza de' secoli rozzi non sopportava più, che si esponessero le figure come tanti alberi piantati in simmetria, ma che invece i movimenti dovessero seguire le particolari disposizioni degli individui, ed il comune impulso dell'azione. Oltre questa, anche le altre norme praticate dal Sanzio avevano persuaso i suoi seguaci a non adottare più nelle opere le dorature, come quelle che si oppongono all'armonia del colorito. Vincenzo non seguì sì presto un tale ragionevole precetto, e due sue tavole io ebbi a vedere, in cui egli per tali ornati diedesi più a conoscereligio delle consuetudini degli antichi, che della riforma de' contemporanei. L'una è quella, che rimane nel maggior altare della Chiesa di Sant' Angelo in Ripatranzone, dove di ori fece sfoggio nei calzari, e nelle corazze d'un San Michele, e di un San Giorgio, non chè nelle vesti pontificali di un Santo Vescovo. L'altra è nella Chiesa di San Francesco di Sarnano, dove si vede ricco di fiorami il manto, che ricopre una Santa Lucia; la cui imagine

appare sì bella, che ricorda la bellissima Santa Cicilia dell'Urbinate, ch'è a Bologna; graziosi putti festeggiano quella Santa, e sono essi di forme si gentili, che alla divinità richiamano (23). A pittore, che nelle sue produzioni tentò emulare la natura, e che sembrò volerla perfino sorpassare nell' estensione, possono scusarsi difetti, che più non replicò, e che tante volte derivano non già dal volere, ma dal capriccio degli ordinatori; il che vedemmo anche in Lodovico Caracci, che dell' oro usò in quadretti di devozione, e più di recente in Filippo Bellini da Urbino, che ne fece sfoggio in una tavola d'altare. Quante accuse di meno avrebbero gli artefici, se potessero dire le cause, che li condussero ad operare contro la sana ragione, e la propria voglia?

In Sarnano, oltre la Santa Lucia diede anche mano Vincenzo nel 1528 (24) all'altra tavola, dov' espresse Cristo deposto di croce. Era stato eseguito questo soggetto dal Sanzio per Atalante Baglioni di Perugia (25), ed aveva riscosso tale ammirazione, che si disse avere con questo lavoro mostrato Raffaele quanto egli già valesse malgrado fosse giovane d'età, e di studj, nel dare unità alla composizione, varietà ai movimenti, giustatezza allo stile, e forza all' espressione. Volle perciò tentare il nostro pittore d'emularne la gloria, e nel gruppo delle Marie, e nella Vergine che tiene sulle ginocchia l' estinto figliuolo fece prova del suo sapere, dandovi tale espressione da ritrarre con ogni possibile verità la natura afflitta; cosicchè di questa tanto più bella è la rappresen→ tazione, quanto il soggetto che si espone interessa la mente ed il cuore, cioè maggiore è la parte di bellezza morale, o sentimentale.

Meglio poi dimostra quanto questo lavoro soddisfacesse, il vedere che Pagani modellò sul medesimo cartone l'altra tavola, ch'ebbe ad eseguire per la Chiesa di San Pietro di Castello d'Ascoli (26), e che Orsini (27) senza bene considerarne il metodo, e quello ch'è più senza leggerne il nome, che a piedi vi lasciò il pittore, la disse di Crivelli. Il solo campo del quadro differisce da quello di Sarnano, tenendosi in questo secondo ad una semplicità maggiore del primo, dove diede luogo a troppo numero

