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Raccomanderò finalmente ai giovani di non imitare la vile e perfida condotta di coloro che lodano alcuni collo scopo di denigrare altri. In ciascuna carriera alcuni personaggi distinti occupano gli sguardi del pubblico: che cosa fa l'invidia per defraudarli? Suscita loro de'rivali, colma di lode degli imbecilli che appena hanno il senso comune, e si sforza di ripeterne i nomi, acciocchè il pubblico s'induca ad occuparsi di essi e dimentichi i primi.

Nel corso della giornata si riproducono ad ogni istante de' casi, ne' quali alla sola azione d'innocente lode si può ricorrere per conseguire l'assenso di alcune volontà, e diminuire la resistenza

una sua opera teatrale; e questi avendola rappezzata e rifatta dal primo verso sino all'ultimo, il re lo condannò alla carcere, acciò v'imparasse a rispettare la regia poesia. Il giorno susseguente, trattolo di carcere, lo ammise alla sua mensa; e finito il pranzo, dopo avergli letto alcuni versi, gli dimandò il suo parere. Il poeta senza rispondere, si rivolse alle guardie e disse loro: Riconducetemi in carcere.

Un nomo di spirito nel caso di Filossene sarebbe uscito d'impaccio con un celia. Infatti la condotta di questo poeta sarebbe ammirabile, se si fosse trattato d'una cattiva legge od altra operazione dannosa al pubblico, ma scegliere il carcere perchè un tiranno vuol essere poeta, è pazzia.

Maggior imprudenza commise l'architetto Apollodoro, il quale, sapendo quanto l'imperatore Adriano era avido di lodi, criticò un di lui tempio in modo un po' burlesco, osservando che se gli Dei e le Dee si fossero alzate in piedi, si sarebbero rotta la testa nel soffitto. Questo scherzo gli costò la vita. Il qual fatto ti dice che i coltivatori dozzinali delle belle arti hanno una vanità straordinaria,uperiore a qualunque sentimento e capace di sacrificare la stessa amicizia.

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di altre; perciò ad esercizio de' giovani soggiuni seguenti problemi, ciascuno de' quali amcol mezzo della lode, soluzioni indefinite nelle varie circostanze sociali.

mette,

1.° Disarmare la collera.

(Aureliano faceva rimprovero a Zenobia, perchè non aveva riconosciuto gli imperatori romani; la principessa lo calmò, dicendogli: Io riconosco voi per imperatore, voi che sapete vincere: Galieno e i suoi pari non mi sembravano degni di questo nome (1)).

2.o Addolcire l'amarezza d'un rifiuto.

Il gran Condé, pregato dalle dame di lasciarle uscire da Vezel ch'egli assediava, prevedendo che la loro uscita ritarderebbe la resa della piazza, rispose che non poteva consentire ad una dimanda che del più bel frutto del suo trionfo lo priverebbe).

3. Accrescere pregio ad un favore.

(Luigi XIV nominando al vescovato di Lavaur Flechier che predicava alla corte, gli disse: Vi ho fatto aspettare alcun poco un posto che meritavate da lungo tempo, ma non voleva privarmi così presto del piacere d'ascoltarvi ).

4. Velare il lato offensivo d' una verità. (Despréaux, interrogato da Luigi XIV sopra alcuni versi da lui composti: Sire, rispose, nulla

(1) Un soldato francese si faceva chiamare col nome di Turenne, celebre maresciallo di Francia: questi mostrò d'esserne offeso; il soldato rispose: Generale, io sono invaso dalla gloria dei numi: se ne avessi conosciuto uno più bello del vostro, l'avrei

preso.

è impossibile a Vostra Maestà; ella ha voluto fare de' cattivi versi, e vi è riuscita) (a).

§ 8. Continazione dello stesso argomento.

L'uso della lode è ragionevole finchè, fondato sul vero o verisimile, è stimolo o ricompensa ai talenti, all'industria, alla virtù.

L'uso della lode è riprensibile quando o fondasi sul falso, o di gran lunga oltrepassa la misura del merito encomiato, e allora dicesi adulazione.

Vi sono de' lodatori eterni i quali non vi danno una lode fuggiasca e dilicata, ma v'inondano e vi opprimono d'elogi; e ciò per ogni inezia, ad ogni istante, alla presenza di qualunque persona; cosicchè se non rispingete le loro lodi smo date, acquistate taccia di vanità; e se le rispingete, essi le replicano con usura, e per così dire non v'incensano, ma vi danno il turibolo nel naso.

Tre caratteri distinguono l'adulazione dalla lode ragionevole o meritata:

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1. L'adulazione cambia i vostri vizi in virtù; 2. Ella vanta in voi delle qualità che non avete;

(a) Nella 2.a e 3.a edizione segue qui un 5.o paragrafo che è: » 5.o Rinforzare la voglia nelle illustri imprese.

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(La soluzione generale di questo problema, allorchè si ha parte nelle dette imprese, consiste nel lasciarne agli altri tutta » la gloria. Allorchè Ulisse e Diomede ecc. (come a pag. 99),

avete.

3.o Ella innalza eccessivamente quella che

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"

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Quel vizio radicato infin nell'osse

" D'aver l'odio nel cuore, il riso in bocca,
» Fa ch'io non possa star saldo alle mosse
» Con quel finto parlare che trabocca

"Dal labbro adulatore, e a tutto pasto
"Gabbar l'amico ed a chi tocca tocca;
» I più vil servi ossequiar con fasto,
» Lodar gli schiavi e le più sozze ancelle,
"Salutar tutti gli asini da basto ». (a)

L'adulatore adunque

È un ipocrita che finge sentimenti contrari a quelli che cova nell'animo;

È un vile

» Buffon perpetuo chinator di capo »,

che trema ai cenni del ricco e fa eco ai detti delle persone più viziose;

(a) Le terzine sono nella 3.a, e furono omesse nella 4.a edizione.

È uno scroccatore che dà menzogne per ottenere vantaggi personali (1);

È un ladro che toglie alla virtù l'encomio che profonde al vizio;

È un infame che, indifferente all'onore, non teme il pubblico disprezzo.

L'infamia dell' adulazione cresce in ragione della pubblicità data alle lodi menzognere.

» Pera colui che su malnati fogli
» Famelico scrittor vende sue lodi,
» E d'aura popolar l'alme rigonfia.
» Sul labbro a lui le venenate tazze
» Vota menzogna,
e l'avvilito incenso
» Onde frodonne di virtù gli altari,
» La lusinga venal profonde a lui;

» Che col prestigio d'un error che piace

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Sono arcipochissimi quelli che facciano sforzi per acquistare le qualità che loro mancano, allorchè vengono accertati che le posseggono; e meno sentono stimoli a salire ad alto grado di gloria, se quelli chi li circondano dicono loro ad ogni istante che sono giunti alla cima. Si può asserir anco che più personaggi potenti non divennero

(1) Allorchè Filippo di Macedonia divenne guercio, il cortigiano Clisofo usciva di casa con un empiastro sull'occhio, e si traeva dietro una gamba allorchè il re zoppicava per una ferita.

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