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figure, che distraggono l'occhio dell'ammiratore, non avvedendosi, ch'è ottima pratica l'omettere tutto ciò ch'è di superfluo, onde non isnervare ed imbarazzare la rappresentazione principale. A Cola Dell' Amatrice attribuì parimenti Orsini (28) un'altra tavola che Pagani esegui per la Chiesa di Sant' Agostino d' Ascoli, dove segnò l'anno 1542 ed è quella, in cui vedesi la Vergine in gloria seduta nella Casa di Loreto. Vi sono d'intorno graziosi angioletti, ed al disotto parecchi Santi. Soggetto che sembrò al valente pittore Pietro Fancelli di Bologna che ripetesse in un' altua tavola semicircolare di otto palmi circa d'altezza, che tuttora esiste in pessima conservazione nella sagrestia di San Francesco di detta Città; meglio però si pregia questa, che la prima, dalla quale ravvisasi, che Vincenzo andava con l'avvanzare dell' età declinando da quei principj, che sortiti aveva dall'ottima scuola, da cui era derivato: e questi principj neppure troppo si conformano in un'altro quadro, che suo si disse e che esiste nel Duomo d'Ascoli, dove figurò la Vergine assisa in trono in atto di dare il latte al Divino Infante, ed ai lati due putti, che fanno musica, e al di sotto San Marco, al quale un terzo putto sostiene il libro dell'Evangelio, San Giovanni Battista, ed un Santo dell'ordine Domenicano. Nel campo pose piccole figurette collocate in bella campagna. Non può negarsi, ch'egli in fatte composizioni non avesse in mira di dare alle sue imagini quella dolcezza e quella grazia, che a simili soggetti si conviene; ma d'altronde in questa cadde nell'errore che fu pure tanto comune nei primi tempi dell'arte, quando non erano così facilmente evitati gli angoli, e le linee rette, ne osservata l'avvertenza, che dando alla composizione un movimento orizzontale si contribuisce al maggiore risalto, ed alla importanza del soggetto.

Di queste ultime opere di Vincenzo narrando, m' accorgo, che dalla cronologia pittorica di costui m' allontano, e piuttostochè attendere specialmente a questa ( metodo che non lasciai fin' ora) ho voluto raccogliere sotto un solo punto di veduta quello, ch'egli fece in varj tempj in Ascoli. A scusarmene peraltro contraporrò il

vantaggio, che può aversi da chi senza trasportarsi da un paese all'altro voglia qui conoscere i varj studj che Vincenzo percorse operando in diversi tempi, ed in modi diversi: percui ognuno potrà intendere che la prima tavola, nella quale espresse il deposto di Croce per essere eseguita negli anni suoi giovanili fu da lui meglio disegnata, e disposta, e nel colore sorpassa tanto le altre che dipinse al declinare della vita; verificandosi per esso sempre più, che ben pochi sono quelli che lo spirito vigoroso mantenghino, allorchè la natura infiacchisce, ed è soggetta a cedere al comune destino degli esseri umani.

Non abbiamo memoria veruna, che ci assicuri il tempo preciso, in cui ebbe compimento la grande tavola, che Pagaui fece per l'innallora Monastero, ed oggi Collegiata di Force. Solamente non si ha timore d'errare dicendosi quest'opera la migliore di quante lasciò nella provincia nostra, anzi è tenuta in tanto pregio, che per provvida cura del Governo Papale fu ordinato a que' Canonici di non mai muoverla di sito, o distrarla; ma doversi conservare come monumento stimabilissimo del valore d'un Artista, che onorò grandemente la patria sua. Se non si ha però notizia dell'epoca, non nasce dubbio, che non sia uno di quei lavori che fece Vincenzo fresco ancora della scuola del Sanzio, così ravvisandosi dalle raffaellesche imitazioni,

Il soggetto principale della tavola è l'Assunzione di Nostra Donna con gli Apostoli sottostanti presso all' avello, che racchiudeva le di lei spoglie mortali. Vedonsi eglino estatici non solo nel mirare vuoto l'avello medesimo ma più nel fissarla seduta nel maggior seggio di sua gloria, All' intorno eranvi in diverse tavole raffigurati altri soggetti, che non diremo in qual modo fossero disposti, perchè oggi divisi dalla maggior tavola ornano la Sagrestia. Il quadro già tolto dal maggiore altare ora si rimane sopra porta, che dà ingresso al tempio. In una di queste piccole tavole alla palmi cinque once due e larga palmi sei espresse il Salvatore con un disegno corretto, ed una larghezza di stile sì notabile, che il pittore ben dimostra avere anche in tal parte emulato

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